martedì 27 settembre 2016

Più forti di tutto e di tutti

Più forti di tutto e di tutti
Quand’ero in India, se il piccolo Chandu potevo stringerlo tra le mie braccia , od essere con lui e Poorti e Ajay che facevano i compiti di sera nella stanza della televisione, mentre la madre era l'ultima a cenare e Kailash si quietava nel suo fare collerico per godere di Chandu la vicinanza fisica, oppure se nel pomeriggio mi congedavo con un bacio sulla fronte dal mio amico distesosi nel letto, dove cercava solo che il sonno avesse la meglio sulle sue turbe angoscianti, desolava allora l' incanto dei nostri contatti, del riaverli accanto e rivederli, la prefigurazione nel pensiero di quando, come ora, mi sarei ritrovato nella solitudine della mia vita tra queste stanze in Italia, e di loro non avrei potuto che evocare il fantasma interiore, migliaia e migliaia di chilometri di distanza essendosi frapposti tra noi, insormontabili per loro, per me solo con l onere ed i permessi del viaggio di ritorno.
Ma quando poi mi sono rinvenuto in effetti nella loro irraggiungibilità, il telefono costituendo la sola nostra forma residua di contatto, per la mente non è stato un trauma insostenibile il finire ancora in tale sorta di esistenza mortuaria, in cui chi ti è più caro resta una presenza viva solo nella tua interiorità, e devi evocare tutta la forza della fedeltà dei tuoi sentimenti, per evitare il farsi spettrale dei tuoi affetti sensibili.
Al contempo  la vita in India cui fare ritorno e consacrarmi di nuovo,  al mio rientro in un' Italia che disamavo 
si è rivelata la bolla psichica evaporante della mia depressione, l'incubo di cui intendo differire per quanto mi è possibile il riformarsi di nuovo, quando mi ritroverò a non potervi restare per mesi che in Khajuraho, di nuovo ogni giorno tra i suoi aspetti repellenti ed i continui disagi, e fuori della cerchia degli affetti domestici non avrò che i suoi meravigliosi templi da rivisitarvi e di cui scrivere, stretto nella morsa delle limitazioni di ciò che posso consentirmi per la mia anoressia economica e della vita di relazioni che mi consente la appropriatività della mia vita di Kailash, cui è insostenibile che possa essa concedersi ad altri, per il suo sgomento altrimenti di perdere con il dominio esclusivo nei miei riguardi la sola possibilità di avere un futuro insieme alla moglie e ai suoi figli, che non sia il rientro di loro tutti nel grado zero di vita del villaggio natio.
E sempre più struggente si fa il rimpianto di Mohammad e del nostro affetto così compromesso, anche in ragione di ciò che il ragazzo ha preferito assicurarsi, , in luogo dell’aiuto che mi sacrificavo a recargli.
Quale che sia la gravità di ciò ch’egli può avere compiuto nei miei confronti, amore, pietà, perdono, insorgendo per lui più forti di tutto e di tutti.

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