mi dice d’improvviso Mohammad,
in riva al talab,
tra un seguito e l’altro,
con la Laila di cui è Majdun
dei capitoli del libro dell’amore che mi sta compitando
il primo che insegna/ recita che l’amore è vita,
il secondo che è cieco,
il terzo quanto è pericoloso,
il quarto che è follia,
il quinto che è solitudine e richiede lontananza, se è speciale,
il sesto, che è indimenticabile,
il settimo com' è incredibile..."
il sesto, che è indimenticabile,
il settimo com' è incredibile..."
“ E perché son' io un banyan?”,
gli chiedo schermendomi
con inquietudine curiosa,
per la natura epifita dell’albero,
che a impresa del Raj,
fin esso a farsi gigantesco splendore
nel suo germe cresce strangolando
la pianta che l’ospita,
(madide le mie tempie di inebriato elefante,
(madide le mie tempie di inebriato elefante,
di ritorno a lui ora da un'apsara
in una smorfia di noia,
ad un nudo Niirriti accanto della mia morta/ vinta sorte)
“ Perché come un banyan con la sua chioma
tu copri e proteggi la vita di noi tutti”,
con quali mai aeree radici protendendomi al suolo,
quando del fratello del mio cuore,
per lui l “uncle”,
cuius amor, di cui l’amore si deposita al fondo, così tanto,
devo farmi il guaritore ferito,
che già ne fu l’ infestante,
l’acqua più amara dell’offerta della sua gelosia,
quand’io già m’illudevo, ad un incanto dei miei anni finali,
che Mohammad fosse la delizia di noi tutti.
Così ora eccomi Babbà Bargad
scherzo e rido con il ragazzo,
(attempato fenicottero nella regione del vento,
con lui consumandomi nel trascorrere del tempo,)
nel sole che traluce al tramonto lo specchio delle acque,
che sia la volpe che ama il Chota Raja Kumari
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