Egloghe
indiane
Prima
Ecloga Indiana ( 2012)
Riscrittura
(2013)
Qui
dove la tigre che ti fronteggia
è
il pupazzo di stoffa di Chandu,
e
nel dolce lume il gioco e il canto
sono
la felicità di bimbi tra l’immondo,
che
lieve brezza ti riconduce,
trattiene i tuoi giorni tra sibili e incanto,
prima che cedano al sonno ed ai silenzi,
inquietati dai ladri ,
della luna sui terrazzi e gli orti di Sevagram,
trattiene i tuoi giorni tra sibili e incanto,
prima che cedano al sonno ed ai silenzi,
inquietati dai ladri ,
della luna sui terrazzi e gli orti di Sevagram,
cum
complexa
sui corpus miserabile nati,
lo stesso colpo di tosse nell'ultimo nato
e già è il tremendo del sereno
di cui i muri sono assorti nei giorni,
tu vi schiudi il cuore e le braccia
e quanta delicatezza tenera
discopri nel morso
ch’è il calore della schiusa di piccoli cobra,
lo stesso colpo di tosse nell'ultimo nato
e già è il tremendo del sereno
di cui i muri sono assorti nei giorni,
tu vi schiudi il cuore e le braccia
e quanta delicatezza tenera
discopri nel morso
ch’è il calore della schiusa di piccoli cobra,
mentre
non hai più altra vita, che questa,
che ti adempia o ti smentisca per sempre,
tra gli strilli e il pianto o il crollo di schianto
deus nobis haec otia fecit
dove il villaggio riposa all’ombra dei neem,
nell’attesa del rientro al tramonto
dalla giungla di bufali ed ox,
che ti adempia o ti smentisca per sempre,
tra gli strilli e il pianto o il crollo di schianto
deus nobis haec otia fecit
dove il villaggio riposa all’ombra dei neem,
nell’attesa del rientro al tramonto
dalla giungla di bufali ed ox,
e
tutto, per la tua remissività ad ogni oltraggio,
da che cedendo la gola per il taglio a Kali Bhairavi
potesti lasciare il tormento delle aule
dove chi è rimasto rimarrà ancora più a lungo
da che cedendo la gola per il taglio a Kali Bhairavi
potesti lasciare il tormento delle aule
dove chi è rimasto rimarrà ancora più a lungo
ed
altrove, qui in India,
eccoti di già sulla via del ritorno
con l’amico sotto le stesse fronde ospitali dell’himli,
quando di febbraio è già estate
e la senape già ingiallisce i campi,
in lontananza sfumando i declivi
dove alle acque del Ken discendono i boschi,
“Vedi, come il fiume senza farne uso e ricevere offerte
dona la sua acqua a pecore e cervi,
così l’albero ci dà la sua ombra”,
sotto la quale possiamo ancora indugiare
disvelandoci che cosa sia tra noi paro upkar,
eccoti di già sulla via del ritorno
con l’amico sotto le stesse fronde ospitali dell’himli,
quando di febbraio è già estate
e la senape già ingiallisce i campi,
in lontananza sfumando i declivi
dove alle acque del Ken discendono i boschi,
“Vedi, come il fiume senza farne uso e ricevere offerte
dona la sua acqua a pecore e cervi,
così l’albero ci dà la sua ombra”,
sotto la quale possiamo ancora indugiare
disvelandoci che cosa sia tra noi paro upkar,
è
nelle vicinanze il tempio di Chattarbuja
che preannuncia la nostra antica città,
poi conterà solo andare avanti,
e sarà questo il nostro canto più alto
che preannuncia la nostra antica città,
poi conterà solo andare avanti,
e sarà questo il nostro canto più alto
Seconda
Egloga Indiana (2012)
(riscrittura
2014)
Nota preliminare
I pani di sterco che brillano nel primo
mattino preannunciano l’imminenza della festa di Holi, durante
la cui notte serviranno per bruciare i fantocci del demone femminile
di Holika, il cui rogo celebra la vittoria del bene sul male. Holi è
la festa indiana primaverile dei colori che si celebra
soprattutto nei luoghi in cui che sia vissuto Krishna, tra Matura e
Vrindavan, e dove scorre il fiume Yamuna.
In Delhi ho rievocato
il Life Insurance Center dell’Architetto Charles CorreaBrillano i pani di sterco poi dei roghi di Holika
nella prima luce del giorno sui muri e i terrazzi,
la mangusta riappare nei coltivi degli orti,
si schiudono le membra dai giacigli terreni,
con i lavacri delle stoviglie
iniziano nei cortili le abluzioni e gli spurghi,
“ India was enslaved by the British”
la lezione che ripete il fanciullo
prima di andare a scuola,
ripetendola, ora che l’India è indipendente,
nella lingua del British che gli è ancora più d'obbligo, ora che è senior,
se usa l'hindi.
“India was poor and weak at that time”
ripete, ora che i suoi stessi panni di ogni giorno
non sono più quelli di quel paese, debole e povero,
“ Every man will be thy friend
Whilst thou hast wherewith to spend”,
quando il vero amico "he stands by us
through thick and thin,"
lo è nella buona e nella cattiva sorte,
“Hello, rupees…hello, pens…”
nel mercato dove cerchi il coriandolo fresco
puoi ritrovare più ancora il maldicente di turno
“L’amico, che la fa da padrone sull’uscio del negozio,
spende tutto nel bere e gli trema la mano,
nessuno vuole lui come barbiere… "
Ed ora chi mi riscatterà questo corpo di morte,
dove/ il grano già si schiude al calore di marzo,
se non, ancora di più,
la follia di un docile cuore
lontanandoci con l’amico
nelle valli dove ancora risuona il canto di Krishna,
ed è il clamore della pioggia di fiori e colori
che assorda il dolore che invasa la mente,
la luna quel tocco di sandalo
sul volto vergine del cielo,
amore, giocando il
gioco della tigre,
sulla Yamuna tu, Yama, Dio di morte,
sulla Yamuna tu, Yama, Dio di morte,
quando di nuovo tra le
forme d’incanto
cade la mente con l’escremento,
cade la mente con l’escremento,
ed accade il distacco tra i cieli di Delhi,
non più, nella lontananza, lo sguardo amato
ma con le nuvole in disfacimento
tremulo liquido l’acciaio nelle trame di vetro,
finché il treno già ti riconduce tra i cortili e i terrazzi
cui nello sfolgorarvi del giorno sei di ritorno,
di nuovo dove chi ama non infinge soltanto,
e qualcosa comunque succede.
“E’ troppo povero l’inglese di Ashesh ed Ajay" -
il verdetto delle suore, come per Poorti,
come pappagalli li hanno addestrati
solo a ripetere quello che non capiscono.
Ripareremo, comunque, ripartiremo.
Li abbevereremo, i piccoli, al nostro soccorso,
come tra i campi, dalla riarsa giungla,
si abbeverano gli armenti al Kuddhar,
aprendosi il varco dove il fiume intesse le sue rive
delle canne che ora graticciano il nostro avviato negozio.
E da queste sponde anche voi a casa, ben pasciute capre
Ite
domum
saturae, venit Hesperum, ite capellae
Egloga
terza
“Oracolo del Signore.
Quanto il cielo si sopraeleva su tutta quanta la Terra,
cosi le mie vie si sopraelevano
sulle vostre vie,
e i miei pensieri sui vostri pensieri”
Isaia
Tra le foglie riarse della fersa
d’aprile si fondevano desolazione ed ardore
dove di giorno fulgevano i fiori di chheola,
nel chiarore dei pleniluni le traversate notturne
tra le stregate mahua
che al padre riconducevano il cuore dei piccoli
che al padre riconducevano il cuore dei piccoli
sulle biciclette, in
fila indiana,
al di là dei coltivi dove in cerca invano dell’acqua della Devi
si perse il cammino delle donne con le giare di javari
Era la domenica delle Palme e il Natale di Rama,
e con che amorosa violenza io ed il padre
incamminavamo i bambini alla menzogna educativa, cui i giorni seguenti
li riallineavano in coro i testi scolastici,
“ Ministers, Politicians, Judges
Occupy their posts because they studied hard “
poi abbandonandoli per che intorti tormenti, come nodi di rami,
nella megacity di ladri in cui stuprata per strada
la vita vorrà appendersi ad un cavo in stanza,
chiederà all’amico sgomento una qualsiasi morte,
senza che altri che il Dio nostro
in Delhi possa anche di questo perdonarmi.-
“Ma ora non farti più del male, siamo tutti qui”
cantavano le loro anime di nuovo ad accogliermi,
nel loro sollievo che alfine il Monkey God
sia stato placato dalla puja nel tempio,
che non accadrà di Chandu ciò che ne fu di Sumit,
come tra i raggi della ruota
lasciò presagire il sanguinante piedino
Ed ora al distacco del rientro
odora del basilico la fragranza nel vaso,
con l'employment letter che nella nuova scuola dei bimbi
mi farà maestro d’italiano
Né più dica l’eunuco “ Ecco,
Che albero secco io sono”
da che il patrio scarto ne ha fatto una pietra d'angolo
sotto questo sole ,
pur nel dolore, al poterli ancora carezzare,
che ad ogni ora che passi l’indomani si faranno
a cinquemila,
seimila, settemila chilometri distanti,
a che la meta di ogni meta
sia il ritorno che feconda
nell’unità, Sumit, dell’invisibile vivo più ancora tra noi.
al di là dei coltivi dove in cerca invano dell’acqua della Devi
si perse il cammino delle donne con le giare di javari
Era la domenica delle Palme e il Natale di Rama,
e con che amorosa violenza io ed il padre
incamminavamo i bambini alla menzogna educativa, cui i giorni seguenti
li riallineavano in coro i testi scolastici,
“ Ministers, Politicians, Judges
Occupy their posts because they studied hard “
poi abbandonandoli per che intorti tormenti, come nodi di rami,
nella megacity di ladri in cui stuprata per strada
la vita vorrà appendersi ad un cavo in stanza,
chiederà all’amico sgomento una qualsiasi morte,
senza che altri che il Dio nostro
in Delhi possa anche di questo perdonarmi.-
“Ma ora non farti più del male, siamo tutti qui”
cantavano le loro anime di nuovo ad accogliermi,
nel loro sollievo che alfine il Monkey God
sia stato placato dalla puja nel tempio,
che non accadrà di Chandu ciò che ne fu di Sumit,
come tra i raggi della ruota
lasciò presagire il sanguinante piedino
Ed ora al distacco del rientro
odora del basilico la fragranza nel vaso,
con l'employment letter che nella nuova scuola dei bimbi
mi farà maestro d’italiano
Né più dica l’eunuco “ Ecco,
Che albero secco io sono”
da che il patrio scarto ne ha fatto una pietra d'angolo
sotto questo sole ,
pur nel dolore, al poterli ancora carezzare,
che ad ogni ora che passi l’indomani si faranno
a cinquemila,
seimila, settemila chilometri distanti,
a che la meta di ogni meta
sia il ritorno che feconda
nell’unità, Sumit, dell’invisibile vivo più ancora tra noi.
Ecloga
Quarta
"Cosi dal retro del suo tempio la Sibilla di Cuma
Cantava ambigue parole tremende nell'eco dell'antro",
e volgi all'uscita, sul retro,
che dà nel cortile che fu la tua aia di casa,
ne ritrovi la distesa deserta
più ancora arida invasata dal sole,
trasalendo, sui tuoi passi,
ai ragazzi che vi sopraggiungono,
sono indiani e non ti occorre
che nemmeno lo dicano,
l'uno nell'attendamento al riparo dal sisma,
l'altro con la madre accampato in giardino,
al tuo timido accenno
si scambiano un sorriso e già ti annientano,
sarà così anche laggiù,
come di nuovo entrerò in un'aula?,
la madre resta in ombra
e ricambia mesta il tuo namastè,
come piccolo è l'orbe del mondo,
e l’intonaco grezzo ha raccorciato
i
muri dintorno,
quanto più breve, senza più grida animali
il retro di rustici ed orti,
spiantata la vigna
per i ranghi infoltiti di steli di mais,
dove quante tue anelanti corse,
quanti tuoi sogni controvento,
scoloritesi con le memorie porte e finestre,
rinserrata ad ogni accesso ulteriore
la tua casa ceduta e ora inagibile,
nel refolo d'aria
tra i vasi ascolti il silenzio,
erano allora fragranti di gerani ed oleandri,
ed ora è il conforto, con lo sgomento,
che tutto sia cosi svanito e ammutolito,
lo sciame che avverti
un sopito tumulto di vergogna e lacrime,
inutile cercare altri volti che quelli
che già salutasti,
già li ritrovasti
nelle schiere sparse delle loro lapidi ,
“ And the bird, did it fly away again?
in Khajuraho ti chiede l'amico
quanto più breve, senza più grida animali
il retro di rustici ed orti,
spiantata la vigna
per i ranghi infoltiti di steli di mais,
dove quante tue anelanti corse,
quanti tuoi sogni controvento,
scoloritesi con le memorie porte e finestre,
rinserrata ad ogni accesso ulteriore
la tua casa ceduta e ora inagibile,
nel refolo d'aria
tra i vasi ascolti il silenzio,
erano allora fragranti di gerani ed oleandri,
ed ora è il conforto, con lo sgomento,
che tutto sia cosi svanito e ammutolito,
lo sciame che avverti
un sopito tumulto di vergogna e lacrime,
inutile cercare altri volti che quelli
che già salutasti,
già li ritrovasti
nelle schiere sparse delle loro lapidi ,
“ And the bird, did it fly away again?
in Khajuraho ti chiede l'amico
del
rondoncino, che ponesti in salvo,
quando, al rientro in città,
tu vuoi sapere di Ashesh come ha preso il volo,
“Sì, ma solo dal campo vicino alla fattoria
dove vive un uomo che cura gli animali,
è un uccellino, “ the swift”,
quando, al rientro in città,
tu vuoi sapere di Ashesh come ha preso il volo,
“Sì, ma solo dal campo vicino alla fattoria
dove vive un uomo che cura gli animali,
è un uccellino, “ the swift”,
che
se perde il volo non si solleva più,
quell'uomo,
l’avessi visto,
prima
di spingerlo a viva forza in alto
l'
ha baciato lieve, chiedendogli scusa.
Solo
così dopo che è ridisceso un poco
è
volato via libero nel cielo,
ciò
di cui si nutre, aerei insetti, lo cattura in volo,
rasenta
l'acqua quando la beve.”
“He
will be bad student, He will lose his mind...
but
what
we can do...” ripete l'amico,
che
possiamo più fare per il nipote Ashesh
se
a rapirlo è stato il padre
per
un'ottava classe carpita con la corruzione,
-senza
che mettesse piede nella sua aula
mille
rupie si tenne il maestro pubblico
in
cambio della bicicletta e della promozione certe-
l’amico
tutta la settimana l'ha richiamato invano,
e
domani da lui andrà di persona,
“
non agitarti, “ keep quiet mind ”, gli
raccomando,
"I
know, only if I speak him sweet He speaks me true..."
"
Lo so, che solo se gli parlo dolce lui mi dice il vero"
“Vai,
sì, ma tu ricordati:
di
Ashesh è come ti ho detto del rondone:
anch'egli,
se perde il volo non si risolleva più”.
Egloga
QuintaSABATO
21 SETTEMBRE 2013
Quinta Ecloga riscrittura
(Omnia vincit Amor: et nos cedamus Amori)
Ma ora per Chandu, Kailash ed io,
lungo le strade dirupate di negozi deserti
che alcova di amore
è la cappotta
del ciclo-risciò sotto le piogge di Chhatarpur,
la delizia del nostro bambino
il cuore giocoso del nostro bene,
tracimi pure l’immondo monsonico,
cali la caligine più tetra tra gli scrosci a dirotto,
il riso di Chandu è già la sfera di sole
come la luce ripercorre la rigogliosa verzura,
nelle pozze lutulente
lustrando i bufali a ristorarsi ammusando,
........................................................................................................
finché invitto il sole ritorna
tra le foglie sfagliantesi del saagaun in fiore
e s'intenebra nella disperazione il nostro amore,
nel mio grembo l'amico reclino
di che dolorosa madre eviscerante,
con egli ancora di nuovo,
dove il cuore appena infranto per il nostro Sumit
la delizia del nostro bambino
il cuore giocoso del nostro bene,
tracimi pure l’immondo monsonico,
cali la caligine più tetra tra gli scrosci a dirotto,
il riso di Chandu è già la sfera di sole
come la luce ripercorre la rigogliosa verzura,
nelle pozze lutulente
lustrando i bufali a ristorarsi ammusando,
........................................................................................................
finché invitto il sole ritorna
tra le foglie sfagliantesi del saagaun in fiore
e s'intenebra nella disperazione il nostro amore,
nel mio grembo l'amico reclino
di che dolorosa madre eviscerante,
con egli ancora di nuovo,
dove il cuore appena infranto per il nostro Sumit
incantava Vishnu
Ananta Shayana ,
l’ascesa a Shiva Bhairava,
dove il Dio vinse il tempo e gli fu la gola bruciante,
alle rovine dei templi di Ajaigarh invase dal sole,
di altri, ancora più remoti ed ignoti,
l’ascesa a Shiva Bhairava,
dove il Dio vinse il tempo e gli fu la gola bruciante,
alle rovine dei templi di Ajaigarh invase dal sole,
di altri, ancora più remoti ed ignoti,
alla riscoperta del loro abbandono,
e lasci i banchi dove di Darmendra , Pyush, Pratap
sono i nuovi volti che stanno in ascolto,
è pura menzogna il complain
che il principal ti chiede di sottoscrivere
contro i suoi detrattori,
in che luce di gioia, di Dusshera,
dalla Dea riattinta la vita per la Sua morte per acqua,
prima della notte di che freddi fuochi celesti
sul crepitio di lacrime di che doloroso Diwali,
reca la mia testa mozza Nirriti l'atroce,
e nessuna frenesia di danza
può sventare che sia il rullio della sentenza,
hai maledetto i tuoi passi ulteriori nell'ingiuria del dio,
funestando il tuo passato ogni nuovo inizio mancato,
eppure non cede l'amico al veleno
che s'insinua nello strazio mentale
“E perché mai lo tieni ancora in casa tua
se ti lascia lo stesso così povero,
e non hai fatto tuo il suo denaro…”
al che, credendo e sperando,
e lasci i banchi dove di Darmendra , Pyush, Pratap
sono i nuovi volti che stanno in ascolto,
è pura menzogna il complain
che il principal ti chiede di sottoscrivere
contro i suoi detrattori,
in che luce di gioia, di Dusshera,
dalla Dea riattinta la vita per la Sua morte per acqua,
prima della notte di che freddi fuochi celesti
sul crepitio di lacrime di che doloroso Diwali,
reca la mia testa mozza Nirriti l'atroce,
e nessuna frenesia di danza
può sventare che sia il rullio della sentenza,
hai maledetto i tuoi passi ulteriori nell'ingiuria del dio,
funestando il tuo passato ogni nuovo inizio mancato,
eppure non cede l'amico al veleno
che s'insinua nello strazio mentale
“E perché mai lo tieni ancora in casa tua
se ti lascia lo stesso così povero,
e non hai fatto tuo il suo denaro…”
al che, credendo e sperando,
al linga inesorabile si prosterna
la fronte segnata,
per Agni è offerto lo sterco
fumante di ghee,
al passaggio aureo di Laxmì
crepitando ciotole di luce
nella notte, ancora insonne,
chiedendo lenimento,
e ancora cedendo al Dio che è Amore.
la fronte segnata,
per Agni è offerto lo sterco
fumante di ghee,
al passaggio aureo di Laxmì
crepitando ciotole di luce
nella notte, ancora insonne,
chiedendo lenimento,
e ancora cedendo al Dio che è Amore.
Sesta Ecloga Indiana Prima versione/
Cede
il sole la sua luce di sangue al fiume che scorre,
cala
l’ombra dei monti sui casolari fumanti,
di
sterpi e sterco sui bracieri esalanti
s’annida
la luna tra le mahua ritorte
la successione
dei mesi volgendo alla fine dell’anno
anche
il Natale,
la
vigilia di quando nell’albero al limitare del colle
vedevi
il ramo a cui appenderti al sole,
con
la notte dell'amico scosso dal pianto,
per
la bufala morta cercando conforto
nel calore dei figli cui s’accosta nel sonno,
nel calore dei figli cui s’accosta nel sonno,
e
ora chi è stato ospite sverna già al Sud,
in
Irlanda urla di nuovo contro i ritrovati snackers,
radica
nel Bangladesh la coltura del neem,
in
tutti con un curry speziato
infuso
un nostro lascito di folli speranze,
quando
è stato solo ieri che l’uccelletto Ashesh, di
ritorno furtivo,
ci
ha già lasciato e derubato di nuovo,
come
se nulla fosse stato dell’incanto nel parco,
dell’
appostarci alla vista di antilopi e cervi,
del
viaggio, di piccoli uomini,
intrapreso
con Ajay al villaggio dei nonni
per
le forniture del negozio e la riscossione dei crediti ,
seguitando,
tra le nebbie,
la
crescita dei germogli infestati di grano,
il
confondersi , intenti ad apprendere,
dei
bei volti amici con gli inquisitori di turno,
ogni
fumido mattino Kailash infreddolendosi all’arrivo
dei treni
per
intercettare nel flusso l’occasionale turista,
Vimalan nel
risospingere,
l’infinitesima volta,
il riflusso d’acqua nel cortile,
tra
i bambini che pettinati e rilavati
si
avviano a scuola in tuktuk,
Chandu
che intanto può dormire più a lungo sotto le coltri
ora
che a tutti è provveduto un giaciglio.
Ma
pur se il verde miglio delle suore ravviva
la grotta,
è
la nostra mangiatoia il pagliericcio di un morto bambino
al
cui astringerci crepita il fuoco.
Ecloga
indiana settima frammenti spersi
E quando le opere parevano morte,
che solo fosse protratta la resa,
un nuovo splendore illumina i giorni,
la vacca tra la pula che lecca il vitello,
e la sera non è tenebra di
sventura
quando cala dai colli sui fumi dei fuochi,
velami dell’aria che imbruna
le aie e i coltivi,
nel volgere a un nuovo mattino ch’ è
di luce anche nell’ombra
agli armenti che vi pascono quieti,
solo l’ incanto benedicesse anche i letamai
di maiali e bambini,
solo il canto degli uccelli sovrastasse
il pigolio degli “hello, rupees” dei
piccoli
come esci per strada,
e non andasse perduto
quanto sia stato il dolore dei giorni,
ora che l’amico ha forse preso il passo
di chi sa essere e spezzarsi per gli altri,
prima che tutto s’intorbidi ancora nel
gorgo,
e l’amarezza sia il flutto di quanto è
trascorso,
ma come Vimala lascia le coltri
che dolce tepore
prenderne il posto accanto al mio Chàndu,
delicatamente accarezzarlo nel sonno,
presagendo nella fitta che il dono di grazia
sia il sopravvivere anche alla sua perdita,
mentre lente le nuvole gonfiano l’arco dei cieli,
altro di tremendo e risorto ancora ci attende
( 18 marzo 2013)
... ( gennaio
febbraio 2013)
..............................................
ECLOGA
VIII
Come
potei, già una volta,
levare
su di te la mano,
serrarti
la gola,
dirti
di volerti morto, anima mia,
quando
tu sei la mia vita e l’amor mio,
e
così di lontano
non
so pensarti che con viscere trepide
mi squarcia
il tuo “ bad Karma”
sentendo
la tua vita senza scampo,
anche
ora che con il tuo nuovo tuk tuk, alla sua guida sicura,
a
prezzo che follia di lacrime e sangue
hai
la dignità di un lavoro se non di un guadagno,
“Whats’
news? it s raining, raining, raining,
only
raining..”
mi
ripeti allora al mio ripetermi,
“
In Khajuraho everyday are the same
things,
the same market, the same business with the tourists,…
You know, “lo sai,
(that )t hey don’t respect me, if
I speak true,
paying money, money, money to the lapkas,
-a chi li accalappia -
and don’t see nothing, nothing, nothing,..”
finché,
radura di luce,
trovi
un po' di contento nel nuovo tran tran
“ I
lose fuel, time, going every day slowly to the railway station
but I safe my life, my autoricksaw”
“And
Chandu, my love?”
He’ s asking you cycle,..”
“ Cycle!”,
come mi grida la sua voce al telefono,
prima
di non volerne
già
più sapere di me, che sono il suo baba che non fa ritorno,
alla
terra dove straniero
oramai
avrei ucciso un uomo per una scalfittura,
un
ragazzo per un mio livido,
di
nuovo da voi lontano, dove anche ogni mite ha voce di lupo,
all'arrivo
per mare di chi cerca scampo tra resti cadaveri,
in
infelici tempi di agonie di satrapi
che
prima che le tasche svuotano l'anima.
Ma
solo che risenta la tua voce accorata
e
quanta vita ritrovo nella tua di stenti,
ed
allora tu parlami ancora
di
come al sesamo si apre la bocca che schiude il seme
nel
tuo timore che si perda nel fango se la pioggia continua,
di
come la luce si è spenta di nuovo sulle nostre parole,
sulla
tua cena di solo mango pickle e un pò di chappati,
ch'io
approdi ancora ai tuoi lidi d'amore
quando
sento nei tuoi accenti inumidirsi la lingua
della
tua bufala che lecca il suo nuovo Lalosha,
e
lo sbadiglio lenisce la tua ruvidità di modi,
” For
other things we speak more tomorrow,
“See
you later, Kallu, “
“See
you later”.
Egloga
IX
Sulle
rive del Brahmaputra,
in
un gothul,
in
quale India mai
sprofondare
in un sogno,
dove
non sia più,
tra
la fangosa gente,
che
fattomi io stesso pien di fango
settanta
volte sette
per
l’ammanco infertomi io ne sani il debito,
dal fondo ancestrale
come
da un’infanzia eppur viva
dove
sopraggiunge chi vagheggia l’apsara che ad uno specchio
sembra
usi a scrivere un pennello,
e
pur intenta ella al bello gli rammemori
che
vivere bene è più che scrivere meglio-
Come
i sovrastanti picchi
ed
è un’ascesa, un precipizio, una rinnovata ascesa,
sono
i frantumi di un’impervia quiete,
sempre,
mio Dio,
che
la colluttazione tra le nostre follie non sia
la
fine di tutto,
dove
che squarci di luce infinita
al
farmi il mastro Geppetto del mio incantevole Chandu,
“Tiger ! Tiger “ egli additandomi
nel
gioco continuo di farmi paura,
a
lui di ritorno, al loro conforto di voci,
dall'impeto
del Gange alla schiusa dei monti,
non
una delle aarti,
intrepide
luci,
superstite
al varco dei flutti,
alla
loro fede nella mia luce del cuore
sentendo
che l'amarli sino alla fine
e
ciò che mi resta di cui sono ancora capace.
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