martedì 29 novembre 2016

TUTTO SU MIA MADRE VI I lavoratori stagionali e i mendicanti nelle corti agricole PRIMA STESURA”







TUTTO SU MIA MADRE VI
I lavoratori stagionali e i mendicanti nelle corti agricole
RISCRITTURA DELLA PRIMA STESURA
“Quali erano i lavoratori stagionali nelle corti, oltre i “ masìn che a novembre venivano per ammazzare il maiale, e dei quali mi hai già detto?”
“Oltre i “ masìn” prima dell inverno giravano per le case gli scarpolini (, i calzolai). Tiravi allora fuori tutte le scarpe, gli zoccoli, i “supei”, li mettevi in una cesta e loro li mettevano a posto. Poi durante l’inverno venivano giù dalle montagne gli scragnari, i “ scagner”, passavano per le corti e se avevi bisogno ti facevano le sedie, le coprivano, o ti facevano le sessole, tutta la roba in legno che volevi e che erano capaci di farti. Andavano nelle stalle a dormire, bastava gli dessi un posto con la botola, e stavano là anche due, tre giorni. Poveretti, si lavavano sotto il fienile, all’abbeveratoio, l'àalbi, ed erano pieni di pidocchi.
Mio fratello durante la giornata è andato una volta a giocare sulla paglia dove avevano dormito e si è riempito dei loro pidocchi
D'inverno nelle stalle dove si stava al caldo venivano i filotteri, i cantafole, delle persone tra le più anziane che cantavano storie e si accontentavano per questo di un bicchiere di vino , noialtri bambini tutti là attorno ad ascoltare, con tutta quanta la famiglia, con le donne che venivano con il loro cestino, si mettevano in gruppo e aggiustavano i panni che portavano, attaccavano le pezze o rifacevano l culi delle braghe, perchè di giorno non avevano il tempo di farlo, i cantafavole arrivavano alle sette e mezza, a otto ore, ci stimavamo quando ci dicevano allora ci siamo la tal altra sera, correvamo allora nella stalla a preparare le panche, e ci si rimaneva, anche le donne, ad ascoltare storie fino alle dieci, dieci e mezzo, mangiando pomi cotti, patate calde. Nelle case dove c'era la vecchia, la madre, -è un usanza che io non ho mai provata perchè in casa mia c'erano solo mia madre e mia zia-, le spose giovani erano obbligate a stare nella stalla fin che la vecchia non si levava su lei, e solo quando si levava su la vecchia si levavano su anche loro.
La stalla era una manna durante l inverno, c'era caldo, si stava bene, ma quando andavi fuori bisognava che tu ti intortigliassi tutta, perchè c'era un freddo, ma un freddo, che quando cominciano a dire adesso di un freddo polare, ma dov'è questo freddo polare? MI ricordo allora dei freddi che non s'apriva la porta della stalla,, per la condensa, che dentro c'era caldo,e fuori dei candelotti di ghiaccio che duravano mesi attaccati ai coppi. Con delle sere, delle serenate di stelle, dei freddi asciutti che si stava da Dio, ma anche se era veramente freddo!
Al caldo dei filò nelle stalle, c'era gente ch'era brava a contare le favole, non avevano mai finito, ci mettevano i gesti, ci mettevano tutto il loro modo di fare, e noi altri avevamo gli occhi fuori della testa .,, A volte venivano anche in due a contare le storie, anche quelli che cantavano, con la fisarmonica, ma quelli che cantavano venivano anche d'estate, erano i canzonettisti che andavano anche per i mercati, ora ci sono dischi, ma allora essi avevano i librettini delle loro canzonette.
Poi sempre d'inverno, dieci ,dodici giorni prima di Natale, arrivava in gruppo della gente di piazza,veniva con un legno fatto a punta, e diceva di volerlo fare ungere: " Andem a onsar al sproc". Questo voleva dire che dovevi ungergli quel legno con qualcosa che tu dessi a loro del maiale,( con) delle salamelle, un pezzo di grasso, di pancetta, che loro infilavano su quel legno che restava unto, e mettevano poi in una loro sporta. Intanto che arrivavano e che aspettavano che tu venissi fuori, sentivi che ti cantavano la loro cantafola, vediamo se ora me la ricordo, ah, si. " In quella Santa Notte dell Oriente/ che tutti i masa al porco e mi n'g'ho gnente/ La luna la luseva e'l can baiava/ per testimone a gh'era un can de paia".
Era tutta gente di piazza, tutta povera gente , che non poteva ammazzare il maiale, ma quella sera , chi dava loro un cotechino, chi una coteca, e arrivavano a casa con la cesta piena di roba di maiale, la coteca più buona la si teneva allora da parte, perchè con questa si facevano fagioli e coteche, e la si cuoceva nel brodo, per questo quella gente accettava anche delle coteche, e le infilavano sul legno, dello " sproc"
Questa era la filosofia dell " onzar al sproc", in " Quella santa Notte dell Oriente".
Invece durante tutto l'anno due volte alla settimana veniva il barbiere per uomini e donne, rimaneva lì e gli si offriva da bere, qualche volta da mangiare, tagliava barba e capelli e puliva anche le unghie dei piedi.
C’erano poi quelli che durante tutto l'anno venivano per l'elemosina, poveretti, non pensavamo di loro un tempo quello che si pensa adesso, non avevi (la) paura delle persone che venivano alla porta, sapevi che quelli che venivano avevano bisogno di un pezzo di pane, di quello che potevi dare. A queste persone non ho mai chiuso da bambina la porta in faccia, sapevo che aspettavano che dessi qualcosa, e quando offrivo loro qualcosa, quello che potevo, loro erano contenti, mamma mia.. A volte c’era chi cantava delle filastrocche, raccontava una storiella, e noi bambini ci divertivamo molto quando venivano queste persone.
C’era un signore che veniva da noi a lavorare e che cantava molto bene, io lo seguivo il mattino quando andava a sfogliare le piante e mentre era sull’albero cantava . A me è sempre piaciuto cantare, e capirai… E' per quello che mi divertiva così tanto.
C’ erano quelli che se gli davi qualcosa suonavano a bocca un organino, o ti davano anche un quadro che avevano dipinto. Io mi ricordo di quel pittore famoso, Ligabue, girava per le case e a chi gli dava un piatto di minestra lasciava giù un ghiribizzo, un quadrettino. La prima volta sento bussare alla porta, ho aperto e mi sono trovata davanti un signore gentile che si è presentato con il nome di Ligabue. Mi dispiace dirlo ma era talmente brutto , così messo male,che sono rimasta, come dire, allibita , molto impressionata. Ero una bambina, che cosa vuoi. Allora non mi sono resa conto di chi avevo davanti, di chi era questa persona, che cosa vuoi che potessi capire della sua genialità, è stato dopo che mi hanno detto chi era. Mi ha offerto qualcosa, ma non ricordo che cosa, forse una sua stampa, io gli ho offerto due, o tre uova, lui le ha accettate molto volentieri e mi ha fatto tanti ringraziamenti. Ma si vedeva che non era uno straccione, che era una persona intelligente perchè parlava in modo diverso dalle altre che venivano all'elemosina. Poi è tornato, veniva almeno una volta al mese, lungo il giro per le altri corti che faceva spesso perchè in campagna la gente ha sempre qualcosa da offrire, poi c'era la possibilità di restare a dormire o sotto il fienile o nelle stalla, in un posto sicuro, dove c'era sempre dell'erba, del fieno, della paglia, l'acqua dell'abbeveratoio, l'àalbi, ci si lavava al mattino e poi partiva per i suoi viaggi. Ero contenta quando lo rivedevo, perchè era una persona discreta che ci si poteva parlare, e si vedeva che parlava volentieri.Quanti che ce n’erano che giravano in bicicletta a quella maniera, ma avevi compassione di quella gente, gli davi un uovo, un po’ di minestra sull’ora del mezzogiorno, un pezzettino di formaggio, e loro si accontentavano di quanto gli davi da mangiare, non avevano altre pretese, ti ringraziavano e se ne andavano".

TUTTO SU MIA MADRE VI
I lavoratori stagionali e i mendicanti nelle corti agricole
RISCRITTURA DELLA PRIMA STESURA
“Quali erano i lavoratori stagionali nelle corti, oltre i “ masìn che a novembre venivano per ammazzare il maiale, e dei quali mi hai già detto?”
“Oltre i “ masìn” prima dell inverno giravano per le case gli scarpolini (, i calzolai). Tiravi allora fuori tutte le scarpe, gli zoccoli, i “supei”, li mettevi in una cesta e loro li mettevano a posto. Poi durante l’inverno venivano giù dalle montagne gli scragnari, i “ scagner”, passavano per le corti e se avevi bisogno ti facevano le sedie, le coprivano, o ti facevano le sessole, tutta la roba in legno che volevi e che erano capaci di farti. Andavano nelle stalle a dormire, bastava gli dessi un posto con la botola, e stavano là anche due, tre giorni. Poveretti, si lavavano sotto il fienile, all’abbeveratoio, l'àalbi, ed erano pieni di pidocchi.
Mio fratello durante la giornata è andato una volta a giocare sulla paglia dove avevano dormito e si è riempito dei loro pidocchi
D'inverno nelle stalle dove si stava al caldo venivano i filotteri, i cantafole, delle persone le più anziane che venivano nelle stalle, cantavano le favole e si accontentavano di un bicchiere di vino , noialtri bambini tutti là attorno ad ascoltare, con tutta quanta la famiglia, con le donne che venivano lì con il loro cestino, si mettevano in gruppo, aggiustavano i panni che portavano, rifacevano l culi delle braghe o mettevano le pezze, perchè di giorno non avevano tempo di farlo, i cantafavole venivano alle sette e mezza, a otto ore, ci stimavamo quando ci dicevano allora veniamo la tal altra sera, correvamo allora nella stalla a preparare le panche, e si stava nella stalla fino a dieci ore, dieci e mezzo, anche le donne, mangiando pomi cotti, patate calde. Nelle case dove c'era la vecchia, la madre, -è un usanza che io non ho mai provata perchè in casa mia c'erano solo mia madre e mia zia-, le spose giovani erano obbligate a stare nella stalla fin che la vecchia non si levava su lei, e solo quando si levava su la vecchia si levavano s su anche loro.
La stalla era una manna durante l inverno, c'era caldo, si stava bene, ma quando andavi fuori bisognava che tu ti intortigliassi tutta, perchè c'era un freddo, ma un freddo, che quando cominciano a dire adesso di un freddo polare, ma dov'è questo freddo polare? MI ricordo allora dei freddi che non s'apriva la porta della stalla, che dentro c'era caldo,e fuori dei candelotti di ghiaccio che duravano mesi attaccati ai coppi. Con delle sere, delle serenate di stelle, dei freddi asciutti che si stava da Dio, ma era veramente freddo!
Al caldo dei filò nelle stalle, c'era gente ch'era brava a contare le favole, non avevano mai finito, ci mettevano i gesti, ci mettevano tutto, e noi altri avevamo gli occhi fuori della testa ( e tutto),, A volte venivano anche in due a contare le storie, anche quelli che cantavano, con la fisarmonica, ma quelli che cantavano venivano anche d'estate, erano i canzonettisti che andavano anche per i mercati, ora ci sono dischi, ma allora essi avevano i librettini delle loro canzonette.
Poi sempre d'inverno, dieci ,dodici giorni prima di Natale, arrivava in gruppo della gente di piazza, aveva un legno con una punta, e diceva di volerlo venire a ungere: " Andem a onsar al sproc". Questo voleva dire che dovevi ungere quel legno con qualcosa che tu dessi a loro del maiale,( con) delle salamelle, un pezzo di grasso, di pancetta, che loro infilavano su quel legno che restava unto. Intanto che arrivavano e che aspettavano che tu venissi fuori, sentivi che ti cantavano la loro cantafola, vediamo se ora me la ricordo, ah, si. " In quella Santa Notte dell Oriente/ che tutti i masa al porco e mi n'g'ho gnente/ La luna la luseva e'l can baiava/ per testimone a gh'era un can de paia".
Era tutta gente di piazza, gente povera, erano tutti gente povera, che non lo poteva mica ammazzare il maiale, ma quella sera arrivavano a casa con la cesta piena di roba di maiale, chi dava loro un cotechino, chi una coteca..., la coteca più buona la si teneva allora da parte, perchè con questa si facevano fagioli e coteche, e la si cuoceva anche nel brodo, per questo quella gente accettava anche delle coteche, e le infilavano sul legno, dello " sproc"
Questa era la filosofia dell " onzar al sproc", in " Quella santa Notte dell Oriente".
Invece durante tutto l'anno due volte alla settimana veniva il barbiere per uomini e donne, rimaneva lì e gli si offriva da bere, qualche volta da mangiare, tagliava barba e capelli e puliva anche le unghie dei piedi.
C’erano poi quelli che durante tutto l'anno venivano per l'elemosina, poveretti, non pensavamo di loro un tempo quello che si pensa adesso, non avevi (la) paura delle persone che venivano alla porta, sapevi che quelli che venivano avevano bisogno di un pezzo di pane, di quello che potevi dare. A queste persone non ho mai chiuso da bambina la porta in faccia, sapevo che aspettavano che dessi qualcosa, e quando offrivo loro qualcosa, quello che potevo, loro erano contenti, mamma mia.. A volte c’era chi cantava delle filastrocche, raccontava una storiella, e noi bambini ci divertivamo molto quando venivano queste persone.
C’era un signore che veniva da noi a lavorare e che cantava molto bene, io lo seguivo il mattino quando andava a sfogliare le piante e mentre era sull’albero cantava . A me è sempre piaciuto cantare, e capirai… E' per quello che mi divertiva così tanto.
C’ erano quelli che se gli davi qualcosa suonavano a bocca un organino, o ti davano anche un quadro che avevano dipinto. Io mi ricordo di quel pittore famoso, Ligabue, girava per le case e a chi gli dava un piatto di minestra lasciava giù un ghiribizzo, un quadrettino. La prima volta sento bussare alla porta, ho aperto e mi sono trovata davanti un signore gentile che si è presentato con il nome di Ligabue. Mi dispiace dirlo ma era talmente brutto , così messo male,che sono rimasta, come dire, allibita , molto impressionata. Ero una bambina, che cosa vuoi. Allora non mi sono resa conto di chi avevo davanti, di chi era questa persona, che cosa vuoi che potessi capire della sua genialità, è stato dopo che mi hanno detto chi era. Mi ha offerto qualcosa, ma non ricordo che cosa, forse una sua stampa, io gli ho offerto due, o tre uova, lui le ha accettate molto volentieri e mi ha fatto tanti ringraziamenti. Ma si vedeva che non era uno straccione, che era una persona intelligente perchè parlava in modo diverso dalle altre che venivano all'elemosina. Poi è tornato, veniva almeno una volta al mese, lungo il giro per le altri corti che faceva spesso perchè in campagna la gente ha sempre qualcosa da offrire, poi c'era la possibilità di restare a dormire o sotto il fienile o nelle stalla, in un posto sicuro, dove c'era sempre dell'erba, del fieno, della paglia, l'acqua dell'abbeveratoio, l'àalbi, ci si lavava al mattino e poi partiva per i suoi viaggi. Ero contenta quando lo rivedevo, perchè era una persona discreta che ci si poteva parlare, e si vedeva che parlava volentieri.Quanti che ce n’erano che giravano in bicicletta a quella maniera, ma avevi compassione di quella gente, gli davi un uovo, un po’ di minestra sull’ora del mezzogiorno, un pezzettino di formaggio, e loro si accontentavano di quanto gli davi da mangiare, non avevano altre pretese, ti ringraziavano e se ne andavano









TUTTO SU MIA MADRE VI
I lavoratori stagionali e i mendicanti nelle corti agricole
PRIMA STESURA
“Quali erano i lavoratori stagionali nelle corti, oltre i “ masìn che a novembre venivano per ammazzare il maiale, e dei quali mi hai già detto?”
“Oltre i “ masìin” prima dell inverno giravano per le case gli scarpolini, i calzolai. Tiravi allora fuori tutte le scarpe, gli zoccoli, i “supei”, li mettevi in una cesta e loro li mettevano a posto. Poi durante l’inverno venivano giù dalle montagne gli scragnari, i “ scagner”, passavano per le corti e se avevi bisogno ti facevano le sedie, le coprivano, o ti facevano le sessole, tutta la roba in legno che volevi e che erano capaci di farti. Andavano nelle stalle a dormire, bastava gli dessi un posto con la botola, e stavano là anche due, tre giorni. Poveretti, si lavavano sotto il fienile, all’abbeveratoio, ed erano pieni di pidocchi.
Mio fratello durante la giornata è andato una volta a giocare sulla paglia dove avevano dormito e si è riempito dei loro pidocchi…..
Due volte alla settimana veniva il barbiere per uomini e donne, rimaneva lì e gli si offriva da bere, qualche volta da mangiare, tagliava barba e capelli e puliva anche le unghie dei piedi.
C’erano poi quelli che venivano per l'elemosina, poveretti, non pensavamo di loro un tempo quello che si pensa adesso, non avevi (la) paura delle persone che venivano alla porta, sapevi che quelli che venivano avevano bisogno di un pezzo di pane, di quello che potevi dare. A queste persone non ho mai chiuso da bambina la porta in faccia, sapevo che aspettavano che dessi qualcosa, e quando offrivo loro qualcosa, quello che potevo, loro erano contenti, mamma mia.. A volte c’era chi cantava delle filastrocche, raccontava una storiella, e noi bambini ci divertivamo molto quando venivano queste persone.
C’era un signore che veniva da noi a lavorare e che cantava molto bene, io lo seguivo il mattino quando andava a sfogliare le piante e mentre era sull’albero cantava . A me è sempre piaciuto cantare, e capirai… E' per quello che mi divertiva così tanto.
C’ erano quelli che se gli davi qualcosa suonavano a bocca un organino, o ti davano  anche un quadro che facevano. Io mi ricordo di quel pittore famoso, Ligabue, girava per le case e a chi gli dava un piatto di minestra lasciava giù un ghiribizzo, un quadrettino. Sento bussare alla porta, ho aperto e mi sono trovata davanti un signore gentile che si è presentato con il nome di Ligabue. Mi dispiace dirlo ma era talmente brutto , così messo male, che sono rimasta, come dire, allibita , molto impressionata. Ero una bambina, che cosa vuoi. Allora non mi sono resa conto chi avevo davanti, chi era questa persona, che cosa vuoi che potessi capire della sua genialità, è stato dopo che mi hanno detto chi era. Mi ha offerto qualcosa, ma non ricordo che cosa, forse una sua stampa, io gli ho offerto due, o tre uova, lui le ha accettate molto volentieri e mi ha fatto tanti ringraziamenti. Quanti che ce n’erano che giravano in bicicletta a quella maniera, ma avevi compassione di quella gente, gli davi un uovo, un po’ di minestra sull’ora del mezzogiorno, un pezzettino di formaggio, e loro si accontentavano di quanto gli davi da mangiare, non avevano altre pretese, ti ringraziavano e se ne andavano"

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