sabato 21 settembre 2013

terza ecloga indiana riscrittura




“Oracolo del Signore.
Quanto il cielo si sopraeleva su tutta quanta la Terra,
cosi le mie vie si sopraelevano
sulle vostre vie,
e i miei pensieri sui vostri pensieri”
Isaia

Terza Egloga Indiana


Tra le foglie riarse della fersa
d’aprile si fondevano desolazione ed ardore
dove di giorno fulgevano i fiori di chheola
nel chiarore dei pleniluni le traversate notturne
che al padre riconducevano il cuore dei piccoli tra le stregate mahùa,
sulle biciclette, in fila indiana,
al di là dei coltivi dove in cerca invano dell’acqua della Devi
si perse il cammino delle donne con le giare di javari
Era la domenica delle Palme e il Natale di Rama,
e con che amorosa violenza io ed il padre
incamminavamo i bambini alla menzogna educativa, cui i giorni seguenti
li riallineavano in coro i testi scolastici,
“ Ministers, Politicians, Judges
Occupy their posts because they studied hard “

poi abbandonandoli per che intorti tormenti, come nodi di rami,
nella megacity di ladri in cui stuprata per strada
la vita vorrà appendersi ad un cavo in stanza,
chiederà all’amico sgomento una qualsiasi morte,
senza che altri che il Dio nostro
in Delhi possa anche di questo perdonarmi.-


“Ma ora non farti più del male, siamo tutti qui”
cantavano le loro anime di nuovo ad accogliermi,
nel loro sollievo che alfine il Monkey God
sia stato placato dalla puja nel tempio,
che  non accadrà di Chandu ciò che ne fu di Sumit,
come tra i raggi della ruota
ne lasciò presagire il piede sanguinante.


Ora al distacco del rientro
odora la fragranza rigogliosa del basilico nel vaso,
con l'employment letter, nei bagagli,
che nella nuova scuola dei bimbi
ti fara al ritorno maestro italiano
che nella stessa  scuola dove l’ammissione dei bimbi ha coronato le rinunce
degli sforzi comuni,
ti farà al ritorno maestro d'Italiano

Né più dica  l’eunuco “ Ecco,
Che albero secco io sono”
da che il patrio scarto ne ha fatto una pietra d'angolo
sotto un altro sole,

pur nel dolore, al poterli ancora carezzare,
che ad ogni ora che passi l’indomani si faranno
a cinquemila,
seimila, settemila miglia distanti,

a che la meta di ogni meta
sia il ritorno che feconda la vita di ogni giorno,
quando Chandu, amore di noi tutti,
sia tra le braccia dell'amico che ancora lambisco,
ed io tra i miei libri in stanza ne continui la Parola,
nell’unità, Sumit, dell’invisibile vivo più ancora tra noi.













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