“ Do you
stay one day in Khajuraho ? “mi chiede in prossimità dell’arrivo in
stazione un corpulento nativo, dai generosi intenti quanto dal fare maldestro,
che da una mia secca risposta precedente ai suoi precedenti tentativi di
approccio, non ha inteso che a Khajuraho vivo oramai da più
anni, in Sewagram, presso la mia famiglia d’adozione. Niente a che
vedere o a che fare con la
superficialità dei rapporti di convivenza di pochi giorni dello stesso
stay home stay -dei friends of Orchha
-, che ho sperimentato i giorni avanti, intrusivo di stranieri in una famiglia che ne commercializza
affaristicamente l’ ingerenza, lasciando
che sia il più evasiva possibile. Che ha di compartecipe tale sorta di meeeting, con ciò che ha unito
la morte di un bambino?
“ no, non ci starò solo un giorno come i turisti dei voli organizzati o che ne
scappano subito via” , disgustati dagli
accalappiatori che ci ritrovano, immancabilmente, come la coppia di giovani
fratelli italiani che ho incontrato nell home stay in cui mi sono intrattenuto,
dove avevano invece intenzione di restarci per più giorni, mentre non erano stati in grado di trattenersi
che un giorno in una khajuraho fuori controllo, a dispetto dei suoi splendidi templi a loro stesso dire.
“ And do
you like to stay in Khajuraho’
La sua voglia di ricevere una risposta compiacente è solo
pari alla mia di frustrargliela appieno
“ No, perché ci sono solo
lapkas ed okkar, ”, per non dirgli delle guide ufficiali.
Il mio malanimo e la depressione d’umore sono certo anche, e
non solo, una conseguenza anche dell
ulteriore infezione che mi sta oscurando la mente, ulteriore lascito della fetida sporcizia ovunque pervasiva, nel mio viaggio tra Orccha , Barwa Sagar
ed i siti di antichi templi nel
distretto di Shivpuri,
Ma il rimettervi piede non
mi è certo allettante, per quanto mi ci attendano le creature più
splendide e care..
Per di più a guastarmi un umore già di per sé nauseato, ci si intrufola l ultimo passeggero
rimasto in carrozza, l unico cui non
abbia ancora dato la precedenza, che si interpone tra il mio pesante bagaglio e
gli stipiti della portiera mentre sono affaticato a discendere.
“ Sorry.. “ mi dice pure,
senza nemmeno le scusanti di avere il timore che il treno possa essere
in partenza, come il passeggero che mi ha fatto cacciare un urlo in Jhansi, per
essersi intromesso nel corridoio tra la mia corpulenza e quella di un altro
anziano signore, senza darci modo di defilarci l uno dall altro, nella fretta
di ritirare un ultimo bagaglio.
“ Oh, you are standard in India…” gli ribatto, senza che
nemmeno possa più sentirmi.
Mi raggiunge immediatamente un conducente di tuk tuk che non
conosco, alla cui premessa introduttiva di quanto la stazione disti dal
villaggio, devo ripetere che sono oramai di Khajuraho, e che mi attende un suo
collega di lavoro inviatomi incontro da un mio amico, il barber driver come
Kailash lo chiama, spregiativamente, per
essere costui qualche gradino più in
basso negli ordinatamente castali.
Il giovane conducente seguita ad insistere, e a non mollare
la presa del bagaglio, ed io manco di dirgli che non solo so già quanto disti ancora Khajuraho ,
ma che so immaginare anche i motivi per i quali
lui solo può avermi raggiunto dentro la stazione ferroviaria, senza
correre il rischio di incorrere in multe e di ritrovarsi condotto fino a
Gwalior.
Pietanze cucinate, ed altri servigi e favori , quali il
lavaggio degli indumenti, resi alla locale polizia ferroviaria, al pari del
barber tuk tuk driver che mi attende prima della biglietteria, secondo le disposizioni che ha recepito di
Kailash.
Di fuori, la canea degli altri conducenti di mezzi che si
contendono all’uscita turisti e viaggiatori locali, a seconda della loro
destinazione vicina- “ Bamitha! Bamitha! Rajnagar! Rajnagar!”
Sull ‘autorickshaw ho modo di sobbalzare e di sussultare fin
oltre l’area ferroviaria, per quanto è sconnesso e devastato il fondo stradale,
a causa dei lavori in corso della costruzione di un sovrappasso stradale, che
dovrebbe evitare di doversi ogni volta arrestare al passaggio a livello per
almeno una decina di minuti, a seguito delle manovre di spostamento dei vagoni
dei treni arrivati a destinazione.
Buona cosa in sé, come i lavori di ampliamento e di
rifacimento del fondo stradale, sempre che non solo abbiano un inizio, ma prima
o poi anche una fine.
Come non ne conosce una prossima o ventura l’ aeroporto che
si vorrebbe di rango internazionale,
mentre sempre di meno sono i turisti stranieri, il nuovo Museo archeologico,
l’intero manto stradale di Khajuraho, distrutto ed ampliato e non ancora
rifatto tutto ad un tempo.
Mi tengo il vomito di dentro, per non incrementare dei miei rigurgiti la
sporcizia ai margini della strada o dei rivoli
in cui evacuerei, e lo rigetto nella latrina di casa, provocandovi un
fetore insostenibile. Ma tra quelle pareti in cui mi ritrovo e disperdo
confusamente i contenuti dei bagagli,
c’è chi è volto amore, c’è cura e dedizione volta ad
attendermi, pur nel freddo fare a me
dedito di ognuno di loro, che non me ne vorranno se senza tutti i dovuti
riguardi imbratterò di miei escrementi
liquidi piastrelle e indumenti intimi e lenzuola, pur nel sonno, in cui fin nel fondo del suo
essere, rivedo immerso nel lettone di loro tutti l’adorato Chandù.
“ Do you stay one day in Khajuraho ? “mi chiede in prossimità dell’arrivo in stazione il corpulento nativo dai generosi intenti, quanto dal fare maldestro, che non ha inteso da una mia secca risposta precedente ai suoi precedenti tentativi di approccio, che in Khajuraho ci vivo oramai da più anni, in Sewagram, presso la mia famiglia d’adozione. Altro che la superficialità di rapporti di convivenza di pochi giorni dell’ home stay dei friends of Orchha , che ho sperimentato i giorni avanti, intrusivo di stranieri in una famiglia che ne commercializza affaristicamente l’ ingerenza, lasciando che sia il più evasiva possibile. Che ci ha a che vedere tale sorta di meeeting, con ciò che ha unito la morte di un bambino?
“ no, non ci starò solo un giorno
come i turisti dei voli organizzati o che ne scappano subito via”
, disgustati dagli accalappiatori che ci ritrovano, immancabilmente,
come la coppia di giovani fratelli italiani che ho incontrato nell
home stay di Orccha, dove avevano invece intenzione di restarci per
più giorni, a dispetto degli splendidi templi a loro stesso dire di
Khajuraho.
“ and do you like
to stay in Khajuraho’
La sua voglia di ricevere una risposta
compiacente è solo pari alla mia di frustrargliela appieno
“ No, perché ci sono solo lapkas ed
okkar, ”, per non dirgli delle guide ufficiali.
Il mio malanimo e la depressione
d’umore sono certo anche, e non solo, una conseguenza anche dell
ulteriore infezione che ho contratto a seguito della fetida sporcizia
indiana ovunque pervasiva, nel mio viaggio tra Orccha , Barwa Sagar
ed i siti di antichi templi nel distretto di Shivpuri,
Ma il rimettervi piede non mi è certo
allettante, per quanto mi ci attendano le creature più splendide.
Per di più a guastarmi l’umore
nauseato, ci si intrufola l ultimo passeggero rimasto in carrozza, l
unico cui non abbia ancora dato la precedenza, che si interpone tra
il mio pesante bagaglio e gli stipiti della portiera mentre sono
affaticato a discendere.
“ Sorry.. “ mi dice senza nemmeno
le scusanti di avere il timore che il treno possa essere in partenza,
come il passeggero che mi ha fatto cacciare un urlo in Jhansi, per
essersi intromesso nel corridoio tra la mia corpulenza e quella di un
altro anziano signore, senza darci modo di defilarci l uno dall
altro, nella fretta di ritirare un ultimo bagaglio.
“ Oh, you are standard in India…”
gli dico senza che nemmeno possa più sentirmi.
Mi raggiunge immediatamente un
conducente di tuk tuk che non conosco, alla cui premessa introduttiva
di quanto la stazione disti dal villaggio devo ripetere che sono
oramai di Khajuraho, e che mi attende un suo collega di lavoro
inviatomi incontro da Kailash, il barber driver come il mio amico lo
chiama, spregiativamente, per essere costui qualche gradino più in
basso negli ordinatamente castali.
Il giovane conducente seguita a
insistere, e a non mollare la presa del bagaglio, ed io manco di
dirgli che non solo so già quanto disti ancora Khajuraho , ma che
so immaginare anche i motivi per i quali lui solo può avermi
raggiunto dentro la stazione ferroviaria, senza incorrere il rischio
di finire multato e di ritrovarsi condotto fino a Gwalior.
Pietanze cucinate, ed altri servigi e
favori , quali il lavaggio degli indumenti, resi alla locale polizia
ferroviaria, al pari del barber tuk tuk driver che mi attende prima
della biglietteria, secondo le disposizioni che ha recepito di
Kailash.
Di fuori, la canea degli altri
conducenti di mezzi che si contendono all’uscita turisti e
viaggiatori locali, a seconda della loro destinazione vicina- “
Bamitha! Bamitha! Rajnagar! Rajnagar!”
Sull ‘autorickshaw ho modo di
sobbalzare e di sussultare fin oltre l’area ferroviaria, per quanto
è sconnesso e devastato il fondo stradale, a causa dei lavori in
corso della costruzione di un sovrappasso stradale, che dovrebbe
evitare di doversi ogni volta arrestare al passaggio a livello per
almeno una decina di minuti, a seguito delle manovre di spostamento
dei vagoni dei treni arrivati a destinazione.
Buona cosa in sé, come i lavori di
ampliamento e di rifacimento del fondo stradale, sempre che non solo
abbiano un inizio, ma prima o poi anche una fine.
Come non è dell aeroporto che si
vorrebbe di rango internazionale, mentre sempre di meno sono i
turisti stranieri, del nuovo Museo archeologico, dell’intero manto
stradale di Khajuraho, distrutto ed ampliato e non ancora rifatto, tutto ad un tempo.
Mi tengo il vomito di dentro, per non
incrementare dei miei rigurgiti la sporcizia ai margini della strada
o dei rivoli in cui evacuerei, e lo rigetto nella latrina di casa,
provocandovi un fetore insostenibile. Ma tra quelle pareti in cui mi
ritrovo e disperdo confusamente i contenuti dei bagagli, c’è chi
è volto amore, c’è cura e dedizione
volta ad attendermi, pur nel freddo fare a me dedito di
ognuno di loro, che non me ne vorranno se senza tutti i dovuti
riguardi imbratterò di miei escrementi liquidi piastrelle e
indumenti intimi e lenzuola, pur nel sonno, in cui fin nel fondo del
suo essere, rivedo immerso nel lettone di loro tutti l’adorato
Chandù.
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