Nel Bundelkand e nei distretti
di Shivpuri e di Guna- Ashoknagar
1 Garhkundar
All’arrivo in Jhansi, quando erano già le due del
pomeriggio, attenendomi a quanto mi è stato confermato da un addetto all’ufficio
turistico ch’è dislocato nella stazione
ferroviaria, dopo che ho preso un autorickshaw per quella degli autobus, vi ho chiesto del primo che fosse in partenza
per Barwa Sagar, per iniziarvi la
mia escursione a Garhkundar, il primo dei grandi
palazzi e forti dei sovrani Bundela, antecedente lo spostamento della
loro capitale ad Orchha.
In Barwa Sagar ho divagato perdendo tempo prezioso senza un
orientamento preciso, prima di decidermi o di ridurmi a richiedere se era in grado di condurmici, ad uno dei conducenti di tuk tuk che erano in sosta in un vialetto ombreggiato da piante che si
dipartiva dal punto in cui ero sceso dall’autobus, lungo la via soffusa di sole
che proseguiva verso Niwari, in direzione sia di Chattarpur e di Khajuraho, che di Mahoba.
Non era una richiesta che all’interpellato giungesse
peregrina, e per soddisfare la quale avanzasse delle difficoltà rilevanti, se
non quanto all'ultimo tratto da affrontare in salita, benché la distanza che
intercorreva fosse di 36-38 chilometri, circa, e Garhkundar mi fosse stato preannunciato come
un sito quanto mai fascinoso perché impervio e solitario , e cosa non
indifferente a risolvermi ad accettare di mettermi in moto con lui,
l’importo richiesto, di 800 rupie, come conveniva Kailash intermediando
al cellulare, era tutt’altro che esoso. Concordavo prontamente e con i bagagli
appresso partivo senza più indugi sul tuk tuk, seguitando in direzione di
Niwari.
Nella splendida
giornata solatia, traboccavano di luce e colore il rigoglio dei
campi e della profusione arborescente ai lati della strada, la frutta e la verdura dei bazar che apparivano
allestiti lungo il suo percorso, già all’uscita di Barwa Sagar, facendo seguito
alla pulverulenza calcinata degli ammonticellamenti nei dintorni di Orchha,
ravvivata dallo splendore a chiazze delle bouganville, attraverso la quale mi
ero ritrovato a ripercorrere l’arteria dei miei primi tragitti che mi avevano
condotto a Khajuraho, e di ogni ripartenza dal suo sito verso altre mete od il
rientro in Italia, prima del dilatarsi della vista sul corso della Betwa, del succedersi della profusione di orti e giardini che avevano preceduto la
riapparizione del tempio sakti Jarai Math, che mi ripromettevo di visitare l
indomani.
Lasciando pure che il
conducente trasformasse il servizio a me riservato in un savari condiviso,
raggiungevamo e traversavamo Niwari, dove se il treno, come in Barwa Sagar,
avesse fatto sosta qualche ora prima, mi
sarebbe stata risparmiata la lunga digressione verso Jhansi e nei suoi peripli
ferroviari e stradali, pervenivamo di lì a poco alla successiva borgata, oltre
la quale svoltavamo sulla sinistra, lungo una viottola asfaltata secondaria che
ci inoltrava tra campi e villaggi, intraprendendo ad un bivio la diramazione,
sulla sinistra, che ci adduceva alle alture crestate che si erano profilate all
orizzonte e che il percorso finiva per affiancare addentrandosi tra i loro
rilievi, prima che una deviazione sterrata sempre sulla sinistra non ci
portasse al villaggio di Garhkundar ed al forte omonimo che infine appariva,
sovrastante e imponente, sommità tra le
altre sommità collinari.
Il tempo di posteggiare l’autorickshaw ai piedi della
scalinata che raggiunge le mura esterne d’accesso al castello, e la sua
entrata, che il guardiano del forte si era già caricato il mio bagaglio in
spalla, per iniziare a procacciarsi una
mia compensa. Non mi restava che assecondarlo, nella sua mistura di sincerità e
di artificio, perché anche il conducente risaliva l erta al seguito di entrambi
fino all’ interno del palazzo.
La sua mole prefigurava
il tipico assetto dei manieri Bundela, dispiegando in capo a sette
piani, inclusi quelli del basamento, quattro possenti torri d’angolo quadrate,
precedute dalle rimanenze di torri ottagonali,
ed un avancorpo al centro delle
mura, in cui si faceva prospiciente l’alto portale.
L’
arcata d’ingresso era compresa entro una
cornice rettangolare ed all’interno di un secondo arcone cieco, nel cui grembo
si apriva la umile grazia di
finestrella, giusto all’altezza
della parte centrale della trabeazione sommitale del portone d’accesso,
tale myse in abyme stagliandosi tra le
serie- tre- di due nicchie ad ambo i lati, di cui il portale era l
interruzione della successione, secondo
gli stilemi che sono tipici , nell’architettura islamica di Delhi, delle tombe
a guisa di palazzo ultraterreno d’epoca Lodi,
delle moschee coeve o risalenti all’ interregno di Sher Sah Sur, oppure
ai primordi dell’era Moghul. Tale magnificenza accogliente era enfatizzata,
nella sobrietà del suo apparato, oltre lo stacco di un cornicione dalle
ulteriori tre schiere di arcate che lo sormontavano, per un totale di sei
ordini , se si includevano le arcate che affiancavano il portale, . Semplici ballatoi mensolati raccordavano il portale alle torri
laterali, a suggello della severità
marziale del forte schiva di ogni
adornamento o decorazione, che non fossero i modesti chattri, connessi da un bengaldar, che restavano a
coronamento di una soltanto delle torri
d’angolo.
Il cortile interno,sopraelevato come negli altri palazzi Bundela rispetto al piano d’ingresso, mi sarebbe apparso il più vasto e
immensificante di ogni altro di loro, per la serratura entro la
schermatura di una galleria e dei cortiletti pensili al piano superiore,
della proiezione verso l interno, in una serie di sale sovrapposte, dei corpi
d’angolo e centrali, un’alternanza di
vani chiusi ed aperti ch’era una prefigurazione ulteriore dell’architettura
successiva dei palazzi mirabili d’ Orchha e di Datia.
Dai parapetti la vista poteva spaziare tutto intorno
incantevolmente, per la modesta altura anche dei rilievi circostanti, che due
altiforni o ciminiere che fossero sfidavano impunemente verso nord ovest, mentre nell’opposta direzione tra i
ponticelli si schiudeva la vista di un laghetto e del biancore di un tempio
sulle sue rive, il sito di preghiera e di culto delle regine d’un tempo del
palazzo, quando vi discendevano dal baradar che vi s era rivolto, secondo
quanto mi diceva il guardiano, tentando
in hindi di farmi da guida.
Il suo maldestro tentativo , quando eravamo più soli e più
in alto, di estorcermi un ammontare ben superiore per i suoi servigi impostimi
e non richiesti, tentando di profittare della venuta alfine di uno straniero in
Garhkundar, gli propiziava poco più di
un centinaio di rupie, di cui aveva modo
di ringraziarmi con i più ossequiosi omaggi servili, dopo che un intervento al
cellulare di Kailash l’avevo ricondotto al un
ridimensionamento in termini interni al mondo indiano delle richieste
avanzabili..
La sera si era fatta oscura quanto la notte al rientro in
Barwa Sagar, di cui fiochi lumi
illuminavano le strade, esponendomi al
rischio ricorrente di esservi investito da motocicli od autovetture. Troppo
a lungo mi ci attardava l’indeterminazione su quale delle due destinazioni, tra Orchha e Jhansi
, avessi a prescegliere per il pernottamento, apparendomi troppo esose anche le sole 300 o
le 500 rupie richiestemi dai conducenti in autorickshaw per trasferirmi in Orchha, quando per una
ventina di rupie avrei potuto raggiungere in autobus Jhansi. Solo che i drivers
dei tuk tuk si facevano sempre più rari e indisponibili, sempre più unicamente
interessati a stipare sul loro veicolo quanti più passeggeri possibili alla
volta di Jhansi, senza spazio o respiro per me ed il mio bagaglio, mentre gli
autobus per Jhansi arrivano già
stracarichi al punto da non potere più far salire nessuno. Finalmente ne
sopravveniva uno che non aveva ancora
raggiunto la soglia del proprio traffico illimitato, e su cui il bigliettaio mi faceva salire,
sollecitato dalla gentilezza premurosa di un signore corpulento che sopravveniva
in vettura.
Era dunque Jhansi la mia destinazione notturna,
malauguratamente, ancora una volta: perchè ancora una volta vi avrei
sperimentato l imprevidenza di farvi affidamento nella stagione dei matrimoni,
che ancora una volta ne intasavano a notte fonda strade ed alberghi. Così solo a caro prezzo vi ho potuto trovare
soggiorno al Samrat hotel, ben deciso, l
indomani, a lasciarlo di primo mattino per Orccha. Meta, la rivisitazione
particolareggiatissima del tempio
stupefacente Jarai Math, di ritorno
verso Barwa
Sagar
Terzo giorno in Barwa Sagar , di nuovo in jarai math , da Orchha a Shivpuri
quarto
giorno Sesai
Quinto giorno terahi mahua
Sesto giorno keldar
Settimo giorno terahi mahua, kadwaha, indor
Ottavio giorno surawaya scindia chattri
Nono giorno terahi, mahua, kadwaha
Decimo giorno shivpuri, orchhha,
friends of Orchha
Undicesimo giorno jarai math, datia
Dodicesimo giorno penultima domenica di marzo, orccha, ram temple, jahangir mahal, jhansi khajuraho
Il secondo giorno mi trasferivo
Per duecento rupie in luogo delle trecento
fino a barwa Sagar e di
ritorno, al parcheggio in Orchha degli autorisckshaw
pattuivouna
sola corsa di andata fino al tempio Jarai Math, per evitare
che mi si stesse ad attendere per un tempo che avrebbe trasceso le supposizioni di ogni aspettativa, e potevo
già ritrovarmi, di li a mezzora , in un
giorno incerto d’estate, di fronte alla
meravigliosa vista del tempio dove emergendo da una nebbia fittissima tre mesi
avanti non avevo potuto trattenermi che una decina di minuti in compagnia del
disinteressato mister Dipak ,
tre mesi avanti eccelso cliente del
mio bapuculturaltours..
La grandiosità della magnificenza frontale del tempio era un effetto fors’anche di quanto ne era stata una rovina, con la
perdita del portico d’accesso che aveva lasciato in vista in un continuum splendido
outdoor l’ornamentazione che era adombrata al
suo interno e quella che lo trascendeva all’esterno, fino alle volute a
suggello dell’antefissa del sukanasa,
contro il fondale reticolato di gavakshas del sikkara, che ne riprendevano la trama del sacrale ordito
continuo. Delle loro carenature erano arcuati gli udgamas delle nicchie che si stagliavano sopra la vedibhanda, della coronatura dei
tempietti delle proiezioni centrali di ogni parete, delle pratiratha
laterali a guisa di pilastri , delle nicchie dilungate dalle loro sovrastrutture a templi nei recessi e
nelle proiezioni d’angolo delle karnas e dell’antarala, dove gli
udgams si dilatavano e si duplicavano, nel loro
slancio ascendente verso il loro reticolato superiore di cui era luminescente
la parte superstite del sikhara originario,.
Da uno scatto fotografico all'altro di ogni aspetto
percepito della sua sublime visione, testi alla mano, iniziavo a ripercorrere in
ogni suo dettaglio l'arcano sublime del tempio che mi si ripresentava
meravigliosamente intatto, nelle sue anomalie, e nei suoi precorrimenti, che pur
non ne smagliavano la esemplarità canonica, nella onnipervasività del suo
manifestarsi quale criterio d'ordine di una profusione eccelsa , in cui mi si
riformulava al contempo l'enigma o mistero della sua cripticità fascinante,
cifrato dal rebus della sua divinità di culto.
Epitome macroscopica dei templi Pratihara, incredibilmente
sfuggita/o al cribro del vaglio del maggiore Cunningham, immane come il
Teli-ka-mandir di Gwalior quanto egualmente riconducibile al solo apparato
architettonico del santuario e dell'antarala del vestibolo, dei templi pratihara
osservava l'assetto di rito pancharatha, che contempla cinque proiezioni
laterali, badhra centrale, le pratiratha a guisa di pilastro nelle antiche fogge
gupta, karna d'angolo con i dikpalas tutelari, riassunte dalle rathas
corrispondenti del sikkara nel cielo riassorbente dell unità divina originaria,
Di lato alle dee una pianta di loto rampicante si
schiudeva in tre boccioli, in cui trovavano ricetto un docente e quattro
discepoli. In esso si sono ravvisate le sembianze di Lakulisha e dei suoi
discepoli Kusika, Mitra, Garga e Kaurushya, per la sua similarita con altre
ricorrenze dello stesso soggetto in posizione analoga, nel portale del tempio
della Maladevi in Gyaraspur., o nel Teli ka Mandir , in gwalior,
in cui è ben individuabile la danda di un bastone alle spalle
del soggetto centrale. Essendo Lakulisha il riformatore leggendario del culto di Shiva pashupatinath, se ne
è desunta una affilazione shivaita del tempio, ma è una debole traccia, forse
per una licenza o una estempooraneità dovuta alle maestranze, a seguito di
loro mera ripresa imitativa.
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domenica 29 marzo 2015
cronache di viaggio fine marzo 2015- Garhkundar
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