E’ la strada per Umaria, quindi per il parco di
Bandhavgarh, la stessa che da Satna reca prima a
Barhut , poi a Maihar, e da Maihar a Marahi, lontanandosi da Satna per la
sua periferia polverosa.
S’infoltano gli alberi come il viluppo
stradale si sbroglia nella direttrice risolutiva, mentre a manca
e a destra si disegnano rilievi , sin che un grande cartello
segnaletico , dopo 15 km , in concomitanza con l’apparire di un monte
di altezza imponente , sulla sinistra, avvertono
che svoltando nella sua direzione, a non più di 6 chilometri di distanza vi
soggiace Bharhut, il sito archeologico di una della stupe capitali del
buddismo indiano, insieme con quelle di Sanchi, di Sarnat, di
Amaravati nel Sud dell India, risalente nella notte dei tempi all epoca Shunga,
nel secondo secolo prima di Cristo, forse fondata dallo stesso Ashoka, e che
nessun testo di storia dell’arte indiana può consentirsi di
ignorare. A onore del vero, il sito originario della stupa è talmente considerato
irrilevante in ogni guida e manuale, rispetto ai resti mirabili delle sue
vedika che si possono vedere nei musei di Kolkata, Delhi, Allahabad o in pochi
frammenti residui, della vicina Ram van, che
figurano tra i primi esemplari dell’arte indiana, inconfondibili nella forza
icastica del taglio ligneo con cui sono stati scolpiti, che nel lasciare
Khajuraho a meno o poco più di 150 chilometri di distanza, dubitavo della sua
stessa esistenza , o ne figuravo mentalmente la ricerca come la romantica quest
del ritrovamento immaginario di un sito perduto, alle stesse parole
di Tiziana Lorenzetti, che mi avvertiva che non c’era proprio nulla da vedere. "No antiquities exist at Bharhut now" recita la
stessa voce Wikipedia. Che in Satna ci
fosse un hotel Bharhut del Mp tourism, avvalorava l’ipotesi che celebrasse in
loco la perdita assoluta di ogni vestigia in materia, dopo che le autorità
inglesi ne decisero il trafugamento in Kolkata ed altrove di ogni illustre
vestigia, dopo gli scavi condottivi nel 1874 da Alexander Cunningham, che era
stato in Bharhut già l’anno prima, e seguitati dallassistente Beglar, così come
in Firenze ogni hotel o casa o statua di Dante non fa che esaltare ancor più il
reperimento solo altrove di lasciti e salma del sommo poeta.
Né certo poteva fugare il mio scetticismo
sull'esistenza tuttora di una qualsiasi Bharhut, il fatto che l’addetto alla
reception del mio modesto hotel in Satna, tenuto pur conto del fatto che foss’egli pure di un
ignoranza assoluta in materia di qualsiasi reperto monumentale, o del passato ,
ne smentisse ogni esistenza, o alludesse a un Bharhutnagar ch’era un sobborgo
attuale di Satna, nella cui denominazione soltanto, in memoria, dovevo
rassegnarmi che consistesse ogni rimanenza in
loco del giacimento un tempo di una stupa gloriosa, senza più alcuna traccia
del suo passato, un po' come solo il toponimo Virgilio rievoca nelle vicinanze
della mia città di Mantova che ci fu un luogo , nei suoi vaghi
paraggi, che diede i natali al poeta massimo latino .
Non c' è da meravigliarsi che anche quando ho
iniziato da umile pedonauta il percorso che sulla sinistra reca a una Bharhut
così vistosamente indicata dalla segnaletica stradale indiana, con una
simbologia inequivocabile sulla giacenza di un sito monumentale circolare
quanto uno stupa, per chi fosse tardo a comprendere, mi
ci sia inoltrato ancora agnostico del tutto, e che fosse un primo germoglio di
una fede ancora scarsa, nel suo fioco lume, la conferma che si c’era alcunché
corrispondente a una stupa, solo poco su, od oltre, rispetto al villaggio, di
un lattaio in motocicletta che mi ragguagliava sulla effettiva distanza,
scorciandola alquanto.
E uno dei luoghi più comuni che si presume
sia un detto originale, che la strada è la
stessa meta, ma il percorso che reca a Bharhut si faceva e si presenta al viaggiatore
così incantevole, che può essere una compensazione più che
bastante del ritrovamento del nulla alla fine. E come un sussidiario che
squadernava via via l’abc del mondo rurale indiano del Madhya
Pradesh, prima un villaggio le cui case i cui tetti ribassati declinavano sulle
pareti di malta e le soglie fumiganti nel folto degli alberi, poi , deviando
sulla destra, per una scorciatoia, il
percorso che si faceva la più rimarcata delle
cavedagne tra i campi insolitamente aperti, senza
recinzioni di sorta, allora degli arativi o dei filari dei primi
germogli di grano, mentre tra i fiori di * e le fronde degli alberi grandiosi,
l’orizzonte appariva dominato dalla sagoma sempre più incombente del rilievo di
Bharhut, la montagna rossa. Un rivo vi è traversabile da un pontile su
cui può essere dato di assistere al transito in
bicicletta delle ragazze che vi si recano a scuola, quando
si è oramai nelle vicinanze del villaggio (di Bharhut,) e nei campi che ancora
si interpongono, è possibile vedere all'opera tanto il trattore quanto
l’aratro di legno sospinto da buoi, o nell’aia
rifulgere i pani con le sementi di legumi - e la pula a riseccarsi nel sole .
Bharuth, come già ci addentra, si rivela
subitaneamente pari ad ogni più illustre sito dell’India che corrisponda al suo
glorioso passato, poco più di un pugno di case, una
viottola che ne è la decorrennza e a cui
affluisce una ancora più esigua, prima di ritrovarsi nell’aperto di una radura
che conduce a casolari sparsi, ad un altro raggruppamento di case, di cui alcune, in
numero di quattro, presentano un corpo centrale i cui tetti spiovono su quello circondario che fa da bordo sottostante
, come più a Nord Est, nei distretti montani di Rewa prossimi oramai ai confini
con l’Uttar Pradesh. Poco oltre è dato di ritrovarsi
tra i coltivi in un un folto d’alberi, grandioso e ombroso, di un tale
rigoglio di fronde e foglie che assorbe il respiro, tra cui fanno la loro
comparsa incantevole due tempietti o edicole remoti. Poi il
folto degli alberi si schiarisce in coltivi e radure, in
prossimità del manto stradale che si è lasciato per la scorciatoia, o da cui si
giunge a sinistra in Barhut, oltre il quale il farsi declivio del suolo precede
i cancelli e il filo spinato d’ingresso a ciò che oramai, indubitabilmente, al
di la della stessa fede che fin qui ha guidato i nostri passi, è la
certezza assoluta che siamo prossimi al sito della stupa di Barhut, in virtù
della sua presenza reale che così ci si manifesta,
Spero che il visitatore incallito trovi
accompagnatori meno stolidi dei giovani quelli
che si sono uniti al ragazzo che mi accolse all’ingresso del villaggio, che non
fecero certo un motivo di mia gloria il fatto stesso che a piedi e in stato
trasandato dal viatico avessi raggiunto un sito così inusitato e sconosciuto a
chi non sia del luogo o dello stretto circondario, senza
mostrare propensioni al fumo o all’alcool o a gutka di sorta, e
nonostante l’handicap dell’artrosi e il retaggio di un corpo appesantito dalla
sua senilità, che mi impediva di sforarlo insieme con gli abiti nel
traversamento cui mi invitavano del filo spinato, in assenza del custode di
turno. Ma anche nellIndia più primordialmente al passo con la modernità dei
tempi, esistono le anime gentili, e al mio appartarmi schifato e
autistico per diradarne il seguito, sopraggiungeva l’angelo provvidenziale di
un giovinetto , forse avvertito dai miei stessi precedenti accompagnatori così
ravvedutisi di quanto aveano inscenato, che si poneva in contatto telefonico
con il custode del sito, il quale sopraggiungeva alfine dopo quasi
mezz’ora. Avevo così accesso finalmente al sito della stupa
di Bharhut, poco oltre sulla destra: un sito elisio, tra gli
alberi che facevano corona o serto al basamento circolare superstite del corpo
circolare della stupa, ai brani del selciato del percorso intorno della
pradakshina, a ciò che restava degli stipiti iniziali di uno dei torana, al di
qua di una recinzione che isolava la sacralità o intangibilità dei
reperti, sancita da una stele di uno Yaksha convertito
in un Hanuman dalla devozione locale, adiacente all’area
depressa dello stupa, dai pascoli d’armenti immediatamente contigui, negli
avallamenti che preludevano al monte di li a poco sovrastante , a compimento
della solennità naturale dell amenità del sito. Ad avere il tempo e la voglia e
le gambe buone sul monte sono ravvisabili rilievi rupestri, un’ iscrizione
antica, concernente lo stupa, come mi informavano la guida inutilmente disposta
a condurmici, il giovinetto che mi aveva accolto all ingresso del villaggio, e
che avrei ritrovato dopo l’ospitalità concessami da due anziani fratelli che
vivono in uno dei casolari del raggruppamento di dimore e rustici e stalle
nelle vicinanze, e che sulla sua motocicletta sarebbe stato ben felice di
condurmi all'incrocio di ripartenza per Maihar.
In Maihar
si situa oltre l’intero villaggio la prima destinazione del nostro recarvicisi, al di là della stazione degli autobus,
avviandovicisi per la stradicciola sterrrata, sulla destra, che seguita il
bordo di un talab, per poi deviare sulla sinistra, volgendoci alla collina su
cui biancheggia in lontananza il tempio della Sharada Devi. Ancora qualche
centinaio di metri, e oltre le fronde degli alberi ci appariranno l’amalaka e
il pinnacolo del Golamath, il purana mandir al dio Shiva eretto dai Kalachuri
nel 960 dopo Cristo.
E un tempio vivente ove accorrono ben più
fedeli che visitatori, e lo rimarcano la cinta muraria e il calcinati e tinteggiati
di bianco e di rosso, in strenuo contrasto con la finezza, che ne è ancor più
esaltata, della preziosità retrostante del decoro ornamentale irrinuciabile, a
quei tempi, del piccolo tempio che ne rifulge nel portale
d’accesso al santuario. Ne precede la
cella il portico d’entrata, enfatizzato dalla gronda ricorrente, lo sovrasta
un’ armonioso e fulgido sikkara, che le modanature di due kapota intervallate
da una pattika sopraelevano sul jangha dei fianchi del tempio, ove su un basamento dai forti rilievi curvilinei
ricorrono due ordini di statue, nella loro natura individua superstite alloo
stucco di cui sono incrostate, alle tante ripassate sopra di esse di una
devozione indifferente e indiscriminata.
Ritornando al portale d’accesso al
garbagriha, cui nel portico è
innancabilmente antistante un Nandi in adorazione del lingam, ne fregiano la
trabeazione la serie superiore delle
saptamatrika e quella sottostante dei nove pianeti, prevenuti da Brama alla
loro destra e cui fa seguito Vishnu alla loro estrema sinistra, mentre in
posizione centrale si attesta la divinità di Shiva, quale destinatario del
tempio.
La banda laterale principale incolonna
mithuna di coppie amorose sulle divinità fluviali di Ganga e Yamuna, tra un’attendente
e d'un guardiano naga, mentre una mirabile cornice a volute arriccia ed
inflette ed inarca le sue spirali sinuose tutt’intorno al portale. Non meno incantevoli sono le ondulazioni
fluttuanti nei pilastri che separano il vestibolo al di là del portale e la
cella vera e propria, ornamenntati nelle testate daimotivi dei ghata-pallava e
del kirtimukka, al pari delle
fluttuazioni delle navigazioni celestiali delle coppie dei capitelli del
portico.
L’apparato statuario che nelle loro
proiezioni e nei loro recessi adorna le pareti
laterali del tempio, nella fascia
inferiore dispone come secondo copione le divinità guardiane dei punti
cardinali, i vyala leogrifi e le ninfe apsaras, .nelle nicchie delle principali proiezioni solo Shiva uccisore del
demone cieco Andaka è ravvisabile al suo posto dovuto, le altre statue postevi risultandovi
illeggibili e incongrue, appaiono invece
di minori dimensioni le figure statuarie del registro superiore, tutte composte
di coppie amorose.
Una volta lasciato il tempio, la via lungo la
quale ci siamo incamminati poco oltre l’autostazione, seguitando verso le
alture ci conduce all’area di sosta e di parcheggio degli autoveicoli oltre la
quale occorre procedere a piedi per raggiungere il Trikuta hill, il monticello
del tempio della dea Sharada.
Confluiscono nel culto della Devi quello di Saraswati, Sharda Mata, la dea
bianca dell intelligenza, sia essa quella della musica, delle arti, o della
scienza, sposa di Brahma, e la
tradizione mitica che vuole che sulla collina Trikuta sia caduta la collana(
har ) di Sati, ( Mai, la Madre Dea) , quando il suo cadavere portato in spalla dal
Dio Shiva furente per la sua morte per autoimmolazione, in reazione all ostilità del padre Daksha nei confronti del
proprio coniuge divino, fu fatto a pezzi, 51, da Vishnu con il proprio chakra,
per arrestare i passi della danza cosmica di Siva, il Tandava, che stava
annichilendo il mondo, sicché il Trikuta
è uno dei 51 Sakti Pitha dell’India, luogo sacerrimo di culto, pur se mai
quanto il sito dell’Assam dove della Dea cadde la vulva, nei pressi di
Guwahati.
Sarà una interminabile serie di bancarelle di
oggetti liturgici e di offerte votive,
noci di cocco, dolciumi, drappi o
coloratissime polveri, o souvenir della
Dea, giocattoli e capi di abbigliamenti per ladies, un bazar religioso che per
multicolore e fragrante che sia, ci estenuerà sino allo spiazzo ai piedi del
colle, dove tertium datur solo se a tal punto si ritorna indietro, tra il valicare la porta e iniziare la salita a
piedi degli scalini dell erta, o retrocedere fino alla stazione della funivia
per ascendere in cabina. L’importo sarà minimo, ma una lunga coda stremante è
assicurata, data il suo ammontare, 70 rupie only, alla portata di un'infinità di
pellegrini indiani. Chi si reca a omaggiare la Devi è comunque inserito in un
pellegrinaggio tecnologicamente avanzato che ripudia le forme estreme di
sacrificio cui si può ancora assistere nel perikrama di oltre chilometri della collina di Citrakoot, dove
trovarono la loro residenza Rama e Sita in esilio da Ayodya, che delle coppie terrene
percorrono per l’intera lunghezza vicendevolmente distendendosi e protraendo
per tutta la lunghezza del loro corpo la ciotola che si trasmettono l’uno
l’altro. Solo la ressa e la calca di lunghe file spossanti è quanto si deve
patire e a cui deve adattarsi, in Maihar anche chi claudica o è ricurvo e
piegato in due sulla sua schiena, sempre che non sia possibile
eludere la sequela ed abbreviare il tragitto.
A chi sceglie di far prima a piedi vi sono invece
da affrontare 1152 comodi gradini, al cui termine dovrà condividere con chi è
salito in funivia la confluenza nell'accalcamento/ affollamento asfissiante di
una serpentina tra le sbarre, che prelude salmodiante alla darshan della dea. La
vista può intanto essere risollevata dalla profusione di ghirlande appese
ovunque, dei filamenti votivi rossi e arancione che cingono i tronchi degli
alberi dello spiazzo del tempio, dalle serie di campane donate dai devoti cui si scorre di lato.
E giunti che si è in cima della scalinata , la vista
preveniente di ciò che è riservato a chi si fa astante alla dea, non può che
diradare la maya di ogni illusione in proposito, giusto il tempo di depositare
l’offerta , che sia raccolta da uno dei pujari, cedendone una quota di prasad
come ricevuta in cambio, che l’altro ti sospinge già via nei modi più spicci,
per fare scorrere tutto al più presto. Resta, di lassù, la gran vista della
piana sottostante, dellle anse fiume che
vi scorre, degli specchi dei talab che rilucono nella vasta distesa di piante e coltivi.
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