venerdì 28 aprile 2023
testi poetici antecedenti
Che bastarde menzogne si dice l’amore,
se lo sollecita l io ferito,
dicendosi quale difficile e gran cosa sia amare ancora
Chi anche se gli dai la tua vita, tutto, nevvero?
resta più lo schiavo di ogni suo padrone che il tuo amico,
Disdegnando che per lui ora che tutti lo chiamino oncle
Addirittura un incanutito babbà,
sia il massimo del rispetto di un’onorificenza servile,
i loro spiccioli ben più di valore che il tuo lascito estremo
Che solo per valere ai loro occhi vuole infine imparare la tua lingua,
Ora chiamami anche tu solo Kailash,piccandosi, non più Kallu, che vuol dire negro,
quando il vero è che quelle rupie
sono la dignità di vita che non si debba chinare a te stesso,
che dopo tre anni la tua ritardata partenza
e per lui il differirsi
di colui solo insieme al quale sa dire basta,
a che ogni hotel in cui lavori diventi un suo tempio,
il karma di un sacrificio perenne,
senza recrimine dunque tu amalo anche solo,
e più che mai,
nella solo punta del naso che di lui appare nello schermo,
nel solo lucore degli occhi che può riservarti
perché solo di notte sa sottrarsi al divieto.
Is not allowed…
Nel loro nome assapori già il loro pene in bocca/
Karim, Salim, lazlo, toljam,Sereza
Ti basta vederli, / e il tuo solo sguardo già li spoglia,/
l’accostarli già ne odora gli umidori genitali/
al deliquio dei loro occhi defluisce sperma
Orazio
Detesto la gentaglia e la respingo;
sostenete l’alto canto; io sacerdote delle Muse
intono carmi inauditi
per i fanciulli e le fanciulle
Vivrai di più nel giusto verso, amico mio, se non tenterai
Sempre l’alto mare, ne al contempo per rifuggire
di avventurarti al largo tempestoso, non ti intratterrai troppo
In insidiosi litorali.
Predilige l’aurea mediocritas,
chi sta al riparo dal sordidume di fatiscenti tetti
chi sobrio non s’attenta a un palazzo
che susciti invidia
Più spesso è sconquassata dal vento
La mole del pino, e crollano con più franante rovina
Le torri che si levano al cielo, e le folgori
Si abbattono sui monti sommitali.
Non disperare nelle avversità, temi il suo rovesciarsi
Nella felice sorte, l’animo ben predisposto
Il cielo che ci rimena lo sgradito inverno, è lo stesso
Che ce ne libera. Se ora le cose volgono la peggio,
Non sarà così domani, viene pure la volta
Che la cetra di i Apollo ispira la tacita Musa ,
Anche se per lo più non tende l’arco dell’estro.
Mostrati intrepido e forte nelle traversie,
Come devi apprestarti a raccogliere le vele
Se è troppo il vento in poppa
La quiete dell’animo invoca dal cielo, chi
Sorpreso è nell’ aperto Egeo, come un’oscura nube
Oscuri la luna e le stelle più non appaiano
Luminose ai naviganti, la quiete dell’animo
La belligerante Siria, la quiete dell’animo
La Giudea armata di tanks; peccato
Non si comperi né con le gemme né con sete di lusso
Né con l oro. Che valgono tesori o armati di scorta
A fugare le perturbazioni della mente che ci infelicitano,
o le angosce che volitano scorrazzano
intorno ai bei soffitti a cassettoni.
Vive bene con poco colui sulla cui parca mensa riluce
La saliera paterna né il timore o la sordida brama priva
della quiete del sonno.
Perché, se così breve è la vita, così in alto
Scagliamo nel lancio i desideri? Perché
Vaghiamo raminghi in cerca di terre che scaldi un altro sole?
Chi è esule dalla propria patria sfugge forse a se stesso?
Scala navi di bronzo l’asillo incessante,
istantaneo più del cervo veloce
che dell Euro che scateni tempeste,
L’amino contento del presente ciò che l’eccede
Avrà ripulsa di rimuginare
e le ambage allevierà con un quietato sorriso.
Non c’è beatitudine ovunque ci si volga.
Una morte precoce ci sottrasse James Dean,
una interminabile vecchiaia prostrò il Tychhon ,
e chissà che la mia residua sorte mi conceda
quanto a te neghi.
Cento armenti di vacche sicule ti muggiscono intorno
A te sollevano il rombo fuoriserie
Relegate in scuderia, ti vestono abiti
Di doppio kashmere, a me un o schietto destino
Pochi campi diede
e un i‘ispirazione sottile La mia arcaica Mus,a non ché il disprezzo/ un salutare sano disprezzo
Per la ultra/stra aricca incolta gentaglia.
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