giovedì 6 agosto 2015

Kandwaha Tempio murayat

Ed eccoci di fronte al tempio A del gruppo Talao, il tempio denominato localmente Murayat , presumibilmente una forma corrotta del termine Mattamayura, ed un prezioso indizio della sua affiliazione alla setta tantrica shivaita.
Con esso accedevamo ad un esempio mirabile della terza fase della costruttività templare in Kadhwaha, e già a prima vista, nella maggiore integrità dei suoi resti che ne aveva preservato il sikhara e la restante sovrastruzione, manifestava un distacco ulteriormente avanzato dai templi Pratihara, ed una prossimità quanto mai ravvicinata ai templi sommi di Khajuraho.
Tale mutazione clamorosa era flagrante già nella sopraelevazione imponente, su di una piattaforma, di una successione di interni che tra il portico e l’anticamera dell’ antarala d’accesso al santuariosi articolava in un mandapa intermedio,  la cui finestra balconata,  così come l’atrio, era schiusa alla luce nelle guise di un ranghmandapa. Tale mandapa evidenziava inoltre una  propria copertura piramidale distinta da quella del portico e dal sikhara del gharbha.-griha, in una gradazione di culmini che dei templi di Khajuraho preannunciava, o rievocava, l’ascendere e il calare e il risalire, ancora per picchi, a  guisa simbolica delle sommità del monte Kailash, dimora di Shiva, o del mont Meru che è l’asse del cosmo e la sede di tutte le divinità celesti.

Era addirittura saptaratha il culmine ogivale del sikhara, cui risalivano i sikarikas e i gavakshash terminali delle corrispondenti prominenze aggettanti in forma di pilastri, o stambha*, delle pareti della jangha del santuario e dell’antarala, - una corrispondenza assicurata, non senza una certa confusione sovrappositiva, dalla integrazione di due prati-rathas con i profili supporti rientranti di due upa-pratirathas. Appigliata al centro del sikhara  si stagliava l uro-manjari di una possente replica miniaturizzata e pancharatha del mula manjari dell intero sikhara, la cui una imponenza possanza di mole che, a a dire il vero, anche per dare luogo a tali e tante proiezioni interne ed ai loro stacchi, non appariva un portento architettonico di svettante agilità ascensionale
.
Le pareti da cui oltre una serie assai variegata di modanature e la varandika  si staccava il sikhara,  presentavano due ordini di statue, come è prammatica minima in Khajuraho , le quali, e lo si era già visto nel secondo dei templi antecedenti, poggiavano su ridottissimi piedistalli ad eccezione di quelle del bhadhra centrale e dell'antarala, che erano poste in rilievo, nella divinità che effigiavano, dal loro inserto in nicchie di prestigio. Impreziosivano tali edicole pilastri illegiadriti da collari plurimi e arcanamente impreziositi da sardulas, uno per lato,  che li affiancavano all’ esterno, nonché da una pattika sottostante di roselline e dal fregio fogliare  ad essa soggiacente di una  parni-bhanda fogliare. Attorniva le edicole  un’alternanza esterna di surasundaris nelle proiezioni dei sottili pilastri prati-rathas, e di demoni sardulas negli stretti recessi, ai dikpalas protettori essendo riservato lo stallo di rito dei karnas seguenti. Un  terzo ordine di statue, secondo un aspetto dei templi di Kadhwaha attestato già nella loro prima fase (a quanto si era già visto nel tempio numero 3, secondo la catalogazione di Krishna Deva), era anticipato o ripreso nell’alto del cieli delle nicchie, ora una per ogni proiezione, di una varandika che ne era dilatata meravigliosamente a rallentare ed enfatizzare  la corsa ascensionale, aprendo alla vista la luminosità scultorea di un diaframma incantevole di divinità e beltà celestiali,  come in precedenza, e in Khajuraho, non era ancora stato dato e non sarebbe stato concesso di vedere. 
Alle fondamenta di tutto, nell’adhisthana su cui si sopraelevava la jangha, il vedibhanda di kura, kumbha e kalasha si sopraelevava* a sua volta, all’altezza del piano di calpestio delle sale antecedenti, su di uno zoccolo e di un plinto soggiacenti, come era già la regola o sarebbe stato il canone invalso nello svolgimento esplicativo delle  modanature in Khajuraho,
Nel loro profilarsi, al primo corso di una bitha con rombi diamantini, facevano seguito una jadhya kumba in cui defluivano petali di loto, poi  una karnika, una kapota di rosette e petali di loto , una pattika di rosette e rombi diamantini floreali, un'ulteriore karnika, ancora una jadhya kumbha ove ai petali di loto sottostavano rosette, di nuovouna karnika e alfine una grasa pattika terminale.
L'interno era di una magnificenza assoluta: oltre il mukamandapa, al di sopra di una serie di nicchie che erano dei minitempietti delle divinità albergativi,
nel mandapa lo sguardo poteva levarsi ad  un soffitto mirabile,  in cui al cuore di una serie di incorniciature,   tra dei kirtimukkas agli angoli promanava lo schiudersi triplice delle corolle di un fiore di loto,
replicato, tra mithunas, oltre i bordi retrostante e frontale della sua inquadratura.

Il portale che ci si prospettava,
sui profili negli stipiti dei sakas e delle statue alla base delle divinità fluviali, delle loro attendenti e di dvarapalas sulla sinistra dell'osservante in confidenza amorosa,
ai lati conferiva appieno risalto alla splendida  tornitura spiraliforme e scannellata delle stamba-sakas circolari e dei loro capitelli bharani,
mentre nel lalata bimba il rilievo era  tutto dei gruppi statuari delle divinità della Trimurti che vi stavano insieme con le loro consorti, Shiva e Parvati al centro, il loro compound  essendo rimarcato dalle rientranze e sporgenze profuse di pendenti, delle modanature a sostegno delle edicole del loro amore.

Di meno gli restava da dirci a suo malgrado il secondo tempio Talao shivaita, talmente era sbrecciato e amputato, benchè il prasada del santuario, al di sotto di un sikhara  impeccabilmente pancharatha e preservato  fino all'amalaka conclusiva, .presentasse gli ingressi a due garbaghiha,
 di uno soltanto dei quali, stretto e verticalizzato,
si conservavano il mukamandapa ed il mandapa, una anomalia che nell 'entourage avevo ritrovata attestata solo in un tempio Chandella di Dudhai.

In una delle due edicole dei badhras , che costituivano le sole rathas ornate di sculture, nonostante il doppio registro della bipartizione delle pareti, campeggiava uno Shiva Bhairava sfrenato nelle danze,  con una ghirlanda di teschi a contenerne la crocchia della jata-mukuta,  e nella pienezza integra dei suoi attributi, il trisul, un tamburello damaru, un cobra ed un bastone katvanga teschiuto.
Nella edicola sottostante, sovrapposta alla vedibhanda era invece visibile una Parvati in panchagnitapas, rigidamente impettita nel suo dimesso regime penitenziale. .

Ed eccoci di fronte al tempio A del gruppo Talao, il tempio denominato localmente  Murayat ,  presumibilmente una forma corrotta del termine Mattamayura, ed un prezioso indizio della sua affiliazione alla setta tantrica shivaita.
Con esso accedevamo ad un esempio mirabile della terza fase della costruttività templare in kadwaha, e già a prima vista, nella maggiore integrità dei suoi resti che ne aveva preservato il sikhara e la restante sovrastruzione,  manifestava un distacco ulteriormente avanzato dai templi Pratihara, ed una prossimità quanto mai ravvicinata ai templi sommi di Khajuraho.
Tale mutazione clamorosa era flagrante già nella sopraelevazione su di una piattaforma,  di una successione di interni che tra il portico e l’anticamera dell’ antarala d’accesso al santuario,si articolava  in un mandapa intermedio , che con la sua finestra balconata  come l’atrio era  schiuso alla luce nelle guise di  un ranghmandapa, e con una sua  propria copertura piramidale distinta da quella del portico e dal sikhara del gharbha.-griha, che dei templi di Khajuraho preannunciava o rievocava l’ascendere e il calare e il risalire ancora per picchi delle sommità del monte Kailash, dimora di Shiva, o del mont Meru che  è l’asse del cosmo e la sede di tutte le divinità celesti.
Era addirittura saptaratha il culmine ogivale del sikhara, cui risalivano i sikarikas e i gavakshash terminali delle corrispondenti prominenze aggettanti in forma  di pilastri, o stambha*, delle pareti della jangha del santuario e dell’antarala, - una corrispondenza assicurata, non senza  una certa confusione sovrappositiva,  dalla integrazione delle due prati-rathas con i profili supporti rientranti di due upa-pratirathas-, con Appigliata al centro si stagliava l uro-manjari di una  possente replica  miniaturizzata e pancharatha del mula manjari dell intero sikhara, la cui  una imponenza possanza di mole che a a dire il vero, anche per dare luogo a tali e tante proiezioni interne e ai loro  stacchi, non appariva un portento architettonico di svettante agilità ascensionale .
Tali pareti  presentavano  due ordini di statue, come è prammatica minima in Khajuraho , le quali, come già nel secondo dei templi antecedenti, poggiavano su piedestalli e solo nella badhra centrale e nell antarala figuravano essere divinità poste in rilievo dal loro inserto in  nicchie di prestigio, impreziosite da pilastri con collari plurimi e sardula che li affiancavano all’ esterno, nonché da una pattika di roselline e dal fregio fogliare sottostante ad essa di una parni-bhanda fogliare, in un’alternanza esterna di surasìundari nelle proiezioni dei sottili pilastri e di demoni sardulas negli stretti recessi, ai dikpalas  protettori essendo riservato lo stallo di rito dei karnas.
Nell’adhisthana su cui si sopraelevava la jangha, la vedibhanda di kura, kumbha e kalasha  si sopraelevava a sua volta, all’altezza del piano di calpestio delle  sale antecedenti,  su di uno zoccolo e un plinto soggiacenti,  come era già la regola o sarebbe stato il canone invalso nello svolgimento esplicativo delle sue modanature in Khajuraho, mentre un suo terzo ordine di statue , secondo uno stilema dei templi di Kadwaha attestato già nella loro prima fase ( come si è visto nel tempio numero 3 secondo Krishna Deva), era anticipato o ripreso nell’alto del cieli delle nicchie di una varandika  che la dilatava  meravigliosamente  a rallentare la corsa ascensionale come in precedenza, e in Khajuraho, non era ancora stato dato e non sarebbe stato concesso di vedere , nell’aprirsi alla vista della luminosità scultorea di un diaframma incantevole di divinità e beltà celestiali.
Adhisthana, al primo corso bitha con rombi diamantini, facevano una jadhya kumba in  cui  defluivano petali di loto, una karnika, una kapota di rosette e petali di loto , una pattina di rosette e rombi diamantini floreali, un.ulteriore karnika, una jadhya kumbha ove ai petali di loto sottostavano rosette, una karnika, una grasa pattika.



Nessun commento: