Ciò che il nostro sindaco e i suoi laudatores sembrano ignorare o disconoscere /di cui il nostro sindaco
sembra non avere ancora contezza/ ancora ventriloquiando Renzi e Franceschini, è
come il turismo , tanto più se entra in simbiosi con la civiltà dello spettacolo
e dell intrattenimento, tenda a
divenire nell universo mondo una sorta di malefica pianta epifita, che non lascia spazio intorno a se ad ogni altra
attività che non sia afferente, e rinsecchisce l’albero da cui cresce, e si
espande, di quanto sia ogni forma altra di cultura ed arte . Ecco allora che un’ amministrazione civica
tende sempre più a delegare alle confraternite che congruamente finanzia, e a se così lega. la crescita civica dei propri
cittadini attraverso la fruizione del loro patrimonio artistico , che è quanto dovrebbe essere il suo compito primario, per
devolvere ogni suo eminente sforzo ad attrarre
turisti, sempre più turisti, con una valorizzazione dei propri beni che ne è una crescente commercializzazione, la riduzione a location di grandi eventi e mostre preconfezionate altrove,. nel miraggio di fare prospera la citta tuttà anzichè un proprio cerc hio e una ristretta cerchia Così avanza un processo di espropriazione
/Alienazione dei cittadini rispetto del proprio patrimonio storico, che anziché farne crescere la
soggettività e la sensibilità attraverso la Partecipazione, con la P maiuscola, a quanto è il
passato, il presente e il futuro della propria città, a ciò che è ricerca, reinterpretazione e progettazione del suo destino, per il tramite, ad esempio, di musei della città costruiti in proprio
da istituti scolastici, fondazioni e accademie, con una sovrintendenza generale dei lavori, beninteso o di spazi
espositiv, aperto al pubblico dibattito e confronto, di di ogni restauro o piano o cantiere o laboratorio in essere per il futuro, li assimila
ai turisti quali clienti e consumatori
passivi, , basta appena un clic, quanto dei servizi civici di ciò che di fantasmagorico la
corte del principe sindaco allestisce e imbandisce loro dall’alto, consentendone il solo plauso con l’auspicio di un voto amministrativo a suo favore. E' proprio questo, che al di la di ogni eventuale opera
benemerita di tutela edi recupero e reintegrazione, il nostro sindaco intende come
valorizzazione di una città quale Mantova, che già a suo dire è altrettanto bella quanto da vendere , secondo i parametri ministeriali che cultura ed arte siano il nostro petrolio,e cui
guardare dall’alto di una torre medioevale ridotta a belvedere per pochi rampicanti forestieri, non certo per l’agile salita in cima dei
suoi concittadini, in una città ch’è di vecchi, ma sempre meno per vecchi , sempre che non siano arzilli giovanilisti . Chissà se qualcuna che gli è accanto
si ricorderà ancora la profezia che da Cassandra o gufo del malaugurio feci a lei in
facebook. Non è che ci ridurremo tutti quanti intorno a la Tor dal sucar? Purtroppo
sbagliai allora soltanto la torre di
riferimento
lunedì 31 luglio 2017
lunedì 17 luglio 2017
Se in Italia
Se in Italia ora me ne sto tutto il giorno chiuso in casa e
non ho voglia di uscirne che per necessità impellenti, una delle ragioni
snervanti, più che il gran caldo, è che giunto oramai alla fase terminale della
mia esistenza, mi deprime incontrarmi per strada con conoscenti ed amici cui
nulla interessi di quel che penso o che sento, quale sia la mia vita sensibile
e mentale, ma ben attenti a quanto sia più grasso o decrepito. Né mi va di
sentire levarsi nel dibattito la veemenza di chi
suppone che chi è avversario o nemico è tale perché è un cretino, fascista o
leghista o penta stellato o piddino che sia, e che contro lo jus soli ci sia
ancora chi invoca che le colpe dei padri debbano ricadere sui figli , o quelle
del forestiero che delinque su chiunque sia ancora straniero in Italia,
escludendolo dalla cittadinanza italiana benché in Italia sia nato, ne
frequenti le scuole e ne parli la lingua nazionale. Tanto meno mi vanno i panem
et circenses estivi di una classe politica che non riesce ad allestire che ciò
sa e conosce, nella sua formazione politica cresciuta anziché su poeti,
letterati, economisti, filosofi e sociologi, su tutto quanto fa intrattenimento
e spettacolo, è parola e musica di cantautori, o mossa o finta di un
calciatore.
E a sinistra e a destra, da amministratore o funzionario di stato, favoleggia la via Emilia perché è stata la via di congiungimento degli astri di Zucchero, del Liga, di Vasco Rossi, con quello maggiore di Francesco Guccini, nulla sapendone di quelli artistici di Attilio Bertolucci, Silvio d'Arzo, Pier Vittorio Tondelli, Antonio Delfini, Walter Siti e via continuando. E quanto al bread and circuses imbanditi in loco, non serve allettarmi con i luoghi comuni e gli equivoci (vedasi in merito Scansani Stefano) del mito artefatto di una cucina di principi e popolo, o che , pur di allestire appeasements di richiamo e successo da fare invidia a quelli areniani, da Seamus Heaney si sia approdati ad Elton John, prima di Sting, per la modica cifra minima di 95 euro a cranio, se in ascolto del baronetto non si è dei Vip.
E a sinistra e a destra, da amministratore o funzionario di stato, favoleggia la via Emilia perché è stata la via di congiungimento degli astri di Zucchero, del Liga, di Vasco Rossi, con quello maggiore di Francesco Guccini, nulla sapendone di quelli artistici di Attilio Bertolucci, Silvio d'Arzo, Pier Vittorio Tondelli, Antonio Delfini, Walter Siti e via continuando. E quanto al bread and circuses imbanditi in loco, non serve allettarmi con i luoghi comuni e gli equivoci (vedasi in merito Scansani Stefano) del mito artefatto di una cucina di principi e popolo, o che , pur di allestire appeasements di richiamo e successo da fare invidia a quelli areniani, da Seamus Heaney si sia approdati ad Elton John, prima di Sting, per la modica cifra minima di 95 euro a cranio, se in ascolto del baronetto non si è dei Vip.
venerdì 14 luglio 2017
Quasi una leggera morte
Prima che il treno da
Khajuraho mi conducesse con Kailash a Delhi
per fare rientro dopo alcuni giorni in Italia, chiedevo al mio amico e a Mohammad, che era
accorso in stazione in motocicletta per un ultimo congedo , di consentire a
Miraj che aveva accompagnato Mohammad, di scattare un’ultima fotografia che ci
vedesse raccolti insieme, concordi e
affettuosi dopo screzi e dissidi,
rivedendo la quale, come il treno si è messo, mi sentivo gioioso di poter
dire, pubblicandola in face book: Ecco l’immagine di una felicità
concessa a chi non vive soltanto per se stesso”. Pur tra le lacrime , quando al
telefono Mohammad, rientrato in hotel,
cessava di parlare sopraffatto dai
singhiozzi.
Ma ora non ne è più nulla di tali immagini, finite perdute
con ogni altra che ho scattata in India
durante questa mia ultima permanenza, di
templi hindu sconosciuti o di amate sembianze, con i miei computer e tutto il materiale dei miei scritti, di tutti i documenti e testi e degli ebook di altri autori che contenevano, con le mie fotocamere e lo
smartphone che Mohammad mi aveva assicurato di seconda mano, per il furto della borsa che li conteneva che in
una fase di dormiveglia ho subito alla stazione centrale di Milano,al mio
rientro dell India in attesa nel corso
della notte del primo treno mattutino diretto a Mantova, per opera di una gang di malfattori
extracomunitari. Che altro non posso
pensare, se nel giro di un’ora alla
polizia giudiziaria cui denunciavo il
furto si succedevano un altro anziano e
una giovane ragazza in lacrime, vittime anch’esse di rapine. La psichiatra del Fatebenefratelli , cui chiedeva un
consulto nel suo referto parlava di mie reazioni
normali, pur sempre nel mio stato di depressione permanente, mi diceva che che potevo
già lasciare Milano e che non
dovevo avere paura di ritrovarmi da solo nelle stanze del mio appartamento a
Mantova, dove distaccato dal luogo del
furto avrei avvertito
appieno il senso dell’avvenuta perdita. La mia mente era in realtà sospesa e si era auto sedata in
una stato di stupefazione attonita,
cercando appigli, nel vuoto della
perdita, a quanto avevo pur avuto e avrei trovato modo di salvare. Per mia fortuna , disattendendo alle
indicazioni dell’addetto al chek in nell’aeroporto di Delhi, avevo conservato
nei bagagli un hard disk con i miei testi principali, e nel mio blog avevo
avuto modo di salvare ogni mio resoconto indiano, e vi
avevo stipato tutti i dischi dei dizionari e del mio web site, ma quanto di
irrimediabilmente perduto veniva a mancare all’appello, quando la memoria aveva le capacità di ripercorrere i dati che
potevano essere finiti perduti, ogni
immagine che avessi scattato dei
monumenti islamici e moderni ignoti ai
più che avessi scattato in Delhi, tutte
quante quelle, preziosissime e altrimenti irreperibili ovunque, dei templi hindu che avevo ritrovato
con Kailash nei dintorni di Mahoba e di Chitrakoot, senza il cui supporto ogni
mia ricerca in corso da ultimare restava un sentiero interrotto, per riprendere
il quale, al mio ritorno in India, avrei dovuto ripetere i viaggi e riscattare ogni
foto, con nuovi apparecchi dall’acquisto
proibitivo.
Per giorni, finora, come tutt’ora ho seguitato a compiere
ogni cosa da fare e a conservare i contatti indispensabili come in uno stato di
leggera morte, in cui la rimozione dell’avvenuto si faceva confuso distacco e indiana rinuncia,
senso di liberazione come se la perdita
mi avesse alleviato di un fardello, e come la falena al fuoco di una lucerna,
bruciassi più inconsistente ed evacuato vuoto
del mio annientamento in corso.
Mi ha sostenuto in tale precipizio la ritrovata immersione nell universo
librario, Schopenhauer, don Milani,
Mandelstam o Kushwant Singh che fossero i ritrovati autori, nel silenzio dell India in cui l’atman ritrova il suo Brahman ritirandosi dal mondo.
Con il piacere, nei miei contatti con chi ho di così caro in
India, che Mohammad abbia ritrovato la via della scuola, e che mi sappia dire
dei più grandi poeti in urdu, di Mirza Ghalib come di Mir taqi Mir, di Mirza Ghalib citandomi due versi che ho ritrovato in una versione
inglese “Let me get drunk in the mosque,
Or show me the place where God abstains!”
Or show me the place where God abstains!”
sabato 1 luglio 2017
Razza padrona
Razza padrona
"Are you
sleeping?” è il rimprovero che a Kailash ha inoltrato ieri mattina il suo
padrone, uno dei figli del proprietario dell Hotel Harmony, per averlo sorpreso
tramortito dal sonno tra le 9 e le 10 del mattino.
“La verità, mi ha detto Kailash, è che anche ieri notte in Hotel non ho dormito per tenerlo aperto e avvistare i turisti indiani che arrivassero prima dell’alba”.
Anche stamane a 45 giorni dalla sua assunzione, non se ne parla nemmeno di retribuirlo, il proprietario dell’hotel Surya è uno dei tanti che gli chiede ogni giorno di passare alle sue dipendenze, ma per il rispetto che ha per il suo padrone più che per me e per i suoi figli, Kailash tergiversa ancora senza decidersi.” Kailash, gli ho appena ripetuto, per pagarti il tuo padrone deve fare soltanto quello che ho appena fatto per te e i nostri cari, andare all atm e prelevare 4.000 rupie invece delle 10.000 che ho appena ritirato per noi tutti”.
E’ lo stesso per Ajay, e lo stesso per Mohammad. Manoj, il suo proprietario, se ne è andato fuori di Khajuraho dopo avere solo promesso che provvederà al pagamento quando farà ritorno. Con il ragazzo che è di turno di notte è già in ritardo di 10 giorni nel pagamento del salario che gli spetta.
E' la solita storia, per Kailash, Mohammad, od Ajay, di un proprietario o big owner che si assenta, e ai figli o a chi resta non dà alcuna disposizione o mandato di pagamento dei salari dovuti ai propri lavoratori
“Mohammad, voi avete bisogno di quel denaro per mangiare e per campare, il vostro salario viene prima di tutto, che ne sarebbe di Kailash e dei suoi e di te, se oltre al salario non riceveste il mio aiuto? E’ o non è così? Che ci vuole a tenere conto in un registro di quando i propri lavoratori devono essere pagati e assicurarne la retribuzione prima di qualsiasi partenza. Quando lascio la casa di Kailash io pago in anticipo ogni conto in sospeso”
“ Yes, but save quiet mind , don t be exagerated…”
Al che innervosendomi ulteriormente più di quanto le sue parole potessero calmarmi “ Sono io, o è la situazione che è troppo esagerata?”
E’ la stessa storia, quella di Kailash, di Mohammad, di Ajay, che è alle origini della mia acquisizione di uno smartphone Lenovo, di seconda mano, che ho dovuto pur procurarmi per provvedere nei prossimi giorni alle fotografie dei templi di Akora, nell'Uttar Pradesh.
Era di un amico di Mohammad in Kanpur, il cui padrone se ne è andato in pellegrinaggio alla Mecca senza dare disposizioni perché il giovinetto fosse remunerato E siccome a giorni incombe la festa di Id, per la quale serviva assolutamente un vestito nuovo all’amico di Mohammad ed a sua madre, il giovane si è rifatto a Mohammad per procurarsi i soldi degli abiti rivendendo lo smart-phone, il ricavato della cui vendita gli è pervenuto per il tramite di un cugino di Mohammad che in Kanpur ha fatto ritorno.
Se c’è una morale di fondo di tutto questo é che Mohammad e Kailash sono oramai entrambi molto più forti di me, in un India dove sopravvive e resiste chi non ha alcun senso dei suoi diritti o ne fa tacere la voce.
“La verità, mi ha detto Kailash, è che anche ieri notte in Hotel non ho dormito per tenerlo aperto e avvistare i turisti indiani che arrivassero prima dell’alba”.
Anche stamane a 45 giorni dalla sua assunzione, non se ne parla nemmeno di retribuirlo, il proprietario dell’hotel Surya è uno dei tanti che gli chiede ogni giorno di passare alle sue dipendenze, ma per il rispetto che ha per il suo padrone più che per me e per i suoi figli, Kailash tergiversa ancora senza decidersi.” Kailash, gli ho appena ripetuto, per pagarti il tuo padrone deve fare soltanto quello che ho appena fatto per te e i nostri cari, andare all atm e prelevare 4.000 rupie invece delle 10.000 che ho appena ritirato per noi tutti”.
E’ lo stesso per Ajay, e lo stesso per Mohammad. Manoj, il suo proprietario, se ne è andato fuori di Khajuraho dopo avere solo promesso che provvederà al pagamento quando farà ritorno. Con il ragazzo che è di turno di notte è già in ritardo di 10 giorni nel pagamento del salario che gli spetta.
E' la solita storia, per Kailash, Mohammad, od Ajay, di un proprietario o big owner che si assenta, e ai figli o a chi resta non dà alcuna disposizione o mandato di pagamento dei salari dovuti ai propri lavoratori
“Mohammad, voi avete bisogno di quel denaro per mangiare e per campare, il vostro salario viene prima di tutto, che ne sarebbe di Kailash e dei suoi e di te, se oltre al salario non riceveste il mio aiuto? E’ o non è così? Che ci vuole a tenere conto in un registro di quando i propri lavoratori devono essere pagati e assicurarne la retribuzione prima di qualsiasi partenza. Quando lascio la casa di Kailash io pago in anticipo ogni conto in sospeso”
“ Yes, but save quiet mind , don t be exagerated…”
Al che innervosendomi ulteriormente più di quanto le sue parole potessero calmarmi “ Sono io, o è la situazione che è troppo esagerata?”
E’ la stessa storia, quella di Kailash, di Mohammad, di Ajay, che è alle origini della mia acquisizione di uno smartphone Lenovo, di seconda mano, che ho dovuto pur procurarmi per provvedere nei prossimi giorni alle fotografie dei templi di Akora, nell'Uttar Pradesh.
Era di un amico di Mohammad in Kanpur, il cui padrone se ne è andato in pellegrinaggio alla Mecca senza dare disposizioni perché il giovinetto fosse remunerato E siccome a giorni incombe la festa di Id, per la quale serviva assolutamente un vestito nuovo all’amico di Mohammad ed a sua madre, il giovane si è rifatto a Mohammad per procurarsi i soldi degli abiti rivendendo lo smart-phone, il ricavato della cui vendita gli è pervenuto per il tramite di un cugino di Mohammad che in Kanpur ha fatto ritorno.
Se c’è una morale di fondo di tutto questo é che Mohammad e Kailash sono oramai entrambi molto più forti di me, in un India dove sopravvive e resiste chi non ha alcun senso dei suoi diritti o ne fa tacere la voce.
" Siano dolci, siano amare, sono sempre parole d'amore"
( abbozzo originario)
( abbozzo originario)
“ Kailash, dicevo al mio amico durante la cena in Chitrakoot che precedeva il nostro rientro notturno a Khajuraho,- anche se mentre stiamo insieme la mia mente va via ed è perduta lontano, con te non sono e non mi sento mai solo. Sono stati un’altra volta bellissimi i nostri giorni di viaggio”
Nei dintorni di Citrakoot ci eravamo aggirati per due giorni alla ricerca dei templi perduti, in Gonda, Ramnagar e villaggi circostanti, prima di rivisitare la piccola Varanasi tinteggiata meravigliosamente di un ocra arancione nei suoi templi e palazzi ed edifici contigui , lungo il Ram Ghat che si affaccia sul fiume Mandakini, di percorrere sfiniti e contenti l intero Perikrama intorno al colle sacro al dio Rama, dove la leggenda vuole che per dodici anni sarebbe rimasto in esilio con Sita e Lakshmana.
“ Grazie”, mi diceva un commosso Kailash., prima di replicarmi come atto di gratitudine
“E quanto a me, io non ero una persona prima del 2005”, l’anno in cui ci siamo conosciuti.
Ma sarebbe bastato quel che è accaduto nella stazione di Karvi in attesa del treno che ci avrebbe ricondotto in Khajuraho, ad infrangere ogni nostra presunzione che la nostra amicizia ci avesse elevato ad una condizione infrangibilmente superiore.
Kailash mi lasciava solo con tutti i bagagli e le borse a fronteggiare delle scimmie che con i loro piccoli in grembo o sul dorso si erano avventurate lungo i binari, e quando una di esse mi si avvicinava ed iniziava ad armeggiare con uno zaino per portarmelo via, invece di soccorrermi egli ne rideva distante.
Io , sentendo dalla mia parte ogni ragione, lo maltrattavo di fronte a tutti con parole offensive, rimproverandolo in hindi di stupidità assoluta, prima che mi si riaccostasse umiliato, e non trovasse altra giustificazione che chiamando in causa la sua paura delle scimmie.
La paura che di nuovo era prevalsa sui suoi sentimenti, come la notte in cui non aveva trovato il coraggio di donare il sangue che serviva ad assicurare la vita di Vimala e di Chandu , quando la moglie aveva partorito il nostro ultimo bambino.
Kailash cercava di rifarsi in ogni modo, facendosi finalmente carico di ogni bagaglio, al sovrappasso che dovevamo risalire e discendere per prendere il treno in arrivo, e quando sopraggiungeva, pur nella concitazione di risalire alla nostra carrozza eglitrovava il tempo e i modi gentili per orientare un indiano anziano e confuso che era diretto ugualmente a Khajuraho per visitarne i templi, quando io inorridito dal suo aspetto trasandato e repellente, avrei voluto che l’amico si prendesse cura soltanto di noi due, affrettandosi a raggiungere una carrozza che restava distante
“ Per lui c’è l Ufficio turistico, se ne ha bisogno”
Così dicendo alla faccia di ogni mia missione culturale universale, del mio disperare che sia disattesa ogni mia indagine e ricerca su tale patrimonio artistico così lungamente condotta.
E ieri al mio rientro, sarei dovuto venire al dunque con Mohammad., quanto alla conclusione dei suoi studi, e a ciò che resti ancora della nostra amicizia.
Nell’ hotel in cui lavora, quando ci siamo rivisti, gli ho chiarito subito che giunti a tal punto non intendevo più né pagargli la reiscrizione a una scuola privata né effettuare il passaggio a quella pubblica, visto che a due giorni soltanto dalla mia partenza nessuna sollecitazione mi era da lui pervenuta in un qualsiasi senso, che al solo fare cenno a tale questione, cadeva ogni volta la linea ed ogni discorso che .intendessi affrontare.
“ Tu preferisci considerarti uno stupido ragazzo con una mente stupida pur di non studiare ancora, “che fare valere l’eccellenza del tuo cervello…
Rientravo in casa di Kailash, e lo ritrovavo al suo risveglio con Vimala e Chandu. Chiedevo all’amico di dire al bambino che sarei partito per l Italia, da cui solo dopo vari mesi sarei rientrato in India, e di chiedergli se era il caso che da lui e tra loro facessi ritorno, o che rimanessi nel mio paese una buona volta per sempre.
Chandu gli rispondeva che voleva che facessi ritorno, poi soggiungeva in hindi altro, che chiedevo a Kailash di tradurmi all’istante : “ Don’t go, Non andartene, è quanto Chandu vuole che ti dica”
Cosa più bella il mio bambino non poteva dirmi, ma quando mi sono ritrovato da solo in casa con lui, e mi sono messo a vigilarlo- la mamma era in realtà solo al di là della soglia-, ha seguitato a pregarmi di lasciarlo solo, e di andarmene via.
Mohammad l’avrei ricontattato più tardi al telefono, da cui mi aveva richiamato perché gli rendessi conto del fatto che avevo coinvolto di nuovo suo padre, in un estremo tentativo di convertirlo a seguitare fino alla fine il corso dei suoi studi.
Mohammad si trincerava dietro il nuovo corso assunto dalla sua vita con la sua prima attività lavorativa, per occultare il dato di fatto che gli mancava ogni interesse e volontà di fare ritorno a scuola
“ E’ il mio lavoro cui ora devo pensare, Manoj mi ha detto che se voglio ripetere la decima classe per tre giorni soltanto la settimana mi lascerà andare a scuola, dipende se di mattina o di pomeriggio. Prima viene l’ hotel, adesso per me…”
“ Manoj è un ex insegnante che non dovrebbe parlarti così, ma che ti parla così e ti ha pure già promesso un salario superiore di mille rupie, perché vuole tenerti in schiavitù nel suo albergo. Se tu davvero ci tieni alla scuola, è la scuola che deve venire per prima, e nessuno può obbligarti a perderla per curarti delle sue camere da letto e della sua reception”
“ Lo so che sbaglio, Mohammad veniva allo scoperto, ma la verità, what is true, è che non ho interesse ad andare a scuola. Tu e mio padre avete per me la stessa autorità. E se tu pagassi per me la scuola, so già che ci andrei un giorno o due, o tre, e che poi smetterei”
Se così stavano le cose, fosse fatta la sua volontà, secondo la sua libertà di scelta che aveva l ultima parola. E buona notte, e sogni d’oro di nuovo, per il mio caro ragazzo.
Avendo così posto fine a ogni mio tentativo di riavviarlo agli studi perché li ultimasse, non capivo, durante tutta la giornata odierna, come nei giorni trascorsi, il suo ostinarsi al telefono in una laconica freddezza nei miei riguardi.
Nella sala da pranzo dell’hotel non mi rivolgeva né la parola né lo sguardo.
Quando gli ritelefonavo di nuovo, rinviava a un’ora più tarda il nostro incontro, e allorché lo contattavo che la sera era già inoltrata, mi faceva sapere che non poteva mancare ad un ennesimo matrimonio
“ Arrivederci a ottobre, allora se è così”
Sulla via di casa il mio malumore cresceva nei confronti del ragazzo , e il suo parossismo mi faceva deviare verso l hotel dove forse l’avrei ancora ritrovato, come in effetti vi era ancora presente, per uno di quegli ultimatum in cui un’amicizia trova il suo termine:
“ Mohammad, se vuoi chiudere la nostra relazione, possiamo finirla qui”
“ Possiamo proprio chiuderla” mi replicava in tutta risposta, senza staccare lo sguardo dallo smartphone che digitava,
“ Tik-è and good bye for ever” sentenziavo in una stretta di mano.
A Kailash comunicavo di li a poco la fine inevitabile della mia amicizia con Mohammad, al che egli reagiva dicendo che avrebbe comunicato al padre che d’ora in poi egli avrebbe dovuto provvedere al ragazzo per ogni evenienza, che il figlio era ora come un uccello che avrebbe cavarsela in volo in tutto e per tutto con i soli suoi mezzi.
Non ancora mi capacitavo di quanto potesse essere successo, che Mohammad mi telefonava di nuovo con voce dimessa, per dirmi che cosa aveva ispirato il suo comportamento
“ Volevo che così tu soffrissi di meno, nel lasciarmi e nel ritrovarti in Italia senza di me”
“ Scusami , Mohammad, per come ho reagito”
“ Ti capisco. Chiunque avrebbe fatto come te… “
.” Solo che se tutto si fosse tra noi così concluso, mio caro, mi sarebbe stato molto più difficile fare ritorno . “
Kailash precedeva l’arrivo di Mohammad nella mia stanza, dove mi avrebbe lasciato di lì a poco, per portare al giovane che con lui si avvicendava di notte delle cibarie del matrimonio cui aveva illuso con me.
“ Se è come mi dici, se il tuo giovane l’ha fatto per questo, va bene, non ci sono problemi” e salutava l’arrivo del ragazzo con soddisfazione amichevole, in Mohammad rinsaldandosi ciò che ci unisce e ci lega.
“ Ora, gli dicevo con tutto il mio affetto, voleranno in un istante i giorni della nostra separazione, e il tuo richiamo sarò tanto più forte”
Che venisse pure l indomani, a me bastava già quanto il suo sopraggiungere avesse messo le ali alla mia felicità.
Nei dintorni di Citrakoot ci eravamo aggirati per due giorni alla ricerca dei templi perduti, in Gonda, Ramnagar e villaggi circostanti, prima di rivisitare la piccola Varanasi tinteggiata meravigliosamente di un ocra arancione nei suoi templi e palazzi ed edifici contigui , lungo il Ram Ghat che si affaccia sul fiume Mandakini, di percorrere sfiniti e contenti l intero Perikrama intorno al colle sacro al dio Rama, dove la leggenda vuole che per dodici anni sarebbe rimasto in esilio con Sita e Lakshmana.
“ Grazie”, mi diceva un commosso Kailash., prima di replicarmi come atto di gratitudine
“E quanto a me, io non ero una persona prima del 2005”, l’anno in cui ci siamo conosciuti.
Ma sarebbe bastato quel che è accaduto nella stazione di Karvi in attesa del treno che ci avrebbe ricondotto in Khajuraho, ad infrangere ogni nostra presunzione che la nostra amicizia ci avesse elevato ad una condizione infrangibilmente superiore.
Kailash mi lasciava solo con tutti i bagagli e le borse a fronteggiare delle scimmie che con i loro piccoli in grembo o sul dorso si erano avventurate lungo i binari, e quando una di esse mi si avvicinava ed iniziava ad armeggiare con uno zaino per portarmelo via, invece di soccorrermi egli ne rideva distante.
Io , sentendo dalla mia parte ogni ragione, lo maltrattavo di fronte a tutti con parole offensive, rimproverandolo in hindi di stupidità assoluta, prima che mi si riaccostasse umiliato, e non trovasse altra giustificazione che chiamando in causa la sua paura delle scimmie.
La paura che di nuovo era prevalsa sui suoi sentimenti, come la notte in cui non aveva trovato il coraggio di donare il sangue che serviva ad assicurare la vita di Vimala e di Chandu , quando la moglie aveva partorito il nostro ultimo bambino.
Kailash cercava di rifarsi in ogni modo, facendosi finalmente carico di ogni bagaglio, al sovrappasso che dovevamo risalire e discendere per prendere il treno in arrivo, e quando sopraggiungeva, pur nella concitazione di risalire alla nostra carrozza eglitrovava il tempo e i modi gentili per orientare un indiano anziano e confuso che era diretto ugualmente a Khajuraho per visitarne i templi, quando io inorridito dal suo aspetto trasandato e repellente, avrei voluto che l’amico si prendesse cura soltanto di noi due, affrettandosi a raggiungere una carrozza che restava distante
“ Per lui c’è l Ufficio turistico, se ne ha bisogno”
Così dicendo alla faccia di ogni mia missione culturale universale, del mio disperare che sia disattesa ogni mia indagine e ricerca su tale patrimonio artistico così lungamente condotta.
E ieri al mio rientro, sarei dovuto venire al dunque con Mohammad., quanto alla conclusione dei suoi studi, e a ciò che resti ancora della nostra amicizia.
Nell’ hotel in cui lavora, quando ci siamo rivisti, gli ho chiarito subito che giunti a tal punto non intendevo più né pagargli la reiscrizione a una scuola privata né effettuare il passaggio a quella pubblica, visto che a due giorni soltanto dalla mia partenza nessuna sollecitazione mi era da lui pervenuta in un qualsiasi senso, che al solo fare cenno a tale questione, cadeva ogni volta la linea ed ogni discorso che .intendessi affrontare.
“ Tu preferisci considerarti uno stupido ragazzo con una mente stupida pur di non studiare ancora, “che fare valere l’eccellenza del tuo cervello…
Rientravo in casa di Kailash, e lo ritrovavo al suo risveglio con Vimala e Chandu. Chiedevo all’amico di dire al bambino che sarei partito per l Italia, da cui solo dopo vari mesi sarei rientrato in India, e di chiedergli se era il caso che da lui e tra loro facessi ritorno, o che rimanessi nel mio paese una buona volta per sempre.
Chandu gli rispondeva che voleva che facessi ritorno, poi soggiungeva in hindi altro, che chiedevo a Kailash di tradurmi all’istante : “ Don’t go, Non andartene, è quanto Chandu vuole che ti dica”
Cosa più bella il mio bambino non poteva dirmi, ma quando mi sono ritrovato da solo in casa con lui, e mi sono messo a vigilarlo- la mamma era in realtà solo al di là della soglia-, ha seguitato a pregarmi di lasciarlo solo, e di andarmene via.
Mohammad l’avrei ricontattato più tardi al telefono, da cui mi aveva richiamato perché gli rendessi conto del fatto che avevo coinvolto di nuovo suo padre, in un estremo tentativo di convertirlo a seguitare fino alla fine il corso dei suoi studi.
Mohammad si trincerava dietro il nuovo corso assunto dalla sua vita con la sua prima attività lavorativa, per occultare il dato di fatto che gli mancava ogni interesse e volontà di fare ritorno a scuola
“ E’ il mio lavoro cui ora devo pensare, Manoj mi ha detto che se voglio ripetere la decima classe per tre giorni soltanto la settimana mi lascerà andare a scuola, dipende se di mattina o di pomeriggio. Prima viene l’ hotel, adesso per me…”
“ Manoj è un ex insegnante che non dovrebbe parlarti così, ma che ti parla così e ti ha pure già promesso un salario superiore di mille rupie, perché vuole tenerti in schiavitù nel suo albergo. Se tu davvero ci tieni alla scuola, è la scuola che deve venire per prima, e nessuno può obbligarti a perderla per curarti delle sue camere da letto e della sua reception”
“ Lo so che sbaglio, Mohammad veniva allo scoperto, ma la verità, what is true, è che non ho interesse ad andare a scuola. Tu e mio padre avete per me la stessa autorità. E se tu pagassi per me la scuola, so già che ci andrei un giorno o due, o tre, e che poi smetterei”
Se così stavano le cose, fosse fatta la sua volontà, secondo la sua libertà di scelta che aveva l ultima parola. E buona notte, e sogni d’oro di nuovo, per il mio caro ragazzo.
Avendo così posto fine a ogni mio tentativo di riavviarlo agli studi perché li ultimasse, non capivo, durante tutta la giornata odierna, come nei giorni trascorsi, il suo ostinarsi al telefono in una laconica freddezza nei miei riguardi.
Nella sala da pranzo dell’hotel non mi rivolgeva né la parola né lo sguardo.
Quando gli ritelefonavo di nuovo, rinviava a un’ora più tarda il nostro incontro, e allorché lo contattavo che la sera era già inoltrata, mi faceva sapere che non poteva mancare ad un ennesimo matrimonio
“ Arrivederci a ottobre, allora se è così”
Sulla via di casa il mio malumore cresceva nei confronti del ragazzo , e il suo parossismo mi faceva deviare verso l hotel dove forse l’avrei ancora ritrovato, come in effetti vi era ancora presente, per uno di quegli ultimatum in cui un’amicizia trova il suo termine:
“ Mohammad, se vuoi chiudere la nostra relazione, possiamo finirla qui”
“ Possiamo proprio chiuderla” mi replicava in tutta risposta, senza staccare lo sguardo dallo smartphone che digitava,
“ Tik-è and good bye for ever” sentenziavo in una stretta di mano.
A Kailash comunicavo di li a poco la fine inevitabile della mia amicizia con Mohammad, al che egli reagiva dicendo che avrebbe comunicato al padre che d’ora in poi egli avrebbe dovuto provvedere al ragazzo per ogni evenienza, che il figlio era ora come un uccello che avrebbe cavarsela in volo in tutto e per tutto con i soli suoi mezzi.
Non ancora mi capacitavo di quanto potesse essere successo, che Mohammad mi telefonava di nuovo con voce dimessa, per dirmi che cosa aveva ispirato il suo comportamento
“ Volevo che così tu soffrissi di meno, nel lasciarmi e nel ritrovarti in Italia senza di me”
“ Scusami , Mohammad, per come ho reagito”
“ Ti capisco. Chiunque avrebbe fatto come te… “
.” Solo che se tutto si fosse tra noi così concluso, mio caro, mi sarebbe stato molto più difficile fare ritorno . “
Kailash precedeva l’arrivo di Mohammad nella mia stanza, dove mi avrebbe lasciato di lì a poco, per portare al giovane che con lui si avvicendava di notte delle cibarie del matrimonio cui aveva illuso con me.
“ Se è come mi dici, se il tuo giovane l’ha fatto per questo, va bene, non ci sono problemi” e salutava l’arrivo del ragazzo con soddisfazione amichevole, in Mohammad rinsaldandosi ciò che ci unisce e ci lega.
“ Ora, gli dicevo con tutto il mio affetto, voleranno in un istante i giorni della nostra separazione, e il tuo richiamo sarò tanto più forte”
Che venisse pure l indomani, a me bastava già quanto il suo sopraggiungere avesse messo le ali alla mia felicità.
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