Non uno screzio,
un disappunto, non la tensione di
un contrasto, tra me e Kailash, nel
viaggio a Jabalpur durante Holi. Eppure
ragioni perchè insorgessero se ne sono presentate tante, dato che la concomitanza di holi, durante il
quale non viaggiavano autobus né salpavano imbarcazioni per le Marble rocks di Beragat, ci obbligava a reperire di continuo la
scelta che meno pregiudicasse le altre possibilità.
Eccettuata la
visita del Madan Mohan fort, eppure, contemperandoci a vicenda nelle rispettive
esigenze, ci è stato possibile tutto ciò che più ci stava a cuore, finanche
di imbarcarci una seconda volta per le Marble rocks, in una Beragat che il
primo giorno, durante il quale per consentire che per le strade schiamazzassero
i pochi festanti per Holi, era deserta
di gitanti e turisti ed erano chiusi o con le serrande abbassate quasi tutti i
negozi.
Visitate con rare
altre persone le cascate nebulose e fascinose di dhuandhar, siamo
rientrati nel villaggio discendendo per le scalinate che recano fino al
punto di imbarco, ma ci siamo ritrovati ai
suoi attracchi in piena solitudine, per cui non ci è rimasto, a ritroso,
che risalire oltre gli stessi scalini anche i gradini che recano al tempio Kalachuri in altura delle 64 Yogini, al loro consesso statuario
con le aperte bocche frementi di sangue.
Di ritorno a
Jabalpur ho voluto e chiesto a Kailash che con un autoriscio fossimo ricondotti
al bacino lacustre del Devtal , dal punto in cui siamo scesi da un pullmino il
cui conducente ci aveva concesso in Beragat un passaggio,- di quel talab,
rivedendolo di sfuggita ,mi aveva suggestionato, ancor più che all’andata, quel
lunedì mattina, la vista dei villaggi e
dei tempietti abbarbicati sugli ammonticellamenti circostanti lo specchio d’acqua.
Era una visione
la cui bellezza, nel tramonto, era contrastata dal traffico e dall’incuria
circostante, ma che mi è risultata ben
più appagante di quella, nel cuore della città vecchia di Jabalpur, del più
famoso dei suoi talab, l’Hanumantal , costellato di templi, ai suoi bordi, tra cui primeggiava
quello jain , mentre tutt’intorno erano allineate retrostanti le kothis, le case
signorili, e casipole, a cui risalivano i vicoli circostanti, senza che nulla vi divenisse l’approdo del
bello a putride acque..
Vi eravamo
pervenuti da Kamania gate, la porta di una sua eleganza rococò, surclassata da
un orologio postumo commemorativo,che è
l’unica traccia significativa del lungo dominio maratha sulla
città, inoltrandoci lungo una via
fascinosa di edifici gravidi di passato nella loro obsolescenza, o fatiscenza,
ashram, templi insediati in palazzi, ballatoi di legno e verande sbrecciate,
antri ombrosi di negozi più antichi dell ‘indipendenza indiana.
In mattinata
avevamo potuto visitare il museorani Durgavati, benchè fosse ufficialmente
ancora chiuso per holi, e ritrovarvi alcuni bellissime rappresentazioni
scultoree di Shiva e Parvati, tra le quali è particolarmente celebre, pur se non
la più intensa – nell’espressione del reciproco trasporto in cui le due
divinità si immedesimano l’una nell’altra-, quella in cui il dio gioca a chaupar con la consorte, mentre
particolarmente toccante è il gruppo gatha
Saptasati. Aliknidra.
Quel pomeriggio, di
martedì, il 18 marzo, giunti all’incrocio dell’Omti ki Masjid e alla vicina piazza della torre dell’orologio,
allorchè Kailash è uscito dal suo
riserbo e ha manifestato il parere che della vecchia Jabalpur ce ne eravamo già
fatto un’idea più che bastante, abbiamo deciso di comune accordo, dato che
erano da tempo passate le tre, e che Holi poteva dirsi già trascorso, di fare ritorno una seconda volta a Beraghat, nella speranza che ci fosse un
concorso di turisti che consentisse l’imbarco per le Marble rocks, ed abbiamo
optato su mia proposta per l’autorisciò in luogo dell’autobus, onde evitare di
tardare troppo in attesa che fosse di passaggio.
E tutto si è
reso così possibile, prima che il sole volgesse al tramonto
sulla profondità quieta delle verdi
acque della Narmada tra le rocce scoscese, pur se l’arresto del funzionamento
della macchina fotografica non mi ha consentito di immergermi nel trascorrere
in barca tra i dirupi di marmo.
Ci è stato possibile sulla via del ritorno anche
di recarci al tempio Tripur sundari, dedicato a un trimurti
femminile costituita da Durga, kali e Saraswati, nel villaggio storico di
Tewar, proprio nell’ora stessa della celebrazione della
darshan, tra festoni di noci di cocco
drappeggiate di rosso.
Poco oltre
Beraghat una vettura sfasciatasi ai bordi della strada, era già stata evacuata dei due passeggeri che
vi erano morti, secondo quanto aveva appreso il conducente dell’autorisciò in
attesa che rientrassimo dallescursione in barca.
Così era finita nel frattempo tanta altra
esaltazione di vita.
Solo che avessimo
sostato in Devtal, come avevo in animo, per riprendere la bellezza del
sito nel pomeriggio solatio, ed avremmo
incrociato i nostri destini con tale sventura.
Dopo avere così
visitata Beraghat, ed esserci fatta un’idea di come sia la città vecchia di jabalpur, l’indomani non abbiamo
insistito nella ricogizione della sua
eredità coloniale, il Cantonment e le civil lines, e in autobus ci siamo
diretti a Notha lungo la strada per Damoh, per visitarvi l’antico tempio
Kalachuri, differendo il rientro in Khajuraho dal mercoledì al giovedì pomeriggio, ritornandovi in treno lungo la
stessa tratta ferroviaria dell’andata, anziché seguitando in autobus da Damoh
per Chhatarpur o Panna., avventurando(vici)si di notte.
Inferiore alle
aspettative il tempio di Notha, non più che un bell’esempio open to sky di
tempio raccordato con eleganti proporzioni in lunghezza più che in altezza, nel
dilungarsi del portico in un arioso
mandapa, di analoghe aperture tra i pilastri,- tra l’uno e l'altro vano si interponeva un portale d’accesso che anticipava quello del
sanctum, alle cui divinità laterali
della trimurti, Brahma e Vishnu, vera
allegata una loro scena sottostante di amoreggiamento della propria consorte, mentre
i navagraha, le nove divinità planetarie
vi erano intercalate rispetto alla centralità
dell’immagine di Shiva.
Nelle nicchie
parietali esterne il dio ricorreva quale Shiva Vinadhara, Nataraja e Andakasurantaka, mentre nei
pannelli sottostanti figurava una Gaya
Laxmi, e Chamunda compariva nella kapili
della giuntura volta a sud .
Intanto Kailash, cui una circumambulazione dei templi
è più che bastante visivamente, era rimasto a lungo in colloquio con il solerte
custode, mentr’io mi attardavo a fissare immagini del tempio nessuna delle
quali sarebbe stata ripresa, e la gentilezza del giovane uomo così propiziataci
ci avrebbe riservato un tour conclusivo di grande suggestione, per le vie
interne del villaggio le cui case erano in pietrisco integrato da frammenti dei
templi che in Notha erano finiti in rovina,- le amalakas usatevi per soglie,- fino all’altura dov’erano i siti dei
templi scomparsi, e dove altri frammenti di statue tra cui primeggiava un integro Ganesha,
componevano i luoghi di culto esterni e i santuari dei templi che vi sono stati
edificati in tempi più recenti . In lontananza, nel tramonto che già si faceva
sera, la vista di un sangam, del confluire a valle di due corsi d'acqua.
L’ indomani, in
attesa del treno dell’1,20 ho persuaso Kailash
ad essere di ritorno in Beraghat, dove un’altra coppia, ugualmente frettolosa, ci ha consentito di noleggiare in
tempo un’imbarcazione per un altro boating tra le Marble rocks, ma non avremmo
avuto modo, al ritorno, che di arrestarci quando erano già le 12, 20 al punto
di salita al Madan Mahal., dove il manto stradale termina all’ingresso di un
tempio. Dovevamo così arrenderci al
fatto che era assai meno “ close” di quanto lasciasse credere così dicendo la
guida di Jabalpur, alla balanced rock
cui ci aveva recato il lunedì sera , il conducente dell’autorisciò con il quale
avevamo fatto sosta al Devtal, nelle immediate vicinanze.
Ma ci sarebbe
rimasto tutto il tempo per acquistare magliette per i nostri bambini, in un
emporio a ridosso dell'hotel, dopo i souvenir e linga e nandi di marmo in
Beraghat,
Così
concludendosi un viaggio da “ golden medal” per Kailash, precipuamente in virtù
dell’assenza di dissapori e del clima d’intesa tra noi insorto e rimasto
imperturbato sino a Khajuraho.
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