lunedì 8 dicembre 2008

come si vive ancora in India, come vivevamo noi

Prima parte


Cerco di illustrare a mia madre quanto sarebbe bello per lei ritrovarsi in India, perché nelle stesse campagne del Madhya Pradesh, dove vive il mio amico, ritroverebbe il mondo in cui è cresciuta, ed è è stata bambina, fin anche l'aratro ancora trainato dai buoi. E mia madre " Non mi meraviglio , per quello che mi racconti, di come vivono in India. Ho settanta sette anni e nella mia infanzia si viveva così, anche da noi, nelle campagne del Mantovano, con le cose utili che ti servivano, ma niente di più, niente di superfluo: un paio di scarpe per l' estate e un paio per l' inverno, tanto gli uomini che le donne, i vestiti erano un abito pesante per l' inverno e uno leggero per l'estate, ma non di più, e li indossavi solo le domeniche.
( Le avevo raccontato come abitualmente in India si usino ciabatte di plastica, senza indossare le calze, e che quando io e Kailash siamo partiti per il Nepal, lui aveva dovuto chiedere in prestito un paio di scarpe al fratello, non avendone alcuno. Le ho detto anche come ne " La tigre bianca " Aravind Adiga racconta di un uomo che non può entrare in un centro commerciale perchè dopo che le porte a vetro si erano aperte, " L'addetto alla sorveglianza l'aveva fermato. Indicava col bastone i piedi dell'uomo scuotendo il capo: l'uomo aveva le ciabatte ai piedi. Anche tutti noi autisti avevamo le ciabatte. Ma quelli che avevano accesso al centro commerciale avevano tutti le scarpe"( pg.107)).
"Le scarpe le portavi solo se andavi via, in piazza, al mercato, da qualche parte, come tornavi a casa te le levavi, per paura di sprecarle.
( Magari) D'inverno portavi tutti i giorni gli zoccoletti di legno per ripararti dal freddo e dall acqua, e a marzo cominciavi ad andare scalza perché c'era già un clima primaverile, fino all' autunno, finché non cominciava a fare freddo, avevi per questo sempre i piedi rovinati, perché inciampavi e le strade non erano asfaltate.
Le calze le cominciavi a mettere a novembre, erano sempre confezionate in lana di pecora.
D'inverno ti coprivi con qualche maglia anch'essa in lana di pecora, con gonne fatte di stoffe che recuperavi da qualche abito vecchio. Le maglie, di sopra e di sotto, si facevano co la lana di pecore allevate da noi, tutti i giorni ti mettevi degli straccetti, abiti fatti in casa con dei tessuti vecchi, solo qualche volta ricorrevi ai sarti, anche se in paese c'erano molte sarte che confezionavano abiti. Per gli abiti di lavoro di tutti i giorni si prendeva della stoffa ordinaria, tela, che comperavi al mercato, cercando sempre di spendere per il vestire il meno possibile, questa era la gran storia.
Mia madre, osservando le fotografie di Adjay, Purti, Sumit, i bambini di Kailash, aveva colto quanto siano belli, ma sempre gli stessi, gli abiti che indossano, ed io le avevo ricordato che quando io e Kailash siamo partiti con Adjay per fargli conoscere le scuole del Progetto Alice di Valentino Giacomin, la mattina del giorno della partenza il bambino ha dovuto stare a casa da scuola, perché gli abiti che gli sarebbero occorsi, in mancanza della divisa della scuola che non gli era ancora stata fornita, erano gli stessi che gli servivano per quel breve viaggio, ed erano ancora stesi ad asciugare al sole durante le ore di lezione.

In dvd mia madre ha visto com' è la casa di Kallu, nel suo villaggio, l'andito d'accesso sovrastato dalla spianata dove le sementi sono stese ad asciugare, due camere ai lati dell'andito d'accesso, con una lettiera per gli ospiti, la camera da letto dei genitori, il cortile con la piantina di tulsi e le statuine delle divinità tutelari nel terriccio della colonnina portante, due forni di cottura all' aperto, i vani uno più oscuro dell altro dove sui ripiani ricavati nei muri sono riposti attrezzi, suppellettili, granaglie, ortaggi, la scala che reca alla stanza di letto di Kallu e di sua moglie e i suoi bambini, quando fanno ritorno al villaggio. Niente acqua, gas, la luce elettrica solo la notte.

" Invece la casa di noi contadini , riprende mia madre, al piano terra era composta da una cucina grande, che conteneva un focolaio, una stufa a legna, un tavolo, delle sedie, una credenza per tenere i piatti. Non c'erano sale da pranzo, soggiorni.

Nelle camere gli ornamenti erano miserie, sulle credenze, in cucina, sui comò, nelle stanze da letto, si metteva qualche foto di persone che non c'erano più, dei vasi di fiori raccolti in campagna, nei giardini di fuori, mentre in mezzo alla tavola si metteva un vassoio con i bicchieri e una bottiglia di vino, fatto da noi nelle cantine, per chi tornava dal lavoro nei campi.

Per le sedie venivano giù dalle montagne i seggiolai, ti facevano la loro struttura in legno, te le impagliavano, sedie grandi, sedie piccole.

Al piano superiore c'erano poi le camere da letto, le famiglie tradizionali di una volta erano numerose, padri, madri, le suocere, i figli con le nuore, i loro figli, di camere ne servivano anche quattro, erano camere grandi, ma spoglie, senza riscaldamento, con grandi finestre, freddissime d'inverno. Oltre ai letti c'erano solo un armadio ed un comò per la tenuta degli abiti . Per riscaldare il letto si usava il marchingegno chiamato "prete", si metteva nel letto uno scaldino con delle braci che si raccoglievano dal fuoco del camino, coperte con la cenere.

Ci coprivamo nei letti con delle trapunte fatte in casa, di ovatta di cotone, non di lana, erano solo pesanti, non tenevano gran caldo. Ricordo sempre che mia madre mi teneva addosso dei paletots.

Non c'erano nemmeno i materassi che si usano adesso, si riempivano delle fodere con delle piume di gallina, un' altra sacca con dei cartocci di granoturco"

Lei ha ben presente , dicendomi questo, come solo dagli inizi di quest'inverno la famiglia di Kailash disponga di materassi, oltre a una lettiera , ed abbia smesso di dividersi nel sonno tra tale lettiera e le coltri stese sul pavimento,- fino ad allora, sulla lettiera, dormendo abitualmente la moglie e i figli maschi, sul pavimento Kailash con la piccola Purti.

Credo che Adjay abbia dormito per la prima notte da solo, in un suo letto, quando si è sistemato nella cuccetta del vagone del suo primo viaggio in treno, da Satna a Varanasi.

"Anche ai miei tempi, fino a tre o quattro anni si dormiva nel letto dei genitori, poi si provvedeva a un lettino, un mezzo letto per noi bimbi".

(..A cominciare da quando sono nati i miei fratelli, continua mia madre, sono stata messa in un mezzo letto accanto a quello del nonno, nella sua camera, ed ho dormito nella camera del nonno fino a quando mi sono sposata.

(

Al secondo piano c'era poi il granaio, dove venivano portati frumento, frumentone, patate, tutta la roba che veniva coltivata dalla terra e che si raccoglieva in campagna.

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