lunedì 17 agosto 2015

il tempio a Shiva di Terahi

Ed eccomi di nuovo nelle prossimità adorabili di un tempietto Pratihara di umili parvenze nelle sue dimensioni ridotte, ma che basta un niente di attenzione, perché si riveli un sacrario di meraviglie recondite, per essersi devotamente attenuti i suoi artefici a tutte le prescrizioni di rito, e non avergli  fatto mancare nulla di ciò che il tempio più monumentale profonde, anzi, elaborandolo nel più minuto dettaglio con tutto l’amore artigianale della cura e del fervore più partecipe… ben altro che le stampigliature di fregi e volute dei templi Paramount di Khajuraho
Il tempio a Shiva tra i caseggiati di Terahi compariva infossato in una verde distesa prativa, al riparo di una cinta di massi e del monastero i cui resti sorgevano in prossimità. Ne emergeva pressocchè integro fino alla sommità dell’amalaka del brunito sikhara, la cui cupa pietra contrastava con il chiarore del santuario e del portico. Ci approssimavamo nell incolto, tra i fiori, e di primo acchito ci si rivelava che cosa d’inconsueto vi compariva nel solito ordinamento architettonico, di un vimana con vestibolo sormontato dal frontone di un sukanasa ch'erano  preceduti entrambi  da portico, il complesso  configurandosi come  pancharatha nel sikhara e nelle proiezioni sottostanti del muro del jangha. In tutti i latas del sikhara , a differenza del madhya lata centrale ch’era integralmente rivestito dell ordito di gavakshas, erano intercalati degli  amalakas  che ne scandivano i ripiani dei bhumii, mentre di solito  i bala-panjara intermedi vennero  tramati di gavakshas come la madhya lata, ed i bhumi amalakas furono riservati ai karna d’angolo.
Risalendo dal basamento dell'adhishthana,  sopra un vedibandha del tutto ordinario, modanata in kura, kumba, kalasa e kapota, i rathas delle proiezioni delle pareti apparivano allineati secondo una focalizzazione quantomai gerarchica , in ragione ed in virtù degli apparati di culto che ostentavano al devoto che vi deambulasse intorno ritualmente: come vale per la generalità dei templi hindu,  il primato nella manifestazione del divino che vi promanava dalle edicole spettava al badhra centrale, la cui divinità era pregiata della gronda di una chhadya e di un udgama di gavakshas carenati che ne elevavano  a tempio l’edicola che l’albergava, non senza l’interposizione di un filare di tulas, evocanti le testate dei travetti delle forme lignee originarie dei templi, in una miniaturizzazione insieme al kapota superiore della varandika dell’edicola templare.
Chhadya ed udgama nobilitavano ad un rango inferiore solo a quello del badhra,  la nicchia più ristretta della kapili del vestibolo di cui erano la sovrastruzione ridimensionata, mentre  in assenza della gronda del chhadya la sola presenza di tula e kapota ed udgama abbassava ad un grado minore le nicchie dei karnas d’angolo, presumibilmente in ragione del fatto che le divinità in esse albergate non avevano bisogno di una ostentazione speciale, essendo quelle dei dikpalas che era invalso vi fossero insediati a protezione del tempio nelle direzioni cardinali.
Buoni ultimi, ma non quanto a splendore, i prati-rathas intermedi, - separati dal bhadra da recessi salilantaras decorati di patra-latas di rampicanti e foglie,  mentre nicchie vuote  sormontate da udgamas  gremivano i salilantaras che intercorrevano rispetto ai karnas,  I prati-rathas erano stati mirabilmente tramutati in pilastri volti all'esaltazione della dignità centrale del badhra che affiancavano, come in altri templi Pratihara quali quello di Barwa Sagar, ma erano stati risolti a tal punto  in tale compito solennizzante, da non comportare nemmeno il ricetto che per essi era divenuto abituale delle bellezze di surasundari. E l' assunto di un fasto celebrativo dell'eminenza del bhadra stava tutto mirabilmente inciso nella sua pietra, nelle volute vegetali nel bhadraka intermedi  la cui mansione di raccordo era ripresa e conclusa dal fregio di un’ardapadma o semi-loto, e nelle ricadute fogliari dai vasi dell’abbondanza che vi erano animate di linfa scolpita. Le nervature, poi, di un capitello bharani, sotto una mensola con rilievi fogliari.
Era così toccato e raggiunto, dai prati-rathas, il passaggio al varandika: ma per minimale che fosse il tempietto sublime,  a celebrare ed assecondare la transizione ,non mancava di sfoggiarvi il festone petroso/ la ghirlanda petrosa di una catena di campane/pushpa-mala. Quanto al varandika, come aveva anticipato la sua miniatura nel badhra-rathika, lo costituivano due kapotas ed il corso di tulas ammalorate  nel  recesso intermedio, come nei templi Pratihara era canone invalso. Il sikhara poi, di cui è stato già detto, e del quale pur la sommarietà descrittiva di Krishna Deva non ebbe ad esimersi dall’apprezzare la” curvatura elegante”, il collo del greva, e non solo un amalaka, ma anche un amalasarika a coronamento.Una deambulazione intorno al tempio,  ci consentiva di rinvenire in attinenza con il dio Shiva che vi è ancora venerato, nei bhadra la consorte Parvati,  in Pancha-agni tapa, e la figliolanza di Kartikkeya e di Ganesha, di rintracciareal contempo i dikpalas albergati nei karnas, pressoché tutti con i loro veicoli animali , un cane di casta inferiore quello di Nirriti, eccezion fatta per i dilapidati Indra ed Isana.Nelle nicchie dell'antarala era quindi  identificabile solo un'effige di Durga

Alfine riavendo il tempio di fronte, si dava la vista del portico nella magnificenza dei suoi pilastri, scolpiti nelle stesse forme che magnificavano il motivo dei ghata-pallava, in cui erano stati ornamentali a guisa di pilastri i prati-rathas. Li arricchivano delle  variazioni floreali e di leggiadri intrecci di cigni nella testata superiore del badhraka, altre ulteriori nel raccordo di essa con il vaso dell’abbondanza sovrastante.
I due pilastri retrostanti recavano le effigie di due differenti dvarapalas, uno dei quali aveva l'aspetto di un tremendo Bhairava, dai capelli arricciati, come attestavano gli attributi del bastone di un  katvanga teschiuto,di un cranio kapala, per elemosinare, di un tamburello damaru e di una campana.


Nulla di eccezionale riservavano i sakas intravisti degli stipiti del portale del tempio, se non che al centro del lalata bimba il Nandi antistante la soglia vedeva campeggiare Vishnu, tra vidyadharas,  invece che il proprio dio Shiva, dio del tempio, una licenza che avrei ritrovato anche nel tempio del dio Shiva di Mahua ed in Kadwaha, nel secondo tempio del gruppo Bag, un'anomalia forse riconducile al dato che più che l’onore da tributare a Shiva, poté presso le maestranze del tempio il timore della letalità dei serpenti, e l’assicurazione contro il loro pericolo che  forniva quale loro irriducibile nemico Garuda, veicolo di Vishnu e della sua rappresentazione centrale. A riprova, com’è ricorrenza frequente nei portali dei templi Pratihara, vi teneva per la coda i serpenti terminali del naga sakha.
E nel pannello superiore, facevano la loro rara presenza in un tempio Pratihara, i 12 Adityas, 6 per parte, con un bastone nella sinistra, e la destra in abhaya mudra,  sormontati da una serie di nicchie con il frontone costituito da un udgama

Il monastero shivaita, denominato localmente gadhi,  oltre il portico d'accesso sovrastato da un balcone di cui rimanevano la vedika e le modanature delle bande ornamentali inferiori,  si  presentava come un complesso di celle e di stanze che mediante un porticato s'aprivano su un cortile interno. Esso era la testimonianza che comprovava che Terahi era l'antica Therambi in cui come in Renod, allora Ranipadra , ed in Kadambaguha, ora Kadwaham,  era insediata nel monastero del borgo la setta shivaita Tantrica dei MattaMayura, come riporta un'iscrizione ritrovata nel  monastero Khokhai di Ranod.

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