lunedì 5 aprile 2021

Ed ora, nel volgere di poche settimane,

Ed ora, nel volgere di poche settimane, dopo mia madre, anche Francesco, il compagno di mio fratello, è passato dal novero delle preghiere per i vivi a quello delle preghiere per i morti. Che non ci siano più o che siano in un’altra dimensione, ho cercato in queste settimane di fortificarmi, o di difendermi dal dolore più acuto, alla luce del mio risolvermi in un cristianesimo tantrico, che nell’accettazione del piacere e dell orrore salvaguardasse la mia speranza cristiana, in virtù della preservazione nel Padre-Brahman di ogni identità che sia in lui approdata, come consente di credere il pensiero indiano di Abhinavagupta e di Ramanuja, il principio di fede calcedoniano per cui in Cristo ed in ognuno di noi umano e divino permangono distinti nella loro unità, senza separazione né confusione in un unico oceano di luce o mare di latte cui sfociare nella nostra morte, come vorrebbe la spiritualità di Shankarachariya. che è onnipersaviva dell’ incontro spirituale tra Occidente ed Oriente . Così ho accettato sia ogni disperazione del lutto che ogni suo rarefarsi nell’incombenza degli incubi economici, sia il rimpianto di non avere più nella mia vita l irradiarsi arrivando alla casa di mia madre della sua viva presenza o la sua voce che si accampa al telefono , vano il suo numero nella rubrica, lo sconforto di non potere più volgermi indietro, svoltato l’angolo della strada, per ricambiare il suo saluto dalla finestra del suo appartamento, quanto che il mio soufflé , oggi a tavola, riesumi quello che Francesco ebbe a consumare tra le difficoltà dei cateteri al collo quando due settimane fa ebbi il conforto di parlare al telefono on lui in ospedale. Ed al contempo ho lasciato che i miei sensi di colpa verso mia madre prendessero le parvenze del suo fantasma che mi volita in stanza, implacabile, dopo l’agnizione ultraterrena di ciò che avevo covato in seno nei suoi confronti, infine non ho ricacciato lo sconforto che nemmeno obiit anus abit onus, quando ho appreso in banca l’entità della rateazione del mutuo che mi sarebbero costati i costi per il suo funerale, “ ed ora devo mantenerla anche da morta per altri tre anni…” erompendo in ufficio a voce alta .Invece dello sciogliersi in lacrime dl dolore, nella mente per giorni le più festose canzoni tripudianti, come a uno sprigionamento, quasi che la morte di mia madre avessi vinto un terno al lotto….alla notizia dell’aggravarsi improvviso del suo stato di salute un sobbalzo ch’era un tumulto, un “finalmente” che ho strozzato in petto, nel preannunciarsi prima del tempo temuto della fine dei miei vincoli economici per il suo mantenimento ad oltranza, io che con acrimonia e sprezzo presagivo , nella sua voce, nel suo cuore forte, nella sua voglia indomita di vivere, che ci avrebbe seppelliti tutti, noi figli…. Meglio evitare di pregare per lei, date le parole e quanto saliva alla mia mente di chiedere a Dio… Per riprendermi, a viva forza rammentando a me stesso che lei era stata la persona che più di ogni altra mi ha più amato al mondo, che più di tutte ha fatto per me, sottraendomi al destino di finire sciancato e per essere solo una barzelletta di paese. Nella mia stessa nuova casa intanto tutto, lo voglia o non voglia, mi parla di lei, anche quando sembra che non la stia pensando, del suo impero sulla mia mente che ha presieduto all ordinamento di ogni cosa.. Era non più tardi del sabato precedente la sua fine inattesa, che ero di ritorno al Ldl per comperare anche per mia madre una pinza telescopica raccogli oggetti., quando poco più di una settimana dopo, il 23 marzo del 2021, il corpo di mio padre sarebbe stato da estrarre dal suo loculo e cremare, perché le sue ceneri siano raccolte in una urna e calate nel loculo dove il giovedì prima ho visto essere murata la salma di mia madre, due giorni dopo che è deceduta. Era entrata già in coma nel primo pomeriggio della domenica successiva a quel sabato, al Ldl, a, causa di una setticemia che ha infiammato tutti i suoi organi vitali, già provati dal covid, per lieve che si fosse manifestato, dopo che da un mese accusava dei disturbi neurologici che la perturbavano di notte. E già la sera stessa di martedì 16 marzo, il giorno seguente al suo novantesimo compleanno,mio fratello e mia sorella hanno cercato invano di comunicarmene il decesso al telefono, per cui l’ho appreso la mattina seguente da una mail di mia sorella che mi diceva che la mamma non c’era più. Che lei non sia più niente o in un’altra dimensione,. ove ora saprebbe tutto, di ciò che mi affligge e mi rimorde, ’io sono intanto come una crisalide che solo alla mia tarda età è uscita dal bozzolo serico che mia madre aveva intessuto negli anni, dentro la mia mente. Essa resta stupefatta e attonità di quanto è successo e in lei si svolge, lancinata dalla perdita improvvisa e inattesa di mia madre per quanto sia morta in tarda età, infervorata dalla schiusa che si apre in una sua metamorfosi mentale dagli esiti ignoti. Per quanto mia madre sopravvivesse oramai a se stessa,essendo evaporata in una mite dolcezza di affetti ogni sua cognizione e pretensione, in me lei restava un arcano dominante, come sempre, che regolava e forse regola ancora ciò cui devo sottostare per accettare me stesso nel mio ordine domestico e personale, per riconoscermi una mia dignità sociale. Tale dominio della sua mente nella mia mente vigeva nel mio stesso modo di esprimermi e di fare, di essere esuberante o di reagire insofferente, al punto che guardavo me stesso nelle mie vicissitudini corporee e quotidiane con gli occhi con cui sentivo che mia madre si volgeva a se stessa o mi considerava, avvertivo quali miei i suoi scatti di umore e le contrazioni del volto, le mie parole erano dette cin la sua voce, le mie emozioni espresse con la sua mimica facciale. E’ a lei che risale la incontenibilità ultima della mia verve dialettale ed ogni sua materialità di espressione natia , ciò che dismesso il leggere e lo scrivere ha seguitato ad essere l’assillo guida di questi mesi in quarantena casalinga. E’ infatti da che mia sorella mi disse che sarebbe sopraggiunta con mia madre nella mia nuova casa, che il giorno del suo arrivo venturo era diventato per me una sorte di giorno del giudizio finale, in cui come avrebbe ritrovato la mia casa avrebbe deciso per sempre della mia decenza e dignità personale, per me ed al cospetto del mondo. E’ stato lo stesso giorno seguente alla sua sepoltura, di venerdì, mi è pervenuto il mobiletto che avevo ordinato la settimana prima in amazon, perché mia mamma non ritrovasse nella vasca da bagno detersivi e detergenti cumulati in una bacinella, e non c’è volta che riassetti il piumone del letto, che non mi riappaia la toppa adesiva che evitava la fuoriuscita di piume d’oca, che sarei stato così contento di poterle mostrare, perché fosse soddisfatta del vedere come avevo provveduto a tutto e non mi sfuggiva nulla , cos’ì, parole sue “ come non mi facrssi mancare più niente”. E solo poche ora fa, a riaprire ogni lacerazione, mi è giunta l immagine che sarà apposta sulla sua lapide, in cui appare ancora più che mai bella e luminosa e viva, a contrasto di ogni mia immaginazione consolatoria che oramai lei fosse il proprio relitto, a seguito della perdita oramai avvenuta della propria personalità. Posso ora solo recitarle in memoria questi versi di un mio poemetto giovanile, in cui è in nuce quello che lei è stata dentro di me. Mia madre, donna di domestici mestieri, che sempre ha sofferto senza lottare, di pochi scudi contentandosi e di poter mangiare, di tale sua vita vuol farmi nutrire e tenermi avendomi sempre a servire. Come uccello notturno che si sazia di fuoco l'anima mi ha risucchiato a poco a poco con l'eterna sua presenza d'ombra che si strugge, ed ogni volere ribelle inesorabile distrugge dell'anima mia, che già si adombra e s'impaura Erano già gli anni trascorsi della fanciullezza belli in cui i rami intrecciando di arboscelli sospingevo dalle terre di Mago Merlino navicelle di fragili giunchi a un ignoto destino, gli occhi ancora intatti per vedere e sognare, oltre l'immenso respiro del flusso del mare mondi nuovi e rifioriti degli angioli e dei Santi di cui mia madre mi insegnava la sera i dolci canti. Già i primi brividi si mescolavano ai fascinosi incanti di draghi e sirene da fondali affioranti, alla vista di (dei) cadaveri di (dei) marinai e di (delle) dissolte orche, d'oltre i confini della vita e della morte contro gli scogli a me risospinti dal mare. Ma io sereno e superbo( orgoglioso) passeggiavo come incorporeo sugli sfinimenti del sole ed i pallori alborei, inseguendo di mia madre l'ombra cara ed i contorni, se ne splendevano gli occhi per fugarvi ogni paura, come ogni bimbo che nella mamma soltanto s'assicura.

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