sabato 25 ottobre 2014

Nel dolce lume indiano di Diwali

25 ottobre, Nel dolce lume indiano che volge l’estate in inverno, che incantevole giornata oggi ho trascorso con il mio incantevole Chandu, già di primo mattino a sollecitarmi  al gioco con la sua manina che mi toccava la schiena che gli volgevo, intento a leggere al computer della giovinezza di Leopardi nelle meravigliose pagine di Pietro Citati. Tramutando le portamine in  siringhe, voleva i miei guaiti e ululii alle sue iniezioni di  dottore, che accompagnassi le sue digitazioni al computer che gli ho regalato, Quando di pomeriggio sono stato di ritorno dal Raja cafè per dotarmi di monete,  poiché avevo in tasca 500 rupie di cui era difficile rendermi il resto dal barbiere cui intendevo recarmi, né potevo mettere piede in alcun negozio impunemente, senza che ne scapitasse la mia reputazione,  con una barba così ispida e i miei capelli infoltiti, se lo stesso Kailash le prime parole che alla stazione aveva avuto modo di dirmi erano stato che non mi ero dunque tagliato i capelli durante la mia permanenza in Italia, Chandi mi ha intercettato in stanza per riprendere i nostri giochi e tinteggiarmi di rosso sotto la maglia, punteggiandomi finanche i capezzoli, prima di consentire ad uscire con me sul portapacchi  della mia bicicletta, a spasso insieme tra i banchi e le bancarelle che erano quanto permaneva per le strade della festa di Diwali, insieme con la gobar puja di fantolini di sterco, che evocavano l’impresa krishnaita di Govardan
E dire che ancora ieri, non aveva voluto saperne di salirmi in groppa od in braccio per assistere agli spettacoli di danza degli ultimi gruppi che da villaggi vicini e remoti erano convenuti per Diwali in Khajuraho Shiva Mathangheswara, nei loro piumaggi di penne di pavone e battiti rituali di guerresche canne di bambu,
che ondeggiavano e balenavano risuonando tra la folla che gremiva le vie e le scalinate del tempio.
A nulla erano valse le sollecitazioni più consapevolmente diseducative, un gelato in premio, che non mi facesse dispiacere, purchè così mi  propiziasse la riconciliazione interiore con papà Kailash, che nella ricorrenza della festività per la quale avevo lasciato la mia famiglia in Italia disertandone ancora una volta il ritrovarci insieme a Natale, non aveva trovato  di meglio che farsi strumento di contrappasso e  lasciarmi da solo in Khajuraho con Vimala, per recarsi dai genitori in Byathal portandosi appresso tutti quanti i bambini,  senza che a quanto mi ha risposto ad una mia esplicita domanda, vi fosse alcuna puja in giornata da concelebrare insieme, mentre il protrassi delle vacanze sino a posdomani avrebbe consentito la stessa sortita anche i giorni seguenti. Come se non fosse bastato nei primi due giorni di avvio di questo mio nuovo soggiorno, avessi scoperto che di sua iniziativa aveva ceduto ad altri i miei dizionari di hindi, e prima ancora,  che nei suoi giri di parole mi aveva sottaciuto al telefono che il nostro negozio da barbiere poteva fungere oramai solo da bugigattolo delle sue suppellettili e del suo mobilio che vi aveva ammassato nuovamente, dopo averlo dovuto dislocare altrove, poiché nel vano accanto più vasto che era stato già ricostruito dal proprietario dopo che le ruspe l’avevano demolito senza che occorresse affatto per far posto alla nuova strada, sedato con un incalcolabile  risarcimento il furore che l’aveva fatto avventare armato di pietre contro l’ufficiale dello smantellamento e finire in prigione,  avevo potuto vedere armeggiare di forbici e rasoi l’infido Moma, cui era stato concesso in affitto dopo che aveva tentato di subentrare nel nostro vano, che la contiguità del suo negozio aveva ridotto al più ad  un ripostiglio nella sua ristrettezza.
Il cielo ha voluto che i miei furori furibondi si sopissero ugualmente, che Kailash non ne fosse minimamente raggiunto e sconvolto, nel vedere sortire la vile e crudele  minaccia di fare già armi e bagagli da chi la mattina stessa, raccogliendone l invito. si era beato di prendere il posto di Vimala nel lettone grande, tra i nostri bambini che ancora erano assopiti nel sonno, la nostra Poorti accanto al papà,  mentre oltre Vimala a lei accanto erano rannicchiati insieme Chandu ed Ajay.
Ed oggi , sventata la mia follia, la luminosa compensa, insieme  con l’infinita grazia di Chandu,  è stata  l’armonia d’intenti con Kailash, nel dispendio che posso concedermi e prodigare  per lui ed i nostri cari perché egli per primo sa prodigarsi fuori di casa un’intera giornata, in attesa che sia il turno del suo autoricshaw di fronte all’hotel dove ha stazionato, per sole cinquanta rupie di guadagno odierno, meno di quanto mi siano costati i due the che mi sono sorbito, per trarne ristoro dal malore influenzale che lievemente m’affligge, e che avrebbe dovuto trattenermi da ogni contatto con Chandu.
Sempre che domani egli sia in salute e giocoso come tutt’oggi, le mie cure dovranno intanto volgere ad Ajay, che la puja in famiglia della sera di Diwali ha rivelato essere chi in  famiglia è smarrito.
“ E' l’unico che ha fatto cadere l’acqua di cui dar da bere agli dei”, mi ha prontamente rilevato Kailash, che da bravo padre di famiglia,
ha bene inteso  come  una delle funzioni della puja sia  la chiarificazione nel corso della partecipazione al rito, di quale sia l’adesione allo spirito della famiglia degli officianti.

martedì 14 ottobre 2014

lettere


Caro B.
sono Odorico.
Ti scrivo durante la mia permanenza in Italia al mio rientro dall’India, dove risiedo ora 
prevalentemente, da che sono in quiescenza, presso la mia cara famiglia di adozione. 
Spero di ritrovarti in una situazione migliore di quella che mi affligge, mentalmente, nel 
chiederti se puoi indirizzarmi a qualche editore che possa interessarsi ai miei reports di 
viaggio in un'India archeologica ed architettonica sconosciuta ai più, dove i loro itinerari 
propositivi spaziano dalle pitture rupestri all’architettura contemporanea,in particolare 
grazie a mie conoscenze inusuali dell'induismo templare.
In sintesi, ciò di cui avrei bisogno è che un editore mi assicurasse una loro pubblicazione 
futura, magari anticipando su una rivista quella dei singoli scritti, in modo che mi sia dato 
di attendere con calma e lucidità mentale alla revisione e al completamento che ancora 
richiedono. Allego intanto due soltanto dei miei reports, che ho prescelto non perché siano i 
migliori, ma in quanto più d’altri nelle loro infinite imperfezioni residue sono pervenuti ad 
essere adeguati. Spero che il formato Pdf non tradisca più di tanto quello originario.


Con affetto
Odorico. 
E stammi sereno, almeno tu...
On Fri, 29 Aug 2014 14:34:56 +0530 "Baldissera Di Mauro" <bdimauro@regione.umbria.it> wrote
>

Caro B.
Grazie di tutte le cose care e belle che mi scrivi. Purtroppo su di te quanto mi dici è 
sconfortante. Eppure bisogna vivere, per quel che vivere può ancora significare o si è ridotto 
ad essere per noi. 
Mi ha fatto davvero piacere che i miei report tu li abbia trovati molti belli, refusi a 
parte. Fosse solo un problema di distrazione...E’ che nella mia esistenza sottovuoto di 
scrittore sono quanto mai intempestivo, nella duplice accezione opposta del termine, che mi 
vuole al tempo stesso ancora precoce ed in ritardo.
Mi va benissimo come intendi darti da fare. Mi sento solo di anticiparti che potrà essere un 
problema il corredo fotografico. Un ampio supporto di immagini- e di qualità- mi sembra 
imprescindibile, soprattutto per i templi hindu.
Non ho ancora rinnovato il visto – turistico o di lavoro-, né tanto meno ho acquistato il 
biglietto aereo. 
Con il mio amico Kailash Sen ho preventivato di non fare ritorno prima di ottobre, in 
previsione di un settembre piovoso in India, dato che la stagione dei monsoni è ancora di là 
da venire nel Madhya Pradesh.
Inoltre devo prolungare il più a lungo possibile il mio soggiorno in Italia, per ritrovarmi 
altre volte con mia madre.
I soli termini certi sono che il visto deve consentirmi l'ingresso ad iniziare dai primi di 
ottobre, disponendo di un contratto di assunzione come insegnante che decorre dalla metà del 
mese, e che vorrei essere in India per Diwali, tra il 23 ed il 27 ottobre.
Intanto il bambino più piccolo del mio amico seguita a chiedere quando io torni, e si rifiuta 
di parlarmi al telefono quando gli dico che non sarà l’indomani. Questo è il problema.
In India ho un’ esistenza elettronica più ridotta che in Italia, per le limitazioni impostemi 
dall’uso della chiave elettronica. La posta e le informazioni le posso ricevere quasi sempre 
regolarmente, e per Skype in Khajuraho ci sono ottimi internet center. Mi è invece sempre 
possibilissimo, via internet, in tempo utile pagare il canone televisivo e tasse odiose come 
la Tasi in quanto inquilino. 

Con rinnovato affetto e gratitudine 
Odorico


Mantova 25 settembre 2013
Caro B.
qualora il documento che tu intendi inviarmi sia un dattiloscritto stampato puoi spedirmelo al 
seguente recapito
Odorico Bergamaschi
Piazza d’Arco 6 f
Mantova 46100 
Se invece è un testo elettronico, quale che sia il formato, puoi inviarmelo ai seguenti 
indirizzi e-mail:
odoricob@yahoo.it
bapuculturaltours@rediffmail.com
In merito alle cose che ci siamo detti, è vero che la mamma di Arundhati Roy era cattolica e 
del Kerala, mentre il padre era un bramino del Bengala, per cui entrambi non erano di madre 
lingua hindi. Credo che in un’ intervista Arundhati Roy abbia detto di quanto sia spiacente di 
ritrovarsi nello scrivere solo usando l’ inglese..
Quanto alla "Grande Bellezza" comprendo le tue perplessità. e se ne fossi stato sceneggiatore 
avrei diversamente e con più spessore culturale caratterizzato la figura del cardinale , 
facendone un elargitore della “grazia a buon mercato”, di cui scrisse Bonhoeffer, tramite 
formule quali quella famigerata che “dove abbonda il peccato sovrabbonda la grazia”, o che 
“anche una bestemmia va contestualizzata”, un giusto mix tra Tarcisio Bertone e mons. 
Fisichella, ma resta vero che ci sono prelati anche più spregevoli di quello inscenato nel 
film.
Nella mia città la curia ha allestito una mostra nel Museo Diocesano celebrativa del Gonzaga 
più dissoluto di tutti, quello di “ una Vergine per il Principe”, Vincenzo I che mise al rogo 
una vecchia ebrea, ed altri sette ebrei fece morire appesi a testa in giù solo per avere 
dileggiato dei francescani. Ne ho scritto a suo tempo sulla Gazzetta di Mantova come di uno 
scandalo, nel silenzio generale.
Quanto ad India ed Occidente mi attengo nella mia “reincarnazione” indiana all’"ibridazione 
reciproca" di cui parlava Panikkar. Non mi va di lasciare la speranza cristiana.
Tieni conto di me anche come eventuale reporter. In India socialmente sto diventando troppo 
familistico. Ed ho referenti interni possibili anche in Iran o in Cina, dove vorrei ritrovare 
margini per fare ritorno.

Ciao.
Odorico 


Mantova, 2 ottobre 2014


Caro B.

Complimenti per la tua bravura finanche eccelsa di scrittore, nonostante le riserve che pur 
suscita- un conto è saper scrivere di tutto, un conto è scrivere di tutto, in un unico testo, 
magari con il rischio o sortendo l’esito di trasformare la scrittura stessa, estenuante, nel 
corpo del giudizio ipocrita di condanna da parte del proprio lettore

E grazie, di cuore, per le cose belle e delicate che scrivi sul mio conto. 
Mi limito per ora a formulare solo alcune osservazioni, alcune solo apparentemente minimali, 
talmente mi coinvolge quello che scrivi, soprattutto in quello che sembra non riguardarmi
direttamente, e cui qui non faccio riferimento.

Non c’è stato alcun furto di appunti, caso mai, preterintenzionalmente, si è verificato il 
dono subdolo di un amico cui accenni più volte.
Un furto del genere è avvenuto invece successivamente, quando un certo Giuliano Bergamaschi, 
dopo avermi conosciuto per l’ omonimia che ci accomunava negli esami dei concorsi
abilitanti all’insegnamento, ed essersi trattenuto la mia tesi di Laurea su Spinoza, mai più 
restituita, che gli avevo concesso in lettura, pubblicò l'anno seguente un saggio su alcuni 
degli argomenti che vi si trattavano, da cui ha avuto inizio la sua fortuna e carriera 
universitaria, che lo vede ora docente di Filosofia della mente presso l’università di Verona. 
Ma non ho mai concepito un mio futuro eminentemente filosofico. Mi sarei iscritto a storia 
dell’arte , in Firenze, cui ero stato ammesso, se dopo il servizio militare non avessi potuto 
incominciare subito a insegnare.
b) Mi fa un gran piacere che tu abbia citato La trasparenza e l’ostacolo di Jean Starobinskij. 
Mi dispiace invece il riferimento esplicito al “ Marx secondo Marx” di Luporini, nel contesto 
demolitorio in cui si colloca.

c) Al di là delle schermaglie di allora che rientrano in tutto quanto ho rimosso- inclusa 
tutta la mia vita tormentata di insegnante - non mi è mai intimamente appartenuto tradurre la 
mia sessualità nelle categorie filosofiche del pensiero dei padri, quali Hegel o Croce.

d) La stanchezza cui ti riferisci è forse il fatto che sono sempre in debito di senso con la 
vita, psicoastenia a parte, o altrimenti è da intendersi come il mio limite di fondo per il 
quale non so sostenere letture e scritture di mole ingente, sono capace solo di piccole forme, 
nelle mie composizioni tendendo ad avviarmi quanto prima ad una fine

e) E non so di trionfo nell’umiliazione, ma di mortificazione nello spazio-tempo di questa 
valle di lacrime. 
Anelli mancanti? Tutto è relativo, in tal senso.

Ma non è questo che ti ho riferito ciò che mi ha più coinvolto del tuo discorso. E ciò che ora 
mi preme, è la vita dignitosa che voglio assicurare al mio amico indiano e a sua moglie e ai 
nostri tre amati meravigliosi bambini, il tesoro del mio cuore che non avrei rinvenuto se il 
mio destino fosse stato glorioso.

Con affetto 
Odorico.

Mantova, 14 ottobre 2014

Caro B., 
in assenza di una tua risposta ho deciso la mia partenza per l’India il 20 ottobre.
Quanto al tuo testo, consentimi un commento ulteriore delle tue considerazioni teologico- 
filosofiche. Di esse le più penetranti sono per me quelle inerenti il destino della nostra 
reincarnazione nel corpo di gloria spirituale la cui figura è secondo le tue parole il 
compimento di ciò che in vita abbiamo fatto del dono della nostra individualità 
insostituibile, o le riflessioni concernenti la croce iscritta nella nascita e nella 
fondazione del mondo, che è il principio del valore assoluto anche della vita precocemente 
finita, della bellezza salvifica del dolore innocente, Ciò che invece mi appare una 
superfetazione non motivata è la ribellione sulla croce del Figlio al Padre. “ Padre, nelle 
tue mani consegno il mio spirito” sono tra le sette ultime parole di Gesù in croce” , insieme 
al consensuale “ Padre perdona loro perché non sanno quel che fanno. ”Per dirla con i termini 
del commento di Pietro Citati alla Rivelazione greca di Simone Weil “ La creazione del mondo 
non è stata — secondo la Weil — un atto di pienezza, di espansione e dilatazione di Dio, come 
racconta la Genesi. È stata una follia. Per darci spazio, Dio ha rinunciato a se stesso; si è 
limitato; si è nascosto negli abissi più remoti; si è ritirato dall’universo, come diceva 
Itzhak Luria. Nel luogo vuoto, che prima della creazione occupava, egli ha lasciato lo schermo 
tremendo della necessità: le leggi meccaniche dell’universo, il male, la miseria, l’angoscia, 
il lavoro, la guerra e la forza dell’Iliade, la morte violenta, la malattia, l’oggettività 
mostruosa della fabbrica moderna. Come uno schiavo, Dio si è incatenato con le catene della 
necessità, sulla quale non interviene”.
E di fronte a tale incatenamento Gesù si è ritrovato in croce solo uomo, per l’ inattività 
della sua sostanza divina, mentre l’altra rimaneva in vigore, secondo il sommo teologo 
ortodosso Sergej Bulgakov, che sullo stato agonico di Gesù ha svolto vertiginose meditazion 
(in Sofiologia della morte, ad esempio, che si può ritrovare in appendice a L’altro di Dio di 
Piero Coda).
Quanto alle tue personali riflessioni cruciali, per ora non mi sento che di consigliarti il 
raffronto con la disanima di Ted Hughes delle sue responsabilità, quale “her husband”, nei 
riguardi di Silvia Plath. 
Con affetto
Odorico

2

Caro professore,
 sono Odorico
Bergamaschi.


Spero che sia agibile quanto di suo gradimento il sito web di
cui le ho consegnato una copia,  che
include  il commento integrale di ben cinque
raccolte poetiche di Seamus Heaney. E' difficoltoso e lento nel suo avviamento,
nel duplice index, ma poi dovrebbe risultare di
alquanto agevole consultazione.
Per ogni evenienza l'’indirizzo del sito web  è il seguente:




 Colgo l’occasione di tale appuramento per inviarle, come si sono premurato di chiederle preventivamente, la
seconda delle mie Ecloghe Indiane, cui allego il minimo di note utili alla sua
comprensione. Non mi taccia le sue perplessità, riguardo a  ciò in cui dovesse
dispiacerle.


Con stima profonda ed intensa simpatia umana


Augurando un’infinità di cose belle a lei ed ai suoi cari


Odorico.


3

Grazie degli auguri in ricambio, cara L..

Sto bene, al pari di tutti quanti i miei famigliari, depressione a parte.
Ora sono a Mantova, essendo rientrato in Italia il 24 giugno, e farò ritorno in India le 
prossime settimane.
I miei cari in India credo che facciano una buona vita, tutti quanti i bambini ora vanno a 
scuola, anche il più piccolo che frequenta la pre-scuola delle suore, ed il mio amico ora alla 
guida del tuk tuk -autorickshaw ha un vero lavoro dignitoso che assolve con impegno e bravura, 
per quanto sia assai poco redditizio. Io in Italia ho seguitato mentalmente i miei viaggi 
indiani, lungo meravigliosi itinerari templari sconosciuti, scrivendone e illustrandone i 
report, in vista di una loro assai ipotetica pubblicazione, come di altri miei scritti, che mi 
consentano di non vivere più in stato di continua perdita e di anoressia economica, per tener 
fede al mio impegno di vita, tanto più che con mio fratello e mia sorella devo provvedere 
anche al sostentamento di mia madre. Ritrovarmi con lei resta la principale ragione del mio 
rientro in Italia, dove per l’ansia e l’assillo materiale che mi attanaglia, benché non sia 
affatto al lumicino, non mi consento gran che, tranne che un aggiornamento culturale su quali 
siano stati i libri e i film eccellenti delle ultime stagioni. In viaggio mi sono recato solo 
nella vicinissima e bellissima Verona, che ho rivisitato puntualmente. Purtroppo come sai bene 
non sono un uomo di relazioni, e anche i contatti che ho ricercato non sono stati fruttuosi, 
come tutti i precedenti. Resta però la gran soddisfazione che tutti coloro che mi hanno 
rivisto o che ho risentito, intellettuali, ex colleghi e studenti, mi hanno attestato stima ed 
affetto. “ A Odorico ritrovato “ mi ha scritto Claudio Magris in una dedica, ed il professor 
Bernardi-Perini, della mia città, già docente di latino nell’Università di Padova, magnifica 
persona, ha accolto di buon grado che mi appresti ad inviargli qualche altra mia poesia. 
Mi fa vivo piacere, Luigina, che tu continui i tuoi preziosi corsi di formazione in Italia. 
Per il resto va tutto bene? Ed in India quando ritorni? Con quali nuove prospettive od 
approfondimenti della ricerca del Progetto Alice? Purtroppo con Valentino non c’è niente da 
fare. Qualsiasi minimo rilievo per lui si trasforma in un’offesa personale imperdonabile. La 
mia ultima derubricazione è stata al rango di “ provocatore”. Mah. Mica era un infingimento la 
mia adesione al progetto Alice originario. Del resto io e te sappiano benissimo come la 
pensiamo. I miei rilievi sono sempre stati improntati non a pur lecite divergenze di opinioni, 
ma soltanto all’esigenza del rispetto e dell’inclusione effettivi della pluralità dei punti di 
vista di donatori, collaboratori, e scolari e studenti delle scuole del Progetto Alice.
E sono convinto di non pensarla in merito diversamente dal Dalai Lama, secondo quanto ebbe a 
dire nell'ultima visita in Sarnath.
Con affetto 
Odorico.



On Mon, 06 Oct 2014 00:16:10 +0530 "Luigina De Biasi" <luiginadebiasi@libero.it> wrote




Ciao Odorico e grazie per il tuo augurio che ricambio.
Come stai? Il tuo vivere in India, il lavoro...tutto bene?
Io continuo con i corsi di formazione in Italia. E tu , sei rientrato 
durante l’ estate?
Ti auguro ogni bene, un abbraccio,

L.

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 Caro Magris,
sono Odorico ( Bergamaschi).
Sono ben felice che ci siamo alfine ritrovati, un mese orsono, al festivaletteratura della mia città, e di essermi ritrovato anche in un suo recente articolo sulle tentazioni- e propensioni- populiste della nostra classe politica.
Spero di rivederci ancora più volte , nel ripetersi di evenienze simili.
Anch’io al pari di lei, per tornare a quello che allora lei disse così fervidamente e lucidamente, seguito a tenere dei miei differenti tavoli di scrittura, sia pure al computer in differenti cartelle, finché la scrittura seguiti ad essere una mia necessità espressiva.
Ma a differenza di lei seguito a curare da sempre solo piccole forme, le poesie che in me ancora sopravvengono, in forma di ecloga o di haiku, le mie pagine di diario- blog sul mio discernimento della verità dell’amore attraverso le cure che mi assumo della mia cara famiglia indiana d’adozione, con la quale, ora che ho potuto ritirarmi in pensione dall’insegnamento, vivo la maggior parte dell’anno in Khajuraho, o i rari interventi che invio alla Gazzetta o alla Voce di Mantova, nonché i miei report archeologici di viaggio in una splendida India sconosciuta ai main streams, e post e commenti in facebook, che sarà pura una fiera della vanità ed un ambito di coltivazione di integralismi di gruppo, ma che può essere un’utile palestra per pervenire all’essenzialità delle proprie forme di interlocuzione, taglienti o sferzanti o calorosamente condivisive e confortanti.
Sarò in partenza il 20 di ottobre per Delhi.
Qualora prima di allora mi raggiungesse una sua e-mail od un suo biglietto, in Italia o in India, preferibilmente, data l imminenza della mia partenza per un soggiorno prolungato, al mio indirizzo di posta elettronica o al recapito domiciliare, ne sarei estremamente felice.
Essi sono i seguenti


Bergamaschi Odorico
Piazza d’Arco 6 f 46100 Mantova

Odorico Bergamaschi
with Kailash Sen family
Khajuraho Sewagram
N phone ( 0091) 9893089843
Chhatarpur district
Madhya Pradesh
India
Alla mia lettera ho allegato la mia prima Ecloga indiana.

Infinite cose belle

Odorico Bergamaschi.
Egloghe  indiane


Prima Ecloga Indiana ( 2012)

Riscrittura (2013)



Qui dove la tigre che ti fronteggia

è il pupazzo di stoffa di Chandu,

e nel dolce lume il gioco e il canto

sono la felicità di bimbi tra l’immondo,

che lieve brezza ti riconduce,

trattiene i tuoi giorni tra sibili e incanto,

prima che cedano al sonno ed ai silenzi,

inquietati dai ladri ,

della luna sui terrazzi e gli orti di Sevagram,
cum complexa sui corpus miserabile nati,

lo stesso colpo di tosse nell'ultimo nato

e già è il tremendo del sereno

di cui i muri sono assorti nei giorni,

tu vi schiudi il cuore e le braccia

e quanta delicatezza tenera

discopri nel morso

ch’è il calore della schiusa di piccoli cobra,
mentre non hai più altra vita, che questa,

che ti adempia o ti smentisca per sempre,

tra gli strilli e il pianto o il crollo di schianto

deus nobis haec otia fecit
dove il villaggio riposa all’ombra dei neem,

nell’attesa del rientro al tramonto

dalla giungla di bufali ed ox,
e tutto, per la tua remissività ad ogni oltraggio,

da che cedendo la gola per il taglio a Kali Bhairavi

potesti lasciare il tormento delle aule

dove chi è rimasto rimarrà ancora più a lungo
ed altrove, qui in India,

eccoti di già sulla via del ritorno

con l’amico sotto le stesse fronde ospitali dell’himli,

quando di febbraio è già estate

e la senape già ingiallisce i campi,

in lontananza sfumando i declivi

dove alle acque del Ken discendono i boschi,

“Vedi, come il fiume senza farne uso e ricevere offerte

dona la sua acqua a pecore e cervi,

così l’albero ci dà la sua ombra”,

sotto la quale possiamo ancora indugiare

disvelandoci che cosa sia tra noi paro upkar,
è nelle vicinanze il tempio di Chattarbuja

che preannuncia la nostra antica città,

poi conterà solo andare avanti,

e sarà questo il nostro canto più alto





 Seconda Egloga Indiana (2012)
(riscrittura 2014)
Nota preliminare

I pani di sterco che brillano nel primo mattino preannunciano l’imminenza della festa di Holi, durante la cui notte serviranno per bruciare i fantocci del demone femminile di Holika, il cui rogo celebra la vittoria del bene sul male. Holi è la festa  indiana primaverile dei colori che si celebra soprattutto nei luoghi in cui che sia vissuto Krishna, tra Matura e Vrindavan, e dove scorre il fiume Yamuna.
In Delhi ho rievocato il Life Insurance Center dell’Architetto Charles Correa

 





Brillano i pani di sterco poi dei roghi di Holika

nella prima luce del giorno sui muri e i terrazzi,

la mangusta riappare nei coltivi degli orti,

si schiudono le membra dai giacigli terreni,

con i lavacri delle stoviglie

iniziano nei cortili le abluzioni e gli spurghi,

India was enslaved by the British”

la lezione che ripete il fanciullo

prima di andare a scuola,

ripetendola, ora che l’India è indipendente,

nella lingua del British  che gli è ancora più d'obbligo, ora che è senior,

per non  dovere cinque rupie alle suore

se usa l'hindi.

India was poor and weak at that time

ripete, ora  che i suoi stessi panni di ogni giorno

non sono più quelli di quel paese, debole e povero,



Every man will be thy friend

Whilst thou hast wherewith to spend”,

quando il vero amico "he stands by us

through thick and thin,
"

lo è nella buona e nella cattiva sorte,





“Hello, rupees…hello, pens…”



nel mercato dove cerchi il coriandolo fresco

puoi ritrovare più ancora il maldicente di turno

“L’amico, che la fa da padrone sull’uscio del negozio,

spende tutto nel bere e gli trema la mano,

nessuno vuole lui come barbiere… "




Ed ora chi mi riscatterà questo corpo di morte,

dove/ il grano già si schiude al calore di marzo,

se non, ancora di più,

la follia di un docile cuore






lontanandoci con l’amico

nelle valli dove ancora risuona il canto di Krishna,

ed è il clamore della pioggia di fiori e colori

che assorda il dolore che invasa la mente,

la luna quel tocco di sandalo

sul volto vergine del cielo,

 
amore, giocando il gioco della tigre,

sulla Yamuna tu,  Yama,  Dio di morte,

 
quando di nuovo tra le forme d’incanto

cade la mente con l’escremento,


ed accade il distacco tra i cieli di Delhi,

non più, nella lontananza, lo sguardo amato 
 
ma con le nuvole in disfacimento

tremulo liquido l’acciaio nelle trame di vetro,
 

finché il treno già ti riconduce tra i cortili e i terrazzi

cui nello sfolgorarvi del giorno sei di ritorno,



di nuovo dove chi ama non infinge soltanto,

e qualcosa comunque succede.

“E’ troppo povero l’inglese di Ashesh ed Ajay" -

il verdetto delle suore, come per Poorti,

come pappagalli li hanno addestrati

solo a ripetere quello che non capiscono.

 Ripareremo, comunque, ripartiremo.

Li abbevereremo, i piccoli, al nostro soccorso,

come tra i campi, dalla riarsa giungla,

si abbeverano gli armenti al Kuddhar,

aprendosi il varco dove il fiume intesse le sue rive

delle canne che ora graticciano il nostro avviato negozio.



E da queste sponde anche voi a casa, ben pasciute capre
Ite domum saturae, venit Hesperum, ite capellae


Egloga terza




Oracolo del Signore.
Quanto il cielo si sopraeleva su tutta quanta la Terra,
cosi le mie vie si sopraelevano
sulle vostre vie,
e i miei pensieri sui vostri pensieri”

Isaia



Tra le foglie riarse della fersa
d’aprile si fondevano desolazione ed ardore
dove di giorno fulgevano i fiori di chheola,
nel chiarore dei pleniluni le traversate notturne
 tra le stregate mahua
che al padre riconducevano il cuore dei piccoli
sulle biciclette, in fila indiana,
al di là dei coltivi dove in cerca invano dell’acqua della Devi
si perse il cammino delle donne con le giare di javari
Era la domenica delle Palme e il Natale di Rama,
e con che amorosa violenza io ed il padre
incamminavamo i bambini alla menzogna educativa, cui i giorni seguenti
li riallineavano in coro i testi scolastici,
“ Ministers, Politicians, Judges
Occupy their posts because they studied hard “

poi abbandonandoli per che intorti tormenti, come nodi di rami,
nella megacity di ladri in cui stuprata per strada
la vita vorrà appendersi ad un cavo in stanza,
chiederà all’amico sgomento una qualsiasi morte,
senza che altri che il Dio nostro
in Delhi possa anche di questo perdonarmi.-


“Ma ora non farti più del male, siamo tutti qui”
cantavano le loro anime di nuovo ad accogliermi,
nel loro sollievo che alfine il Monkey God
sia stato placato dalla puja nel tempio,
che  non accadrà di Chandu ciò che ne fu di Sumit,
come tra i raggi della ruota
 lasciò presagire il sanguinante piedino


Ed ora al distacco del rientro
odora del basilico la fragranza  nel vaso,
con l'employment letter che nella nuova scuola dei bimbi
mi  farà maestro d’italiano


Né più dica  l’eunuco “ Ecco,
Che albero secco io sono”
da che il patrio scarto ne ha fatto una pietra d'angolo
sotto questo sole ,

pur nel dolore, al poterli ancora carezzare,
che ad ogni ora che passi l’indomani si faranno
a cinquemila,
seimila, settemila chilometri distanti,

a che la meta di ogni meta
sia il ritorno che feconda
nell’unità, Sumit, dell’invisibile vivo più ancora tra noi.


Ecloga Quarta









"Cosi dal retro del suo tempio la Sibilla di Cuma

Cantava ambigue parole tremende nell'eco dell'antro",

e  volgi all'uscita, sul retro,
che dà nel cortile che fu la tua aia di casa,
ne ritrovi la distesa deserta
più ancora arida invasata dal sole,
trasalendo, sui tuoi passi,
ai ragazzi che vi sopraggiungono,
sono indiani e non ti occorre
che nemmeno lo dicano,
l'uno nell'attendamento al riparo dal sisma,
l'altro con la madre accampato in giardino,
al tuo timido accenno
si scambiano un sorriso e già ti annientano,

sarà così anche laggiù,
come di nuovo entrerò in un'aula?,
la madre resta in ombra
e ricambia mesta il tuo namastè,

come
piccolo è l'orbe del mondo,
e l’intonaco grezzo ha raccorciato

i muri dintorno,
quanto più breve, senza più grida animali

il retro di rustici ed orti,

spiantata la vigna
per i ranghi infoltiti di steli di mais,
dove quante tue anelanti corse,
quanti tuoi sogni controvento,
scoloritesi con le memorie porte e finestre,
rinserrata ad ogni accesso ulteriore
la tua casa ceduta e ora  inagibile,



nel refolo d'aria
tra i vasi ascolti il silenzio,
erano allora fragranti di gerani ed oleandri,
ed ora è il conforto, con lo sgomento,
che tutto sia cosi svanito e ammutolito,
lo sciame che avverti
un sopito tumulto di vergogna e lacrime,
inutile cercare altri volti che quelli
che già salutasti,
già li ritrovasti
nelle schiere sparse delle loro lapidi ,





“ And the bird, did it fly away again?
in Khajuraho ti chiede  l'amico
del rondoncino,  che ponesti in salvo,
quando,  al rientro in città,
tu vuoi sapere di Ashesh come ha preso il volo,
“Sì,   ma solo dal campo vicino alla fattoria
dove vive un uomo che cura gli animali,
è un uccellino,  “ the swift”,

che se perde il volo non si solleva più,
quell'uomo, l’avessi visto,
prima di spingerlo a viva forza in alto
l'  ha baciato lieve, chiedendogli scusa.
Solo così dopo che è ridisceso un poco
 è volato via libero nel cielo,
ciò di cui si nutre, aerei insetti,  lo cattura in volo,
rasenta l'acqua quando la beve.”
He will be bad student, He will lose his mind...
but
what we can do...” ripete l'amico,
che possiamo più fare per il nipote Ashesh
se a rapirlo è stato il padre
per un'ottava classe carpita con la corruzione,
-senza che mettesse piede nella sua aula
mille rupie si tenne il maestro pubblico
in cambio della bicicletta e della promozione certe-
l’amico tutta la settimana l'ha richiamato invano,
e domani da lui andrà di persona,
“ non agitarti, “ keep quiet mind ”, gli raccomando,
"I know, only if I speak him sweet He speaks me true..."
" Lo so, che solo se gli parlo dolce lui mi dice il vero"
“Vai, sì,   ma  tu ricordati:
di Ashesh è come ti ho detto  del rondone:
anch'egli, se perde il volo non si risolleva più”.


 


Egloga QuintaSABATO 21 SETTEMBRE 2013

Quinta Ecloga riscrittura


(Omnia vincit Amor: et nos cedamus Amori)




Ma ora per Chandu, Kailash ed io,

lungo le strade dirupate di negozi deserti
che alcova di amore
 
è la cappotta del ciclo-risciò sotto le piogge di Chhatarpur,

la delizia del nostro bambino

il cuore giocoso del nostro bene,

tracimi pure l’immondo monsonico,

cali la caligine più tetra tra gli scrosci a dirotto,


il riso di Chandu è già la sfera di sole
come la luce ripercorre la rigogliosa verzura,

nelle pozze lutulente
lustrando i bufali  a ristorarsi ammusando,

........................................................................................................

finché invitto il sole ritorna
 tra le foglie sfagliantesi del saagaun in fiore
 e s'intenebra nella disperazione il nostro amore,
nel mio grembo l'amico reclino
di che dolorosa madre eviscerante,

con  egli ancora di nuovo,

dove il cuore appena infranto per il nostro Sumit 
incantava Vishnu Ananta Shayana ,

l’ascesa a Shiva Bhairava,

dove il Dio vinse il tempo e gli fu la gola bruciante,

alle rovine dei templi di Ajaigarh invase dal sole,

di altri, ancora più remoti ed ignoti,
alla riscoperta del loro abbandono,


e lasci i banchi dove di  Darmendra , Pyush, Pratap

sono i nuovi volti che stanno in ascolto,

è pura menzogna il complain

che il principal ti chiede di sottoscrivere

contro i suoi detrattori,


in che luce di gioia, di Dusshera,

dalla Dea riattinta la vita per la Sua morte per acqua,

prima della notte di che freddi fuochi celesti
sul crepitio di lacrime di che doloroso Diwali,

reca la  mia testa mozza  Nirriti l'atroce,
e nessuna frenesia di danza
può sventare che sia il rullio della sentenza,

hai maledetto i tuoi passi  ulteriori nell'ingiuria del dio,
funestando il tuo passato ogni nuovo inizio mancato,

eppure  non cede l'amico al veleno
che s'insinua nello strazio mentale
“E perché mai lo tieni ancora in casa tua

se ti lascia lo stesso così povero,
e non hai fatto tuo il suo denaro…”




al che, credendo e sperando,
al linga inesorabile si prosterna
la fronte segnata,
per Agni è offerto lo sterco
 fumante di ghee,
al passaggio aureo di Laxmì
crepitando ciotole di luce


nella notte, ancora insonne,
chiedendo lenimento,
e ancora cedendo al Dio che è Amore.



Sesta Ecloga Indiana Prima versione/



Cede il sole la sua luce di sangue al fiume che scorre,
cala l’ombra dei monti sui casolari fumanti,
di sterpi  e sterco sui bracieri esalanti
s’annida la luna tra le mahua ritorte
la successione dei mesi volgendo alla fine dell’anno
 anche il Natale,
la vigilia di quando nell’albero al limitare del colle
vedevi il ramo a cui appenderti al sole,
con la notte dell'amico scosso dal pianto,
per la bufala morta cercando conforto
nel calore dei figli  cui s’accosta nel sonno,
e ora chi è stato ospite sverna già al Sud,
 in Irlanda urla di nuovo contro i ritrovati  snackers,
radica nel Bangladesh  la coltura del neem,
in tutti con un curry speziato
infuso un nostro lascito di folli speranze,
quando è stato solo ieri che l’uccelletto Ashesh,  di ritorno furtivo,
 ci ha già lasciato e derubato di nuovo,
come se nulla fosse stato dell’incanto nel parco,
dell’ appostarci alla vista di antilopi e cervi,
del viaggio, di piccoli uomini,
intrapreso con Ajay al villaggio dei nonni
per le forniture  del negozio e la riscossione dei crediti ,

seguitando, tra le nebbie,
la crescita dei germogli infestati di grano,
il confondersi ,  intenti ad  apprendere,
dei  bei volti amici con gli  inquisitori di turno,
ogni fumido  mattino Kailash  infreddolendosi all’arrivo dei treni
per intercettare nel flusso l’occasionale turista,
Vimalan nel risospingere, l’infinitesima volta,
il riflusso d’acqua nel cortile,
tra i bambini che pettinati e rilavati
si avviano a scuola in tuktuk,
 Chandu che intanto può dormire più a lungo sotto le coltri
ora che a tutti è provveduto un giaciglio.
Ma pur se il verde miglio delle suore ravviva la  grotta,
è la nostra mangiatoia il pagliericcio di un morto bambino
al cui astringerci crepita il fuoco.


Ecloga indiana settima frammenti spersi
E quando le opere parevano morte,
che solo fosse protratta la resa,
un nuovo splendore illumina i giorni,
la vacca tra la pula che lecca il vitello,
e la sera non è tenebra  di sventura
quando cala dai colli sui fumi  dei fuochi,
velami dell’aria che imbruna
 le aie e i coltivi,
nel volgere a un nuovo mattino ch’ è  di luce anche nell’ombra
agli armenti  che vi pascono quieti,
solo  l’ incanto benedicesse anche i letamai di maiali e bambini,
solo il canto degli uccelli sovrastasse
il pigolio degli “hello, rupees”  dei piccoli
come esci per  strada,
 e non andasse perduto
 quanto sia stato il dolore dei giorni,
ora che l’amico ha forse preso il passo
di chi sa essere e spezzarsi per gli altri,
prima che tutto s’intorbidi ancora nel  gorgo,
 e l’amarezza sia il flutto di quanto è trascorso,
ma come Vimala lascia le coltri
che dolce tepore
prenderne il posto accanto al mio Chàndu,
delicatamente accarezzarlo nel sonno,
presagendo nella fitta  che il dono di grazia
sia il sopravvivere anche alla sua perdita,
mentre lente le nuvole gonfiano l’arco dei cieli,
altro di tremendo e risorto ancora ci attende
( 18 marzo 2013)
... ( gennaio febbraio 2013)
..............................................
ECLOGA VIII

Come potei, già una volta,
levare su di te la mano,
serrarti la gola,
dirti di volerti morto, anima mia,

quando tu sei la mia vita e l’amor mio,
e così di lontano
non so pensarti che con viscere trepide
 al tuo impigliarti ogni giorno  nell’afflizione che stride,

mi squarcia il tuo “ bad Karma”
sentendo la tua vita senza scampo,
anche ora che con il tuo nuovo tuk tuk, alla sua guida sicura,
a prezzo che follia di lacrime e sangue
hai la dignità di un lavoro se non di un guadagno,

Whats’ news? it s raining, raining, raining,
only raining..”
mi ripeti allora al mio ripetermi,
In Khajuraho everyday are the same things,
the same market, the same business with the tourists,…
You know, “lo sai,
(that )t hey don’t respect me, if I speak true,
paying  money, money, money to the lapkas,
-a chi li accalappia -
and don’t see nothing, nothing, nothing,..”
finché, radura di luce,
trovi un po' di contento nel nuovo tran tran
“ I lose fuel, time, going every day slowly to the railway station
but I safe my life, my autoricksaw”

And Chandu, my love?”
He’ s asking you cycle,..”
“ Cycle!”, come mi grida la sua voce al telefono,
prima di non volerne
già più sapere di me, che sono il suo baba che non fa ritorno,
alla terra dove straniero
oramai avrei ucciso un uomo per una scalfittura,
un ragazzo per un mio livido,

di nuovo da voi lontano, dove anche ogni mite ha voce di lupo,
all'arrivo per mare di chi cerca scampo tra resti cadaveri,
in infelici tempi di agonie  di satrapi
che prima che le tasche svuotano l'anima.

Ma solo che risenta la tua voce accorata
e quanta vita ritrovo nella tua di stenti,

ed allora tu parlami ancora
di come al sesamo si apre la bocca che schiude il seme
nel tuo timore che si perda nel fango  se la pioggia continua,
di come la luce si è spenta di nuovo sulle nostre parole,
sulla tua cena di solo mango pickle e un pò di chappati,
ch'io approdi ancora ai tuoi lidi d'amore
quando sento nei tuoi accenti inumidirsi la lingua
della tua bufala che lecca il suo nuovo Lalosha,

e lo sbadiglio lenisce la tua ruvidità di modi,
” For other things we speak more tomorrow,

See you later, Kallu, “
See you later”.

Egloga  IX

Sulle rive del Brahmaputra,
in un gothul,
in quale India mai
sprofondare in un sogno,
dove non sia più,
tra la fangosa gente, 
che fattomi io stesso pien di fango
settanta volte sette
per l’ammanco infertomi io ne sani il debito,

dal fondo ancestrale
come da un’infanzia eppur viva
dove sopraggiunge  chi vagheggia l’apsara che ad uno specchio
sembra usi a scrivere un pennello,
e pur intenta ella al bello gli rammemori 
che vivere bene è più che scrivere meglio-
Come i sovrastanti picchi
ed è un’ascesa, un  precipizio, una rinnovata ascesa,
sono i frantumi di un’impervia quiete,
sempre, mio Dio,
che la colluttazione tra le nostre follie non sia
la fine di tutto,
dove che squarci di luce infinita
 al farmi il mastro Geppetto del mio incantevole Chandu,

“Tiger ! Tiger “ egli additandomi
nel gioco continuo di farmi paura,

a lui di ritorno, al loro conforto di voci,
dall'impeto del Gange alla schiusa dei monti,
non una delle aarti,
intrepide luci,
superstite al varco dei flutti,
alla loro fede nella mia luce del cuore
sentendo che  l'amarli sino alla fine
e ciò che mi resta di cui sono ancora capace.