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Poco
prima del sinuoso ingresso nell’intrico della vecchia
Khajuraho, così simile all'arroccamento tra le sue mura
del suo riottoso* induismo, si apre sulla sinistra la
stradicciola da intraprendere per iniziare il nostro itinerario, che
costeggia l’acquitrino del Ninora Sagar. Nel suo breve tratto
iniziale, un maialucolo nero che s'intrufoli nel vostro percorso
lasciando le sue abituali immondizie od il liquame di scolo, delle
donne alla pompa dell'acqua con accanto il loro vasellame metallico
da rilavarvi, od intente ad intrecciare con la paglia dei cesti,
altre che sopraggiungono tra greggi ed armenti nel clangore dei loro
campanacci, con in testa un carico di sterpi o
recando il loro fascio dell'erba stagionale, delle bambine che
spalmino di sterco propiziatorio la soglia di casa, tra lo
strombazzare di autoricksaw e di motociclette, di trattori agricoli o
vagoni di trasporto, consentono di essere pienamente immersi
nell' India anche a chi ci si ritrovava soltanto, mentre
ergentesi sull’arginatura del bacino del talab, già si
prospetta il primo dei templi della nostra peregrinazione
mirabile, il tempio al dio Brahma *, come erroneamente siamo indotti
a denominarlo dalle supposizioni locali. indissociabile.
Dall’alto
della scalinata, ultimata la visita del tempio con la
circumambulazione esterna del chaturmukkha,
il bacino lacustre del Ninora talab si offre alla nostra vista sino
all’opposta sponda, in cui pascolano e vanno in ammollo bufali
e circolano bambini. Di fronte invece all'entrata del tempio,
il vecchio villaggio ci concede a sua volta un suo brano
significativo che ci anticipa la fatiscenza, sino allo sgretolio
estremo, in cui ritroveremo superstiti negli ulteriori villaggi
gli edifici di fango, in contrasto con il rosso fulgore dei
filari di mattoni cotti in cui resistono all’usura del
tempo le murature delle altre costruzioni tradizionali, tra il
sovraergersi, sopravanzante, dei fabbricati più recenti, e di
piani aggiuntivi, con supporti in cemento e travature metalliche.
Presentano,
le case in mattoni, le forme grezze e solide che consentono le
intese edilizie tra capomastri e committenti , secondo la
logica architettonica, o Vastu
vidya,
che sovrintende il fabbricare hindu dalla notte dei tempi dei Silpashastra*,
gli antichi trattati canonici che tali norme rielaborarono. Sui
dossi che si avvallano tra le rovine di alcuni edifici diroccati, se
non è la stagione delle piogge ci apparirà l’
altra più alta nota di colore, ocra, del paesaggio rurale,
dataci dai pani di sterco stesi al sole a seccare, nel brillio dei
filamenti di paglia incorporati. Ci si offra a tutta la loro vista
benefica, è il loro consumo energetico, per la cottura
dei cibi, il riscaldamento, o la messa in fuga degli insetti molesti,
ad opera delle dense fumigazioni che ne emanano aromatiche, che
salvaguarda gli alti fusti e il diramarsi degli splendidi alberi che
vedremo frondeggiare tra i coltivi:
E
già non c'è tregua alle nostre emozioni, Come cessano i
caseggiati da cui si risalga in strada, oltre tutta l’
immondizia e la verde pastura dell’ immensa radura successiva,
in cui pascono copiosi quanto stenti armenti, e bambini e
ragazzi hanno la buona grazia di allestire oltre il rivolo di scolo
un campo di cricket, alla vista si dona tutta quanta la grazia
del tempio Javari, sullo sfondo d'incanto dei rilievi *Vindhya,
mentre sulla sinistra si profila la mole del tempio Vamana.
Tornati
dalla sua visita a rivedere il cielo di questo mondo, solo poche
centinaia di metri di aperta radura ci separano più oltre
dalla cancellata che racchiude il tempio Vamana,** dedicato anch'esso
al dio Vishnu, ma nella sua incarnazione,
in Vamana Trivikrama.
Lasciati
alfine gli antichi templi Chandella, per disaffaticare la mente ci si può
addentrare nel recinto calcinato, che tra edicole sparse,
sfusi yoni e lingam e devoti Nandi in adorazione di Shiva,
ospita un tempietto di Durga* ed uno di Hanuman*, come anticipano le
bandiere rosse e gialle all'ingresso, e sulla soglia del tempio di
lato della Devi, due leoni in pietra colorata, che minacciosi
ringhiano ai bordi del cancello d'entrata. I templi riposano all'ombra
eminente di piante sacrali d'alto fusto tra le quali , su un peepal ed un neem,
-venerabilissime e venerate piante su cui rinvio il discorso ad una loro
comparsa più fenomenale,- grandeggia un banyan, o bargad*, la cui chioma
tracima la cinta muraria. E il banyan, a insegna dell India, pianta epifita che
fino a farsi gigantesca cresce da un seme ch'è albergato da una pianta
ospitante, fino a tal suo grado di detrimento checon le radici che emette,
a guisa di tronchi, la strangola fino a farla morire. Cielo ed aria, od
acqua piovana, al banyan occorrono ma non bastano, per questo si protende
al suolo con i grovigli delle sue radici aree e le loro barbe soffocanti, che
consentono di ravvisare i banyan inconfondibilmente
Tra le foglie lustre, ovali, dal picciolo
ghiandolare ove se ne diparte la nervatura della lamina fogliare , alle
estremità dei rami ne crescono a coppie i fichi rossicci, senza invece alcun
loro peduncolo , ospitando ciascuno finanche ottanta vespe inoffensive .
Ma tali parassiti non scoraggiano di certo a nutrirsene uccelli e scoiattoli,
sicchè l'albero è preannunciato alla vista dai suoi ospiti canori che vi si
affoltano, in primis i pappagalli dal piumaggio smeraldino..
(La
cenere sparsa sotto il trisul, o tridente di Shiva, la quiete in cui
tutto riposa all'interno del complesso, compresi il custode e
l'officiante immersi nel sonno, mentre solo qualche refolo di
vento può sommuovere le bandiere rosse e gialle, è la
serenità del Dio tremendo che soggiace immanifesto, nel
tormento mentale che qui cerchi sollievo.)
Il
seguito del percorso
si addentra in un breve succedersi di casolari, e rustici e stalle,
ch'è di conforto alla rianimazione spirituale del tempio
Vamana cui gravitano intorno,quasi che senza il loro soccorso e degli
alberi che gli frondeggiano appresso, esso già fosse poco più
che un caro estinto monumentale, fino a che dal fondo sterrato emerge
il profilarsi dell'asfalto che ci reca sollievo. Le sue anse lasciano
sulla destra una spianata dai caldi colori, tutto un intrecciarsi di
piste tra le radure che ospitano nei giorni di festa giocatori di
cricket, con occasionali wicket, per inoltrarsi tra i coltivi e
l'addensarsi delle grandiose piante che li recingono, una
moltitudine che si infittisce in lontananza, contro lo stagliarsi
all'orizzonte delle alture montuose, che appaiono più
ancora alla vista quali dei maestosi rilievi nelle loro alture
dimesse-
Se
invece si prosegue fronteggiando il tempio Vamana, ci si ritrova
nella pulverulenza dello slargo di piste, che si dipartono l una dall
altra per ricongiungersi insieme, nell’aridità di una
vegetazione stenta ch’è di nutrimento solo a volatili
saltabeccanti Spuntano massi qua e la disseminati, o singolarmente
disposti circolarmente, di rocce di un colore rossastro che emergono
da un suolo di una ferruginosità grigio-giallastra.
il cui fulgore è
avvivato dai pani di sterco che vi sono a seccare al sole tra il
luminìo di steli di paglia.
Al
crocevia di raccordo dei tracciati alcune piante di nim ed un
bargad adombrano bianche edicole templari che reiterano i culti di
Durga e di shiva, come dispiegano alla cognizione del passante i
vessilli che vi frusciano al vento. Gusci di noci di cocco, i residui
delle offerte di passanti.
Poi, risalita la china, si aprono le
distese dei campi ai lati della stradina asfaltata cui si accede.
Fili
spinati recingono i coltivi e fanno barriera. Rare le piante che si
interpongono, per lo più fasci di fusti di bambu, mentre li ingentiliscono gulciatar e besaram,
dei fiori, questì ultimi, che crescono ovunque come ovunque attecchirebbero donne di facili costumi,. Che il nome in hindi dei fiori- campanule connota
Tali recinzioni ininterrotte di
filo spinato. che ai bordi della strada marcano invalicabilmente le
proprietà terriere, precludendoci, come agli animali voraci e
ai ladri endemici locali, ogni libero accesso alla fragranza di
spighe e di steli, stanno
a rammemorarci ad ogni istante che per quanto incantevole, nel nostro
percorso non siamo felicemente regrediti o di ritorno ad alcuna età
dell'oro, sia essa d' impronta greco- latina o il Krita Yuga favoloso
della dottrina hindu dei cicli cosmici, in cui facile sia il
sostentamento, e ignoti gli odi e gli inganni, come durante la
crescita delle colture può illuderci l'incanto dei prati tra
gli alberi di mahua o di neem, o il sopraggiungere nel loro
clangore di lenti armenti di pecore o di possenti bufali,
di un
carro agricolo trainato da buoi nella sua intelaiatura di legno,
Siamo
anche qui, al più, in un'era bucolica segnata dalla storia, e
ben di ferro, per quanto ciclico ne sia il decorso annuale, e più
che il canto degli uccelli tra i rami, è più facile
udire il pigolio dei bimbi che come per strada vi
avvistano quali stranieri, vi si accostano senza remore e riguardi e
vi chiedono all'istante " money, pen, chocolate", senza
tanti "hello sir", o " how are you", che ben
saprebbero come dire, ma non si confanno al sentire che hanno di voi.
Provate
allora a ribattere che l'elemosina va chiesta
rivolgendosi a chiunque sia di passaggio, sia egli indiano o
forestiero, accennate all'uomo che segnato dal lavoro dei campi ride
alla scena sotto immancabili baffi,
" ma quello è mio padre", vi dirà
schernendosi il bambinello ridanciano.
E
tanto silenzio, che grava intorno, rotto solo da trattori e vagoni
agricoli, da trebbiatrici o mietitrebbia che ostruiscono il
passaggio, o che nei villaggi e nella loro ruralità
arcana ne rende metafisici i casolari, è dato dall'esodo dei
campi e dallo spopolamento, per opera dei dalit, soprattutto, che in
cerca di fortuna vanno in città che qui dicono Delhi,
che proprio con il concorso delle loro tribolazioni sollevano
ora il capo tra le altre dell'India, quanto qui sogliono le mahua tra
le piante di neem.
Ai
dalit ed ai contadini sudra non sono bastate le compensazioni
del discrimine di out cast con terreni forzosamente sottratti,
l'accesso
alle macchine agricole è di pochi, essendo per lo più
di costoso noleggio, e insieme con le leggi di mercato, e gli
oligopoli multinazionali, che impongono l'esosità di sementi e
concimi, qui c'è chi fa la da padrone senza sorta di repliche,
su affittuari e vigilanti, sui lavoranti nei campi, con richieste di
canoni, e remunerazioni minimali, che non lasciano
margini di sorta oltre la sola sussistenza.
E
poi l'acqua decide di tutto, che sia disponibile solo quella piovana,
che sia attingibile nei pozzi o pervenga canalizzata, che
arrivi a tempo o fuori stagione, con grandinate esiziali.
Ma
l'occhio , così disincantato, può rimirare meglio lo
splendore dei campi, della loro fertilità assicurata dalla
ferrugine della terra , che non ha nulla del grigiore cinereo delle
polveri di campi aridi o di cremazione, rossa come il sangue
delle divinità femminili qui ovunque onorate, specialmente per
Dusshera, al termine dei nove giorni della festività della
Devi, o per Shivaratri, quando nel tempio Matangesvara si celebra lo
sposalizio di Shiva e di Parvati , o nel giorno primaverile o già
estivo della nascita del dio Rama, omaggiandole di vasi di germogli
di miglio, nelle loro manifestazioni di yogini o di sacre
spose del Dio, di cui sono la stessa energia operativa.
Ed
oltre i fili spinati, se non è avvenuto appena il raccolto,
nei campi l'osservatore può assistere d'inverno al
crescere di grano e di senape, di ceci e di piselli , di
lenticchie e di sesamo nella stagione monsonica, può
incantarsi al fervere del loro verde rigoglio, ingiallito dai
fiori, o al compiersi della maturazione nel fulgore delle
spighe, in un'aurea alonatura che s'inargenta nei pleniluni
estivi.
E
se così è giunto il tempo della mietitura, vedrà
i campi di grano farsi distese di mannelli per opera della falce,
formarsi covoni tra gli steli recisi che inaridiscono a stoppie,
sollevarsi la pulverulenza della trebbiatura che separa la granella
da paglia e pula. Non immagini alcuna dispersione del tutto nel
vento, diventeranno aurei cumuli sospesi nelle aie e nei campi,
destinati a ingrediente del sostentamento dei bufali, che se ne
nutrirano lenti e placidi, al riparo dal gran sole, sotto i
tettucci di canne in cui è a loro ammannito come gusha*.
E
per chi voglia farsi partecipe, basta familiarizzare con un sorriso,
per potersi attivare al ventilabro di un 'elica, nella
separazione del seme di cece o di pisello dalla pula e dallo stelo, o
nell'infornata nella trebbiatrice dei mannelli di spighe di
grano.
Senza
che qui sia dato come altrove, nel Madhya Pradesh, per le lenticchie
nere, di vederne il raccolto disteso per strada, perché la
prima trebbiatura la facciano le ruote dei veicoli di passaggio.
Ma
or ecco che mentre si è così intenti a pensare*, un
serraglio di casipole rurali che si alzano a capanna sotto i coppi,
costituite di rossi filari di mattoni imbiancati sulle soglie, tra
cui spicca una parete tinteggiata di un celeste luminescente, ci
riconduce ben presto alle nostri peregrinazioni archeologiche,
preannunciandoci oltre la curva, sull'altro lato della
strada,oltre piante meravigliose di choeula, l'apparire, sullo sfondo
dei monti, delle poche e fascinose rovine del tempio Cakramath
rinserrato da una cancellata.
Per
chi vi sia giunto in direzione opposta, dai villaggi del circondario,
è il sepolcro di Bianore che preannuncia la città
imminente dell'antica Kharjuravahaka, ed è ora possibile
rallentare il passo, deporre il capretto diradando
le frasche. (
Virgilio, Ecloga IX).
Stanno
su di un culmine roccioso i resti del Kakra Math, a seguito di
un’edicola tra i campi al dio Hanuman, le asperità
scabrose ergendosi a luogo di culto da che in essi sono
impraticabili le coltivazioni
Lungo
la via che s' intraprenda a sinistra per Bamnora, il terreno
si fa ancora più ocra, sempre più rossastro, si
ammanta in campi di terra coltivata a colza che li ravviva con le
sue gialle infiorescenze e a grano di un verde smagliante, se lo
consentono le piogge o l irrigazione. Altrimenti i campi deserti si
fanno pastura di greggi ed armenti, come già nel tratto
precedente, da cui abbiamo svoltato, o suolo di prelievo e di forgiatura
della malta di di laterizi, sconfinando con brulle e aride distese
di arbusti, oppure in cui emergono massi e macigni e
calotte rocciose, o si aprono voragini di scavo di rocce e terre
rosse residuali friabili, terra della stessa terra di cui sono ignificati i mattoni dei casolari che compaiono lungo il percorso.
Rari quelli imbiancati, più rustici, in cui i mattoni si
combinarono con l argilla ed il fango, un aia minuscola
fronteggiandoli immancabilmente con l immancabile tulsi del sacrario
hindu domestico. Al di fuori di ogni orizzonte di aspettative le
poche case cementizie che vi compaiono prima della svolta verso la
dirittura che ci porta a fronteggiare i monti D.*, cosiddetti perchè evocano il
profilo di una dentatura. ai lati una
distesa arida arbustiva a perdita d’ occhio, prima che la
giungla si addensi intorno ai declivi in arbusti collinari quali il
teak- sagoon, o nell'esplosione primaverile di colori delle piante delle
fiamme della foresta , nei loro fiori roseo-arancio-, dette altrimenti l'albero
dei pappagalli o in hindi chalcha, mentre le rocce si fanno anche grigio-brunite.
Volgendosi indietro, apparirà il divallammento che si è percorso, di cui i
saliscendi del percorso hanno ripercorso le ondulazioni, sino al tratto di
foresta che inizia a inerpicarsi oltre la radura arbustiva. In essa, se si è
fortunati, quando l ora volge al tramonto potrànno essere avvistati pavoni che
vi dispiegano la ruota, famiglie di antilopi che traversano di corsa il tratto
in cui sono allo scoperto.
Ancora
un complesso di templi in onore di Durga e di Shiva, preceduti da un sacello
dedicato al dio Hanuman, in corrispondenza
di religiosi sensi tinteggiati di bianco con il tempietto alla Devi
una e trina che si intravede sommatale in altura, affiancato da un tempio più minuscolo in
onore di Narashimah, e si apre nella roccia ora
sanguigna , ora albescente , di feldspati, e cloriti di gneiss,
luminescenti, il varco alfine per Bamnora, il villaggio gemellare
minore di Beni Gangi. Lo ha aperto il corso del Kudar, che appare al
fondo degli avvallamenti che concludono il loro moto ondulare contro
le alture seguenti.
Mirabili
i ghat che vi discendono vertiginosi sotto il fronteggiare di palme,
ove i langur locali trovano la loro eletta dimora.
E'
Bamnora un villaggio che si assiepa in due direzioni opposte, lungo la via
che ne è la dorsale ed ai lati delle viottole che se ne dipartono, assembrando
case di cui poche sono quelle superstiti in terra battuta. Mista a paglia e ad
erba, vi è stata conglomerata in strati successivi, seconda la tecnica
costruttiva del pisé.
Caratterizza varie sue case una veranda antecedente, che poggia su pilastri o
finanche colonne gemine secondo tradizione, ricorrendo il loro abbinamento nei
pochi resti di edifici del passato in stile Bundela che se ne conservano.
Il
villaggio non presenta che uno slargo di raccordo, ove è dato di radunarsi e
sedersi, sulla piattaforma del chabutri che ne attornia il fusto,
intorno al neem che in ogni villaggio indiano del circondario è la
pianta ricorrente nella circostanza.
Pianta medicinale e medicamentosa in ogni sua componente, lo contraddistinguono
le pallide foglioline opposite, fino a nove paia lungo lo stesso ramicello,
concluse al termine da una loro consorella solitaria. Ma è il neem la farmacia
oramai in disuso di ogni villaggio locale, la cui gente non stenta a vantarne proprietà terapeutiche, di ogni
sorta, cui non fa più ricorso. come un tempo. Efficace regolatore campestre
dell'azoto del suolo, è' in virtù dell' azadirachtin, che ne pervade i
semi e che si ritrova nellì olio denominato margosa che se ne
ricava, che il neem ha straordinarie virtù biopestidice ed antisettiche,
antipiretiche, antistaminiche ed antifungiche, che ne spiegano l'impiego per
ogni sorta di malattia epidermica e per la stessa labbra. Nei villaggi i più,
oramai, soprattutto fra quanti sono più poveri,ne utilizzano solo i ramoscelli
per la pulizia- interstiziale- dei denti ed in luogo del dentifricio.
Si
esca sulla sinistra che si sia imboccata dal villaggiio, sul suo versante
opposto rispetto a quello in cui si trova la scuola ed un tempio al dio Shiva.ed al centro della radura
che ci si aprirà allo sguardo vedremo campire l orizzonte e diramarsi in tutta
la sua magnificenza splendida la chioma di una pianta grandiosa di peepal.
Se
Buddha ebbe l illuminazione della sua dottrina sotto una pianta di peepal, è
sotto un esemplare al pari solo di questo, di questo, di questo, che senz'
altro avvenne, non essendone immaginabile uno più magnifico, fu al
pari di questa, di questa, di questa, di cui non è immaginabile una più
magnifica arborrscenza, la consorella che poté propiziarla.
E'
l'eccelso Peepal una pianta di fichi sacrale, che con il banyan cui è sovente coniugata
naturalmente e religiosamente, non è confondibile per le foglie con una esile lingua terminale, e per l'aderenza
al fusto centrale delle sue radici pensili, nelle parvenze di ssue scannellature o costolonature nerborute,
mentre nel banyan calano aree e filamentose tra le fronde.
Ma
laddove immagini e statue votive di divinità, filamenti sacri avvolti
intorno al fusto, bandiere e fasce del tronco tinteggiate elevano a dignità di
tempio vegetale la generalità degli altri peepal, questo esemplare, grandioso più di ogni altro,
in Bamnora ne figura spoglio, proprio mentre due neem accanto
possono accampare tale investitura sacra, adombrando un linga e la sua yoni
stupefacente, in quanto appare essere una vestigia della spogliazione residua
dei templi di Khajuraho, come attesta il sua pattika fregiato di gagarakas.
E'
più facile, però, che i giovinetti che per porsi al vostro seguito rinunciano a
servirsi dello slargo per il gioco dell'hockey o del cricket, vi adducano
piuttosto alla pianta di plum, o jamun, perchè siate l'occasione per
un'abbacchiatura dei suoi frutti, delle bacche simili a olive violacee dal
sapore agrodolce. Meravigliosi ne sono innanzi i fiori, i cui stami si irradiano
ai termine dei ramoscelli come grappoli di fuochi stellari artificiali
Poco oltre si si staglia nella sua grazia dimessa un tempio all' Energia
divina della Sakti, in stile Bundhela, illegiadrito nella sua cella
rettangolare da arcate lobate e dalla sovrastruzione di chattri cupolate intorno alla cupoletta centrale.
Ma
bisogna usare circospezione nel deambularvi intorno, perchè si rischia di
incorrere con le proprie calzature nefaste nell'area adiacente che è sacra a Babbagiu ,
una variante di Hanuman, che vi è venerata in conformità all impilatura di pietre
di un altare quantomai celato alla vista profana dalla vegetazione
ruderale.
Più
oltre, in prossimità del Kudhar i campi si fanno rigogliosi e tra di essi
dispiega la sua chioma un mango grandioso, che dà la riprova di che enormità sia
capace / di che pianta esplosiva esso sia/, se non è costretto nella cattività
di un frutteto, al punto da essere considerato una manifestazione di Prajapati.
Vuole una leggenda che una figlia del dio Sole, Surya, perseguitata da una
strega, per sfuggirle si sia tuffata in un lago in cui si tramutò in un fiore di
loto. Un re di passaggio si innamorò del fiore, facendo a tal punto inferocire
la strega che ridusse il fiore di loto in cenere. E' da quelle ceneri, che è
sorto l'albero del mango.
Di
ritorno al Cakra Math, oltre una cava dismessa, in cui ristà
una pozza dove i bufali amano rinfrescarsi, che precede altre
più ridotte e recenti che danno luogo a fabbriche locali di
mattoni d'argilla, inizia il tratto più lungo del percorso che
ci reca a Beni Gangi, quale meta imminente, costeggiato da
idilliaci casolari ameni, i cui filari infuocati di pietre sono terra
della stessa terra fulgida intorno. Essi appaiono talmente ribassati
nel distendersi a schiera in una successione di soglie, da essere
soverchiati dai tettucci reclini di tegole e coppi ,
quando sia pure di poco non si rialzano a capanna.
Accanto
alle dimore si staccano i porticati raccorciati del fienilucolo e
della stalletta, mentre gli accessi, tramite bancali ornati di motivi
a croce, si dilatano o digradano nell'aia di raccolta degli arnesi e
attrezzi e di bufali e capre, intenti a pascere all'ombra
delle piante che la contornano D'inverno, al calare delle ombre dei
monti, vi si vedono i fumi dei fuochi aleggiarvi sospesi nell'aria
che imbruna. Via via che Beni Ganj si fa più vicino, tra fichi
d'india e palme, compaiono coltivi di menta, di canna da zucchero, ed
agli alberi di mahua e di nem si aggiungono l' himli, manghi,
frondosi pipal. Intanto la strada s'inflette e risale lungo l'alveo
del Kudhar, il cui lento decorso ristagna in uno specchio che pare
immoto, si impigrisce sinuoso tra i massi del fondo senza che ne
trapelino increspature.
Risalito
il dosso, è già prossimo Beni Ganj, che si apre
alla vista come un'apparizione, nelle sue vivide case multicolori,
accese di bianco e d'azzurro, disposte su più livelli e
volte in più versi, tra il digradarvi dei rilievi nel
cui varco s'incunea l'abitatoMeraviglioso è il contrasto
tra i rossi filari dei fianchi delle case , talmente lineari da non
consentirsi che qualche profilatura od una balza sporgente,
ed il bianco od il celeste luminosi di cui sono tinte le
facciate, a ridosso delle quali s'infoltano e diramano violacee
bougaivilles, un contrasto che si fa ancora più intenso
mentre si risale la via d'accesso al centro dell'abitato. Su di essa
si affacciano i portici delle case a pilastri binati, e i muri si
alzano arcani sempre più a vista , finché il suo
percorso, addentrandoci ove la breccia si sospinge fino
all'altro pendio dei rilievi, (non) ci reca allo slargo terminale,
ombreggiato da consueto neem, in cui convergono incantevolmente ben
cinque tra vie e viottole del nostro villaggio
A
conclusione della via sta l'unica casa in argilla, finora
intravedibile in Beni Gangi, morbidamente plasmata sotto le sue
bianche calcinature, mentre se ci si volge a destra , ci si
prospetta una via curva in cui i portici delle case si inarcano
a loro volta, lasciandosi sovrastare dalle sporgenze suggestive
di davanzali e terrazzi, secondo modulazioni che non potrebbero
essere più difformi alle rientranze d'obbligo di
atri e balconi in Chandigarh, secondo Le Corbusier,
così come Le Corbusier in Chandigarh non avrebbe
potuto di meno essere indiano
Sulla
sinistra, due stradicciole confluiscono verso il villaggio adiacente
di Bamnora, ch'è preceduto dal traversamento di un ponte sul
lutulento Kudhar, sulla destra la incantevole via principale ,
cui pervengono le confluenze di vari percorsi, e suggestivi slarghi,
tra case dai portici bassi ribassati anch'essi ad arco, si
diparte verso i campi che digradano a valle, ed ha il suo seguito,
oltre i campi da gioco e di feste del villaggio, i suoi mela
ground, in una strada sterrata che separa i coltivi successivi dai
rilievi incipienti, e dai loro boschivi, situati nell'opposta
direzione. Lungo il corso della via principale è ancora
possibile vedere i ruderi o i ripostigli cui sono ora ridotte le più
antiche dimore di terra cruda di Beni Gangi. Le loro murature
furono costruite in pisè, con il getto di argilla, ghiaia,
paglia e letame quale legante dentro delle casseforme , come è
ravvisabile dai filari di blocchi che si profilano lungo le
loro pareti, quale tratto residuo del disarmo dellestesse casseforme.
L'affianca, più in alto, la via cui dobbiamo risalire
per una traversa, se vogliamo pervenire per il suo tramite al tempio
di Durga.
Sorge,
come quello presso il Ninora talab, all'ombra di un bargad, entro un
recinto, che la accomuna a un tempietto al dio Hanuman e ad un altro
shivaita, anticipato da un cippo in cui il toro Nandi ne
onora il linga .
Ma
è in posizione più rialzata, al termine di una breve
scalinata, ed a fianco di un pendio da cui i rilievi iniziano a
sopraelevarsi sul varco tra i monti Il biancore calcinato
dei rifacimenti dei muri ne attutisce l'antichità originaria
nel nucleo interno, ch'è remoto quale quello dei templi di
Choukha, o di Achatt, nel distretto di Chattarpur, e quanto lo
sono le sue proporzioni eleganti e la sua semplicità formale,
costituita della sola cella senza altra copertura che una cupoletta
su di un tetto piatto, mentre ne disvela l'origine antica
l'ornamentazione interna della saletta della dea,che è quasi
un compendio primario ed elementare dei motivi che ricorreranno con
più profusione elegante a Khajuraho, il soffitto a fiore di
loto, fregi di petali di loto, di triangoli , di angoli inversi
listati, o " renverse hald diamonds", seconda la
dicitura inglese di tale motivo delle palmette.
E
la dea, sotto i bendaggi, non è un idolo fantoccio, ma
una Mahishasuramardini* in forme femminili naturalistiche), intenta
ad accoppare a più non posso il demone Mahisha, ovviamente
emblema del male, tra altre donne sue attendenti e primordiali
leogrifi rampanti .
Una
coppia di giovani sposi, nelle circostanze in cui rivisito il tempio,
ne effettua la pradakshina. Lui ha indosso il turbante ed i vestiti
sfarzosi della cerimonia nuziale, lei, tra delle sue
compagne, è condotta per mano con il volto
nascosto dal sari.
E'
per avere figli, tale rituale?, chiedo a dei ragazzi che mi
accompagnano, aiutandomi, per farmi capire, con il gesto che dilata
il mio ventre in quello di una donna gravida. Confermano
sorridendo. Lo sguardo, dall'altura lieve in cui mi ritrovo, oltre un
tempietto alla dea Shanti e il breve muro di cinta della
deambulazione intorno al tempio di Durga, si volge, per
riposarsi, alla valle sottostante in cui si è svolto il
nostro percorso.
La
distesa dei profili gialli dei campi, irti di steli, si perde nel
folto degli alberi, che s'infittiscono fino alle alture di Rajnagar,
sino all'orizzonte in cui cala il sole.
Tra
di essi, invisibili, le case ed i covili in cui gli uomini e gli
armenti sono di ritorno, o già al riposo, i limitari delle
soglie accese, da cui le donne intente alla cena od al riordino della
quiete domestica, usciranno a salutarmi(ci) sulla via del rientro.
Le
parti testuali in carattere normale di dimensione 12 risalgono al
2016, 2-3 febbraio, le altre al 2014 e sono estratti dal mio testo
sui templi orientali di khajuraho.
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