E’ di voi ch’io ho fame e sete, miei esseri diletti,
che mi accudite, di me lacrimate,
mi richiamate o vociate nel gioco,
siate il bambino Chandu, il giovinetto Mohammad,
Vimala nell’ umido
silente dei lavori domestici,
Kailash e le sue
turbe od Ajay, involato dal cricket,
Poorti riportata via
da svago o timore di
che in casa
può funestarla di
nuovo
E già piange le
vostre
il mio ritorno nei solitari miei affanni notturni,
ad un’ infinità di leghe rigettato distante
(là) solo con me stesso e la mia morte davanti,
ed allora Mohammad
che spunta dagli alberi,
Chandu che si fa dolce dolce per dieci rupie,
Kailash che ricambia la buona notte con il gesto alfine di
una mano fraterna,
il box del lascito quotidiano, l’indomani mattina,
di nuovo da lui evacuato, con mia contentezza,
dal Lete saranno le vostre
care memorie da distogliere in salvo,
per ancora il fango e la furia di ritrovarmi con voi.
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