domenica 28 febbraio 2016

Ecloga indiana XI


Versione breve 

“You 're like a  bargàd”, “
mi dice d’improvviso Mohammad,
in riva al talab,
tra un seguito e l’altro,
con la Laila di cui è Majdun
dei capitoli del libro dell’amore che mi sta compitando

il primo che insegna/ recita che l’amore è vita,
il secondo che è cieco,
 il terzo  quanto è  pericoloso,
il quarto che è follia,
il quinto che è solitudine e richiede lontananza , se è speciale,
e il sesto, che è indimenticabile,
il settimo com' è incredibile..."

“ E perché  son' io un banyan?”,
gli chiedo schermendomi
con inquietudine curiosa,
per la natura epifita dell’albero,
che a impresa del Raj, / dell India
 sin esso a farsi gigantesco splendore
nel suo germe cresce strangolando
la pianta che l’ospita,
 (madide le mie tempie di inebriato elefante,
di ritorno a lui ora  da un'apsara
in  una smorfia di noia,
ad un nudo Niirriti accanto della mia morta/ vinta sorte)

“ Perché come un banyan con la sua chioma
tu  copri e proteggi la vita di noi tutti”,
con quali mai aeree radici protendendomi al suolo,
quando del fratello del mio cuore,
per lui l “uncle”,
cuius amor, di cui l’amore  si deposita al fondo, così tanto,
devo farmi il guaritore ferito,
che già ne fu l’ infestante,

(oh,) l’eccedenza stessa da  lui allora elargitaci
l’acqua più amara dell’offerta della sua gelosia,
quand’io già m’illudevo, ad un incanto dei miei anni finali,
che Mohammad fosse la delizia di noi tutti.




“così ora eccomi Babbà Bargàd,”, scherzo e rido con il ragazzo,
(attempato fenicottero nella regione del vento,
con lui consumandomi nel trascorrere del tempo,)
in fervida  devota attesa,
nel sole che traluce al tramonto lo specchio delle acque,
che sia la  volpe che ama il Chota Raja Kumari
che al mio Piccolo Principe riveli il seguito che riserva amare una rosa.


versione media

“You are like a  bargàd”, “
mi dice d’improvviso Mohammad,
in riva al talab,
tra un seguito e l’altro,
con la Laila di cui è Majdun
dei capitoli del libro dell’amore che mi sta compitando

il primo che insegna che l’amore è vita,
il secondo che è cieco,
 il terzo  quanto è  pericoloso,
il quarto che è follia,
il quinto che è solitudine e richiede lontananza , se è speciale…

“ E perché  son' io un banyan?”,
gli chiedo schermendomi
con inquietudine curiosa,
per la natura epifita dell’albero,
che a impresa dell India,
 sin esso a farsi gigantesco splendore
nel suo germe cresce strangolando
la pianta che l’ospita,
 madide le mie tempie di inebriato elefante,
di ritorno a lui ora  da un apsara
in  una smorfia di noia,
ad un nudo Niirriti accanto della mia morta sorte,

“ Perché come un banyan con la sua chioma
tu  copri e proteggi la vita di noi tutti”,
con quali mai aeree radici protendendomi al suolo,
quando del fratello del mio cuore,
per lui l “uncle”,
cuius amor, di cui l’amore  si deposita al fondo, così tanto,
devo farmi il guaritore ferito,
che già ne fu l’ infettante,

oh,l’eccedenza stessa da  lui allora elargitaci
l’acqua più amara dell’offerta della sua gelosia,
 fin che si fa lupo, non torna a farsi lupo quando s’intenebra la mente,
con le frigide ombre cui cede
 il dolce lume dei giorni ,
quand’io già m’illudevo, ad un incanto dei miei anni finali,
che Mohammad fosse la delizia di noi tutti.




“così ora eccomi Babbà Bargàd,”, scherzo e rido con il ragazzo,
Non illum nostri possunt mutare labores,
attempato fenicottero nella regione del vento,
con lui consumandomi nel trascorrere del tempo.. 

Non illum nostri possunt mutare labores,              

ora in fervida devota attesa,
nel sole che traluce al tramonto lo specchio delle acque,
che sia la  volpe che ama il Chota Raja Kumari
che al mio Piccolo Principe riveli il seguito che riserva amare una rosa.


Versione lunga

“You are like a  bargàd”, “
mi dice d’improvviso Mohammad,
in riva al talab,
tra un seguito e l’altro,
con la Laila di cui è Majdun
dei capitoli del libro dell’amore che mi sta compitando

il primo che insegna che l’amore è vita,
il secondo che è cieco,
 il terzo  quanto è  pericoloso,
il quarto che è follia,
il quinto che è solitudine e richiede lontananza , se è speciale…

“ E perché  son  io un banyan?”,
gli chiedo schermendomi
con inquietudine curiosa,
per la natura epifita dell’albero,
che a impresa dell India,
 sin esso a farsi gigantesco splendore
nel suo germe cresce strangolando
la pianta che l’ospita,
 madide le mie tempie di inebriato elefante,
di ritorno a lui ora  da un apsara
con una smorfia di noia,
a un nudo Niirriti accanto della mia morta sorte,
da quanto sia già passato e trascorso dal mio nuovo arrivo

Bhai Doj in luogo della madre riconducendomi un Ashesh giovinetto,
oltre la soglia, di ritorno,
dei lumi accesi per i passi di Laxmi.
di sterco infiorata della govardhan puja.
tra gli oculi di vessilli di pavoni
le schermaglie di corpi e di bambu
nel concorso( a festa )delle danze diwari per Deepawali
 fino al gremitio di sari
lungo le  gradinate da cui ascendere al lingam,
Amrol, Dang, Sihonia, poi,
 i templi del forte di Gwalior,
già fulgore di una felicità rimpianta, 



“ Perché come un banyan con la sua chioma
tu  copri e proteggi la vita di noi tutti”,
con quali mai aeree radici protendendomi al suolo,
quando del fratello del mio cuore,
per lui l “oncle”,
cuius amor, di cui l’amore  si deposita al fondo, così tanto,
devo farmi il guaritore ferito,
che ne fu l’ infettante,

oh, l’eccedenza stessa da  lui allora elargitaci
l’acqua più amara dell’offerta della sua gelosia,
 fin che non torna egli a farsi lupo quando s’intenebra la mente,
con le frigide ombre cui cede
 il dolce lume dei giorni ,
quand’io già m’illudevo, ad un incanto dei miei anni finali,
che Mohammad fosse la delizia di noi tutti.




“così ora eccomi Babbà Bargàd,”,scherzo e rido con il ragazzo, 
Non illum nostri possunt mutare labores,  
attempato fenicottero nella regione del vento,
con lui consumandomi nel trascorrere del tempo..

(Non illum nostri possunt mutare labores,  )             

in fervida attesa,
nel sole che traluce al tramonto lo specchio delle acque,
che sia la  volpe che ama il Chota Raja Kumari

che al mio Piccolo Principe riveli il seguito che riserva amare una rosa.

lunedì 8 febbraio 2016

Da Khajuraho a Bamnora, Beni Gangi



 Da Khajuraho, a Bamnora, Beni Gangi
2014, febbraio 2016
 

Poco prima del sinuoso ingresso nell’intrico della vecchia Khajuraho,  così simile all'arroccamento tra le sue mura del suo riottoso* induismo, si apre sulla sinistra la stradicciola da intraprendere per iniziare il nostro itinerario, che costeggia l’acquitrino del Ninora Sagar. Nel suo breve tratto iniziale, un maialucolo nero che s'intrufoli nel vostro percorso lasciando le sue abituali immondizie od il liquame di scolo,  delle donne alla pompa dell'acqua con accanto il loro vasellame metallico da rilavarvi, od intente ad intrecciare con la paglia dei cesti, altre che sopraggiungono tra greggi ed armenti nel clangore dei loro campanacci,  con in testa un carico  di sterpi  o recando il loro fascio dell'erba stagionale, delle bambine che spalmino di sterco propiziatorio la soglia di casa,  tra lo strombazzare di autoricksaw e di motociclette, di trattori agricoli o vagoni di trasporto,  consentono di essere pienamente immersi nell' India anche a chi ci si ritrovava soltanto,  mentre ergentesi sull’arginatura del bacino del talab,  già si prospetta  il primo dei templi della nostra peregrinazione mirabile, il tempio al dio Brahma *, come erroneamente siamo indotti a denominarlo dalle supposizioni locali. indissociabile.
Dall’alto della scalinata, ultimata la visita del tempio con la circumambulazione esterna del chaturmukkha, il bacino lacustre del Ninora talab si offre alla nostra vista sino all’opposta sponda, in cui pascolano e vanno in ammollo bufali e circolano bambini.  Di fronte invece all'entrata del tempio,  il vecchio villaggio ci concede a sua volta un suo brano significativo che ci anticipa la fatiscenza, sino allo sgretolio estremo, in cui ritroveremo superstiti negli ulteriori  villaggi gli edifici di fango, in contrasto con  il rosso fulgore dei filari di mattoni cotti in cui  resistono all’usura del tempo le murature delle  altre costruzioni tradizionali, tra il sovraergersi, sopravanzante, dei fabbricati più recenti, e di piani aggiuntivi, con supporti in cemento e travature  metalliche.
Presentano, le case in mattoni, le forme grezze e solide che consentono le intese edilizie tra capomastri  e committenti , secondo  la logica architettonica, o Vastu vidya, che sovrintende il fabbricare hindu dalla notte dei tempi dei Silpashastra*, gli antichi trattati canonici che tali norme rielaborarono.  Sui dossi che si avvallano tra le rovine di alcuni edifici diroccati, se non è la stagione delle piogge ci apparirà l’ altra più alta nota di colore, ocra, del paesaggio rurale, dataci dai pani di sterco stesi al sole a seccare, nel brillio dei filamenti di paglia incorporati. Ci si offra a tutta la loro vista benefica, è il loro consumo energetico,  per la cottura dei cibi, il riscaldamento, o la messa in fuga degli insetti molesti, ad opera delle dense fumigazioni che ne emanano aromatiche, che salvaguarda gli alti fusti e il diramarsi degli splendidi alberi che vedremo frondeggiare tra i coltivi:
E già non c'è tregua alle nostre emozioni, Come cessano i caseggiati da cui si risalga in strada, oltre tutta  l’ immondizia e la verde pastura dell’ immensa radura successiva,  in cui pascono copiosi quanto stenti armenti, e bambini e ragazzi hanno la buona grazia di allestire oltre il rivolo di scolo un campo di cricket, alla vista si  dona tutta quanta la grazia del tempio Javari, sullo sfondo d'incanto dei rilievi *Vindhya, mentre sulla sinistra si profila la mole del tempio Vamana.
Tornati dalla sua visita a rivedere il cielo di questo mondo, solo poche centinaia di metri di aperta radura ci separano più oltre dalla cancellata che racchiude il tempio Vamana,** dedicato anch'esso al dio Vishnu, ma nella sua incarnazione,  in Vamana Trivikrama.
Lasciati alfine gli antichi templi Chandella, per disaffaticare la mente ci si può addentrare nel recinto calcinato, che  tra  edicole sparse,  sfusi yoni e lingam e devoti Nandi in adorazione di Shiva, ospita un tempietto di Durga* ed uno di Hanuman*, come anticipano le bandiere rosse e gialle all'ingresso, e sulla soglia del tempio di lato della Devi, due leoni in pietra colorata, che minacciosi ringhiano ai bordi  del cancello d'entrata. I templi riposano all'ombra eminente di piante sacrali d'alto fusto tra le quali , su un peepal ed un neem, -venerabilissime e venerate piante su cui rinvio il discorso ad una loro comparsa più fenomenale,- grandeggia un  banyan, o bargad*,  la cui chioma tracima la cinta muraria. E il banyan, a insegna dell India, pianta epifita che fino a farsi gigantesca cresce da un seme ch'è albergato da una pianta ospitante,  fino a tal suo grado di detrimento checon le radici che emette, a guisa di tronchi, la strangola  fino a farla morire. Cielo ed aria, od acqua piovana,  al banyan occorrono ma non bastano, per questo si protende al suolo con i grovigli delle sue radici aree e le loro barbe soffocanti, che  consentono di ravvisare i banyan  inconfondibilmente
Tra le foglie lustre, ovali, dal picciolo ghiandolare ove se ne diparte la nervatura della lamina fogliare , alle estremità dei rami ne crescono a coppie i fichi rossicci, senza invece alcun loro peduncolo , ospitando ciascuno finanche  ottanta vespe inoffensive . Ma tali parassiti non scoraggiano di certo a nutrirsene uccelli e scoiattoli, sicchè l'albero è preannunciato alla vista dai suoi ospiti canori che vi si affoltano, in primis i pappagalli dal piumaggio smeraldino..
(La cenere sparsa sotto il trisul, o tridente di Shiva, la quiete in cui tutto riposa all'interno del complesso, compresi il  custode e l'officiante  immersi nel sonno, mentre solo qualche refolo di vento può sommuovere le bandiere rosse e gialle, è la serenità del Dio  tremendo che soggiace immanifesto, nel tormento mentale che qui cerchi sollievo.)
Il seguito del percorso si addentra in un breve succedersi di casolari, e rustici e stalle, ch'è di conforto alla rianimazione spirituale del tempio Vamana cui gravitano intorno,quasi che senza il loro soccorso e degli alberi che gli frondeggiano appresso, esso già fosse poco più che un caro estinto monumentale, fino a che dal fondo sterrato emerge il profilarsi dell'asfalto che ci reca sollievo. Le sue anse lasciano sulla destra una spianata dai caldi colori, tutto un intrecciarsi di piste tra le radure che ospitano nei giorni di festa giocatori di cricket, con occasionali wicket, per inoltrarsi tra i coltivi e l'addensarsi delle grandiose piante che li recingono,  una moltitudine che si infittisce in lontananza, contro lo stagliarsi  all'orizzonte delle alture montuose, che appaiono più ancora alla vista quali dei  maestosi rilievi nelle loro alture dimesse-
Se invece si prosegue fronteggiando il tempio Vamana, ci si ritrova nella pulverulenza dello slargo di piste, che si dipartono l una dall altra per ricongiungersi insieme, nell’aridità di una vegetazione stenta ch’è di nutrimento solo a volatili saltabeccanti Spuntano massi qua e la disseminati, o singolarmente disposti circolarmente, di rocce di un colore rossastro che emergono da un suolo di una ferruginosità grigio-giallastra.  il cui fulgore è avvivato dai pani di sterco che vi sono a seccare al sole tra il luminìo di steli di paglia.
Al crocevia di raccordo dei tracciati alcune piante di nim ed un bargad adombrano bianche edicole templari che reiterano i culti di Durga e di shiva, come dispiegano alla cognizione del passante i vessilli che vi frusciano al vento. Gusci di noci di cocco, i residui delle offerte di passanti.
Poi, risalita la china, si aprono le distese dei campi ai lati della stradina asfaltata cui si accede.
Fili spinati recingono i coltivi e fanno barriera. Rare le piante che si interpongono, per lo più fasci di fusti di bambu, mentre li ingentiliscono gulciatar e besaram, dei fiori, questì ultimi, che crescono ovunque come ovunque attecchirebbero donne di facili costumi,. Che il nome in hindi dei fiori- campanule connota



Tali recinzioni ininterrotte di filo spinato. che ai bordi della strada marcano invalicabilmente  le proprietà terriere, precludendoci, come agli animali voraci e ai ladri endemici locali, ogni libero accesso alla fragranza di spighe e di steli, stanno a rammemorarci ad ogni istante che per quanto incantevole, nel nostro percorso non siamo felicemente regrediti o di ritorno ad alcuna età dell'oro, sia essa d' impronta greco- latina o il Krita Yuga favoloso della dottrina hindu dei cicli cosmici, in cui facile sia il sostentamento, e ignoti gli odi e gli inganni, come durante la crescita delle colture può illuderci l'incanto dei prati  tra gli alberi  di mahua o di neem, o il sopraggiungere nel loro clangore di lenti armenti di  pecore o di possenti bufali,

 
 di un carro agricolo trainato da buoi nella sua intelaiatura di legno,


 

Siamo anche qui, al più, in un'era bucolica segnata dalla storia, e ben di ferro, per quanto ciclico ne sia il decorso annuale, e più che il canto degli uccelli tra i rami, è più facile udire il pigolio dei bimbi che come per strada  vi avvistano quali stranieri, vi si accostano senza remore e riguardi e vi chiedono all'istante " money, pen, chocolate", senza tanti "hello sir", o " how are you", che ben saprebbero come dire, ma non si confanno al sentire che hanno di voi.
Provate allora  a ribattere che l'elemosina  va chiesta rivolgendosi a chiunque sia di passaggio, sia egli indiano o forestiero, accennate all'uomo che segnato dal lavoro dei campi ride alla scena sotto immancabili baffi,       " ma quello è mio padre", vi dirà schernendosi il bambinello ridanciano.
E tanto silenzio, che grava intorno, rotto solo da trattori e vagoni agricoli, da trebbiatrici o mietitrebbia che ostruiscono il passaggio,  o che nei villaggi e nella loro ruralità arcana ne rende metafisici i casolari, è dato dall'esodo dei campi e dallo spopolamento, per opera dei dalit, soprattutto, che in cerca di fortuna vanno in  città che qui dicono Delhi, che  proprio con il concorso delle loro tribolazioni  sollevano ora il capo tra le altre dell'India, quanto qui sogliono le mahua tra le piante di neem.
Ai dalit ed ai contadini sudra  non sono bastate le compensazioni del discrimine di out cast con terreni forzosamente sottratti,
l'accesso alle macchine agricole è di pochi, essendo per lo più di costoso noleggio, e insieme con le leggi di mercato, e gli oligopoli multinazionali, che impongono l'esosità di sementi e concimi, qui c'è chi fa la da padrone senza sorta di repliche, su affittuari e vigilanti, sui lavoranti nei campi, con richieste di canoni, e   remunerazioni minimali, che  non lasciano margini di sorta oltre la sola sussistenza.
E poi l'acqua decide di tutto, che sia disponibile solo quella piovana, che sia attingibile  nei pozzi o pervenga canalizzata, che arrivi a tempo o fuori stagione, con grandinate esiziali.

 
Ma l'occhio , così disincantato, può rimirare meglio lo splendore dei campi, della loro fertilità assicurata dalla ferrugine della terra , che non ha nulla del grigiore cinereo delle polveri di campi aridi o di cremazione, rossa come il  sangue delle divinità femminili qui ovunque onorate, specialmente per Dusshera, al termine dei nove giorni della festività della Devi, o per Shivaratri, quando nel tempio Matangesvara si celebra lo sposalizio di Shiva e di Parvati , o nel giorno primaverile o già estivo della nascita del dio Rama, omaggiandole di vasi di germogli di miglio, nelle loro manifestazioni di  yogini o di sacre spose del Dio, di cui sono la stessa energia operativa.
Ed oltre i fili spinati, se non è avvenuto appena il raccolto,  nei campi l'osservatore può assistere d'inverno al crescere   di grano e di senape, di ceci e di piselli , di lenticchie e di sesamo nella stagione monsonica, può incantarsi  al fervere del loro verde rigoglio, ingiallito dai fiori,  o al  compiersi della maturazione nel fulgore delle spighe, in un'aurea alonatura  che s'inargenta nei pleniluni estivi.
E se così è giunto il tempo della mietitura, vedrà i campi di grano farsi distese di mannelli per opera della falce, formarsi covoni tra gli steli recisi che inaridiscono a stoppie, sollevarsi la pulverulenza della trebbiatura che separa la granella da paglia e pula. Non immagini alcuna dispersione del tutto nel vento,  diventeranno aurei cumuli sospesi nelle aie e nei campi, destinati a ingrediente del sostentamento dei bufali, che se ne nutrirano lenti e placidi, al riparo dal gran sole,  sotto i tettucci di canne in cui è a loro ammannito come gusha*.
E per chi voglia farsi partecipe, basta familiarizzare con un  sorriso, per potersi attivare al ventilabro di un 'elica, nella separazione del seme di cece o di pisello dalla pula e dallo stelo, o nell'infornata nella trebbiatrice  dei mannelli di spighe di grano.
Senza che qui sia dato come altrove, nel Madhya Pradesh, per le lenticchie nere, di vederne il raccolto disteso per strada, perché la prima trebbiatura la facciano le ruote dei veicoli di passaggio.
Ma or ecco che mentre si è così intenti a pensare*, un serraglio di casipole rurali che si alzano a capanna sotto i coppi, costituite di rossi filari di mattoni imbiancati sulle soglie, tra cui spicca una parete tinteggiata di un celeste luminescente,  ci riconduce ben presto alle nostri peregrinazioni  archeologiche,  preannunciandoci oltre la curva, sull'altro lato della strada,oltre piante meravigliose di choeula, l'apparire, sullo sfondo dei monti, delle poche e fascinose rovine del tempio Cakramath rinserrato da una  cancellata.
 Per chi vi sia giunto in direzione opposta, dai villaggi del circondario, è il sepolcro di Bianore che preannuncia la città imminente dell'antica Kharjuravahaka, ed è ora possibile rallentare il passo, deporre il  capretto diradando le frasche. ( Virgilio, Ecloga IX).
Stanno su di un culmine roccioso i resti del Kakra Math, a seguito di un’edicola tra i campi al dio Hanuman, le asperità scabrose ergendosi a luogo di culto da che in essi sono impraticabili le coltivazioni





Lungo la via che s' intraprenda a sinistra per Bamnora, il terreno si fa ancora più ocra, sempre più rossastro, si ammanta in campi di terra coltivata a colza che li ravviva con le sue gialle infiorescenze e a grano di un verde smagliante, se lo consentono le piogge o l irrigazione. Altrimenti i campi deserti si fanno pastura di greggi ed armenti, come già nel tratto precedente, da cui abbiamo svoltato, o  suolo di prelievo e di forgiatura della malta di di laterizi, sconfinando con brulle e aride distese di arbusti, oppure in cui emergono massi e macigni e calotte rocciose, o si aprono voragini di scavo di rocce e terre rosse residuali friabili, terra della stessa terra di cui sono ignificati i mattoni dei casolari che compaiono lungo il percorso. Rari quelli imbiancati, più rustici, in cui i mattoni si combinarono con l argilla ed il fango, un aia minuscola fronteggiandoli immancabilmente con l immancabile tulsi del sacrario hindu domestico. Al di fuori di ogni orizzonte di aspettative le poche case cementizie che vi compaiono prima della svolta verso la dirittura che ci porta a fronteggiare i monti D.*, cosiddetti perchè evocano il profilo di una dentatura. ai lati una distesa arida arbustiva a perdita d’ occhio, prima che la giungla si addensi intorno ai declivi in arbusti collinari quali il teak- sagoon,  o nell'esplosione primaverile di colori delle piante delle fiamme della foresta , nei loro fiori roseo-arancio-, dette altrimenti l'albero dei pappagalli o in hindi chalcha,  mentre le rocce si fanno anche grigio-brunite.
Volgendosi indietro, apparirà il divallammento che si è percorso,  di cui i saliscendi del percorso hanno ripercorso le ondulazioni, sino al tratto di foresta che inizia a inerpicarsi oltre la radura arbustiva. In essa, se si è fortunati, quando l ora volge al tramonto potrànno essere avvistati pavoni che vi dispiegano la ruota, famiglie di antilopi che traversano di corsa il tratto in cui sono allo scoperto.
Ancora un complesso di templi in onore di Durga e di Shiva, preceduti da un sacello dedicato al dio Hanuman, in corrispondenza di religiosi sensi tinteggiati di bianco con il tempietto alla Devi una e trina che si intravede sommatale in altura, affiancato da un tempio più minuscolo in onore di Narashimah, e si apre nella roccia ora sanguigna , ora albescente , di feldspati, e cloriti di gneiss, luminescenti, il varco alfine per Bamnora, il villaggio gemellare minore di Beni Gangi. Lo ha aperto il corso del Kudar, che appare al fondo degli avvallamenti che concludono il loro moto ondulare contro le alture seguenti.
Mirabili i ghat che vi discendono vertiginosi sotto il fronteggiare di palme, ove i langur locali trovano la loro eletta dimora.
E' Bamnora un villaggio che si assiepa  in due direzioni opposte, lungo la via che ne è la dorsale ed ai lati delle viottole che se ne dipartono, assembrando case di cui poche sono quelle superstiti in terra battuta. Mista a paglia e ad erba, vi è stata conglomerata in strati successivi, seconda la tecnica costruttiva del pisé.
Caratterizza varie sue case una veranda antecedente, che poggia su pilastri o finanche colonne gemine secondo tradizione, ricorrendo il loro abbinamento nei pochi resti di edifici del passato  in stile Bundela che se ne conservano.
Il villaggio non presenta che uno slargo di raccordo, ove è dato di radunarsi e sedersi, sulla piattaforma del chabutri che ne attornia il fusto, intorno al neem  che in ogni villaggio indiano del circondario  è la pianta ricorrente nella circostanza.
Pianta medicinale e medicamentosa in ogni sua componente, lo contraddistinguono le pallide foglioline opposite, fino a nove paia lungo lo stesso ramicello, concluse al  termine da una loro consorella  solitaria. Ma è il neem  la farmacia oramai in disuso di ogni villaggio locale, la cui gente non stenta a vantarne  proprietà terapeutiche, di ogni sorta, cui non fa più ricorso. come un tempo. Efficace regolatore campestre dell'azoto del suolo,  è' in virtù dell' azadirachtin, che ne pervade i semi e che si ritrova nellì olio denominato margosa che se ne ricava, che il neem ha straordinarie virtù biopestidice ed antisettiche, antipiretiche, antistaminiche ed antifungiche, che ne spiegano l'impiego per ogni sorta di malattia epidermica e per la stessa labbra. Nei villaggi i più, oramai, soprattutto fra quanti sono più poveri,ne utilizzano solo i ramoscelli per la pulizia- interstiziale- dei denti ed in luogo del dentifricio.
Si esca sulla sinistra che si sia imboccata dal villaggiio, sul suo versante opposto rispetto a quello in cui si trova la scuola ed un tempio al dio Shiva.ed al centro della radura che ci si aprirà allo sguardo vedremo campire l orizzonte e diramarsi in tutta la sua magnificenza splendida la chioma di una pianta grandiosa di peepal.
Se Buddha ebbe l illuminazione della sua dottrina sotto una pianta di peepal, è  sotto un esemplare al pari  solo di questo, di questo, di questo, che senz' altro avvenne, non essendone immaginabile uno più magnifico, fu al pari di questa, di questa, di questa, di cui non è  immaginabile  una più magnifica arborrscenza, la consorella che poté propiziarla.
E'  l'eccelso Peepal  una pianta di fichi sacrale, che con il banyan cui è sovente coniugata naturalmente e religiosamente, non è confondibile per le foglie con una esile lingua terminale, e per l'aderenza al fusto centrale delle sue radici pensili, nelle parvenze di ssue scannellature o costolonature nerborute, mentre nel banyan calano aree e filamentose tra le fronde.

Ma laddove immagini e statue votive di divinità,  filamenti sacri avvolti intorno al fusto, bandiere e fasce del tronco tinteggiate elevano a dignità di tempio vegetale la generalità degli altri  peepal, questo esemplare, grandioso più di ogni altro, in Bamnora ne figura spoglio, proprio mentre due neem accanto  possono  accampare tale investitura sacra, adombrando un linga e la sua yoni stupefacente, in quanto appare essere una vestigia  della spogliazione residua dei templi di Khajuraho, come attesta il sua pattika fregiato di gagarakas.
E' più facile, però, che i giovinetti che per porsi al vostro seguito rinunciano a servirsi dello slargo per il gioco dell'hockey o del cricket, vi adducano piuttosto alla pianta di plum, o jamun, perchè siate l'occasione per un'abbacchiatura  dei suoi frutti, delle bacche simili a olive violacee dal sapore agrodolce. Meravigliosi ne sono innanzi i fiori, i cui stami si irradiano ai termine dei ramoscelli come grappoli di fuochi stellari artificiali

Poco oltre si  si staglia nella sua grazia dimessa un tempio all' Energia divina della  Sakti, in stile Bundhela, illegiadrito nella sua cella rettangolare da arcate lobate e dalla sovrastruzione di chattri cupolate intorno alla cupoletta centrale.
Ma bisogna usare circospezione nel deambularvi intorno, perchè si rischia di incorrere con le proprie calzature nefaste nell'area adiacente  che è sacra a Babbagiu , una variante di Hanuman, che vi è venerata in conformità all impilatura di pietre di un altare  quantomai celato alla vista profana dalla vegetazione ruderale.
Più oltre, in prossimità del Kudhar i campi si fanno rigogliosi e tra di essi dispiega la sua chioma un mango grandioso, che dà la riprova di che enormità sia capace / di che pianta esplosiva esso sia/, se non è costretto nella cattività di un frutteto, al punto da essere considerato una manifestazione di Prajapati. Vuole una leggenda che una figlia del dio Sole, Surya, perseguitata da una strega, per sfuggirle si sia tuffata in un lago in cui si tramutò in un fiore di loto. Un re di passaggio si innamorò del fiore, facendo a tal punto inferocire la strega che ridusse il fiore di loto in cenere. E' da quelle ceneri, che è sorto l'albero del mango.

Di ritorno al Cakra Math, oltre una cava dismessa, in cui ristà una pozza dove i bufali amano rinfrescarsi,  che precede altre più ridotte e recenti che danno luogo a fabbriche locali di mattoni d'argilla, inizia il tratto più lungo del percorso che ci reca a Beni Gangi,  quale meta imminente, costeggiato da idilliaci casolari ameni, i cui filari infuocati di pietre sono terra della stessa terra fulgida intorno. Essi appaiono talmente ribassati nel distendersi a schiera in una successione di soglie, da essere soverchiati  dai tettucci reclini  di tegole e coppi , quando sia pure di poco non si rialzano a capanna.
Accanto alle dimore si staccano i porticati raccorciati del fienilucolo e della stalletta, mentre gli accessi, tramite bancali ornati di motivi a croce, si dilatano o digradano nell'aia di raccolta degli arnesi e attrezzi e  di  bufali e capre, intenti a pascere all'ombra delle piante che la contornano D'inverno, al calare delle ombre dei monti, vi si vedono i fumi dei fuochi aleggiarvi sospesi nell'aria che imbruna. Via via che Beni Ganj si fa più vicino, tra fichi d'india e palme, compaiono coltivi di menta, di canna da zucchero, ed agli alberi di mahua e di nem si aggiungono l' himli, manghi, frondosi pipal. Intanto la strada s'inflette e risale lungo l'alveo del Kudhar, il cui lento decorso ristagna in uno specchio che pare immoto, si impigrisce sinuoso tra i massi del fondo senza che ne trapelino increspature.
Risalito il dosso, è già prossimo Beni Ganj, che  si apre alla vista come un'apparizione, nelle sue vivide case multicolori, accese di bianco e d'azzurro, disposte su più livelli  e  volte in più versi, tra il digradarvi dei rilievi nel cui varco s'incunea l'abitatoMeraviglioso  è il contrasto tra i rossi filari dei fianchi delle case , talmente lineari da non consentirsi che qualche profilatura  od una balza sporgente,  ed il bianco od il celeste luminosi di cui sono tinte le facciate,  a ridosso delle quali s'infoltano e diramano violacee  bougaivilles, un contrasto che si fa ancora più intenso mentre si risale la via d'accesso al centro dell'abitato. Su di essa si affacciano i portici delle case a pilastri binati, e i muri si alzano arcani sempre più a vista , finché il suo  percorso,  addentrandoci ove la breccia si sospinge fino all'altro pendio dei rilievi, (non) ci reca allo slargo terminale, ombreggiato da consueto neem, in cui convergono incantevolmente ben cinque tra vie e viottole del nostro  villaggio
A conclusione della via sta l'unica casa in argilla, finora intravedibile in Beni Gangi, morbidamente plasmata  sotto le sue bianche calcinature, mentre  se ci si volge a destra , ci si prospetta una via curva in cui i portici delle case si inarcano a loro volta, lasciandosi  sovrastare dalle sporgenze suggestive di davanzali e terrazzi, secondo modulazioni  che non potrebbero essere più difformi alle  rientranze d'obbligo di atri e balconi  in Chandigarh, secondo Le Corbusier,  così come Le Corbusier  in Chandigarh non avrebbe potuto di meno essere indiano
Sulla sinistra, due stradicciole confluiscono verso il villaggio adiacente di Bamnora, ch'è preceduto dal traversamento di un ponte sul lutulento Kudhar,  sulla destra la incantevole via principale , cui pervengono le confluenze di vari percorsi, e suggestivi slarghi,  tra case dai portici bassi ribassati anch'essi ad arco, si diparte verso i campi che digradano a valle, ed ha il suo seguito, oltre i  campi da gioco e di feste del villaggio, i suoi mela ground, in una strada sterrata che separa i coltivi successivi dai rilievi incipienti, e dai loro boschivi, situati nell'opposta direzione. Lungo il corso  della via principale è ancora possibile vedere i ruderi o i ripostigli cui sono ora ridotte le più antiche dimore di terra cruda  di Beni Gangi. Le loro murature furono costruite in pisè, con il getto di argilla, ghiaia, paglia e letame quale legante dentro delle casseforme , come è  ravvisabile dai filari di blocchi che si profilano lungo le loro pareti, quale tratto residuo del disarmo dellestesse casseforme.  L'affianca, più in alto, la via cui dobbiamo risalire per una traversa, se vogliamo pervenire per il suo tramite al tempio di Durga.
Sorge, come quello presso il Ninora talab, all'ombra di un bargad, entro un recinto, che la accomuna a un tempietto al dio Hanuman e ad un altro shivaita,  anticipato da un cippo  in cui il toro Nandi ne onora il linga .
Ma è in posizione più rialzata, al termine di una breve scalinata, ed a fianco di un pendio da cui i rilievi iniziano a  sopraelevarsi sul varco tra i monti Il  biancore calcinato dei rifacimenti dei muri ne attutisce l'antichità originaria nel nucleo interno, ch'è remoto quale quello dei templi di Choukha, o di Achatt,  nel distretto di Chattarpur, e quanto lo sono le sue proporzioni eleganti e la sua semplicità formale, costituita della sola cella senza altra copertura che una cupoletta su di un tetto piatto, mentre ne disvela l'origine  antica l'ornamentazione interna della saletta della dea,che è quasi un compendio primario ed elementare dei motivi che ricorreranno con più profusione elegante a Khajuraho, il soffitto a fiore di loto, fregi di  petali di loto, di triangoli , di angoli inversi listati, o "  renverse hald diamonds", seconda la dicitura inglese di tale motivo delle palmette. 
E la dea, sotto i bendaggi, non è un  idolo fantoccio, ma una Mahishasuramardini* in forme femminili naturalistiche), intenta ad accoppare a più non posso il demone Mahisha, ovviamente emblema del male, tra altre donne sue attendenti e primordiali leogrifi rampanti . 
Una coppia di giovani sposi, nelle circostanze in cui rivisito il tempio, ne effettua la pradakshina. Lui ha indosso il turbante ed i vestiti  sfarzosi della cerimonia nuziale, lei, tra delle sue compagne,   è condotta per mano con il volto nascosto dal sari. 
E' per avere figli, tale rituale?, chiedo a dei ragazzi che mi accompagnano, aiutandomi, per farmi capire, con il gesto che dilata il mio ventre in  quello di  una donna gravida. Confermano sorridendo. Lo sguardo, dall'altura lieve in cui mi ritrovo, oltre un tempietto alla dea Shanti e il breve muro di cinta  della deambulazione  intorno al tempio di Durga, si volge, per riposarsi,  alla valle sottostante in cui si è svolto il nostro percorso.
La distesa dei profili gialli dei campi, irti di steli, si perde nel folto degli alberi, che s'infittiscono fino alle alture di Rajnagar, sino all'orizzonte in cui cala il sole.
Tra di essi, invisibili, le case ed i covili in cui gli uomini e gli armenti sono di ritorno, o già al riposo, i limitari delle soglie accese, da cui le donne intente alla cena od al riordino della quiete domestica, usciranno a salutarmi(ci) sulla via del rientro.
 
Le parti testuali in carattere normale di dimensione 12 risalgono al 2016, 2-3 febbraio, le altre al 2014 e sono estratti dal mio testo sui templi orientali di khajuraho.
 
   
     


domenica 7 febbraio 2016

Un mio piccolo manifesto politico



Un mio piccolo manifesto politico cui chiedo il concorso dei miei amici in facebook se se ne condividono le linee-guida

Che il degrado pubblico e morale e degli orizzonti di vita del ventennio berlusconiano  abbia fatto corpo a tal punto con atavici vizi nazionali da non potere essere debellato che omeopaticamente è indubbio, ma che dovesse significare con l’avvento del renzusconismo il trasformismo del partito democratico e della vita civile nella sua trasmissione ereditaria, questo no, era lecito non attenderselo, almeno  sino a tal punto. Dalle riforme delle istituzioni  politiche e pubbliche ispirate al principio di un uomo solo al comando di ogni ente o istituzione , nella logica di una democrazia sempre più esecutiva e plebiscitaria e  sempre meno partecipativa, alla mano libera e al lasciar  fare alle oligarchie rimaste o addivenute ai vertici o al comando nella vita economica e sociale, dal job act  alla buona scuola alle nomine ai vertici, sino al populismo soft antieuropeista, tutto attesta in tal senso dell operato del governo e delle amministrazioni vigenti.
Ma così dislocandosi ,e creando una disaffezione e ostilità divenuta astensionismo maggioritario  credo che per una sinistra italiana democratica il sedicente partito democratico e l intelligenthia a lui prona abbiano agevolato il compito di delineare un ambito ad esso alternativo, in continuità con quanto di meglio il riformismo italiano, ha saputo esprimere durante i governi di Romano Prodi di cui vorrei solo indicare i termini salienti
1)La accettazione della globalizzazione come orizzonte irreversibile del vivere contemporaneo, per essere alla altezza della cui sovranazionalizzazione dei poteri tecnologico finanziari e delle trasmigrazioni di popoli e culture e religioni occorre promuovere gli Stati uniti  d’un  Europa interculturale, che  non sia ne assimilazione né sottomissione di una cultura e religione all’altra, ma fecondazione e ibridazione reciproca,.
La difesa del welfare State sarà il contributo alla globalizzazione  della civiltà materiale europea, ma con il prezzo che necessariamente richiede, la rinuncia ad ogni forma di assistenzialismo.
2) La coniugazione della difesa dell’ambiente con la crescita e lo sviluppo nelle guise della terza industriale in corso, con le sue nuove tecnologie,  risorge energetiche alternative e forme di comunicazione e di accesso e di distribuzione delle risorse, in luogo di ogni romanticismo economico e di ogni vagheggiamento reazionario  di decrescite felici, solo rinunciando ai quali il culto del piccolo e del  locale è un esercizio  virtuoso
3) Al pari di un ambientalismo che sia stile di vita e di pensiero, una democrazia liberale  che sia 3a) partecipativa e ispirata a valori morali, redistributiva delle ricchezze e delle opportunità e non ispirata solo a efficienza e efficacia oligarchico- manageriali, con il bel risultato, risaputo, che 62 nostri simili detengono una ricchezza pari a quella di oltre la metà del genere umano più povero, 3b) non violenta ma non pacifista, pronta all uso internazionalmente concordato della forza ove ogni violazione dei diritti dell’uomo e ogni genocidio o sterminio  in atto lo richieda , e non sia altrimenti possibile la difesa del più debole, 3c) ispirata all umanizzazione dell uomo e di ogni sua forma di vita, in corrispondenza con la secolarizzazione del sacro in corso,  e nella sua conversione in un messaggio di misericordia delle varie tradizioni e fedi religiose. e di pensiero,  rispetto alla quali i vari integralismi sono forme reattive di difesa, alla cui radicalizzazione  va opposta con uguale vigoria radicale  tale umanesimo integrale.



sabato 6 febbraio 2016

frammenti di discorsi templari


Oltre l ingresso nel parco dei templi occidentali di Khajuraho, è una tale visione trascendente/ale il sopraelevarsi del tempio Lakhsmana,  sulla sua  piattaforma, sino al  pinnacolo in cui ne culmina l'ogiva del sikhara,  verso un assoluto d’origine cui essere di ritorno, che  in essa finisce assorbita la realtà architettonica del complesso di edifici di culto interconnessi di cui il  tempio è l’epicentro, l' insieme di edifici di culto interconnessi, prescindere dai quali obnubila la comprensione della sua innovatività dei canoni anche per esso vigenti, in ciò che vi si risolse e vi rimase irrisolto.
Il tempio Laksmana, in  onore di Vishnu nella sua manifestazione Vaikunta, è infatti eminente su quattro tempietti situati agli angoli  della piattaforma, con i quali forma una costellazione penta-templare o panchayatana, e lo precedono un tempio in onore di Laxmi, paredra di Vishnu ed un padiglione che alberga la raffigurazione zoomorfa di Varaha, l incarnazione di Vishnu nel cinghiale che diede salvezza alla terra dalla sua sommersione nelle acque oceaniche, con cui il tempio Laksmana è tutt uno.
Se da una visione frontale ci si defila ad una laterale, che ci consente di vederlo stagliarsi sui due tempietti che lo affiancano sul lato meridionale, essendo esso volto ad oriente, ci è dato preliminarmente di coglierne al meglio  il profilo mirabile nel suo piano ed in elevazione, e di intenderne la continuità e la sua soluzione rispetto a quella dei due templi minori, che non ne sono solo un accompagnamento, ma i depositari del canone invalso nella antecedente tradizione architettonica templare, cui nella sua grandiosità superiore il tempio ancora si attiene pur ampliandone e ingigantendone i termini.
In essi si ripetono infatti, integralmente,  pur se nei modi più scontati e spogliate di ogni preziosità ed incantevole  fastosità dettagliata/ minuta di dettagli, nei modi più scontati le forme consuetudinarie che vi sono convocate dei templi Pratihara,  dei i sovrani di Kannauj di cui  i Chandella  , già feudatari, erano giunti ad affermare la loro supremazia, la stessa che sui templi agli angoli della poattaforma celebra il tempio Lakshmana svettandovi impervio, pur in una trasmissione di consegne canoniche cui seguita formalmente ad attenersi.
Quali siano tali consegne le contrappunta il controcampo della visione del tempio centrale rispetto a quella delle vestigia dei tempietti agli angoli,  in cui è più agevole individuarle, così come vi risultano formulate nei termini più chiari ed elementari del loro tramandarsi  divenuto scontato sotto la dinastia Pratihara. Il loro santuario, infatti, preceduto soltanto da un portico d'entrata e da un'anticamera, l uno l'ardhmandap, l'altra l'antarala,
cui in elevazione fa da basamento il solo  vedibhandha , sovrastato dal muro del jangha e dal sikhara, fra cui si interpone una varandika., è scandito da cinque proiezioni , così come il sikhara sovrastante lo è da cinque fasce in rilievo corrispondenti, secondo la formula pancharatha che ad esso presiede, tra le quali ha maggior rilievo quella centrale, il badhra, in cui si concreta in un carro cerimoniale scultoreo la pulsione  emanativa verso l'esterno del mondo  del dio interno alla cella interna del garbagriha, l utero germinale del cosmo,  della cui manifestazione radiale il tempio è un facsimile esemplare. Nelle proiezioni d'angolo o karnaratha secondo un ordinamento cardinale  codificatosi nel tempo e tutt'altro che eternitario,  ancora lacunoso ed incerto nei suoi esordi in Amrol, o in Dang,  le divinità protettive del tempio nelle otto direzioni principali,  mentre nelle proiezioni intermedie sono installate le ninfe apsaras, leogrifi vyal o sardulas,  quali simboli di forze pulsionali da domare, figurando invece nei recessi.
 .........................

 I  templi  Laksmana e Vishvanata , dentro il loro canone pancharata alla cui prescrittività rinviano i tempietti  in stile Pratihara che vi si conformano a regola d'arte-   del loro ordinamento panchayatana, e la scansione delle proiezioni delle pareti del santuario interno volte al deambulatrorio, esse pure pancharatha, - potevano far corrispondere al badhra centrale centrale l intera  proiezione di un balcone, solo ridimensionando i pratirathas intermedi a due upabhadras o proiezioni laterali dello stesso balcone, da esso distinte , ma non separate, una soluzione non infrazionistica, certo, ma più consona a un tempio tri-rathas, come attesta il tempio ( coevo? )Pachali Marghat .)  ad esempio, di Khardwaha . Presumibilmente era un limite costruttivo di compromesso, più che una  condizione  semplificatoria assunta come ideale, nel'edificazione di templi più grandiosi dei coevi, in quanto i templi futuri di Khajuraho diminuiranno di mole , ma implementeranno le loro proiezioni pur in dimensioni più ridotte. E sempre Kadwaha ci può attestare che la riduzione che si persegue nel tempo non consta del numero delle proiezioni, ma delle loro edificazioni edicolari in guise templari, riservando chhadya e udgamas ,o toranas, alla sola  inabitazione sulle proiezioni, da focalizzare, delle statue delle divinità sulle quali  doveva essere concentrata la meditazione orante, quelle dei badhras e delle kapili del'antarala E' da supporre che l'impasse così rilevata fosse data da  un vincolo paradigmatico da trascendere, solo superando il quale si accedeva alla soluzione architettonica ideale. Tale vincolo paradigmatico era dato appunto dal modello-modulo pancharatha, ed infatti sarà con l'assunzione del modello septaratha, nel Khandarya, con tre proiezioni centrali del sikhara che trovano la loro corrispondenza nelle articolazioni del balcone-bhadra centrale, due laterali e due terminali per pratirhatas e karnas separate e distinte, che il tempio eletto a tipo esemplare della capitale religiosa dei Chandella troverà la sua attuazione perfetta. 

 ( l'intento  era di dotare mandapa, mahamandapa e prasad del garbagriha, di una finestra. balcone il cui sporto desse il massimo risalto alla visualizzazione  immagini delle divinità planetarie o del corteo delle saptamatrika preceduto da shiva Vidhabadra e concluss da Ganesha  , che presiede alle architetture dei templi Lakshmana, Visvanatha, Kandarya.
Ma com era possibile senza sacrificare  rathas ai lati  del balcone che funge da badhra,  in tempi in cui era  normativo il tempio pancharatha, come si riscontra nelle pareti interne del garbagriha e nei tempietti minori superstiti di tali complessi panchayatana, che prevedono ancora almeno una pratiratha per lato a fianco del badhra centrale?
Non lo fu nei templi Laksmana e Visvanatha, in cui la badhra centrale addirittura cozza contro le statue di due upabadhra, che tali dobbiamo considerare i filoni di statue con cui collude, in assenza di un recesso intermedio. Fu invece possibile nel tempio Kandharya, in virtù della sua estensione saptaratha.
Che nei templi di Khajuraho le ratha  si tendesse più ad incrementarle che a ridurle,  rispetto al numero di 5, se non inducevano a ridurle ideazioni architettoniche predominanti  che in un primo tempo  non si riusciva a far valere altrimenti, lo può attestare la loro proliferazione fino a 7 o a 9 in templi minori o piccoli come il Duladeo o il Chaturbuja.


sul  tempio Teli ka mandir
Per chi  sia un cuore dolente di quanto il bello più sublime possa essere vilipeso e negletto, poche esperienze possono commuoverlo e sommuoverlo quali quella della visita odierna e della rivisitazione del passato del Teli ka-mandir,  se lo rinconducono a come il british  degradò una tale meraviglia a magazzino od emporio, o lo portano ad assistere a come vi convengono e vanno di fretta i turisti che s'addentrano nel suo sito, i più senza degnarlo nemmeno di uno sguardo distratto dai proprio selfie o di farne lo sfondo.
Eppure è esso da annoverarsi tra i più straordinari templi hindu,  nella fascinazione arcana che ancora suscita la sua oblunga bizzarria canonica,  per quanto le disarmonie di reintegri e restauri possano averla compomessa.
L immensa frontale da cui ad essi si ha accesso ne è in realtà la sopraelevazione dell'anticamera, oltre la quale si eleva la grandiosità del santuario nel suo lato più lungo..

Ecloga indiana XI, abbozzo

Ecloga indiana XI, abbozzo
"You are like a bargad,” “sei come un banyan,” mi dice Mohammad, /
tra un seguito e l’altro,  con la Laila di cui è Majdun,
dei capitoli del libro dell’amore 
che in riva al talab stanno compitando  le sue parole di ragazzo,
il primo che insegna che l’amore è vita,
il secondo che è cieco, il terzo quanto è pericoloso,
il quarto che è follia,
il quinto che è solitudine e richiede distanza, se è speciale.
“ E perché sarei io un banyan?”, gli chiedo schermendomi
con inquietudine curiosa,
per la natura epifita dell’albero, che a insegna dell India,
nel suo germe cresce strangolando
la pianta che l’ospita
“ Perché come un banyan con la sua chioma
tu copri e proteggi la vita di noi tutti”,
con quali mai aeree radici protendendomi al suolo,
quando del fratello del mio cuore, per lui l “oncle”,
devo farmi il guaritore ferito, che ne fu l’ infettante,
l’eccedenza stessa allora elargitaci
l’acqua amara dell’offerta della gelosia,
mentr’io m’illudevo ad un incanto dei miei anni finali
che Mohammad fosse la delizia di noi tutti
“così ora eccomi Babbà Bargad", scherzo e rido con il ragazzo,
in attesa, nel sole che traluce al tramonto lo specchio delle acque,
che sia la volpe che ama il Chota Raja Kumari
che al mio Piccolo Principe riveli il seguito che riserva amare una rosa-

FINZIONI INDIANE

FINZIONI INDIANE
Sembra proprio che non abbia ancora imparato da un’esperienza oramai decennale dell’India, che ciò che gli indiani hanno da offrirti o venderti è soprattutto la finzione sul proprio conto.
Kailash, come al nostro primo incontro ebbe a vendermi la fasullaggine di essere il manager dell hotel di cui era invece un addetto alle pulizie delle camere per non più di 1500 rupie mensili, fino ad oggi si è ostinato a farmi credere che fossero suoi, alla morte del padre , i due campi che queste ultime settimane mi sono ostinato a lamentarmi che per la siccità rimanessero incolti, impegnandomi a provvedere ai costi per raggiungere l’acqua in profondità, dotarci di un pompa e di un generatore a cherosene, pur di assicurarne ogni anno i raccolti, ora che con l’asfaltatura di gran parte del tratto di strada che vi perviene in Byathal, sono diventati più facilmente raggiungibili in più breve tempo.
Già mi immaginavo. Me illuso, lungo i percorsi per i campi in bicicletta tra greggi ed armenti, che a vincere su tutto diventasse nella mia vita alfine il duro lavoro invece che l amore, che nella mia esistenza stesse maturando il passaggio dalla poesia di vane evasioni delle Bucoliche a quella dell improbus labor delle Georgiche, di cui ero tornato a riprendere il libro primo, a che mi svezzasse alla “urgens egestas” dei campi, che importavano le avvisaglie sul durum genus che mi si prospettava davanti
In realtà l’asfaltatura delle strade che recano ai villaggi rurali a sud di Khajuraho ha piuttosto accorciato il tragitto verso la verità, con le gambe delle bugie, a seguito anche di quanto mi ha confidato il ragazzo di famiglia brahminica che vive a Bamnora, Atul, che mi ha raggiunto lungo la via asfaltata in questi giorni lungo la quale mi esaltava di raggiungere magnificamente il villaggio, nel quale mi ha accompagnato sino al tempio della Sakti divina. Già a novembre mi aveva rivelato che in assenza di acqua le sue colture non erano pervenute a fornire un raccolto. Ed ora? Mi mostrava , presso l immenso peepal che grandeggiava nella radura oltre il villaggio un campo lasciato incolto, per indicarmi la sorte che era toccata anche agli altri dei suoi sette campi.
E Kailash, mi sono arrovellato ieri mattina, diventando con lui scontroso, ha in me un forestiero che intende pagargli a fondo perduto l’approvvigionamento dell’acqua, la recinzione dei campi e la semina delle colture, e non si da fare nemmeno per fornirmi una risposta. Lo stesso che Mohammad, che si è attirato l ira del principal che l ha tratto fuori della classe per somministrargli una brava sberla, perché ha contraccambiato finora il mio sostegno economico alle sue frequentazioni scolastiche con esiti di poco di sopra all uno di media, un’insussistenza di qualsiasi profitto, in hindi, o in matematica, i cui termini infimi non trovano che una relativa giustificazione nella sua angosciosa situazione familiare e nella sua salute precaria.
Kailash aAnche ieri sera, per il tramite di Ajay, dopo avere mancato di propiziare il mio incontro con suo padre, voleva farmi credere che il problema fosse solo quello della gente ladra del villaggio che si porta via di tutto, la loro gelosia che non perdona, per cui, quando con Katerina ha sostato nel villaggio, vi era stato chi non aveva mancato di insinuarle che stesse in compagnia di un indiano facile a ubriacarsi.
Se così era, avremmo potuto comunque procedere con la trivellazione, e limitarci per ora alla “ bari” della recinzione dei campi, ho obbiettato. O si sarebbero portati via anche quella, quei madarchor dei suoi compaesani.?
Così, sin che oggi , dopo la mia rivisitazione dei templi, l'amico si è fatto sotto e mi è venuto insolitamente incontro nel Lassi corner, per dirmi tutta la verità, dopo che i fraintendimenti che aveva ingenerato con la sua menzogna avevano sollevato contro di lui anche sua madre.
Quei campi sono di sua nonna, in verità, che li ha ereditati alla morte del marito, e tra Kailash e quei campi si interponevano il padre e due fratelli, pur non considerando che alla sua stessa stregua potevano accampare i loro diritti su quelle terre anche suo fratello e sua sorella…
Nessun lavoro che avessimo fatto sui campi, gli ho schiarito la mente, avrebbe potuto minimamente farlo precedere nella linea di successione alla morte della nonna, e nemmeno con il conforto di una dichiarazione dell’avola che lo nominasse unico suo erede dei terreni, avrebbe potuto evitare che gliene restasse affidata solo qualche zolla…
E come è tipico della mente indiana, quando è messa alle strette, Kailash ha cominciato a divagare sulle fortune terriere di quella vecchia ottuagenaria in quella sua casipola di fango, così rattrappita e rinsecchita e sdentata e lacrimosa alla vista. Nel suo villaggio natale, oltre ai campi che le sono rimasti in Byathal, ci sono quattro appezzamenti che sarebbero di sua proprietà,non fosse che su di essi hanno messo le mani dei potenti e pericolosi raja locali.
Quando sono rientrato di li a qualche minuto da un orinatoio, c’era con Kailash un suo zio che è ora ispettore dei campi, che avrebbe contattato il suo collega che opera nella zona in cui sono segnati come di sua proprietà quelli della nonna, perché conduca intanto un’inchiesta in merito.
Poi, nella locanda del Lassi corner, Kailash si è abbandonato ai rimpianti della fortuna terriera che il nonno ha lasciato che andasse dispersa, quando ancora non c’era la diga, i campi restavano aridi e incolti, e non valeva nemmeno la pena a giudizio del nonno di pagare una rupia e cinquanta di imposte per conservarla- Quindi mi ha detto di come anche solo i miei intenti di prendersi cura di quei campi abbia messo in apprensione Vimala, che per analfabeta e incolta che sia, ha il terrore di tutto ciò che ha la parvenza di un ritorno nel villaggio di Buyathal. La gente vi è divenuta di una violenza intollerabile, tutti i giorni un drama o una rissa, i dalit perché spendono in bevande alcoliche i loro guadagni, i raja perché non mancano di provocare chi sia di passaggio sul loro cammino.
Ne avrei riparlato, delle fiction di Kailash, in ufficio con Mohammad quando mi sono ritrovato da solo, con lui, che a sua volta, più che fingere, è di per se tutta una finzione, con il suo ricercarmi di sua iniziativa giammai quando si dia solo il caso di una lezione o di un incontro, poi con il disdegnare contrito come fosse un’offesa alla sua dignità anche solo il proporgli l’acquisto, o di cibarsi, di ciò che poi vuole nella sua versione più accessoriata o che si mangia a quattro palmenti, e che è la vera ragione della sua venuta di sua iniziativa. Come era un’illudermi il decantarmi i suoi studi per cui mi richiedeva il pagamento del suo insegnante o di un eserciziario, quand’io perché attendesse alla scuola gli chiedevo che restasse a casa anziché seguirmi nelle mie passeggiate come lui era intenzionato ed a me sarebbe così tanto piaciuto- .
“Tutti , qui in India, sembra che abbiano di che creare realtà inesistenti su di sé. Tuo cugino ha detto a tuo padre di attendere due mesi prima che possa assicurargli un impiego a Ratlam. Ecco, anche lui sta forse coprendo una finzione che ha raccontato a papà, come è una una finzione tutto ciò che il cugino Bilal ha detto a tuo padre sulle opportunità che offrirebbe Khajuraho, riducendolo alla sua situazione attuale”, per cui deve tornare a vendere the perché in casa c'è solo acqua e farina.
Ci raggiungeva allora una telefonata di Kailash, che mi assicurava che per il suo pernottamento in Delhi, prima della partenza per Mosca, la camera al “ground floor” era stata già assicurata nell’albergo in cui Katerina l’aveva richiesta.
E per l indomani, se si fosse rifatta viva, si poteva provvedere a che pranzasse con noi.
“ E il costo di 100 rupie, ma poi Katerina ci ricorderà ancora”.Sembra proprio che  non abbia  ancora imparato da un’esperienza oramai decennale dell’India, che ciò che gli indiani  hanno da venderti è soprattutto la finzione sul proprio conto.
Kailash, come al nostro primo incontro ebbe a vendermi la fasullaggine di essere il manager dell hotel di cui era invece  un addetto alle pulizie delle camere per  non più di 1500 rupie mensili,  fino ad oggi  si è ostinato a farmi credere che fossero suoi, alla morte del padre , i due campi che queste ultime settimane mi sono ostinato a lamentarmi che per la siccità rimanessero incolti,  impegnandomi a provvedere ai costi per raggiungere l’acqua in profondità,  dotarci di un pompa e di un generatore a cherosene, pur di assicurarne ogni anno i raccolti,  ora che con l’asfaltatura di gran parte del tratto di strada che vi perviene in Byathal,  sono diventati più facilmente raggiungibili  in più breve tempo.
Già  mi immaginavo. Me illuso,  lungo i  percorsi per  i campi in bicicletta tra greggi ed armenti, che a vincere su tutto diventasse nella mia vita alfine il duro lavoro invece che l amore, che nella mia esistenza stesse maturando il passaggio dalla poesia  di vane evasioni delle Bucoliche  a quella dell improbus labor delle Georgiche, di cui ero tornato a riprendere il libro primo, a che mi svezzasse alla “urgens  egestas” dei campi, che importavano le avvisaglie sul durum genus che mi si prospettava davanti
In realtà l’asfaltatura delle strade che recano ai villaggi rurali a sud di Khajuraho ha piuttosto accorciato il tragitto verso la verità, con le gambe delle bugie,  a seguito anche di quanto mi ha confidato  il ragazzo di famiglia brahminica che vive a Bamnora, Atul,  che mi ha raggiunto lungo la via asfaltata in questi giorni lungo la quale mi esaltava di raggiungere magnificamente  il villaggio, nel quale mi ha accompagnato sino al tempio della Sakti divina. Già a novembre  mi aveva rivelato che in assenza di acqua le sue colture non erano pervenute a fornire un raccolto. Ed ora? Mi mostrava , presso l immenso peepal  che grandeggiava nella radura oltre il villaggio un campo lasciato incolto, per indicarmi la sorte che era toccata  anche agli altri dei suoi sette campi.
E Kailash, mi sono arrovellato ieri mattina,  diventando con lui scontroso,  ha in me un forestiero  che intende pagargli a fondo perduto l’approvvigionamento dell’acqua,  la recinzione dei campi e la semina delle colture, e non si da fare nemmeno per fornirmi una risposta.  Lo stesso che Mohammad, che si è attirato l ira del principal che l ha tratto fuori della classe per somministrargli una brava sberla, perché ha contraccambiato finora il mio sostegno economico alle sue frequentazioni scolastiche con esiti di poco di sopra all'uno di media,  un’insussistenza di qualsiasi profitto, in hindi, o in matematica, i cui termini infimi non trovano che una relativa giustificazione  nella sua angosciosa situazione familiare e nella sua  salute precaria.
Kailash, anche ieri sera, per il tramite di Ajay, dopo avere mancato di propiziare il mio incontro con suo padre, voleva farmi credere che il problema fosse solo quello della gente ladra del villaggio che si porta via di tutto,  la loro gelosia che non perdona,  per cui, quando con Katerina ha sostato nel villaggio, vi era stato chi non aveva mancato di insinuarle che stesse in compagnia di un indiano facile a ubriacarsi.
Se così era,  avremmo potuto comunque procedere con la trivellazione, e limitarci per ora alla “ bari” della recinzione dei campi, ho obbiettato. O si sarebbero portati via anche quella, quei madarchor dei suoi compaesani.?
Così, sin che oggi , dopo la mia rivisitazione dei templi, si è fatto sotto e mi è venuto insolitamente incontro nel Lassi corner, per dirmi tutta la verità, dopo che i fraintendimenti che aveva ingenerato con la sua menzogna avevano sollevato contro di lui anche sua madre.
Quei campi sono di sua nonna, in verità, che li ha ereditati alla morte del marito, e tra Kailash e quei  campi  si interponevano il padre e due fratelli,  pur  non considerando che alla sua stessa stregua potevano accampare i loro diritti su quelle terre anche suo fratello e sua sorella…
Nessun lavoro che avessimo fatto sui campi,  gli ho schiarito la mente, avrebbe potuto minimamente farlo precedere nella linea di successione alla morte della nonna, nemmeno con il conforto di una dichiarazione dell’avola che lo nominasse unico suo erede dei terreni, avrebbe potuto evitare che gliene restasse affidata solo qualche zolla…
E come è tipico della mente indiana, quando è messa alle strette, kailash ha cominciato a divagare  sulle fortune terriere di quella vecchia ottuagenaria  in quella sua casipola di fango, così rattrappita e rinsecchita e sdentata e lacrimosa alla vista. Nel suo villaggio natale,  oltre ai campi che le sono rimasti in Byathal, ci sono quattro campi  che sarebbero di sua proprietà,non fosse che su di essi  hanno messo le mani dei potenti e pericolosi raja locali.
Quando sono rientrato di li a qualche minuto da un orinatoio, c’era con lui uno zio che è ora ispettore dei campi, che avrebbe contattato il suo collega che opera nella  zona in cui sono segnati come di sua proprietà i campi della nonna, perché conduca intanto un’inchiesta in merito.
Poi, nella locanda del Lassi corner, Kailash si è abbandonato ai rimpianti della fortuna terriera che il nonno ha lasciato che andasse dispersa, quando ancora non c’era la diga, i campi  restavano aridi e incolti, e non valeva nemmeno la pena a giudizio del nonno di pagare una rupia e cinquanta di imposte per conservarla- Quindi mi ha detto di come anche solo i miei intenti di prendersi cura di quei campi abbia messo in apprensione Vimala, che per analfabeta e incolta che sia, ha il terrore di tutto ciò che ha la parvenza di un ritorno nel villaggio di Buyathal. La gente vi è divenuta di una violenza intollerabile, tutti i giorni un drama o una rissa, i dalit perché spendono in bevande alcoliche i loro guadagni, i raja perché non mancano di provocare alla rissa chi sia di passaggio sul loro cammino.
Ne avrei riparlato, delle fiction di Kailash,  in ufficio con Mohammad quando mi sono ritrovato da solo, con lui,  che a sua volta, più che fingere,  è di per se tutta una finzione, con il suo ricercarmi di sua iniziativa giammai quando si dia solo il caso di una lezione o di un incontro, con il disdegnare contrito come fosse un’offesa alla sua dignità anche solo il proporgli  l’acquisto, o di cibarsi, di ciò che poi vuole nella sua versione più accessoriata o che si mangia a quattro palmenti, e che è la vera ragione della sua venuta di sua iniziativa. Come era un’illudermi il decantarmi i suoi studi per cui mi richiedeva il pagamento del suo insegnante o di un eserciziario, quand’io perché attendesse alla scuola gli chiedevo  che restasse a casa anziché seguirmi nelle mie passeggiate come era intenzionato. .
“Tutti , qui in India, sembra che abbiano  di che creare realtà inesistenti su di sé.  Tuo  cugino ha detto a tuo padre di attendere due mesi prima che possa  assicurargli un impiego a Ratlam. Ecco, anche lui sta forse coprendo una finzione che ha raccontato a tuo padre, come è  una finzione tutto ciò che il cugino Bilal ha detto a tuo padre sulle opportunità che offrirebbe Khajuraho,  riducendolo alla  sua  situazione attuale”, per cui  deve  tornare a vendere the perché in casa c'è solo acqua e sale e  farina.
Ci raggiungeva allora , una telefonata di Kailash, che mi assicurava che per il suo pernottamento in Delhi, prima della partenza per Mosca,  la camera al “ground floor” era stata già assicurata nell’albergo in cui Katerina l’aveva richiesta.
E per l indomani, se si fosse rifatta viva, si poteva provvedere a che pranzasse con noi.

“ E' il costo di 100 rupie, ma poi Katerina ci ricorderà ancora”.

venerdì 5 febbraio 2016

 Da Khajuraho, a Bamnora, Beni Gangi


 Da Khajuraho, a Bamnora, Beni Gangi

Poco prima del sinuoso ingresso nell’intrico della vecchia Khajuraho,  così simile all'arroccamento tra le sue mura del suo riottoso* induismo, si apre sulla sinistra la stradicciola da intraprendere per iniziare il nostro itinerario, che costeggia l’acquitrino del Ninora Sagar. Nel suo breve tratto iniziale, un maialucolo nero che s'intrufoli nel vostro percorso lasciando le sue abituali immondizie od il liquame di scolo,  delle donne alla pompa dell'acqua con accanto il loro vasellame metallico da rilavarvi, od intente ad intrecciare con la paglia dei cesti, altre che sopraggiungono tra greggi ed armenti nel clangore dei loro campanacci,  con in testa un carico  di sterpi  o recando il loro fascio dell'erba stagionale, delle bambine che spalmino di sterco propiziatorio la soglia di casa,  tra lo strombazzare di autoricksaw e di motociclette, di trattori agricoli o vagoni di trasporto,  consentono di essere pienamente immersi nell' India anche a chi ci si ritrovava soltanto,  mentre ergentesi sull’arginatura del bacino del talab,  già si prospetta  il primo dei templi della nostra peregrinazione mirabile, il tempio al dio Brahma *, come erroneamente siamo indotti a denominarlo dalle supposizioni locali. indissociabile.
Dall’alto della scalinata, ultimata la visita del tempio con la circumambulazione esterna del chaturmukkha, il bacino lacustre del Ninora talab si offre alla nostra vista sino all’opposta sponda, in cui pascolano e vanno in ammollo bufali e circolano bambini.  Di fronte invece all'entrata del tempio,  il vecchio villaggio ci concede a sua volta un suo brano significativo che ci anticipa la fatiscenza, sino allo sgretolio estremo, in cui ritroveremo superstiti negli ulteriori  villaggi gli edifici di fango, in contrasto con  il rosso fulgore dei filari di mattoni cotti in cui  resistono all’usura del tempo le murature delle  altre costruzioni tradizionali, tra il sovraergersi, sopravanzante, dei fabbricati più recenti, e di piani aggiuntivi, con supporti in cemento e travature  metalliche.
Presentano, le case in mattoni, le forme grezze e solide che consentono le intese edilizie tra capomastri  e committenti , secondo  la logica architettonica, o Vastu vidya, che sovrintende il fabbricare hindu dalla notte dei tempi dei Silpashastra*, gli antichi trattati canonici che tali norme rielaborarono.  Sui dossi che si avvallano tra le rovine di alcuni edifici diroccati, se non è la stagione delle piogge ci apparirà l’ altra più alta nota di colore, ocra, del paesaggio rurale, dataci dai pani di sterco stesi al sole a seccare, nel brillio dei filamenti di paglia incorporati. Ci si offra a tutta la loro vista benefica, è il loro consumo energetico,  per la cottura dei cibi, il riscaldamento, o la messa in fuga degli insetti molesti, ad opera delle dense fumigazioni che ne emanano aromatiche, che salvaguarda gli alti fusti e il diramarsi degli splendidi alberi che vedremo frondeggiare tra i coltivi:
E già non c'è tregua alle nostre emozioni, Come cessano i caseggiati da cui si risalga in strada, oltre tutta  l’ immondizia e la verde pastura dell’ immensa radura successiva,  in cui pascono copiosi quanto stenti armenti, e bambini e ragazzi hanno la buona grazia di allestire oltre il rivolo di scolo un campo di cricket, alla vista si  dona tutta quanta la grazia del tempio Javari, sullo sfondo d'incanto dei rilievi *Vindhya, mentre sulla sinistra si profila la mole del tempio Vamana.
Tornati dalla sua visita a rivedere il cielo di questo mondo, solo poche centinaia di metri di aperta radura ci separano più oltre dalla cancellata che racchiude il tempio Vamana,** dedicato anch'esso al dio Vishnu, ma nella sua incarnazione,  in Vamana Trivikrama.
Lasciati alfine gli antichi templi Chandella, per disaffaticare la mente ci si può addentrare nel recinto calcinato, che  tra  edicole sparse,  sfusi yoni e lingam e devoti Nandi in adorazione di Shiva, ospita un tempietto di Durga* ed uno di Hanuman*, come anticipano le bandiere rosse e gialle all'ingresso, e sulla soglia del tempio di lato della Devi, due leoni in pietra colorata, che minacciosi ringhiano ai bordi  del cancello d'entrata. I templi riposano all'ombra eminente di piante sacrali d'alto fusto tra le quali , su un peepal ed un neem, -venerabilissime e venerate piante su cui rinvio il discorso ad una loro comparsa più fenomenale,- grandeggia un  banyan, o bargad*,  la cui chioma tracima la cinta muraria. E il banyan, a insegna dell India, pianta epifita che fino a farsi gigantesca cresce da un seme ch'è albergato da una pianta ospitante,  fino a tal suo grado di detrimento checon le radici che emette, a guisa di tronchi, la strangola  fino a farla morire. Cielo ed aria, od acqua piovana,  al banyan occorrono ma non bastano, per questo si protende al suolo con i grovigli delle sue radici aree e le loro barbe soffocanti, che  consentono di ravvisare i banyan  inconfondibilmente
Tra le foglie lustre, ovali, dal picciolo ghiandolare ove se ne diparte la nervatura della lamina fogliare , alle estremità dei rami ne crescono a coppie i fichi rossicci, senza invece alcun loro peduncolo , ospitando ciascuno finanche  ottanta vespe inoffensive . Ma tali parassiti non scoraggiano di certo a nutrirsene uccelli e scoiattoli, sicchè l'albero è preannunciato alla vista dai suoi ospiti canori che vi si affoltano, in primis i pappagalli dal piumaggio smeraldino..
(La cenere sparsa sotto il trisul, o tridente di Shiva, la quiete in cui tutto riposa all'interno del complesso, compresi il  custode e l'officiante  immersi nel sonno, mentre solo qualche refolo di vento può sommuovere le bandiere rosse e gialle, è la serenità del Dio  tremendo che soggiace immanifesto, nel tormento mentale che qui cerchi sollievo.)
Il seguito del percorso si addentra in un breve succedersi di casolari, e rustici e stalle, ch'è di conforto alla rianimazione spirituale del tempio Vamana cui gravitano intorno,quasi che senza il loro soccorso e degli alberi che gli frondeggiano appresso, esso già fosse poco più che un caro estinto monumentale, fino a che dal fondo sterrato emerge il profilarsi dell'asfalto che ci reca sollievo. Le sue anse lasciano sulla destra una spianata dai caldi colori, tutto un intrecciarsi di piste tra le radure che ospitano nei giorni di festa giocatori di cricket, con occasionali wicket, per inoltrarsi tra i coltivi e l'addensarsi delle grandiose piante che li recingono,  una moltitudine che si infittisce in lontananza, contro lo stagliarsi  all'orizzonte delle alture montuose, che appaiono più ancora alla vista quali dei  maestosi rilievi nelle loro alture dimesse-
Se invece si prosegue fronteggiando il tempio Vamana, ci si ritrova nella pulverulenza dello slargo di piste, che si dipartono l una dall altra per ricongiungersi insieme, nell’aridità di una vegetazione stenta ch’è di nutrimento solo a volatili saltabeccanti Spuntano massi qua e la disseminati, o singolarmente disposti circolarmente, di rocce di un colore rossastro che emergono da un suolo di una ferruginosità grigio-giallastra.  il cui fulgore è avvivato dai pani di sterco che vi sono a seccare al sole tra il luminìo di steli di paglia.
Al crocevia di raccordo dei tracciati alcune piante di nim ed un bargad adombrano bianche edicole templari che reiterano i culti di Durga e di shiva, come dispiegano alla cognizione del passante i vessilli che vi frusciano al vento. Gusci di noci di cocco, i residui delle offerte di passanti.
Poi, risalita la china, si aprono le distese dei campi ai lati della stradina asfaltata cui si accede.
Fili spinati recingono i coltivi e fanno barriera. Rare le piante che si interpongono, per lo più fasci di fusti di bambu, mentre li ingentiliscono gulciatar e besaram, dei fiori, questì ultimi, che crescono ovunque come ovunque attecchirebbero donne di facili costumi,. Che il nome in hindi dei fiori- campanule connota



Tali recinzioni ininterrotte di filo spinato. che ai bordi della strada marcano invalicabilmente  le proprietà terriere, precludendoci, come agli animali voraci e ai ladri endemici locali, ogni libero accesso alla fragranza di spighe e di steli, stanno a rammemorarci ad ogni istante che per quanto incantevole, nel nostro percorso non siamo felicemente regrediti o di ritorno ad alcuna età dell'oro, sia essa d' impronta greco- latina o il Krita Yuga favoloso della dottrina hindu dei cicli cosmici, in cui facile sia il sostentamento, e ignoti gli odi e gli inganni, come durante la crescita delle colture può illuderci l'incanto dei prati  tra gli alberi  di mahua o di neem, o il sopraggiungere nel loro clangore di lenti armenti di  pecore o di possenti bufali,

 
 di un carro agricolo trainato da buoi nella sua intelaiatura di legno,

 

Siamo anche qui, al più, in un'era bucolica segnata dalla storia, e ben di ferro, per quanto ciclico ne sia il decorso annuale, e più che il canto degli uccelli tra i rami, è più facile udire il pigolio dei bimbi che come per strada  vi avvistano quali stranieri, vi si accostano senza remore e riguardi e vi chiedono all'istante " money, pen, chocolate", senza tanti "hello sir", o " how are you", che ben saprebbero come dire, ma non si confanno al sentire che hanno di voi.
Provate allora  a ribattere che l'elemosina  va chiesta rivolgendosi a chiunque sia di passaggio, sia egli indiano o forestiero, accennate all'uomo che segnato dal lavoro dei campi ride alla scena sotto immancabili baffi,       " ma quello è mio padre", vi dirà schernendosi il bambinello ridanciano.
E tanto silenzio, che grava intorno, rotto solo da trattori e vagoni agricoli, da trebbiatrici o mietitrebbia che ostruiscono il passaggio,  o che nei villaggi e nella loro ruralità arcana ne rende metafisici i casolari, è dato dall'esodo dei campi e dallo spopolamento, per opera dei dalit, soprattutto, che in cerca di fortuna vanno in  città che qui dicono Delhi, che  proprio con il concorso delle loro tribolazioni  sollevano ora il capo tra le altre dell'India, quanto qui sogliono le mahua tra le piante di neem.
Ai dalit ed ai contadini sudra  non sono bastate le compensazioni del discrimine di out cast con terreni forzosamente sottratti,
l'accesso alle macchine agricole è di pochi, essendo per lo più di costoso noleggio, e insieme con le leggi di mercato, e gli oligopoli multinazionali, che impongono l'esosità di sementi e concimi, qui c'è chi fa la da padrone senza sorta di repliche, su affittuari e vigilanti, sui lavoranti nei campi, con richieste di canoni, e   remunerazioni minimali, che  non lasciano margini di sorta oltre la sola sussistenza.
E poi l'acqua decide di tutto, che sia disponibile solo quella piovana, che sia attingibile  nei pozzi o pervenga canalizzata, che arrivi a tempo o fuori stagione, con grandinate esiziali.

 
Ma l'occhio , così disincantato, può rimirare meglio lo splendore dei campi, della loro fertilità assicurata dalla ferrugine della terra , che non ha nulla del grigiore cinereo delle polveri di campi aridi o di cremazione, rossa come il  sangue del mestruo delle divinità femminili qui ovunque onorate, specialmente per Dusshera, al termine dei nove giorni della festività della Devi, o per Shivaratri, quando nel tempio Matangesvara si celebra lo sposalizio di Shiva e di Parvati , o nel giorno primaverile o già estivo della nascita del dio Rama, omaggiandole di vasi di germogli di miglio, nelle loro manifestazioni di  yogini o di sacre spose del Dio, di cui sono la stessa energia operativa.
Ed oltre i fili spinati, se non è avvenuto appena il raccolto,  nei campi l'osservatore può assistere d'inverno al crescere   di grano e di senape, di ceci e di piselli , di lenticchie e di sesamo nella stagione monsonica, può incantarsi  al fervere del loro verde rigoglio, ingiallito dai fiori,  o al  compiersi della maturazione nel fulgore delle spighe, in un'aurea alonatura  che s'inargenta nei pleniluni estivi.
E se così è giunto il tempo della mietitura, vedrà i campi di grano farsi distese di mannelli per opera della falce, formarsi covoni tra gli steli recisi che inaridiscono a stoppie, sollevarsi la pulverulenza della trebbiatura che separa la granella da paglia e pula. Non immagini alcuna dispersione del tutto nel vento,  diventeranno aurei cumuli sospesi nelle aie e nei campi, destinati a ingrediente del sostentamento dei bufali, che se ne nutrirano lenti e placidi, al riparo dal gran sole,  sotto i tettucci di canne in cui è a loro ammannito come gusha*.
E per chi voglia farsi partecipe, basta familiarizzare con un  sorriso, per potersi attivare al ventilabro di un 'elica, nella separazione del seme di cece o di pisello dalla pula e dallostelo, o nell'infornata nella trebbiatrice  dei mannelli di spighe di grano.
Senza che qui sia dato come altrove, nel Madhya Pradesh, per le lenticchie nere, di vederne il raccolto disteso per strada, perché la prima trebbiatura la facciano le ruote dei veicoli di passaggio.
Ma or ecco che mentre si è così intenti a pensare*, un serraglio di casipole rurali che si alzano a capanna sotto i coppi, costituite di rossi filari di mattoni imbiancati sulle soglie, tra cui spicca una parete tinteggiata di un celeste luminescente,  ci riconduce ben presto alle nostri peregrinazioni  archeologiche,  preannunciandoci oltre la curva, sull'altro lato della strada,oltre piante meravigliose di choeula, l'apparire, sullo sfondo dei monti, delle poche e fascinose rovine del tempio Cakramath rinserrato da una  cancellata.
 Per chi vi sia giunto in direzione opposta, dai villaggi del circondario, è il sepolcro di Bianore che preannuncia la città imminente dell'antica Kharjuravahaka, ed è ora possibile rallentare il passo, deporre il  capretto diradando le frasche. ( Virgilio, Ecloga IX).
Stanno su di un culmine roccioso i resti del Kakra Math, a seguito di un’edicola tra i campi al dio Hanuman, le asperità scabrose ergendosi a luogo di culto da che in essi sono impraticabili le coltivazioni





Lungo la via che s' intraprenda a sinistra per Bamnora,, il terreno si fa ancora più ocra, sempre più rossastro, si ammanta in campi di terra coltivata a colza che li ravviva con le sue gialle infiorescenze e a grano di un verde smagliante, se lo consentono le piogge o l irrigazione. Altrimenti i campi deserti si fanno pastura di greggi ed armenti, come già nel tratto precedente, da cui abbiamo svoltato,. suolo di prelievo e di forgiatura di laterizi, sconfinando con brulle e aride distese ammantate di arbusti, oppure in cui emergono massi e macigni e calotte rocciose, o si aprono voragini di scavo di rocce e terre rosse residuali friabili, terra della stessa terra di cui sono ignificati i mattoni dei casolari che compaiono lungo il percorso. Rari quelli imbiancati, più rustici, in cui i mattoni si combinarono con l argilla ed il fango, un aia minuscola fronteggiandoli immancabilmente con l immancabile tulsi del sacrario hindu domestico. Al di fuori di ogni orizzonte di aspettative le poche case cementizie che vi compaiono prima della svolta verso la dirittura che ci porta a fronteggiare i monti D.*, cosiddetti perchè evocano il profilo di una dentatura. ai lati una distesa arida arbustiva a perdita d’ occhio, prima che la giungla si addensi intorno ai declivi in arbusti collinari quali il teak- sagoon,  o nell'esplosione primaverile di colori delle piante delle fiamme della foresta , nei loro fiori roseo-arancio-, dette altrimenti l'albero dei pappagalli o in hindi chalcha,  mentre le rocce si fanno anche grigio-brunite.
Volgendosi indietro, apparirà il divallammento che si è percorso,  di cui i saliscendi del percorso hannio ripercorso le ondulazioni, sino al tratto di foresta che inizia a inerpiacrsi oltre la radura arbustiva. In essa, se si è fortunati, quando l ora volge al tramonto potrànno essere avvistati pavoni che vi dispiegano la ruota, famiglie di antilopi che traversano di corsa il tratto in cui sono allo scoperto.
Ancora un compund di templi in onore di Durga e di Shiva, preceduti da un sacello dedicato al dio Hanuman, in corrispondenza di religiosi sensi tinteggiati di bianco con il tempietto alla Devi che si intravede sommatale in altura, affiancato da un tempio più minuscolo in onore di Narashimah, e si apre nella roccia ora sanguigna , ora albescente , di feldspati, e cloriti di gneiss, luminescenti, il varco alfine per Bamnora, il villaggio gemellare minore di Beni Gangi. Lo ha aperto il corso del Kudar, che appare al fondo degli avvallamenti che concludono il loro moto ondulare contro le alture seguenti.
Mirabili i ghat che vi discendono vertiginosi sotto il fronteggiare di palme, ove i langur locali trovano la loro eletta dimora.
E' Bamnora un villaggio che si assiepa  in due direzioni opposte, lungo la via che ne è la dorsale ed ai lati delle viottole che se ne dipartono, assembrando case di cui poche sono quelle superstiti in terra battuta. Mista a paglia e ad erba, vi è stata conglomerata in strati successivi, seconda la tecnica costruttiva del pisé.
Caratterizza varie sue case una veranda antecedente, che poggia su pilastri o finanche colonne gemine secondo tradizione, ricorrendo il loro abbinamento nei pochi resti di edifici del passato  in stile Bundela che se ne conservano.
Il villaggio non presenta che uno slargo di raccordo, ove è dato di radunarsi e sedersi, sulla piattaforma del chabutri che ne attornia il fusto, intorno al neem  che in ogni villaggio indiano del circondario  è la pianta ricorrente nella circostanza.
Pianta medicinale e medicamentosa in ogni sua componente, lo contraddistinguono le pallide foglioline opposite, fino a nove paia lungo lo stesso ramicello, concluse al  termine da una loro consorella  solitaria. Ma è il neem  la farmacia oramai in disuso di ogni villaggio locale, la cui gente non stenta a vantarne  proprietà terapeutiche, di ogni sorta, cui non fa più ricorso. come un tempo. Efficace regolatore campestre dell'azoto del suolo,  è' in virtù dell' azadirachtin, che ne pervade i semi e che si ritrova nellì olio denominato margosa che se ne ricava, che il neem ha straordinarie virtù biopestidice ed antisettiche, antipiretiche, antistaminiche ed antifungiche, che ne spiegano l'impiego per ogni sorta di malattia epidermica e per la stessa labbra. Nei villaggi i più, oramai, soprattutto fra quanti sono più poveri,ne utilizzano solo i ramoscelli per la pulizia- interstiziale- dei denti ed in luogo del dentifricio.
Si esca sulla sinistra che si sia imboccata dal villaggiio, sul suo versante opposto rispetto a quello in cui si trova la scuola ed un tempio al dio Shiva.ed al centro della radura che ci si aprirà allo sguardo vedremo campire l orizzonte e diramarsi in tutta la sua magnificenza splendida la chioma di una pianta grandiosa di peepal.
Se Buddha ebbe l illuminazione della sua dottrina sotto una pianta di peepal, è  sotto un esemplare al pari  solo di questo, di questo, di questo, che senz' altro avvenne, non essendone immaginabile uno più magnifico, fu al pari di questa, di questa, di questa, di cui non è  immaginabile  una più magnifica arborrscenza, la consorella che poté propiziarla.
E'  l'eccelso Peepal  una pianta di fichi sacrale, che con il banyan cui è sovente coniugata naturalmente e religiosamente, non è confondibile per le foglie con una esile lingua terminale, e per l'aderenza al fusto centrale delle sue radici pensili, nelle parvenze di ssue scannellature o costolonature nerborute, mentre nel banyan calano aree e filamentose tra le fronde.
Ma laddove immagini e statue votive di divinità,  filamenti sacri avvolti intorno al fusto, bandiere e fasce del tronco tinteggiate elevano a dignità di tempio vegetale la generalità degli altri  peepal, questo esemplare, grandioso più di ogni altro, in Bamnora ne figura spoglio, proprio mentre due neem accanto  possono  accampare tale investitura sacra, adombrando un linga e la sua yoni stupefacente, in quanto appare essere una vestigia  della spogliazione residua dei templi di Khajuraho, come attesta il sua pattika fregiato di gagarakas.
Poco oltre si  si staglia nella sua grazia dimessa un tempio all' Energia divina della  Sakti, in stile Bundhela, illegiadrito nella sua cella rettangolare da arcate lobate e dalla sovrastruzione di chattri cupolate intorno alla cupoletta centrale.
Ma bisogna usare circospezione nel deambularvi intorno, perchè si rischia di incorrere con le proprie calzature nefaste nell'area adiacente  che è sacra a Babbagiu , una variante di Hanuman, che vi è venerata in conformità all impilatura di pietre di un altare  quantomai celato alla vista profana dalla vegetazione ruderale.
Di ritorno al Cakra Math, oltre una cava dismessa, in cui ristà una pozza dove i bufali amano rinfrescarsi,  che precede altre più ridotte e recenti che danno luogo a fabbriche locali di mattoni d'argilla, inizia il tratto più lungo del percorso che ci reca a Beni Gangi,  quale meta imminente, costeggiato da idilliaci casolari ameni, i cui filari infuocati di pietre sono terra della stessa terra fulgida intorno. Essi appaiono talmente ribassati nel distendersi a schiera in una successione di soglie, da essere soverchiati  dai tettucci reclini  di tegole e coppi , quando sia pure di poco non si rialzano a capanna.
Accanto alle dimore si staccano i porticati raccorciati del fienilucolo e della stalletta, mentre gli accessi, tramite bancali ornati di motivi a croce, si dilatano o digradano nell'aia di raccolta degli arnesi e attrezzi e  di  bufali e capre, intenti a pascere all'ombra delle piante che la contornano D'inverno, al calare delle ombre dei monti, vi si vedono i fumi dei fuochi aleggiarvi sospesi nell'aria che imbruna. Via via che Beni Ganj si fa più vicino, tra fichi d'india e palme, compaiono coltivi di menta, di canna da zucchero, ed agli alberi di mahua e di nem si aggiungono l' himli, manghi, frondosi pipal. Intanto la strada s'inflette e risale lungo l'alveo del Kudhar, il cui lento decorso ristagna in uno specchio che pare immoto, si impigrisce sinuoso tra i massi del fondo senza che ne trapelino increspature.
Risalito il dosso, è già prossimo Beni Ganj, che  si apre alla vista come un'apparizione, nelle sue vivide case multicolori, accese di bianco e d'azzurro, disposte su più livelli  e  volte in più versi, tra il digradarvi dei rilievi nel cui varco s'incunea l'abitatoMeraviglioso  è il contrasto tra i rossi filari dei fianchi delle case , talmente lineari da non consentirsi che qualche profilatura  od una balza sporgente,  ed il bianco od il celeste luminosi di cui sono tinte le facciate,  a ridosso delle quali s'infoltano e diramano violacee  bougaivilles, un contrasto che si fa ancora più intenso mentre si risale la via d'accesso al centro dell'abitato. Su di essa si affacciano i portici delle case a pilastri binati, e i muri si alzano arcani sempre più a vista , finché il suo  percorso,  addentrandoci ove la breccia si sospinge fino all'altro pendio dei rilievi, (non) ci reca allo slargo terminale, ombreggiato da consueto neem, in cui convergono incantevolmente ben cinque tra vie e viottole del nostro  villaggio
A conclusione della via sta l'unica casa in argilla, finora intravedibile in Beni Gangi, morbidamente plasmata  sotto le sue bianche calcinature, mentre  se ci si volge a destra , ci si prospetta una via curva in cui i portici delle case si inarcano a loro volta, lasciandosi  sovrastare dalle sporgenze suggestive di davanzali e terrazzi, secondo modulazioni  che non potrebbero essere più difformi alle  rientranze d'obbligo di atri e balconi  in Chandigarh, secondo Le Corbusier,  così come Le Corbusier  in Chandigarh non avrebbe potuto di meno essere indiano
Sulla sinistra, due stradicciole confluiscono verso il villaggio adiacente di Bamnora, ch'è preceduto dal traversamento di un ponte sul lutulento Kudhar,  sulla destra la incantevole via principale , cui pervengono le confluenze di vari percorsi, e suggestivi slarghi,  tra case dai portici bassi ribassati anch'essi ad arco, si diparte verso i campi che digradano a valle, ed ha il suo seguito, oltre i  campi da gioco e di feste del villaggio, i suoi mela ground, in una strada sterrata che separa i coltivi successivi dai rilievi incipienti, e dai loro boschivi, situati nell'opposta direzione. Lungo il corso  della via principale è ancora possibile vedere i ruderi o i ripostigli cui sono ora ridotte le più antiche dimore di terra cruda  di Beni Gangi. Le loro murature furono costruite in pisè, con il getto di argilla, ghiaia, paglia e letame quale legante dentro delle casseforme , come è  ravvisabile dai filari di blocchi che si profilano lungo le loro pareti, quale tratto residuo del disarmo dellestesse casseforme.  L'affianca, più in alto, la via cui dobbiamo risalire per una traversa, se vogliamo pervenire per il suo tramite al tempio di Durga.
Sorge, come quello presso il Ninora talab, all'ombra di un bargad, entro un recinto, che la accomuna a un tempietto al dio Hanuman e ad un altro shivaita,  anticipato da un cippo  in cui il toro Nandi ne onora il linga .
Ma è in posizione più rialzata, al termine di una breve scalinata, ed a fianco di un pendio da cui i rilievi iniziano a  sopraelevarsi sul varco tra i monti Il  biancore calcinato dei rifacimenti dei muri ne attutisce l'antichità originaria nel nucleo interno, ch'è remoto quale quello dei templi di Choukha, o di Achatt,  nel distretto di Chattarpur, e quanto lo sono le sue proporzioni eleganti e la sua semplicità formale, costituita della sola cella senza altra copertura che una cupoletta su di un tetto piatto, mentre ne disvela l'origine  antica l'ornamentazione interna della saletta della dea,che è quasi un compendio primario ed elementare dei motivi che ricorreranno con più profusione elegante a Khajuraho, il soffitto a fiore di loto, fregi di  petali di loto, di triangoli , di angoli inversi listati, o "  renverse hald diamonds", seconda la dicitura inglese di tale motivo delle palmette. 
E la dea, sotto i bendaggi, non è un  idolo fantoccio, ma una Mahishasuramardini* in forme femminili naturalistiche), intenta ad accoppare a più non posso il demone Mahisha, ovviamente emblema del male, tra altre donne sue attendenti e primordiali leogrifi rampanti . 
Una coppia di giovani sposi, nelle circostanze in cui rivisito il tempio, ne effettua la pradakshina. Lui ha indosso il turbante ed i vestiti  sfarzosi della cerimonia nuziale, lei, tra delle sue compagne,   è condotta per mano con il volto nascosto dal sari. 
E' per avere figli, tale rituale?, chiedo a dei ragazzi che mi accompagnano, aiutandomi, per farmi capire, con il gesto che dilata il mio ventre in  quello di  una donna gravida. Confermano sorridendo. Lo sguardo, dall'altura lieve in cui mi ritrovo, oltre un tempietto alla dea Shanti e il breve muro di cinta  della deambulazione  intorno al tempio di Durga, si volge, per riposarsi,  alla valle sottostante in cui si è svolto il nostro percorso.
La distesa dei profili gialli dei campi, irti di steli, si perde nel folto degli alberi, che s'infittiscono fino alle alture di Rajnagar, sino all'orizzonte in cui cala il sole.
Tra di essi, invisibili, le case ed i covili in cui gli uomini e gli armenti sono di ritorno, o già al riposo, i limitari delle soglie accese, da cui le donne intente alla cena od al riordino della quiete domestica, usciranno a salutarmi(ci) sulla via del rientro.
 

Le parti testuali in carattere normale di dimensione 12 risalgono al 2016, 2-3 febbraio, le altre al 2014 e sono estratti dal mio testo sui templi orientali di khajuraho.