martedì 27 settembre 2016

Più forti di tutto e di tutti

Più forti di tutto e di tutti
Quand’ero in India, se il piccolo Chandu potevo stringerlo tra le mie braccia , od essere con lui e Poorti e Ajay che facevano i compiti di sera nella stanza della televisione, mentre la madre era l'ultima a cenare e Kailash si quietava nel suo fare collerico per godere di Chandu la vicinanza fisica, oppure se nel pomeriggio mi congedavo con un bacio sulla fronte dal mio amico distesosi nel letto, dove cercava solo che il sonno avesse la meglio sulle sue turbe angoscianti, desolava allora l' incanto dei nostri contatti, del riaverli accanto e rivederli, la prefigurazione nel pensiero di quando, come ora, mi sarei ritrovato nella solitudine della mia vita tra queste stanze in Italia, e di loro non avrei potuto che evocare il fantasma interiore, migliaia e migliaia di chilometri di distanza essendosi frapposti tra noi, insormontabili per loro, per me solo con l onere ed i permessi del viaggio di ritorno.
Ma quando poi mi sono rinvenuto in effetti nella loro irraggiungibilità, il telefono costituendo la sola nostra forma residua di contatto, per la mente non è stato un trauma insostenibile il finire ancora in tale sorta di esistenza mortuaria, in cui chi ti è più caro resta una presenza viva solo nella tua interiorità, e devi evocare tutta la forza della fedeltà dei tuoi sentimenti, per evitare il farsi spettrale dei tuoi affetti sensibili.
Al contempo  la vita in India cui fare ritorno e consacrarmi di nuovo,  al mio rientro in un' Italia che disamavo 
si è rivelata la bolla psichica evaporante della mia depressione, l'incubo di cui intendo differire per quanto mi è possibile il riformarsi di nuovo, quando mi ritroverò a non potervi restare per mesi che in Khajuraho, di nuovo ogni giorno tra i suoi aspetti repellenti ed i continui disagi, e fuori della cerchia degli affetti domestici non avrò che i suoi meravigliosi templi da rivisitarvi e di cui scrivere, stretto nella morsa delle limitazioni di ciò che posso consentirmi per la mia anoressia economica e della vita di relazioni che mi consente la appropriatività della mia vita di Kailash, cui è insostenibile che possa essa concedersi ad altri, per il suo sgomento altrimenti di perdere con il dominio esclusivo nei miei riguardi la sola possibilità di avere un futuro insieme alla moglie e ai suoi figli, che non sia il rientro di loro tutti nel grado zero di vita del villaggio natio.
E sempre più struggente si fa il rimpianto di Mohammad e del nostro affetto così compromesso, anche in ragione di ciò che il ragazzo ha preferito assicurarsi, , in luogo dell’aiuto che mi sacrificavo a recargli.
Quale che sia la gravità di ciò ch’egli può avere compiuto nei miei confronti, amore, pietà, perdono, insorgendo per lui più forti di tutto e di tutti.

venerdì 23 settembre 2016

care memorie

Care memorie
Poi, in cucina, mia madre è stata presa dall’onda dei ricordi, quei suoi ricordi ondivaghi in cui chi è ancora in vita per lei si confonde con chi è già morto, certa lei solo del fatto che nessuno si è poi più visto che sia stato di ritorno, senza che nei confronti di chiunque lei si rammenti, o le si rammemori, in mia madre si faccia luce alcuna grata memoria, se non per fugaci barlumi.
Di mia nonna, sua suocera, che sono ormai quasi quarant’anni che non è più di questo mondo, mi rievocava avendola presente quasi che incombesse li ancora imperiosa, come fosse la prima ad alzarsi da tavola dopo che lei aveva appena finito di servire le pietanze a tutti gli attavolati in famiglia, perché mia madre al suo seguito fosse già pronta a sparecchiare come i commensali avessero lasciati vuoti i piatti.
Anche quando il lavello era stato infine spostato dall’andito gelido in cucina , la gran nonna aveva trovato di che recriminare nei suoi riguardi “Solo quando le ho detto che dalla cucina si poteva far caso a chi entrasse in negozio è parsa persuasa. Ah, il negozio per lei era tutto...Ma tuo nonno sapeva come avere ragione di lei picchiandola quasi tutte le notti, ingelosito dalle maldicenze sparse sul suo conto dalla malalingua di un certo Pierino barbiere"
Ma la rivalsa maggiore di cui ancora mia madre si mostrava contenta nei confronti della suocera, era che il giorno del suo funerale aveva trovato il pretesto giusto per non andarci, come si è cominciato a dire che uno della famiglia doveva pur restare a guardare la casa, e lei subito si è offerta.
Inutile tentare di deflettere in una direzione più benevola i suoi ricordi, se si restava nel consesso familiare.
Quando sono tornato sulle considerazioni già da lei espresse nei confronti di un mio cugino, raddolcendo i crudi termini in cui avevo desunto che fosse un povero, se mia madre non aveva mancato di rilevare pur dalla sua specola in cui è confinata da anni in appartamento, che la moglie già anziana si recava a lavorare al servizio di altre famiglie, con tali miei termini più comprensivi illudendomi che si rabbonisse nei suoi riguardi, lei di rincalzo“ Ah, è un signore se si sta a quello che fa e che ha sempre fatto”
“ Niente?” “ L’ hai detto”
Rispetto al fratello, dei due era quello che aveva preso da sua madre, “ quella lingua capace di leccare il culo a cento vacche. Quando aveva da lustrare le scarpe si metteva a pulirne cinque paia in cortile, perché tutti la vedessero al lavoro. Come se le altre…”
Non mi restava che farle risalire alla sua infanzia nella famiglia d’origine, dove sapevo che era ad attenderla il bel ricordo dei nonni paterni, scomparsi quando lei era ancora in tenera età-
“ Oh, mia nonna Giuliana, che belle vecchina che era, e così pulita. E mio nonno Egisto., ancora che bell’ uomo”
Discendendo a suo padre, che gran lavoratore, niente da dire, ancor più lo era sua madre, per la quale il lavoro veniva prima di tutto.
E la zia Fanny, gran cucitrice di abiti per la sua nipotina. Ma non le era possibile rievocare il padre senza riesumarne il fratello che si approfittava della sua probità lavorativa, e che nelle sue parole tornava a sfinire la gracile moglie dietro i porci e le vacche.
“ Con me, bambina, quando in famiglia venivano altri, era tutto un “ cara la mia N.”, ma la mattina dopo non mancava di far trovare una zappa anche per me che avevo solo sette anni. Le sue figlie mai una volta che le abbia inviate nei campi..…Per fortuna c’era tra le donne chi mi tirava avanti il lavoro …
Ma anche cosi, o forse proprio così, mia madre ultraottantenne seguitava oggi a restarmi davanti ancora più in vita di me.
Due reiterati baci sulle sue guance odorose di talco, ed era di li a poco la resa della mia partenza anticipata

Allo scoppio dello pneumatico


Al telefono risollevava l’animo di Kailash lo scampato pericolo che lo pneumatico anteriore del nostro autorickshaw non sia esploso nel primo mattino, mentre il conducente cui era affidato il veicolo conduceva a scuola i piccoli Chandu o Poorti, o quando fosse stato in giro con qualche cliente, anziché al mercato di fronte al quale era scoppiato con inaudito fragore, ma nelle sue parole il sollievo era solo momentaneo , poiché in esse sopraggiungeva l’addensarsi della frustrazione che il cambio dello pneumatico e la riparazione del mezzo ci venissero a costare non meno di tremila rupie, l’incidente vanificando ogni sforzo congiunto di limitare con sacrifici e risparmi il venir meno delle nostre risorse economiche., che gli tacevo quanto la verifica dei conti abbia rivelato vertiginoso.
“ Money, money, money, money, money…”
Lo pregavo piuttosto di essere gentile nonostante tutto con Vimala ed Ajay al suo rientro a casa, di non alterarsi con loro nella sua mortificazione.
Era già l ora della chiusura serale del negozio, dove l'amico era rimasto ininterrottamente fin dal primo mattino, quando si era sostituito già dalle prime ore ad Ajay, ora impegnato negli esami scolastici., senza fare ritorno a casa nemmeno per mangiare. Un solo somosa era stata la sua alimentazione quotidiana, poco male quando se ti cibi di più si acuiscono le sofferenze emorroidali. Ma la ragione più vera che faceva passare per lui in subordine quanto poco avesse mangiato in giornata, era il conforto mentale che traeva dal restare in negozio lontano da casa, dall’insorgenza delle turbe che scatena in lui il riscontrarvi la sua impossibilità di far fronte in proprio al sostentamento materiale della moglie e dei figli, l inconstistenza di ogni affidabilità del figlio già giovanetto, della moglie illetterata nell educazione da impartire ai piccoli.
“ Quando invece sono in negozio sto bene, la mia mente è come in Chhatarpur o in Delhi” dove gli avevo detto quanto ultimamente, prima della mia partenza, l’avessi ritrovato un altro, meravigliosamente delicato e premuroso e lieve, rispetto a quando in famiglia sa solo inscenare drama e litigi.
Negli ultimi giorni, recandogli soddisfazione nell’attività che svolge in negozio, ad alcuni turisti indiani vi ha venduto qualche giocattolo in legno, di quelli prodotti nel Karnataka, in Channapatna, ch’era fiero che in Khajuraho si potessero ritrovare solo nel nostro negozio, come la generalità dei nostri handicfrafts.
Ma proiettandosi in fuga da ogni riscontro di utile e disutile, eccolo già pronto a vagheggiare, nel prosieguo dei suoi intenti, pur di rimpiazzare quei giocattoli, di potersi recare ad acquistarne subito altri se non in Delhi ad Orcha, più vicina, con Poorti e Chandu e la moglie Vimala al seguito, anticipando al Venerdi la partenza comune, per esserne di ritorno la domenica pomeriggio.
Io lasciavo che ne parlassimo come di una cosa fattibile, contento che intanto si ripromettesse una volta a casa di mettersi subito a dormire, nel mio letto e nella mia stanza più confortevole che ora rimangono a sua disposizione, pur di non incorrere nei consueti litigi, anche se una cena frugale avrebbe pur potuto chiedere a Vimala ed Ajay di preparargliela nel frattempo.

sabato 10 settembre 2016

Sia la voce un canto di vita nell’accalappiarla la morte,

Sia la voce un canto di vita nell’accalappiarla la morte,
all’acqua che trascorre  scintillante,
al verde che vi si rispecchia,
lungo l inoltrarsi delle identiche vie
alla farfalla inebriata nel sole,
veleggiano ancora orizzonti  gli squarci di nubi,
in squarci le nubi,
se appressa le amate presenze                                                                                 
sa ripromettere il tatto del cuore dell’anima
ciò che non sente la mente nel cuore,
sa il tatto ripromettere ciò che non sente  nel cuore,
e procedono ancora i passi  per infranti cammini,

in sguardi d’altri ed agi animali  pascere d’armenti solatii  tra il nuovo rigoglio  agi aninali
nelle radure e  nel folto ove ancora sia luce.


giovedì 8 settembre 2016

l'acqua che nella gola gorgoglia

L’acqua che nella gola gorgoglia,
la brezza che ti alita del ventilatore in stanza
sono gli appigli di vita  nella frana  di schianto,
ora che sai che non  sapranno mai farsi libro le tue parole,
che ogni tuo intento è votato a fallimento e miseria
in cui si fa penuria di vita l'orizzonte restante
.
Lo splendore del giorno è intanto il respiro
di tutto ciò che sei ancora 
perchè quanto più, ora a soffocarti,
è la fedeltà dei destini in dono cui ti sei avvinto
  la sua graziati ti confermi ( un) uomo nelle tue macerie,    
e  nel  risciacquo dell oltraggio e delle stesse stoviglie,
nella  riapertura delle  serrande di merci invendute
 l’addio sia un nuovo ritorno
 
Alla furia e  cecità della stessa polvere
 all ‘impotenza nel grido di una stessa preghiera




l'acqua che nella gola gorgoglia

L’acqua che nella gola gorgoglia,
la brezza che ti alita del ventilatore in stanza,
sono gli appigli di vita  nella frana  di schianto,
ora che sai che non  sapranno mai farsi libro le tue parole,
che ogni tuo intento è votato a fallimento e miseria
in cui si fa penuria di vita l'orizzonte restante
.
Lo splendore del giorno è intanto il respiro
di tutto ciò che sei ancora 
perchè quanto più, ora a soffocarti,
è la fedeltà dei destini in dono cui ti sei avvinto
la sua grazia  ti confermi ( un ) uomo nelle tue macerie,    
e  nel  risciacquo dell oltraggio e delle stesse stoviglie,
nella  riapertura delle  serrande di merci invendute
 l’addio sia un nuovo ritorno
 
Alla furia e  cecità della stessa polvere
 all ‘impotenza nel grido di una stessa preghiera.




mercoledì 7 settembre 2016

resa e fedeltà

"Che cos’hai davvero da chiedermi, ora che sto partendo per l Italia?"domandavo ieri di pomeriggio a Mohammad da cui avevo voluto recarmi,  ritrovandolo afflitto per davvero da una tosse  virulenta,  nell'oscurità  del giaciglio su cui era steso ignudo della sua misera casa,  di cui mi resta ancora difficile ritrovare la via.
“ Torna”,  si è limitato a chiedermi.
"E quanto alla scuola, che  possa io fare per te in questi giorni?"
“ Non ti chiedo niente”, mi ha detto in tutta risposta, come mi avrebbe poi ripetuto più volte, forse intuendo, pur senza saperlo, che stava così assecondando i reali intenti della mia condotta, che cospirava a che rifiutasse ciò che insistevo a chiedergli.
Ne insisteva a che disattendendo ai miei impegni l indomani fossi disponibile, accompagnandolo, ad assecondarlo nei suoi asseriti propositi di fare rientro a scuola, ben consapevole di  quante volte fosse venuto meno ai suoi propositi e mi avesse mentito in tal senso. 
Mi ero recato da lui persuaso che fosse solo per finta  che al telefono in mattinata aveva tossito tanto, eludendo così senza riuscire a dirmi niente ogni mio tentativo di ricontattarlo,  una volta che era venuta  per lui meno ogni ragione di ricercarmi- dopo essere riuscito ad ottenere a suo modo quel che davvero l interessava, e che non era di certo l’aiuto che potevo recargli.
E quando chi soccorri  insiste che non vuole più ricevere quel che supponi di avergli da offrire, quale migliore alibi può presentarsi per desistere da tentare ancora di aiutarlo  per chi ha in animo  la resa alla propria angoscia avara ed incapace di spendersi, al solo fine di salvaguardare asfitticamente un proprio futuro.anoressico
Di tornare a scuola non voleva saperne, e preferiva invece recarsi ogni mattina dagli insegnanti di sostegno, ch’era il sussidio stesso ch’ero venuto a casa sua per negargli, con il venir meno della  sua frequentazione scolastica.
 L' attuale sarebbe stato a suo dire il suo ultimo anno di scuola, poichè si sentiva obbligato a trovarsi un lavoro, come mi  lasciava credere  che gli avesse richiesto perentorio suo padre,  data la persistente penuria familiare .
Come io non credevo più nelle mie possibilità e per questo gli avevo appena  detto che cercavo soltanto di risparmiare denaro, ossessivamente, spasmodicamente, in tali termini non inducendolo di certo a fare su di me affidamento, così il ragazzo si arrendeva a un suo futuro di miseria, che cercava intanto di rimuovere dal suo orizzonte rifugiandosi  nell'ennesimo videogioco, sul tablet che gli avrebbe  lasciato uno zio che ne aveva acquistato un modello più avanzato. Era da esso che sabato scorso mi aveva contattato in facebook, poi in skype, facendomi insorgere i più  neri sospetti sul modo in  cui se ne  fosse assicurato il denaro per acquistarlo.
Anche l'amore per Mouskhan, a quanto me ne diceva, volgeva  ad un suo destino funesto
"Ha un soffio al cuore", mi rivelava
“ Ma tu  romperai i tuoi principi con me, - soggiungeva,- mi negherai la tua amicizia, se non andrò più a scuola?”
“ Certo che no” gli rispondevo con una voce di conforto che non tradiva alcun accoramento reale
E  quando mi congedavo  mi porgeva insolitamente la mano una prima, una seconda volta,   dopo di che gli chiedevo dell’acqua per lavare la mia, temendo di  poterne contrarre  la sua tosse se fosse stata infettiva.
."Che cos’hai davvero da chiedermi, ora che sto partendo per l Italia?"domandavo ieri di pomeriggio a Mohammad da cui avevo voluto recarmi,  nel ritrovarlo afflitto per davvero da una tosse  virulenta,  nell'oscurità  del giaciglio su cui era steso della sua misera casa,  di cui mi resta ancora difficile ritrovare la via.
“ Torna”,  si è limitato a chiedermi.
"E quanto alla scuola, che  possa io fare per te in questi giorni?"
“ Non ti chiedo niente”, mi ha detto in tutta risposta, come mi avrebbe poi ripetuto più volte, ignorando che stava così assecondando i reali intenti della mia condotta, che cospirava a che rifiutasse ciò che insistevo a chiedergli.
Mi ero recato da lui persuaso che fosse solo per finta  che al telefono in mattinata aveva tossito tanto, eludendo così senza riuscire a dirmi niente ogni mio tentativo di ricontattarlo,  una volta che era venuta  per lui meno ogni ragione di ricercarmi- dopo essere riuscito ad ottenere a suo modo quel che davvero l interessava, e che non era di certo l’aiuto che potevo recargli.
E quando uno insiste che non vuole più ricevere quel che supponi di avergli da offrire, quale migliore alibi può presentarsi per desistere da tentare ancora di aiutarlo  per chi ha in animo  la resa alla propria angoscia avara ed incapace di spendersi, al solo fine di salvaguardare asfitticamente un proprio futuro.anoressico
Di tornare a scuola non voleva saperne, e preferiva invece recarsi ogni mattina dagli insegnanti di sostegno, ch’era il sussidio stesso ch’ero venuto a casa sua per negargli, con il venir meno della  sua frequentazione scolastica.
 L' attuale sarebbe stato a suo dire il suo ultimo anno di scuola, poichè si sentiva obbligato a trovarsi un lavoro, come mi  lasciava credere  che gli avesse richiesto perentorio suo padre,  data la persistente penuria familiare .
Come io non credevo più nelle mie possibilità e per questo gli avevo appena  detto che cercavo soltanto di risparmiare denaro, ossessivamente, spasmodicamente, in tali termini non inducendolo di certo a fare su di me affidamento, così il ragazzo si arrendeva a un suo futuro di miseria, che cercava intanto di rimuovere dal suo orizzonte rifugiandosi in un videogioco, sul tablet che gli avrebbe  lasciato uno zio che ne aveva acquistato un modello più avanzato. Era da esso che sabato scorso mi aveva contattato in facebook, poi in skype, facendomi insorgere i più  neri sospetti sul modo in  cui se ne  fosse assicurato il denaro per acquistarlo.
Anche l'amore per Mouskhan, a quanto me ne diceva, volgeva  a un suo destino funesto
"Ha un soffio al cuore", mi rivelava
“ Ma tu  romperai i tuoi principi con me, - soggiungeva, mi negherai la tua amicizia, se non andrò più a scuola?”
“ Certo che no” gli rispondevo con una voce di conforto che non tradiva alcun accoramento reale
E  quando mi congedavo  mi porgeva insolitamente la mano una prima, una seconda volta,   dopo di che gli chiedevo dell’acqua per lavare la mia, temendo di  poterne contrarre  la sua tosse se fosse stata infettiva.
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giovedì 1 settembre 2016

Credi nel raggio di sole che rischiara il cortile,

Credi nel raggio di sole che rischiara il cortile,
riaccogli la realtà di stoviglie e otri da lavarvi di nuovo,
non desolare dei tuoi pensieri neri le vuote stanze, il giaciglio disfatto,
trangugia con l’acqua il cibo di nuovo,
è stata solo un’ altra nuvola di passaggio il tradimento di intenti
che con la tua vita tutto avrebbe spezzato,
conferma che sei vivo di scopi chi nulla sospetta,
e già ha ripreso ciò che frutto non dà,
si rianima la casa di vita e di voci,
che non vi manchi il tuo silenzio al lavoro,

il tuo saluto gioioso del rientro da scuola..

La Khajuraho delle sue guide turistiche

La Khajuraho delle sue guide turistiche
Prima parte
Ieri pomeriggio mi sono offerto ad Imran come suo insegnante nell' impiego che tenta di fare dell italiano quale guida dei templi occidentali di Khajuraho,  nel cui parco lui è così entrato mettendosi al mio seguito. A mia volta ho iniziato ad apprendere per filo e per segno che cosa lui e le altre guide turistiche ne illustrino ai turisti secondo un identico copione, casomai non me ne fossi fatto già all ingrosso un’ idea bastante.
La sua presentazione aveva inizio dal padiglione dell’incarnazione in Varaha del dio Vishnu, che definiva un tempio alla stregua della stessa tabella illustrativa, per poi passare immediatamente dopo al tempio Lakshmana, del cui complesso vishnuita il padiglione è pur parte, senza che la sua architettura sia in piano che in elevazione ne fosse nemmeno un preambolo. L’attenzione del visitatore era da lui invece volta immediatamente al dio Ganesha, apportatore di buona fortuna, come faceva la sua comparsa lungo le pareti laterali del portico d’ingresso, e quindi ad una immagine del dio Shiva con tridente e serpente, lasciando nell oblio totale quella corrispettiva superiore del dio Vishnu, che la sovrastava essendo il tempio a lui dedicato. Imran non mancava invece di appuntare l interesse del visitatore sulle immagini delle “ ragazze” che affiancavano gli dei, per quanto iniziavano a mostrarsi nude o svestite, bagnate di invisibili gocce d’acqua dopo un bagno rinfrescante
Cadeva nel vuoto ogni mia avvertenza che non di ragazze doveva trattarsi ma di celestiali ninfe, se erano creature accostate agli dei sistematicamente, talmente il diktat formativo era in lui inculcato.
E sopraggiungeva il clou dei pannelli erotici esterni del vestibolo.
Qualche breve cenno alla austerità sovrastante del dio Agni lasciava presto spazio a una breve digressione sulla coppia virtuosa sottostante, intenta all’ascolto della musica che facevano risuonare le loro accompagnatrici, per concedere il discorso di fondo al pezzo forte della coppia inferiore congiunta carnalmente , su cui non mancava di fare notazioni di un certo rilievo.
Trattavasi di una coppia regale, visti i loro bracciali, il cui accoppiamento era in realtà un atto di meditazione tantrica, come lasciava intendere il gesto del mudra del re. Quanto alla durata iperbolica di tale stasi copulativa, non meno di diciassette ore, come Imran non mancava di ripetermi con enfasi, lasciavo a lui l onere della credibilità.
Il giovane e la giovane nudi che si masturbavano ai lati erano invece per lui espressione disinibita di ciò cui conduce la mancanza di controllo.
Un richiamo alla altra “ragazza “, sempre a suo dire, che di fianco sollevava un braccio per mostrare un neo, era seguito dalla stroncatura della lady seguente ,che recava un pappagallo su di un braccio: una prostituta e basta, dato che a quei tempi un pappagallo in gabbia di fronte all ingresso di una dimora significava ch’era una casa di piacere.
Nulla in contrario, per parte mia, a credere alla stregua dei Vangelo che le prostitute ci precedano nei regni dei cieli, sempre che se ne riconosca lo statuto ultraterreno.
Quanto al resto del lato del tempio, della transizione al santuario nessuna menzione di sorta, per rilevare piuttosto come una coppia si applicasse nella posa numero dodici del kamasutra, la flaccidità del pene in un accoppiamento malriuscito di un’altra coppia terrena, e quanto dovesse essere “un confortable” uno coito successivo, dove il maschio era alto e magro e la donna bassa e grassa.
A tal punto con buona pace di dikpalas e divinità di nicchia quanto mai neglette dalla mia guida che istruivo, mi congedavo per seguitare piuttosto le mie ricerche sul Devi Jagadambi nel poco tempo restantemi. Il seguito all indomani di quella monomamia investigativa, secondo Imran inappuntabilmente conforme a quelli che erano gli usi del tempo“secondo la tradizione locale”
Seconda parte
Come ho appurato ieri, non è che Imran non si sia diffuso sulle componenti architetturali del tempio perché le ignori, solo che è perché sono stato io a chiedergliene conto che si è messo a parlarmi di mukamandapa, mandapa, mahamandapa, antarala e garbagriha, una volta entrati nel tempio, illustrandomi come la piattaforma al centro del mahamandapa servisse per le danze ed il re e la regina sedessero ai balconi di lato. Di sua iniziativa aveva ripreso la visita esterna dicendomi dei kirtimukka di una grasa pattika e diffondendosi sulla famiglia del dio del sole albergata nella edicola retrostante, secondo la successione delle divinità planetarie, di cui ha saputo identificarmi all istante Sukra o Marte nell ultima della serie, dopo avermi riconosciuto nell ultima della serie Parvati alla luce dei suoi attributi.
Il problema è che come vuole la prassi delle guide cui si assimilava, era delle apsaras, che aveva imparato almeno a definirmi delle ladies, che si credeva tenuto a rendermi conto, di quella aiutata dal barbiere a levarsi uno spino dal cavo del piede, di quelle in gruppo che spremevano a suo dire succo di datteri per sfrenare alla danza, di quella contigua che a suo modo di vedere si asciugava il dorso dopo il bagno, di quella visibile presso i pannelli erotici che si ritraeva spaventata da una scimmia tra le braccia del suo amante. Quanto ai pannelli erotici, si limitava a contrapporre quello ch’era amore di coppia a quello che definiva sesso di gruppo, dopo avere fatto menzione della presenza sovrastante di un Bhahma senza barba.
All’interno del tempio ho voluto saggiare ulteriormente le sue competenze chiedendogli conto delle incarnazioni di Vishnu e delle Krishna lila che vi erano rappresentate.
Ha saputo dirmi all istante anche di Hayagriva con testa equina, ma le scene di lotta di Krishna me le ha definite scene di vita di villaggio.
E dopo che mi ha detto di Vayu, dio del vento, gli ho chiesto conto degli altri dikpalas e della loro funzione protettiva nelle otto direzioni del tempio, a partire da Kubera successivo,
Erano li posti, per quanto poteva dirmi in inglese, perché i fedeli del tempio fossero ricambiate di averne istallate le immagini con non troppo vento, suscitato da Vayu, non troppa pioggia per parte di Veruna, concedendo loro denaro il dio Kubera.
E finivamo con una disquisizione sugli atlanti del tempio, ch’egli mi definiva con il termine hindu “ Kitchak” se ben ricordo., io con il termine sanscrito butha, sulla cui equivalenza conveniva