Khajuraho, 16 maggio 2016
Gentile signora Cinzia,
le scrivo da Khajuraho, di rientro da un mio breve soggiorno a Delhi, quando oramai volge al termine nella siccità imperante anche questa mia permanenza in India, per chiederle se posso trasmetterle il breve reportage del mio recente viaggio ad Amarkantak e a Sohagpur, una delle poche escursioni che da solo, o con il mio amico Kailash, ho potuto od ho voluto finora concedermi.
Credo che possa piacerle ed interessarla, in quanto, sia pure indirettamente, mi ha consentito di fare il punto con concisione sugli esiti della mia ricerca sui templi maggiori di Khajuraho, non che sull’arte templare di provincia che già avevo rintracciato nei territori qui circostanti, e che ho ritrovato in sue forme tarde in Amarkantak
Ritornando alle cose che già ci siamo detti, a suo tempo, ad iniziare dalla Begumpur Masjid, lei ha assolutamente ragione, c’è un vasto parco adiacente, che i miei percorsi per giungere alla moschea avevano eluso fino alla sua segnalazione, ed in tale circostanza la ringrazio di avermelo individuato, anche perché nel mio miraggio, che non riesco a togliermi dalla testa, di realizzare un giorno una guida per Delhi che grazie unicamente all’uso di metrò, e di autorickshaw , consenta di visitare da soli i suoi monumenti e le recenti realizzazioni architettoniche ed urbanistiche più rilevanti , percorrendolo, poi il parco, il giorno che ha fatto immediatamente seguito al mio arrivo in India, vi ho rinvenuto l’itinerario migliore per raggiungere a piedi la Begumpur Masjid dalla stazione più a sud di Malviya Nagar.
Quanto poi al libro di Rana Dasgupta, che ho letto appassionatamente su suo prezioso consiglio, credo che sia l’ esito caotico - a immagine e somiglianza della realtà che rappresenta - di una mente assolutamente geniale nelle sue intuizioni, specialmente quando individua nell’India alla stregua della Russia il nostro futuro. Ma nel suo perseguire di ogni fenomeno la dismisura ad oltranza, l autore sembra spregiare ogni realtà intermedia tra gli estremi dell’ India, mentre che siano scuole, ospedali o metropolitane, sono dimensioni vitali del suo presente e futuro. Di più non mi sento di dire, perché la lettura di “ Delhi” più ancora che coinvolgente, è stata per me in vero sconvolgente, per le poche speranze che mi consente di nutrire sul futuro che l’ India riserva alla mia famiglia d’adozione e di elezione. Spero solo che certuni degli intervistati abbiano confermato ciò che penso di molti indiani di mia viva conoscenza, che ciò che hanno da riservarci, in ogni caso, è soprattutto la finzione sul proprio conto.
Con i miei più cordiali saluti
Odorico Bergamaschi
Gentile signora Cinzia,
Gentile signora Cinzia,
le scrivo da Khajuraho, di rientro da un mio breve soggiorno a Delhi, quando oramai volge al termine nella siccità imperante anche questa mia permanenza in India, per chiederle se posso trasmetterle il breve reportage del mio recente viaggio ad Amarkantak e a Sohagpur, una delle poche escursioni che da solo, o con il mio amico Kailash, ho potuto od ho voluto finora concedermi.
Credo che possa piacerle ed interessarla, in quanto, sia pure indirettamente, mi ha consentito di fare il punto con concisione sugli esiti della mia ricerca sui templi maggiori di Khajuraho, non che sull’arte templare di provincia che già avevo rintracciato nei territori qui circostanti, e che ho ritrovato in sue forme tarde in Amarkantak
Ritornando alle cose che già ci siamo detti, a suo tempo, ad iniziare dalla Begumpur Masjid, lei ha assolutamente ragione, c’è un vasto parco adiacente, che i miei percorsi per giungere alla moschea avevano eluso fino alla sua segnalazione, ed in tale circostanza la ringrazio di avermelo individuato, anche perché nel mio miraggio, che non riesco a togliermi dalla testa, di realizzare un giorno una guida per Delhi che grazie unicamente all’uso di metrò, e di autorickshaw , consenta di visitare da soli i suoi monumenti e le recenti realizzazioni architettoniche ed urbanistiche più rilevanti , percorrendolo, poi il parco, il giorno che ha fatto immediatamente seguito al mio arrivo in India, vi ho rinvenuto l’itinerario migliore per raggiungere a piedi la Begumpur Masjid dalla stazione più a sud di Malviya Nagar.
Quanto poi al libro di Rana Dasgupta, che ho letto appassionatamente su suo prezioso consiglio, credo che sia l’ esito caotico - a immagine e somiglianza della realtà che rappresenta - di una mente assolutamente geniale nelle sue intuizioni, specialmente quando individua nell’India alla stregua della Russia il nostro futuro. Ma nel suo perseguire di ogni fenomeno la dismisura ad oltranza, l autore sembra spregiare ogni realtà intermedia tra gli estremi dell’ India, mentre che siano scuole, ospedali o metropolitane, sono dimensioni vitali del suo presente e futuro. Di più non mi sento di dire, perché la lettura di “ Delhi” più ancora che coinvolgente, è stata per me in vero sconvolgente, per le poche speranze che mi consente di nutrire sul futuro che l’ India riserva alla mia famiglia d’adozione e di elezione. Spero solo che certuni degli intervistati abbiano confermato ciò che penso di molti indiani di mia viva conoscenza, che ciò che hanno da riservarci, in ogni caso, è soprattutto la finzione sul proprio conto.
Con i miei più cordiali saluti
Odorico Bergamaschi
Gentile signora Cinzia,
Le scrivo brevi cose dall India, ora che inizia a volgervi
al termine anche questa mia permanenza, chiedendole al
contempo se insieme con due mie poesie che nel frattempo ho composto, posso trasmetterle
in allegato l ultimo dei miei reportages,
sui pochi viaggi che da solo, o
con il mio amico Kailash, ho potuto od ho
voluto finora concedermi pressocché solo all’interno del solo Madhya
Pradesh.
( e se ) In tali strette mi sono infine
riproposto di deciso a chiederle
il vaglio di un mio testo, solo dopo che ha assunto il contenuto che
contraddistingue il mio reportage di
viaggio in Amarkantak, ( è) perché indirettamente- in termini in cui apposta mi
sono dilungato eccessivamente, mi ha
consentito di fare il punto sulle conclusioni della mia ricerca sui templi maggiori di Khajuraho-, non
che sull’arte di provincia che ho
rintracciato nei territori circostanti, ed ho ritrovato in Amarkantak-
I templi sandara di Khajuraho, sono davvero straordinari, in ogni senso del
termine-( K. Deva avrebbe usato il termine exceptional,) in quanto i jangha
esterni dei loro santuari non ottemperano ai canoni pancharatha o saptaratha ,
cui si attengono invece le pareti interne della cella del garbagriha che sono visualizzabili
grazie al deambulatorio, creato a mio avviso appunto per consentire tale compensazione. E di tale
straordinarietà, i templi nirandara posteriori di Khajuraho, di cui il tempio
di Sohagpur di cui parlo nel documento è ad immagine e somiglianza, sono un
riassorbimento nell’osservanza paradigmatica del canone saptaratha, in un ordine di dimensioni che per giunta in
format che pure è minore-.
( ciò forse spiega perché templi come il Jagadambi o il Duladeo conservino un’attestazione
devozionale che non è riservata ai grandi templi sandara, che nel territorio
dell’india centrale godono di un solo grande precedente nel tempio Maladevi di
Gyaraspur)
Quanto alla mia insistenza sulle immagini erotiche del
tempio di Sohagpur, le ho riportate integralmente perché riprongono interrogativi di cui non mi
appagano le risposte finora date, e non
intendo minimamente essere un
perbenista ridanciano .perbenistico. ed il vero io credo che possa desumersi solo
dall intero, eventualmente risolvendosi una buona volta a una analisi
stilistica dei vari modi di raffigurare mithuna, relazionandovi differenti intenti
rappresentativi. Una nota che ho espunto sosteneva “Nell India di ora come
di allora, tutto è concorso divino ed è destinato a concorrervi, assicurando proprio
ciò di cui manca, per cui non è la
raffigurazione della sessualità riproduttiva, o la presenza in scena della donna
callipigia, straordinariamente prolifica, che recano buona fortuna, good
luck o god karma, ma il capitare a sorpresa dell’ hijira transgender a o la
rappresentazione dell’accoppiamento non
procreativo o finanche per lo meno poco
meno giudizioso, come è il caso di ritenere
senza per questo essere perbenisti,quello con
canidi e fin anche con orsi
selvatici, ricorrente, sia beninteso
figurativamente, non solo in Khajuraho come in Padavali E a quel tempo ( al contempo) di certo non
era così nell India soltanto, stando a
metope e doccioni di chiese romaniche come il duomo di Modena, dove
l’ermafrodito campeggiava con l ittiofago ed il fanciullo e il drago o la
sirena bicaudata e la ragazza con tre braccia.”
L’ultima volta che mi è occorso di parlarne, semplificandone
i termini , allo zio elettricista in Kanpur del mio giovine amico Mohammad, ho alluso a kama mithuna, dharma
mithuna e yoga tantric mithuna, cui la sessualità dei kama mithuna era
formalmente e spiritualmente elevata di grado.
Nel complesso, credo in ogni caso che una volta esercitato fino in fondo l’intelletto astratto nell intellezione
nella comprensione precisa e non vaga
del tempio hindu, poi di fronte ad esempio a una scimmia che ti
denuda il sesso di un’apsara
intenta a mirare un cespo di mango
,anche là dove le manifestazioni del dio
dovrebbero essere ancora nirguna, non sia il caso di pretendere che sia
reperibile un concetto anche per questa come per ogni altra immagine, ma che si
debba dare voce al senso estetico e spirituale che non ne sente sminuita la
sublimità assoluta del tempio, sia pure per
bocca di Jane la pazza dell ultimo Yeats, quando al vescovo dice che “
il bello e il sudicio sono parenti, /e al bello serve lo sporco”, con quel che ne consegue.etc etc.
Quanto alle cose che già ci siamo detti, a iniziare dalla
Beganpur Masjid, lei ha assolutamente
ragione, c’è un parco adiacente, che i
miei percorsi per giungervi avevano eluso fino alla sua segnalato, e ‘qui
la ringrazio di avermelo individuato, perché nel mio miraggio , che non
riesco a togliermi dalla testa, di realizzare un giorno una guida per Delhi che consenta
di visitare da soli i suoi monumenti e le realizzazioni architettoniche
ed urbanistiche dell’arte dell India contemporanea, con l uso insieme integrato di metrò e
di autoricksaw, percorrendolo, il parco, *, il giorno immediatamente
seguente il mio arrivo in India, vi ho rintracciato/ individuato l
itinerario migliore per raggiungere a piedi la Begunpur Masjid dalla stazione più a sud di Malva
Nagar.
Purtroppo la mia mente è a scoppio ritardato spesso si attiva in differita, e Lei mi ha
parlato allora invano della vegetazione della Delhi, quando io già ritenevo da
tempo che quella arborea sia l’aspetto
più meraviglioso del paesaggio dell
India, particolarmente nel Madhya
Pradesh, quanto l ocra fulgido dei suoi terreni e delle case dei suoi
villaggi, così come vi si mischia ad
escrementi e paglia e ai manti bovini
Ma in Delhi, più che nei suoi parchi,la vegetazione mi appare affascinante così come resiste o si
diffonde rinaturalizzata? quale boscaglia o ammanto forestale ancora in
Tuglaqabad , come lei ha allora
rilevato, colto all’istante, o lungo l itinerario che ricollega
l’aeroporto di Delhi al suo centro, in Dhuala Kan *( Aerocity area) , e poco distante
intorno al fascinoso issimo Sultan Ghari.
In khajuraho ho già cercato di arricchire eminentemente i suoi itinerari templari con dati
paesaggistici arborei che poi naturalistici lo sono fin a un certo punto,
poichè molte piante sono esse stesse
templi primari, in quanto pepal e bargad, e mi sono avvalso di Jungles tree of
central India di Pradiph Krishen, l’autore stesso di Trees of Delhi che ho
acquistato e non ho ancora avuto modo di leggere, anche per ampliare
botanicamente la mia conoscenza del paesaggio del Madhya Pradesh.
Sul libro poi di Rana Dasgupta, che ho letto su suo
consiglio, credo che sia l’ esito caotico - a immagine e somiglianza della
realtà che rappresenta - di una mente assolutamente geniale nelle sue
intuizioni, specialmente quando individua nell’India alla stregua della Russia
il nostro futuro, ma il rapporto tra i
discorso soggettivo degli intervistati e
dei personaggi e la realtà oggettiva cui
sono sussulti non sempre è adeguatamente
o persuasivamente risolto. Di più non mi sento di dire perchè la sua lettura
più che coinvolgente, è stata per
me sconvolgente, per le poche speranze
che mi consente di nutrire sul futuro che l India riserva alla mia famiglia
d’adozione e di‘elezione, che mi è così cara. Spero solo che sia vero in
molti casi, che gli intervistati abbiano dimostrato ciò che penso di molti, indiani, che ciò che hanno da
riservarti, in ogni caso comunque, è la finzione assoluta sul proprio conto,
Quanto alla sua
storia dell’arte indiana, a rilettura ultimata,
non ho che apprezzamenti da esprimerle ed una sola riserva : perché sia
pure solo a grandi linee, non ha aggiornato anche all architettura il suo discorso sull’arte contemporanea
indiana , se è vero, come mi risulta, visto che l’architettura indiana
contemporanea mi risulta è ampiamente interpretabile, quanto le altri
arti, come un misurarsi, in rapporto alle istanze della modernità e del
post-moderno, tra una loro soluzione vernacolare ed una occidentale,
internazionale e globalizzante?
Gentile signora Cinzia,
le scrivo da
Khajuraho, di rientro da un breve mio viaggio
, al volgere al termine anche di questa mia permanenza in India, per
chiederle se insieme con due mie cose poetiche che nel frattempo ho
composto, posso trasmetterle in allegato il reportage del mio recente
viaggio ad Amarkantak e a Sohagpur, una
delle poche escursioni che da solo, o
con il mio amico Kailash, ho potuto od ho
voluto finora concedermi, pressoché esclusivamente all’interno del
Madhya Pradesh..
Credo che il contenuto che lo contraddistingue possa piacerle e
interessarla, in quanto, indirettamente,
con qualche dilungamento forse di troppo
mi ha consentito di fare il punto sugli esiti della mia ricerca sui templi maggiori di Khajuraho-, non
che sull’arte di provincia che già
avevo rintracciato nei territori
circostanti, e che ho ritrovato in
Amarkantak-
Quanto alle cose che già ci siamo detti, a iniziare dalla
Beganpur Masjid, lei ha assolutamente
ragione, c’è un vasto parco adiacente,
che i miei percorsi per giungere alla moschea avevano eluso fino alla sua
segnalazione, e la ringrazio di avermelo individuato, anche
perché nel mio miraggio , che non riesco a togliermi dalla testa, di realizzare
un giorno una guida per Delhi che con il ricorso insieme a metrò e ad autoricksaw,
consenta di visitare da soli i
suoi monumenti e le realizzazioni architettoniche ed urbanistiche più
rilevanti dell India contemporanea, percorrendolo, poi il parco, il giorno immediatamente seguente il mio arrivo in Iindia, vi ho
rintracciato l itinerario migliore per
raggiungere a piedi la Begunpur Masjid
dalla stazione più a sud di Malvya Nagar.
Purtroppo la mia mente spesso si attiva in differita, e Lei
mi ha parlato allora invano della vegetazione della Delhi, quando io già
ritengo da gran tempo che quella arborea
sia l’aspetto più meraviglioso del
paesaggio dell India, particolarmente
nel Madhya Pradesh, quanto l ocra
fulgido dei suoi terreni e delle case
dei suoi villaggi, così come vi si
accordano sterco animale e paglia e i
manti bovini
Ma in Delhi, più che nei suoi parchi, la vegetazione mi appare affascinante così come resiste o si
diffonde, rinaturalizzata, quale
boscaglia, o ammanto forestale, ancora in Tuglaqabad , come lei ha
allora rilevato, o in numerose altre aree quali quelle che ho
intravisto lungo l itinerario che ricollega l’aeroporto di Delhi al suo centro,
in Dhaula Khuan, e poco distante intorno
al fascinoso Sultan Ghari.
In Delhi, che uno spazio verde residuo permanga intorno ai
monumenti che non conservano sincretisticamente
funzioni sacre, come il Firoz Shah Qota o il Sultani Ghari, è di
incidenza vitale perché sopravvivano integrati alla realtà sociale circostante, sia esso un parco giochi o di ricreazione per gruppi di amici e coppie e genitori e figli,
. come nei pressi felici delle tombe Wazimpur, o delle Bare e Chota kan ka Gumbad, o un appezzamento verde in cui ci si
ritrova per scommettere al gioco o bere
alcolici - come nel riquadro antistante
la stessa Begunpur Masjid- se non anche per consumare stupefacenti, come la tomba Darya Khan Lohani , o pur anche per spidocchiamenti, come le stesse tombe
Wazirpur o la Lal Gumbad ,
altrimenti i monumenti li ritrovi pur se restaurati in stato di assedio
edilizio, letteralmente asserragliati
dai condomini circostanti, che sembrano
come aspettarne solo la resa di una
fatale caduta, ed è il caso della Kirki Masjid. o del mausoleo di Mubarak Shah,
tacendo qui delle tombe e delle moschee nei parchi veri e propri , ove come è lecito attendersi
si popolano di convegni amorosi, non escluso il Purana Qila.
E quanto è accaduto anche a templi remoti del Madhya
Pradesh, che nelle immagini che ne ho ritrovato in archivio apparivano ancora
immersi nella boscaglia, come tanti dei gumbad di Delhi che una volta
costellavano villaggi, e che invece alla stregua di quello di Indoor( Guna
Distt.). , invero magnifico, ho faticato ad aggirare tra i casamenti e i
ripostigli che vi erano sorti intorno, ispirandone anche l inferriata
d’ingresso.
In Khajuraho ho già cercato di arricchire eminentemente i suoi itinerari templari con dati
paesaggistici arborei che poi naturalistici lo sono fin a un certo punto,
poichè molte piante sono esse stesse
templi primari, in quanto peepal e banyan, e mi sono avvalso di Jungles tree of
central India di Pradiph Krishen, l’autore stesso di Trees of Delhi che ho
acquistato e non ho ancora avuto modo di leggere a fondo, anche per ampliare
botanicamente la mia conoscenza del paesaggio del Madhya Pradesh.
Quanto poi al libro di Rana Dasgupta, che ho letto su suo
consiglio, credo che sia l’ esito caotico - a immagine e somiglianza della
realtà che rappresenta - di una mente assolutamente geniale nelle sue
intuizioni, specialmente quando individua nell’India alla stregua della Russia
il nostro futuro, ma il rapporto tra i
discorsi soggettivi degli intervistati e
la realtà oggettiva cui sono sussunti
non sempre è credibilmente risolto, e permane un senso di dismisura ad
oltranza. Inoltre l autore sembra spregiare ogni realtà intermedia tra gli
estremi dell India, mentre che siano
scuole, ospedali o metropolitane, sono dimensioni vitali del suo presente e
futuro.Di più non mi sento di dire perchè la sua lettura più che
coinvolgente, è stata per me sconvolgente, per le poche speranze che mi
consente di nutrire sul futuro che l India riserva alla mia famiglia d’adozione
e di‘elezione. Spero solo che in molti
casi, gli intervistati abbiano confermato ciò che penso di molti, indiani di mia viva
conoscenza, che ciò che hanno da
riservarti, in ogni caso, è la finzione stravolgente sul proprio conto,
Sembra proprio che non abbia ancora imparato da un’esperienza oramai decennale
dell’India, che ciò che gli indiani hanno da offrirti o venderti è soprattutto
la finzione sul proprio conto.
Quanto alla sua
storia dell’arte indiana, a rilettura ultimata,
non ho che apprezzamenti da esprimerle ed una sola riserva , che non sia
di dettaglio: perché sia pure solo a grandi linee, non ha aggiornato anche all
architettura il suo discorso sull’arte
contemporanea indiana , se è vero, come mi sembra, che l’architettura indiana
contemporanea è ampiamente interpretabile, quanto le altri arti, come un
misurarsi, in rapporto alle istanze della modernità e del post-moderno, tra una
loro soluzione vernacolare ed una occidentale, internazionale e ora
globalizzante non che delocalizzante?
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