“ The Safdarjiung
tomb?”
“ no, no, the
Sultan Gari, the Sultan gari” ripetevo stizzito al giovane addetto dell’ufficio
Turistico governartivo in Janpath, “ che lei dovrebbe ben conoscere, visto il
mestiere che fa ”, invece di dovere cercare in internet le informazioni del caso. Ma ciò che mi
adirava non era la sorpresa , quanto che quel giovane svogliato e ignorante che
con il suo compagno d’ufficio si trastullava al computer, fosse l’esatta conferma delle mie
aspettative, a dispetto delle quali mi ero avventurato nel traffico rischioso
da un capo all' altro di Connaught Place,
ripercorrendone tutto il decorso anulare, pur di evitare il traversamento
dello squallore commerciale del Palika Bazar.
Pur sempre a dispetto di ciò che mi era lecito attendermi,
presso il B blok mi ero lasciato irretire, come da dei “lapka” , da alcuni giovani che pur supponevo che gestissero
un fittizio ufficio turistico di
informazioni, pur di sibilare loro lo sprezzo furente per il loro tentativo
maldestro di invischiarmi nel loro viscidume azzimato in camicia e cravatta, quando mi hanno detto
che no, non si poteva raggiungere che noleggiando un’automobile.
“ E visto il
mestiere che lei dovrebbe saper fare, sono venuto in quest ufficio legalmente
autorizzato, dicevo ora invece al giovane funzionario governativo, con verve polemica più sottaciuta, per sapere
quali autobus posso prendere dal centro in
direzione di Sultan Ghari, la prima tomba monumentale dei sultani di Delhi.
Non ne sapeva
niente e non sapeva come informarsene, , o non voleva perdervi tutto il
tempo necessario alla ricerca, ovviamente, ma
individuata l’area in cui si trova il monumento ripiegava sullindicazione
di comodo di quale fosse la meno distante a suo avviso delle fermate del metro
“ Lei può
scendere a Chattarpur e poi prendere un autoricksw”
Era quanto avevo
desunto benissimo già da solo, semplicemente consultando la mappa di Delhi.
“ Il problema è
che resta alquanto distante, e non credo che gli stessi conducenti di autorickshaw ne sappiano qualcosa del Sultan Ghari, in
Chattarpur”
“ Chieda e vedrà
che colà tutti sapranno di esso e potranno condurvela”
Era un’autentica
provocazione una simile risposta, avesse avuto una minimo di esperienza motivata
da un cointeressamento effettivo alla bellezza monumentale di Delhi, una
qualche cognizione fattuale, non si sarebbe azzardato a spacciarmi con sicumera una
così illusoria rassicurazione. Che ne sanno mai del
patrimonio storico di Delhi a milioni i suoi abitanti, quando a milioni sono
degli emigranti che vi ci si sono
avventurati solo per disperazione dalle campagne dell’India:
Non mi restava
che congedarmi con deferenza del tutto formale, e reimmergermi nel caos stradale di Delhi, incerto, data l’ora già
pomeridiana, se rinviare all’indomani la visita del Sultan Ghari, con tutto il
tempo di una giornata davanti, o se tentare di giungervi quello stesso
pomeriggio, prendendo un metro per Chhatarpur.
La stessa linea
gialla avrei potuto altrimenti utilizzarla in direzione opposta, fino al Chawri Bazar per
poi recarmi al Karim Restaurant presso la Jama Masjid, e tentarie la sorte di
potervi finalmente ordinare con successo
un pesce sia pure intero, tikka o karaj o curry che fosse, visto che è
possibile richiedervelo solo d’inverno, e che quando lo avevo ordinato di sera, per Capodanno, accettando di
cibarmene di uno intero, dato che non era cucinato altrimenti, non ve n’era più
, “ finished”., con mio smacco deluso “
Venga dopo le undici del mattino”mi aveva consigliato il cameriere, ed ora era
da poco passata l una del pomeriggio.
Nell’incertezza facevo due biglietti per ambo le direzioni, e
già mi ero deciso per la “ grotta del Sultano”, quando a decidermi a rinviare l’escursione
all'indomani, era la costipazione di
corpi fino al boccheggiamento traccheggiante, che vedevo oltre i vetri di ogni
vagone delle vetture del metro che viaggiavano in direzione di Chhatarpur.
La sorte di una bella
vita quotidiana mi avrebbe così riservato al Karim restaurant finalmente la
goduria di un intero fish tandori, e l’indomani il risveglio in una meravigliosa
giornata di sole, che propiziava l’escursione nel suo fresco albore mattutino.
In nottata, riconsiderando la mappa di Dehi, e incrociandone i dati con le coordinate del
sultan Ghari fornitemi dalle varie guide,
mi era parso che per giungervi fosse meglio utilizzare la linea
metropolitana aeroportuale, scendendo ad Aerocity, che appariva di gran lunga
più vicina al sito monumentale che non Chhatarpur . E in tal senso mi
indirizzavo
E straordinario sul
metrò espresso , usciti dal tunnel, ritrovarsi ad attraversare, come in un salone mobile, la periferia di Delhi in
cui le selve di neem vengono cedendo all’avanzata dei quartieri più lussuosi,
scendere e ritrovarsi nella sua periferia a cielo aperto, tra i prati e le
radure in cui si gioca a foootball o a cricket, prima di inoltrarsi sotto il
sovrappasso, trovare conferma che
nessuno ne sa niente di alcun Sultan Ghari,
ma che vi era pur anche una stazione degli autobus, a dispetto di tutte le smentite di addetti al
turismo del cazzo, prendere nota anche solo dei numeri delle loro linee, il 717, il 543,
prime di salire su uno di essi,
in direzione di Chhatarpur, lungo la Merhauli road, con il solo supporto
di chi sapeva dove dovessi scendere per ritrovarmi all'altezza dellIndian spinal injures center, che secondo una delle guide è in
prossimità del Sultan Ghari.
Ma una volti
scesi al sovrappasso che reca all’ospedale, e si chiede a chi vi è operante , o a chi è del posto da un certo qual tempo, i rivenditori di frutta o di bevande, qualcuno inizia a saperne
qualcosa, e insorge il dubbio che molti
altri saprebbero indicarti la via, il sito, pur che si chieda di esso sotto un
altro nome per cui è universalmente conosciuto. Sta di fatto che consentendo
con le indicazioni fornite che tra loro sono coerenti, lasciato l’ingresso al nosocomio si è indotti a intraprendere la prima via che
si diparte sulla sinistra ritornando sui propri passi, a percorrerne l’intero
rettilineo sterrato per svoltare a
destra e quindi ripercorrere, svoltando sempre a destra una strada parallela alla precedente , lungo la quale ville lussuose e
palazzine a schiera s’inselvano nell’aperta brughiera, fino a che non si
incoccia in un muro, oltre il quale da
chi ti dice di avere inteso che cerchi la masjid, si è indirizzati ad avviarsi ove vi si apre un
varco, e dove tra le fronde degli alberi
appare infine il Sultan garhi, la grotta del Sultano, a poche centinaia di metri
di distanza dal punto in cui ci si è
avviati a piedi per almeno alcune miglia.
Appaiono
innanzitutto le sua mura di cinta, turrite agli angoli, e antistante, a valicarne il portale
d’accesso recandovisi in pellegrinaggio, una folla che il giorno in cui vi sono
giunto ( il 2 di gennaio del 2014) sorprendentemente ne gremisce la
radura antistante, tra tende e cucine di campo,
dove primeggiano bambini e ragazzi, i più quasi tutti allineati
in fila per cibarsi di dhal e puri e di una dolcea purea, attavolandosi e sedendosi a saziarsene in
congreghe separate,
Mi si dirà poi
che è un bandhar dove ognuno può
saziarsi liberamente, istituito per celebrare l’anno nuovo-
è il 2 di gennaio del 2014 il giorno in cui compio la visita-, ma che
tanta folla, composta di uomini e di donne e vecchi e bambini, sia accorsa
e seguiti ad accorrere ad una festa allestita nella radura del monumento
sepolcrale, rafforza la mia supposizione che esso
sia più popolare di quanto ritenessi , sotto le specie /le spoglie di un altro nome.
Avrei dovuto
chiedere del Mazaar del Pir Baba mi si conferma dirà più tardi, quando non avrò ancora cessato
di meravigliarmi di quanto sarò venuto scoprendo.
Antistanti al
monumento tombale vi sono bancarelle che vendono drappi sepolcrali e dolci e
lumi e fiori per le offerte, il che è la
riprova di come sia divenuto un luogo sacro di culto, il sito della sepoltura
di chi in vita fu un principe guerriero, Nasiru’’d –din Mahmud, figlio
primogenito dell illustre Iltutmish, e
predestinato a succedergli, non fosse caduto
in battaglia nel 1229 a Laknauti. La tomba fortezza fu eretta in suo onore due
anni dopo da suo padre, riservando alla
preghiera solo la parete occidentale, volta alla Mecca, come nella propria
tomba che fece edificare nell’area del Qutub minar, un anno prima della propria
morte, avvenuta nel 1236.
E’ un fattore di
meraviglia che non tardo tuttavia a relativizzare, avevo già avuto modo di
constatare come lo stesso fosse avvenuto
dei lasciti tombali della stessa sorella indomita del nostro principe Nasirud’din
Mahmud, ossia la sultana Raziya, la quale salì al trono alla morte del padre
Iltutmish, nel 1236, e fu la sola regina
che abbia avuto Delhi come sua sovrana, prima che in epoca moderna vi si
attentasse a divenirlo la signora Indhira Gandhi.Come il fratello anche la sultana Raziya trovò la morte in battaglia, a Kaithal, nel distretto di Karnal, nel
1240, a seguito di una rivolta dei nobili che l’avevano
costretta alla fuga. Una delle sue tombe presunte,- l’altra è nella località dove rimase uccisa , è ora
accerchiata dalle case a cielo aperto nell’intrico di vicoli che si dipartono
dalla Turkman gate nell’old Delhi, dentro una recinzione che apparta l’area dei sacelli come
un luogo sacro
Del dato che gli
avelli di principi o dignitari secolari possano prestarsi alla loro
sacralizzazione devozionale per lo stesso stato d’ abbandono in cui versano,
che assurge a correlato oggettivo della
loro sorte di sante vittime sacrificali,
che il cielo ha preservato dalla profanazione di una sacralizzazione
secolare monumentale e del vilipendio turistico che ne consegue, ne avrei avuto una riprova il giorno seguente,
quando la Nila gumbad retrostante la meraviglia della tomba-giardino di Humayun, sul cui incanto visivo solo i
battenti della sera potevano chiudersi per me definitivamente, al limitare della stazione ferroviaria di
Nizamuddin e dei suoi bivacchi di povera gente avvolta per il freddo nei propri
mantelli, mi è apparsa illuminata
all’interno, e vi ho visto salire un
giovane per onorarne i sepolti nei catafalchi che ho potuto solo intravedere
sotto i loro verdi ammanti islamici, sospintovi lontano dal ringhiare dei cani
che me ne precludevano l’accesso.
una sorte opposta
è toccata invece alle tugluquidi
moschee fascinose Kirki e Begampur, la cui conversione in monumenti protetti solo
nominalmente, ha sortito la desacralizzazione del loro degrado a trafficato luogo
di transito, non che a orinatoio per chi vi conviene nel bere e nel gioco.
Giunti così al
portico d’accesso alla
Sultan Ghari tomb, è la finzione
marmorea di un arco che vediamo sovrastare la
scalinata che ascende al portale che inquadra nelle scritte coraniche delle sue
cornici marmoree il tetto ottoganale della sala di preghiera sul lato opposto dell’edificio sepolcrale.
Analogo destino
fittizio graverà sugli archi della tomba del padre, e occorrerà attendere ledificazione
a fine secolo della tomba di Ghyathud- din Balban per vedere comparire in India un primo arco vero
. Non lo costituiscono ancora, infatti, blocchi di pietra a forma di cunei, i voussoirs,
disposti circolarmente e culminanti nella pietra o chiave di di volta, ma una
successione di pietre disposte orizzontalmente , una sopra l’altra, con i bordi arrotondati ad una delle
estremità.
Valicato
l’accesso, ci troviamo in un cortile da cui emerge la parte superiore
della tomba a camera ottagonale di Nasiru’d-din
Mahmud, per metà della sua altezza.
Il porticato
circostante si risolve nella sala di preghiera, di cui quattro colonne marmoree
supportano la trabeazione ugualmnte marmorea e la copertura ottagonale, senza che vi sia tentato alcun arco, per i limiti
che ben sappiamo, e che approssimano suggestivamente la sala di preghiera a un tempietto greco in
terra di Armenia.
Dintorno i
frammenti decorativi, l’ornamentazione , con motivi vegetali naturalistici, che
soggiace al rivestimento marmoreo della parte superiore della tomba del
sultano, voluto da Firuz Shah ( 1351-88), insieme alla riparazione del Qutub
Minar o della Suraj kundi, oltre un
secolo dopo, attestano quanto fossimo ancora in tempi di spoglio delle
vestigia di templi hindu demoliti, come nella edificazione e nell''ampliamento
della moschea Quwattu’l-islam, ma al contempo di soggiacenza alla perizia e ai
limiti delle maestranze hindu. Nella sala di preghiera è perfino ravvisabile
l’utilizzo di una yoni o pietra di scolo del lingam , nella sua pavimentazione laterale. Forse l’area fu scelta per edificarvi questa
ed altre tombe dinastiche dei figli di Iltutmish, perché si prestava
particolarmente a tale attività di reimpiego per la presenza di un tempio
hindu, risalente all'ottavo secolo dopo Cristo, dalla cui demolizione potevano
largamente attingere i dominatori islamici, edificato, si congettura, da un
feudatario dei Pratihara. In esso l’uso di arenaria grigia o bruna avrebbe
fatto seguito all'impiego antecedente in loco di arenaria rossa, in epoca Gupta.
E ora il tempo,
con i devoti di discendere nella sala della tomba del Sultan Ghari, che la
costruzione intorno ad essa della piattaforma, ha trasformato in una cripta ,
o ghari, appunto, in persiano.
E come ci si
avventura, l’emozione si fa palpitante.
Occorre
discendere per ripidi gradini, mentre la vista si obnubila, per riacquisire
gradualmente la visione di una realtà stupefacente. Un raggio di luce filtra
pulviscolare dall'entrata, in cui si calano i corpi dei visitatori e dei fedeli, ma a vincere l’ottenebramento sono le
innumerevoli fiammelle, esalanti sentore
d’unguenti , che brillano nei lumi delle
candele e delle coppette di ghee che
alimenta fumigante l’ardore degli stoppini intorno ai catafalchi del principe e di altri
membri della famiglia del sultano. E i devoti depongono fiori e offerte di dolci, depositano sulle tombe verdi bendaggi , e nei
gesti rituali che compiono , l’aarti con i lumini accesi , appaiono essere quasi tutti degli hindu coloro che si raccolgono in preghiera sulla tomba di un principe islamico santificato per le sue imprese
compiute in battaglia contro la loro fede e i suoi antichi seguaci, rari sono i
musulmani che compongono le mani a coppa nel gesto rituale della preghiera, per
poi passarsele sul volto e sul cuore.
Ed è dato
dato di vedere anche il reperto di un amalaka inghirlandata di un
tempio hindu antecedente, come ne sono state desunti i pilastri di supporto
interno, nei sincretismi mirabili che nella cripta compone la fede.
Risaliti all’esterno,
tra le rovine di altre tombe dinastiche, di una moschea in rovina , basta avviarsi per il sentiero che si diparte
di fronte alla tomba del Sultan Ghari, per ritrovarsi lungo la Merhauli road da cui fare rientro.
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