giovedì 21 luglio 2016
mutamenti in corso
Non una parola ch’io abbia più scritto, frattanto che sono
intervenuti tanti mutamenti in corso:
Kailash ed io abbiamo preso in affitto il negozietto in cui commerceremo i
nostri handicrafts dotandolo di scaffalature e tinteggiandolo di bianco,
nell’attesa, dopo averlo denominato all esterno e reso più illuminato
all’interno, di rifornirci in Delhi dei nostri articoli artigianali.
Per Ajay, Poorti come
per Mohammad, e prima ancora per Chandu, stanno iniziando le scuole, via via
che le loro classi si vengono formando. A
Mohammad inoltre ho assicurato di
nuovo anche la frequentazione della palestra, che con la scuola si ripropone
che sia la nuova focalizzazione della sua esistenza, ora che non pare più angosciato dalla situazione
economica familiare, e che la repressione da parte del padre della sua
amorosetta di ogni relazione in corso con lui, ha sortito l’effetto di smorzare
se non di spegnere del tutto la loro passione.
Sono oramai ben lontani i
giorni in cui si infrangeva in
lacrime per lei.
Che così la dia vinta al loro persecutore non è un problema
per Mohammad, per il quale l’amore è ora
una parola priva di significato, come ha perso di significato passare di nuovo
per la sua stessa via..
E quanto a lei, alla sua sofferenza? Anche lei si sta
disamorando, così egli crede.
Si sente ora libero e non responsabile, e vuole godere del
nuovo stato di cose.
Non pensa di certo che si sposerà in futuro, né con lei, né con
un’altra.
E la genitura di Ali? Gli ho chiesto, di cui avrei voluto tanto essere
l’Ali Babbà.
Adotterà come tale
uno di quei bambini in Kanpur che i genitori abbandonano dopo averli fatti nascere.
Comunque sia, intanto
si allunga la mia permanenza in India, grazie all’estensione del permesso di
residenza per cui domani sarò di ritorno a Chhatarpur.
Voglio restare più a lungo per accompagnare Kailash
nell’apertura del nuovo negozio, ed
assisterlo nella premura di garantire
tempestivamente pernottamenti e noleggio
dell’auto, per cui siamo stati già finanziati, al solo nostro cliente da un
anno a questa parte, e prima ch’io parta voglio poter essere certo che Chandu, i ragazzi
e Poorti inizino bene l’anno
scolastico, che abbiano stabilmente un
loro insegnante personale, che supplisca a quanto riserva in India anche la
frequentazione di un Istituto scolastico privato, alla discontinuità per le troppe vacanze che si consentono
famiglie e istituto, ed al sovraffollamento commerciale delle loro classi, come Ajay mi preannunciava stasera
Il più difficile dei
compiti nei loro riguardi è persuaderli allo studio senza la disciplina del
dovere esteriore e della paura, quando
come Mohammed sono pervenuti alla consapevolezza che la scuola non si
traduce in alcuna certezza di un lavoro per il loro futuro, e come mi diceva con
occhi ispirati, appare che sia solo per
l eccellenza che occorre studiare,
Ma nel ripetersi ordinario dei giorni, nel loro peso che si fa intollerabile, il mio animo si spaura per
l’ammontare di quanto tutto ciò mi costa, senza che sia libero nemmeno di manifestare
la mia infelicità sconfortata,
altrimenti Kailash dice di non volerne più sapere di ricevere il mio
aiuto a prezzo della mia sofferenza., e prefigura il fallimento di ogni mio
sforzo ed intento, con il rientro della famiglia nel villaggio d’origine.
E poi, c’è chi non manca di farsi vivo, per richiamarmi ad un incremento dei miei contributi
figliali.
sabato 9 luglio 2016
E’ di voi ch’io ho fame e sete, miei esseri diletti,
E’ di voi ch’io ho fame e sete, miei esseri diletti,
che mi accudite, di me lacrimate,
mi richiamate o vociate nel gioco,
siate il bambino Chandu, il giovinetto Mohammad,
Vimala nell’ umido
silente dei lavori domestici,
Kailash e le sue
turbe od Ajay, involato dal cricket,
Poorti riportata via
da svago o timore di
che in casa
può funestarla di
nuovo
E già piange le
vostre
il mio ritorno nei solitari miei affanni notturni,
ad un’ infinità di leghe rigettato distante
(là) solo con me stesso e la mia morte davanti,
ed allora Mohammad
che spunta dagli alberi,
Chandu che si fa dolce dolce per dieci rupie,
Kailash che ricambia la buona notte con il gesto alfine di
una mano fraterna,
il box del lascito quotidiano, l’indomani mattina,
di nuovo da lui evacuato, con mia contentezza,
dal Lete saranno le vostre
care memorie da distogliere in salvo,
per ancora il fango e la furia di ritrovarmi con voi.
domenica 3 luglio 2016
A C. P.
Gentile signora Cinzia,
un immenso grazie per avere affrontato l’ardua lettura del
mio reportage, trovandolo originale e davvero interessante(
spero grazie anche alla presentazione che ne ho formulato.
visto che lo stesso Krishna Deva dopo aver dedicato ai templi Kalachuri di
Amarkantak e Sohagpur una pagina del suo
pur esiguo Temples of North India, non
li ha nemmeno citati nel suo ben più cospicuo Temples of India, e che nelle guide che li concernono di Good earth, edite per conto del Madhya Pradesh Tourism, mentre ci si profonde in miti e leggende-
magari un tantino scipite, -ne faccio
ammenda – , ai soli templi di Amarkantak non si dedicano che tre righe, ove per giunta se ne menziona a sproposito l “intricate carving”). Quanto alla forma espressiva dello scritto, su cui lei ha fatto bene ad
essere quanto mai critica, credo che sconti
le incongruenze che io stesso avevo preventivato tra il racconto del viaggio, nella sua
accidentalità empirica, ed i referti
forse troppo sintatticamente condensati delle varie descrizioni dei templi, che
pur nella loro accuratezza tecnico-formale ne hanno perso assai d’ importanza. In merito a tali
considerazioni di stile, spero almeno che sia vero ciò che avrei potuto far
presente a Claudio Magris, quando al festivaletteratura di Mantova del 2014 ci
siamo incontrati per un attimo al termine di una sua conferenza sui propri diversi tavoli di scrittura, ed ho mancato di
rilevare che magari le proprie capacità
ad uno di uno di questi tavoli pregiudicano
quelle che agli altri si tenta di far valere In tali mie pagine, in realtà,. da dilettante
appassionato quale io sono, ho voluto assolutamente trascendere il puro
approccio dilettantesco di certi scrittori di viaggio che si appagano al più di
far “sniffare” sensazioni od emozioni, magari
spiritualmente aromatizzate
Quanto alla grafia dei termini tratti dalle lingue
indiane, ho fatto ricorso
concordatario ai glossari dei volumi di
Krisna Deva e di R. D. Trivedi editi dall’ASI, e se mi si abbuonano i segni diacritici, la cui trascrizione mi creerebbe difficoltà che mi appaiono ora pressoché insormontabili, non mi sembra
che in essa risieda la questione
linguistica più ostica, refusi a parte.
Avverto come un cimento maggiore il problema, che è per
altro assai avvincente, della selezione
lessicale dei termini tecnici da impiegare
E’ il caso ad esempio
di adhishthana o vedibandha, che impiego il primo per l’ intero
basamento, il secondo per la sua conformazione originaria in Khura, Kumbha,
Kalasa ( non che poi, abitualmente, in antarapatra e kapota), divenutane il solo podio superiore in quelli di
Khajuraho, o dell’uso di tilaka o di kuta,
di chaitya o gavaksha o kudu,
di
bhitta o di pitha, e via dicendo.
Questo per dirle che credo che un esperto sia solo
relativamente dirimente, in tale ambito, e che la cosa resti quanto mai problematica, e non di meno
affascinante.
Se poi si considerano i problemi retrostanti di come
individuare con precisione le varie modanature, se una proiezione sia autonoma
od una espansione laterale sussidiaria, con tutte .le corrispondenze che
vengono a scandirsi differentemente, il tutto si fa vertiginoso.
.(Istanbul, Dacca....mentre il terrorismo mi sta
sopraffacendo, paralizzandomi facoltà e sogni.)
Un vivo saluto
Odorico Bergamaschi
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