martedì 16 agosto 2016

nella mia depressione

La mia depressione è tale, in questi  giorni di addio, sotto il peso delle incombenze economiche per sovvenire ai miei cari che non mi consentono più niente, che non so più accudire alla mia persona che nei minimi termini, affidandomi ai lenitivi della preghiera, del beatifico sonno e degli psicofarmaci.
Anche l opportunità che ho colto di fare ritorno in Italia con il più economico dei voli immaginabili e possibili è diventato un incubo continuo della mia mente, per essermi dovuto affidare per questo alla compagnia di bandiera di un paese di cui tutto ho in orrore , e di cui mi terrorizza ogni conseguenza possibile del mettervi piede, vedendomi già consegnato alla sciabola del boia su qualche sua pubblica piazza, per nessun altra ragione che per avere tremato di paura sospetta al cospetto delle sue forze di autorità.
E non so  trarre sollievo, e  rallegrarmi più di tanto, che per il rinnovo del visto d’impiego non mi si richieda più una polizza assicurativa quanto mai costosa, dati i miei anni, per il cui ottenimento ho tribolato invano così tanto ed ho così invano fatto tribolare Kailash, nè so essere lieto di gratitudine che il principal sia disponibile a sottoscrivere ogni riscrittura  del contratto d’assunzione, alle sempre nuove condizioni richiestemi  dal Consolato generale di Milano.
Ho modo invece di allarmarmi  che mi possa essere negata insieme con il visto ogni possibilità di rientro in India, per qualsiasi attività che qui intraprenda che non sia l insegnamento dell italiano tra le mura perimetrali dell’istituto del mio principal, come quando lo esercito nel mio ufficio del Bapuculturaltours, dove sono stato ripreso a suo tempo con una videocamera  dalle autorità di polizia, o qualora esse mi  sorprendano come se vi stessi  in veste di esercente  dietro lo showcase del negozio di handicrafts  che ho allestito per Kailash,  insieme con lui, imprescindibilmente.
Tra un monsone e l’altro, torno intanto ogni giorno di continuo, sostandovi solo davanti, a tale nostro negozietto  che lunedì scorso abbiamo inaugurato con una puja, ma più che la gioia  della sua linda carineria, di com’è bello e attrattivo nei suoi pur pochi articoli di vendita, di vederne Kallu contento, che vi si raccoglie  con gli amici nel gioco e non fa più nemmeno ritorno a casa per il pranzo e l immancabile sonno pomeridiano, di come i nostri bambini vi convengano orgogliosi e felici, al punto che Chandu è appena scoppiato in lacrime per avergli il padre negato di condurvelo sotto la pioggia, più di tali ragioni che ho per felicitarmene mi angoscia quanto sia un costo aggiuntivo anzichè una fonte di ricavi, talmente pochi sono i turisti indiani che vi sostano e vi fanno compere, e irrisori sono i guadagni che ci impongono, sprezzanti, ed a  cui ci conviene di  sottostare pur di avere modo di vendere, trovando essi cari gli stessi prezzi a cui abbiamo acquisito i prodotti  dagli stessi artigiani che li fabbricano, o negli empori e mercati più economici di Delhi, cui ci siamo sospinti fino a Gandhinagar.
E non avrei forse motivo di essere soddisfatto di Poorti, Ajay e Chandu, di ciò che sortisco per loro nel vederli incantevolmente intenti nei compiti anche oggi ch’è giorno di vacanza per la pioggia che imperversa, sul piano di scrittura del loro lettone grande?
O di Mohammad, che ancora due settimane or sono, mentre  ero  in Delhi per gli acquisti del negozio,  voleva solo evadere dalle ingiunzioni familiari  e dagli obblighi scolastici  fuggendosene via per  l India da Khajuraho, stando a quanto mi telefonava, ed ora  va  invece regolarmente a scuola, di pomeriggio, ed al mattino dai due insegnanti privati che sopperiscono a quanto ne siano “ poor “ l’inglese o la  matematica”,  motivato a ciò anche dalla palestra della quale così egli comportandosi gli sovvenziono la frequentazione, i cui esercizi ieri era  orgoglioso di mostrarmi in stanza quanto ne rinforzino bicipiti e tricipiti.
Sono rientrati nel frattempo  i suoi conflitti familiari, dopo che il padre l’ha picchiato e gli ha gridato contro che non lo riconosceva più come suo figlio,  per avere appreso che aveva seguitato a disertare la scuola- ( “Mohammad” gli ho solo detto,  dopo avergli ricordato tutte le ragioni del padre,” a volte i figli devono saper essere più grandi  dei loro genitori”). E della sua storia d’amore affievolitasi  con Muskan ha posticipato i termini alla fine dell’anno scolastico, quando gli impegni degli esami del decimo anno saranno già stati affrontati.
“ Prima mi chiedevo, perché devo andare a scuola, ed ora mi chiedo perché non andarci, visto che ogni materia ora a scuola mi piace, e solo il sanscrito mi rimane indigesto”.
Certo,  i turisti e i visitatori dovrei seguitare a vederli, nostalgicamente, come animali dei branchi migratori a cui non potrò più unirmi per chissà quanto nel mio futuro,  ma qui in Khajuraho,  confinatovi come in una landa d’esilio, ho una patria del mio cuore.
Resta, con il mio declino economico, a rendere difficoltoso il controbilanciamento di ogni mia  privazione,   il crollo di  schianto della mia passione per l arte hindu., dopo che  al vaglio degli esiti di un mio reportage,  pur apparsi originali e di parecchio interesse, sono stato rimandato ad un ghost writer e ad un esperto di sanscrito per la loro riscrittura, dalla sola interlocutrice, a me quanto mai cara, che mi si è offerta per una loro lettura puntuale..



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