domenica 28 febbraio 2016

Ecloga indiana XI


Versione breve 

“You 're like a  bargàd”, “
mi dice d’improvviso Mohammad,
in riva al talab,
tra un seguito e l’altro,
con la Laila di cui è Majdun
dei capitoli del libro dell’amore che mi sta compitando

il primo che insegna/ recita che l’amore è vita,
il secondo che è cieco,
 il terzo  quanto è  pericoloso,
il quarto che è follia,
il quinto che è solitudine e richiede lontananza , se è speciale,
e il sesto, che è indimenticabile,
il settimo com' è incredibile..."

“ E perché  son' io un banyan?”,
gli chiedo schermendomi
con inquietudine curiosa,
per la natura epifita dell’albero,
che a impresa del Raj, / dell India
 sin esso a farsi gigantesco splendore
nel suo germe cresce strangolando
la pianta che l’ospita,
 (madide le mie tempie di inebriato elefante,
di ritorno a lui ora  da un'apsara
in  una smorfia di noia,
ad un nudo Niirriti accanto della mia morta/ vinta sorte)

“ Perché come un banyan con la sua chioma
tu  copri e proteggi la vita di noi tutti”,
con quali mai aeree radici protendendomi al suolo,
quando del fratello del mio cuore,
per lui l “uncle”,
cuius amor, di cui l’amore  si deposita al fondo, così tanto,
devo farmi il guaritore ferito,
che già ne fu l’ infestante,

(oh,) l’eccedenza stessa da  lui allora elargitaci
l’acqua più amara dell’offerta della sua gelosia,
quand’io già m’illudevo, ad un incanto dei miei anni finali,
che Mohammad fosse la delizia di noi tutti.




“così ora eccomi Babbà Bargàd,”, scherzo e rido con il ragazzo,
(attempato fenicottero nella regione del vento,
con lui consumandomi nel trascorrere del tempo,)
in fervida  devota attesa,
nel sole che traluce al tramonto lo specchio delle acque,
che sia la  volpe che ama il Chota Raja Kumari
che al mio Piccolo Principe riveli il seguito che riserva amare una rosa.


versione media

“You are like a  bargàd”, “
mi dice d’improvviso Mohammad,
in riva al talab,
tra un seguito e l’altro,
con la Laila di cui è Majdun
dei capitoli del libro dell’amore che mi sta compitando

il primo che insegna che l’amore è vita,
il secondo che è cieco,
 il terzo  quanto è  pericoloso,
il quarto che è follia,
il quinto che è solitudine e richiede lontananza , se è speciale…

“ E perché  son' io un banyan?”,
gli chiedo schermendomi
con inquietudine curiosa,
per la natura epifita dell’albero,
che a impresa dell India,
 sin esso a farsi gigantesco splendore
nel suo germe cresce strangolando
la pianta che l’ospita,
 madide le mie tempie di inebriato elefante,
di ritorno a lui ora  da un apsara
in  una smorfia di noia,
ad un nudo Niirriti accanto della mia morta sorte,

“ Perché come un banyan con la sua chioma
tu  copri e proteggi la vita di noi tutti”,
con quali mai aeree radici protendendomi al suolo,
quando del fratello del mio cuore,
per lui l “uncle”,
cuius amor, di cui l’amore  si deposita al fondo, così tanto,
devo farmi il guaritore ferito,
che già ne fu l’ infettante,

oh,l’eccedenza stessa da  lui allora elargitaci
l’acqua più amara dell’offerta della sua gelosia,
 fin che si fa lupo, non torna a farsi lupo quando s’intenebra la mente,
con le frigide ombre cui cede
 il dolce lume dei giorni ,
quand’io già m’illudevo, ad un incanto dei miei anni finali,
che Mohammad fosse la delizia di noi tutti.




“così ora eccomi Babbà Bargàd,”, scherzo e rido con il ragazzo,
Non illum nostri possunt mutare labores,
attempato fenicottero nella regione del vento,
con lui consumandomi nel trascorrere del tempo.. 

Non illum nostri possunt mutare labores,              

ora in fervida devota attesa,
nel sole che traluce al tramonto lo specchio delle acque,
che sia la  volpe che ama il Chota Raja Kumari
che al mio Piccolo Principe riveli il seguito che riserva amare una rosa.


Versione lunga

“You are like a  bargàd”, “
mi dice d’improvviso Mohammad,
in riva al talab,
tra un seguito e l’altro,
con la Laila di cui è Majdun
dei capitoli del libro dell’amore che mi sta compitando

il primo che insegna che l’amore è vita,
il secondo che è cieco,
 il terzo  quanto è  pericoloso,
il quarto che è follia,
il quinto che è solitudine e richiede lontananza , se è speciale…

“ E perché  son  io un banyan?”,
gli chiedo schermendomi
con inquietudine curiosa,
per la natura epifita dell’albero,
che a impresa dell India,
 sin esso a farsi gigantesco splendore
nel suo germe cresce strangolando
la pianta che l’ospita,
 madide le mie tempie di inebriato elefante,
di ritorno a lui ora  da un apsara
con una smorfia di noia,
a un nudo Niirriti accanto della mia morta sorte,
da quanto sia già passato e trascorso dal mio nuovo arrivo

Bhai Doj in luogo della madre riconducendomi un Ashesh giovinetto,
oltre la soglia, di ritorno,
dei lumi accesi per i passi di Laxmi.
di sterco infiorata della govardhan puja.
tra gli oculi di vessilli di pavoni
le schermaglie di corpi e di bambu
nel concorso( a festa )delle danze diwari per Deepawali
 fino al gremitio di sari
lungo le  gradinate da cui ascendere al lingam,
Amrol, Dang, Sihonia, poi,
 i templi del forte di Gwalior,
già fulgore di una felicità rimpianta, 



“ Perché come un banyan con la sua chioma
tu  copri e proteggi la vita di noi tutti”,
con quali mai aeree radici protendendomi al suolo,
quando del fratello del mio cuore,
per lui l “oncle”,
cuius amor, di cui l’amore  si deposita al fondo, così tanto,
devo farmi il guaritore ferito,
che ne fu l’ infettante,

oh, l’eccedenza stessa da  lui allora elargitaci
l’acqua più amara dell’offerta della sua gelosia,
 fin che non torna egli a farsi lupo quando s’intenebra la mente,
con le frigide ombre cui cede
 il dolce lume dei giorni ,
quand’io già m’illudevo, ad un incanto dei miei anni finali,
che Mohammad fosse la delizia di noi tutti.




“così ora eccomi Babbà Bargàd,”,scherzo e rido con il ragazzo, 
Non illum nostri possunt mutare labores,  
attempato fenicottero nella regione del vento,
con lui consumandomi nel trascorrere del tempo..

(Non illum nostri possunt mutare labores,  )             

in fervida attesa,
nel sole che traluce al tramonto lo specchio delle acque,
che sia la  volpe che ama il Chota Raja Kumari

che al mio Piccolo Principe riveli il seguito che riserva amare una rosa.

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