Nella luce abbagliante di un’alba di marzo
incantevole, erano appena le 6
quando io
e Kailash scendevamo alla linda stazione di Anuppur,
per la quale puntualmente eravamo partiti la sera avanti alle 10, 20 da Satna,
così attenendoci alla
destinazione del nostro biglietto ferroviario benché sul treno, poco prima
dell'arrivo in Anuppur,un viaggiatore ci avesse avvertito che alla futura
fermata di Pendra Road ci saremmo ritrovati a una distanza ben più
ravvicinata rispetto ad
Amarkantak.
Confidavo nel fatto, e Kailash concordava,
che essendo Anuppur il
capoluogo del distretto di
appartenenza di Amarkantak, mantenesse con Amarkantak dei
collegamenti regolari di autobus più frequenti anche
in quel primo giorno della festa di Holi,
nel corso della quale abitualmente i pullmann
seguitano ancora a procedere non procedono lungo le strade dell India
prima di arrestarsi il giorno seguente per non essere coinvolti in
schiamazzi, secondo una norma che vale inflessibilmente almeno
durante il giorno seguente del o dal lancio di polveri e getti
liquidi di colori. Ma quando oltre il bazar su cui svettava un gran
bel minareto, raggiungevamo il semplice spiazzo in
cui consisteva ch’era tutto
quanto in cui consisteva l autostazione, lo trovavamo vuoto e deserto.
Non ci restava che di chiedere del prossimo treno
che fosse in partenza in direzione del Chattisgarh per Prenda
Road, facendo il biglietto di corsa semplice come passeggeri.
Non dovevamo che attendere, fino alle 7, 40, il treno
proveniente da Haridwar e
diretto a Puri, via Bilaspur,
che dopo poco più di mezz’ora di viaggio ci avrebbe consentito di
scendere alla stazione ferroviaria della antecedente Gurela,
che tale è il nome storico di Pendra Road,
il profilarsi del cui centro ci si prospettava come una quinta scenica oltre un arco
d’ingresso. Ma vi si sarebbe rivelata una corsa a vuoto, la nostra in autorickshaw verso
un’autostazione ancora più minuscola e ugualmente priva di autobus che
quella di Anuppur.
Kailash aveva
la prontezza di spirito di proporre allo stesso conducente dell’autorickshaw, quanto
gli prefiguravo
ch’era la sola cosa che ci restasse da fare, ossia di farci condurre da un tuc tuc o
da un’autovettura fin su in Amarkantak,
e per non più di 500, 600 rupie l’accordo con egli era rapidamente raggiunto
Intercettavamo Restava solo da
intercettare un altro
viaggiatore, lungo le strada che riavviava alla stazione ferroviaria, che
al conducente si diceva si
era detto ugualmente intenzionato a raggiungere Amarkantak,
ed eravamo già volti a destinazione nell'arioso mattino.
Vi ci dirigevamo per una scorciatoia che abbreviava
il tragitto da 41
a 28
chilometri , ma a costo di
inoltrarci lungo l'inerpicarsi a poco a poco di una stradicciola secondaria il
cui asfalto era non più che un residuo scrostato tra ciotoli e buche, in un
subbuglio che
più di quanto non mi sconquassasse le interiora, rinfocolava la penosità
dell'emorroide persistente di Kailash.
Attraversavamo diversi piccoli villaggi le cui case
rammemoravano ancora quelle del Bagelkand, prima di ritrovarci
nell'ammanto forestale, non senza che un malaugurato infanticello mi desse
modo di fare esperienza che non ovunque in India la festa dei colori impazza
dopo il rogo di Holika, investendomi nel volto e nei vestiti di una
secchiata di colorante rosaceo.
La boscaglia che si addensava lungo le pendici che
risalivamo, sui fondali di un cielo di un blu smagliante immacolato di nubi, trasmutava in
primavera incipiente l'estate che giù nei fondovalle, nella remota piana dei dintorni di Khajuraho
che avevamo lasciato il giorno avanti , e lungo i pendii del parco di Panna
che avevamo risalito, volgeva già ad un autunno polveroso ed arido, poiché rispetto alla caduta
delle foglie che vi rinsecchivano nelle giungle spoglie e tra i campi che per
la siccità erano rimasti dissodati ed incolti, lungo le erte che il tuc tuc
affrontava veniva prevalendo tra le nuove infiorescenze la loro ricrescita
gemmea , viridiscente o vivida di
tinte sanguigne ed
ocracee, avvivando la luce del
giorno del loro brillio smagliante, nelle piante di tendu e palash che
subentravano in altura fino al farsi dominante ovunque del sal.
Nei divallamenti, casolari sparsi tra radure di
verde.
In Amarkantak, districandoci tra le vie multiverse
del bazar alla cui altezza il conducente ci lasciava, insolitamente ci contentavamo
del primo alloggio in cui ci imbattevamo, per la spaziosità e la
pulizia di camera e bagno mostratici, essendovi l'unica sistemazione
che vi fosse
ancora disponibile con una latrina occidentale, - altri visitatori e turisti
indiani stavano intanto pervenendo in Amarkantak per le festività di Holi-, e bastava una doccia a
ritemprarci, ed a che Kailash mi precedesse alacremente nel tratto di strada che
avviava alla discesa verso l'udgama Narmada, il complesso di templi
intorno alla sorgente del fiume sacro.
Ma erano ancora le due del pomeriggio ed il sito di
culto era stato chiuso a mezzogiorno per essere riaperto oltre le quattro,
così, oltre il loro calcinato biancore incamminavo Kailash verso i templi
Kalachuri che si sopraelevano appresso.
Nel parco archeologico li precedevano un Narmada
kund cui si fa risalire un soggiorno in Amarkantak
di Sankarakarya, ed alcuni santuari postumi. La rassegna di quelli Kalachuri
ne considerava inizialmente due
contigui , in onore l'uno di Shiva e l'altro di Vishnu , entrambi
preliminarmente con una sala mandapa
racchiusa da una balaustrat e sormontata da tetto piramidale phamsana,
ch'era d'accesso ai vestiboli e ai santuari dei templi. Erano essi
pancharatas nelle loro proiezioni parietali come in quelle dei loro sikharas,
che eccezionalmente nel secondo dei templi, quello vishnuita, erano due
quanto i corrispettivi santuari garbagriha perpendicolari. Quindi era
la volta di un mandapika e di un tempio ad esso di fronte che sorgevano alla loro altezza,
entrambi con sovrastruzione piramidale sovra la cella del santuario, poi
più oltre, in discesa, verso l'affiorare delle acque sorgive del Narmada in
polle d'acqua, compariva il Pataleshvar, dalle fattezze simili a quelle dei
due primi templi ma conservatesi più integre. Più in altura si profilava
alfine il tempio che di tutti
si sarebbe rivelato il più fascinoso e interessante, il tempio Karna, che la descrizione
di Krishna Deva prefigurava come comprensivo di tre santuari, e
sapta-ratha, con
sette proiezioni lungo le loro mura e fascicolari dei loro rispettivi
sikharas , uni e trini benché la perdita integrale del
mandapa di raccordo e d'accesso, li facesse risultare l'uno separato e distinto
dall'altro.
La pianta complessa degli stessi primi due templi, del Pataleshwar e del Karna, li faceva risalire a non prima del secolo XI,
ovvero ai
tempi del re Karna Deva, ( 1041-1073), a
dispetto di quanto potevano lasciare intendere la rudimentalità d'intaglio
della pietra granitica in cui erano costruiti e l'ornamentazione che
escludeva statue nelle stesse nicchie dei bhadra centrali e delle
kapili dei
vestiboli, dove in loro vece era intagliato un rombo diamantino floreale,
eccezion fatta per le edicole vuote del solo tempio shivaita,
mentre quello vishnuita pur
ospitava in una delle sue celle i
resti di una statua del dio, sostitutiva di quella
di cui era stato depredato. Si trattava in realtà dell'umiltà architettonica
di uno stile "provinciale" che nell India centrale, come si diede per
quello occidentale pagano della romanità imperiale lontana dall urbe e
poi per quelli cristiani più popolarescamente devozionali, ebbe
a coesistere con quello più sontuosamente raffinato delle capitali religiose
dei regni. Al pari del configurarsi in ruvidi accenti dello stile dei templi Chandella dei dintorni di Mahoba, in
Makarbai. ad esempio, od in Vyas Badhora, o nella loro remota Dudhai* esso al contempo era
di complicanze meno lineari, ammettendo una pluralità di aditi
o di esiti terminali, e ridotto ai minimi termini statuari od ornamentali,
nell'udumbara stesso della soglia d'accesso, dove ricorrevano fluenze di volute in
luogo di un mandaraka nelle fogge del loto, di devoti e gaja simha
di cimenti leo-elefantini ai lati, e quant' altro, nei sakas
dei fregi degli stipiti laterali, ridotti a pochi lineamenti decorativi,
assenti Ganga e Yamuna e qualsiasi assistente delle divinità fluviali, nel
lalata bimba della trabeazione ove in luogo della Trimurti o di
Navagrahas planetari
e Saptamatrikas esibiva in Amarkantak l' eleganza al più un fiore di loto inciso, in
nicchie di bhadras centrali e kapili vestibolari, o
piedistalli di karnas e pratirathas,
che anzichè alle manifestazioni radianti del dio del tempio, od alle grazie di apsaras o alla propiziazione di
dikpalas reggenti, si offrivano solo a simbolizzazioni
ornamentali. Nel loro ad Amarkantak, come nelle Dudhaio Makarbai dei domini
Chandella, primeggiava il rombo
diamantino in guise efflorescenti , così come i pilastri nei mandapas assumevano vaghe
sembianze mistilinee, di profili ottagonali evolventi in contorni circolari,
al contempo in cui altri e le lesene permanevano arcaicamente badrakas, con due vasi
dell'abbondanza ai termini dell'intaglio centrale.
Del complesso di templi Kalachuri di Amarkantak
mi appariva particolarmente fascinosa l'austerità
sacrale del tempio Karna, esaltata dalla sua pietra rossiccia muschiata di
argenteo grigio verde, per la trascendenza della loro matrice hindu espressa dalle sue pure forme
ascendenti, che come nel tempio shivaita di Mahua o in quello di
Indor, o della setta Mattamayura in Chanderi, mi aveva evocato la
stessa sacralità parietale di una pieve cattolica rurale.
Oltre la cancellata io e Kailash potevamo intanto
intrvedere il volto radioso
di Amarkantak, nella luminosità delle acque degli invasi che ne
fronteggiavano gli edifici cremisi scolastici e religiosi, mentre sulla
sommità dei rilievi circostanti ostentava la sua apparizione la mole in
costruzione di un grandioso tempio jain.
Amarkantak ci sarebbe apparsa ancora più luminosa,
già al tramonto, nel candore dei tempietti dell udgama Narmada tra cui io e
Kailash avremmo concluso la giornata, intrattenendoci fino a tardi perchè
proprio quella sera vi si sarebbe svolta la cerimonia di una maha-arti. in
onore della divinità femminile del fiume.
L'indomani Amarkantak ci sarebbe riapparsa nella
stessa luce abbagliante, che sfolgorava splendida sulle sue radure assolate, traluceva
nelle foreste di sal, ove le piante schiumavano efflorescenze tra i brividii del verde
delle foglie, non appena le sommovesse il più tenue vento, mentre tra
i loro ammanti forestali il
conducente di un fuoristrada ci conduceva alle vicine sorgenti del fiume
Soni fino al loro ricadere giù a valle verso oriente, in opposizione al corso verso
ovest della Narmada, che poi seguivamo, dopo gli slarghi di alcuni sarova,
nel suo inoltrarsi quale ancora un rivolo d'acqua tra massi rocciosi,
tra
boscaglie radiose e gli ameni fondovalle in cui pascevano armenti, fino alla sua prima
cascata tra dirupi nel Kapildhara, nel sito di congiungimento tra le catene
dei monti Satpura, Vindhya, Maikal, cui faceva seguito la cascatella cui
incamminandoci discendevamo più in basso . Il nome vorrebbe che schiumasse come latte,
mentre autentico latte secondo il dire di alcuni visitatori provenienti dal Chattisgarh, avrebbero stillato nel primo mattutino le scaturigini che tra
l'immensità delle foreste di sal, sulla via per Bilaspur, erano nei
pressi del Kabir Chabutara e dell'enorme banyan bargad che protendeva poco
oltre verso le pendici le sue immani radici, a commemorare il luogo dove
avrebbe sostato in meditazione il grande mistico poeta.
" Impossibile", sentenziava Kailash, come si erano
allontanati, alla mia domanda ironica se lo ritenesse vero, egli che la sera
avanti si era unito in un battimani al canto Narmadey har che
inneggiava all'energia del fiume come ad una deità femminile.
Ciò che nell'aria spirava di meraviglioso era
comunque l unisono dei nostri animi/cuori, che si sarebbe ricreato anche nel
May ky Bagya dove il conducente del fuoristrada ci avrebbe lasciato, un
grove, un boschetto di alberi di mago e banani quali sono soliti crescere
dove, come in quel sito, corsi d'acqua irrorano gli avvallamenti tra i
monti, e la cui amenità avrebbe indotto la dea Narmada, il condizionale è
d'obbligo, a coglierne un giorno i frutti nel giardino che componevano.
Una lenza al cui magnete abboccavano dei
pesciolini di plastica,
ed un pappagallo meccanico il cui sensore ne animava il canto e le ali al
solo fischio e battito di mani, i regali per il nostro Chandu amatissimo che
sulla via del rientro a piedi non avrei mancato di acquistare, insieme a Kallu, nel bazar
del villaggio che stava riaprendo cessata ogni propaggine possibile
della festa di Holi,
prima del nostro rientro già l'indomani da Amarkantak, che di privativo ci aveva
riservato solo il rigorismo della alimentazione vegetariana da jolies
colonies de vacances o refezione dopolavoristica di hotel e ristoranti.
L’autobus su cui l
indomani mattina, in un cielo ancora sfolgorante d’azzurro, lasciavamo Amarkantak alla
volta di Shahdol,
cui era destinato. per visitarvi
il tempio Kalachuri
Virateshvara nella
contigua Shoagpur,
una volta giunti ad Anuppur ci
lasciava a piedi perché il proprietario ne aveva cambiato destinazione, e
nell'autostazioncina dovevamo attendervi per quasi due ore l’arrivo di una coincidenza diretta a Shadhol,
il primo treno che vi era diretto non essendo in partenza che all’una del
pomeriggio.
Dopo un tragitto sonnolento io e Kailash ci ritrovavamo così
in Shahdol poco
dopo le due.
Ma prima di dirigerci a Shoahgpur era
d'obbligo fare sosta alla stazione ferroviaria per
chiedere dei treni che fossero in partenza per Satna,
o solo per Katni,
enon avendo avuto modo di prenotare in tempo alcuna sistemazione almeno in
sleepers class, data l imprevedibilità dei tempi e dei modi in cui nel corso
di Holi avremmo potuto lasciare Amrkantak, e non potevamo ritrovarci entrambi che in waiting list
su un treno delle 8,20, che sarebbe giunto a Satna sette
ore dopo, quand’era ancora notte.
Con lo
stesso auto-conducente dello
stesso autorickshaw
ci avviavamo quindi alla volta di Shoaghpur,
in una solarità esplosiva ancora luminosa e intensa quale quella di Amarkantak,
nel blu più profondo, non senza avere fatto sosta lungo il percorso in una piccolo bar attavolato all’aperto
per uno spuntino rifocillatore.
Il tempio shivaita Virateshvara di Sohagpur, defilato
di qualche centinaio di metri dalla strada che recava a Rewa,
ci è apparso di primo acchito ciò che si sarebbe confermato a una
disamina più attenta, una replica postuma a tutti gli effetti di quelli di Khajuraho nirandhara ,
senza deambulatorio.
“ E' un tempio Duladeo”
avrebbe concluso liquidatoriamente Kailash con
il suo occhio di una memoria infallibile., che
d'ambo i templi sembrava non apprezzare gran che nemmeno le peripezie cui
sottoponevano una lady in una mithuna acrobatico, se a suo dire/ a quanto ne diceva "
shes's like one chair" , una
prestatrice d'opera, quanto mai fisicamente sottoposta, figurandovi adibita sottoinsù a seggiola,
In realtà, mentre i Kachchhapagata, nel
Kakanmadh in Sihonia, ma non nel tempio Murayat in Kadwaha, , si erano rifatti ai templi maggiori
sandhara , ovverosia con deambulatorio, di Khajuraho, (- nel
tempio eretto in Sihonia, ai tempi di re Kirttiraja ( 1015-35 d. C.) , pur anche
superandoli di gran lunga in grandiosità, e quando è da presumere che ancora non fosse
sorto il Kandarya), . i Kalachuri avevano ripreso in Sohagpur i templi
posteriori Chandella, di dimensioni minori e senza alcun ambulatorio, che ottemperavano pur su scala minore al
nuovo paradigma saptaratha, così com'era era invalso in Khajuraho solo con il
tempio Kandarya, a iniziare dai templi ambulatoriali hindu in grande stile.
Nei templi antecedenti Lakshmana, e nel Vishwanath, solo sussidiariamente, nella parete interna del sanctum che dava
sul deambulatorio di cui i templi necessitavano appunto per l occorrenza,
si era adempiuto al canone, ancora pancharatha, di 5 proiezioni per il
jangha come per il sikhara, per dare spazio piuttosto, sulle pareti esterne dello stesso mula prasad, alla
continuazione della galleria iniziatasi lungo le pareti del primo mandapa
,
delle nove immagini di sette divinità planetarie più Ganesha e Durga, o
delle saptamatrikas in più lo stesso Ganesha e Shiva Virabhadra.
Il tempio di Sohagpur, era quindi
una conclamazione imitativa della appagatività del nuovo canone saptaratha
così invalso, nei modi in cui nel Devi Jagadamba, o nei templi Chitragupta, Javari, o
Vamana, Chataurbuja o Dukladeo, era stato trasposto in formato minore ma in piena osservanza
esterna diretta anche lungo le pareti del jangha del santuario del tempio, sicchè alle proiezioni del madhya lata centrale, delle
anurathas laterali sussidiarie, di pratirathas e di
karnas del sikhara venivano a corrispondere nel
jangha parietale il bhadra con ripristinata all esterno nell'edicola del
rathika una manifestazione radiante del dio interno alla cella,due pratirathas ausiliarie con apsaras e un
karna d'angolo per parte con i Reggenti dikpalas protettori del tempio, i
salilantaras dei recessi ospitando vyalas rampanti ed erotici
mithunas,
quali controcanti terreni delle glorie celestiali.- rispetto all inottemperanza esteriore della norma dei templi Lakshmana, Vishvanata,e
solo per certi versi risolta nel Kandarya,per cui il jangha del mulaprasad non differisce da quello del
mahamandapa e ad esso si uniforma, quanto al mandapa, nell'albergare in subordine,
nelle edicole dell'adhishthana, le immagini in serie di divinità planetarie o
di saptamatrikas.
Nel tempio di Sohagpur, come già nel Jagadambha
in Khajuraho, erano rientrate le pretese sfarzose del Laksmana, del Visvanatha, del
Kandharya, di
sollevare sul podio ed il plinto il tempio al suo interno, elevandone il dio
e le sue manifestazioni che vi si rinvenivano ad un livello
superiore a quello delle manifestazioni del divino nelle divinità planetarie navagraha o
delle saptamatrikas che cosmicamente vi procedevano intorno
nelle nicchie ribassate dell'adhisthana sicchè nel
mandapa del
Virateshvara, che la rovinosità del tempo in terremoti più che
in devastazioni umane aveva fatto si che finisse conglomerato con
l'ardhmandapa che lo precedeva, la balconata della finestra del transetto
sorgeva allo stesso livello di kura, kumba e kalasa del podio
dell'adhishtana, sopraelevandosi egualmente su bitha e pitha,
zoccolo e plinto, di modesto risalto, costituiti da una prima modanatura con
rilievi di petali di loto, da un pattika di volute astratte con
takarikas, da un karnika con un fregio sottostante di
ardharatnas triangolari, un pattika di
rosette.
Le balconate erano invece
costituite da un rajasena* di rombi diamantini, da un vedika di
apsaras
alternate a vyalas, come in Khajuraho a onore del vero non è dato di vedere,
di una asanapatta di più minuscoli rombi e e coronata da dei
kuthas a guisa di
pidhas di tetti piramidali, del kaksasana- schienale decorato da una
alternanza di phalakas e di fusti di bambu abbinati, a memoria delle origini
lignee della balconizzazione di sale o transetti del tempio. Un fregio
superiore di volute intersecantesi ultimava il tutto.
Tre ordini di sculture si
succedevano lungo la kapili del vestibolo dell'antarala e le pareti del
mulaprasad, i loro corsi albergando statue di divinità entro nicchie nell'eminenza di
kapili e badhra centrale, sui pilastri* dei
pratirathas e di karnas le
apsaras e i dikpalas e gli astavasus , nel terzo corso guizzanti
vidyadharas, mentre i recessi dei salilantaras erano alquanto miscellanei,
ospitando come un dio minore effigie di Vishnu o di altre divinità, insieme
con vyalas e mithunas quanto mai arditi o spinti, per lo meno
acrobaticamente. Nelle nicchie principali dei bhadras campeggiavano a sud un
Shiva bellamente Tripurantaka, a occidente Shiva Nataraja, a Nord una
terrifica Chamunda.
Un verandika di due
pattikas istoriate di
volute vegetali , che precedevano ratikhas di smaglianti rombi floreali
cui faceva seguito che precedevano
a loro volta il loro minuscolo inserto in un frontoncino a guisa di
sukanasa, era l intestazione del sikhara di stile sekhari,
bello più che nello
slancio ascensionale, longilineo e snello, in quello dei suoi addendi di
sikarikas. Li costellavano/ aggruppavano i due urahsringas o
urahmanjiari centrali, affiancati nel loro primo
grado rampante da quello di uno sringa, per ogni proiezione del jangha,
il penultimo duplicato da uno sringa di grado superiore, in quello penultimo, tra
vyalas e apsaras, e schiuse floreali,
ascendenti ancora finanche lassù.
Krishna Deva che del tempio ebbe
ad occuparsi in Temples of North India, eludendone la riconsiderazione nel
suo Temples of India, nella sua impeccabile sintesi descrittiva del tempio,
di appena mezza paginetta soltanto,
ebbe pur l'acuzie di rilevare come il sikhara sia così
tall and slender,
alto e slanciato, che dei due livelli di sringas o sikarikas "
so attenuated in height and bulk", " the upper attached spires hardly reach
half the height of the main spire " ( pg.50-51)
Amalaka, chandrika, ancora due
amalasarakas, kalasa e il vijapuraka,
a guisa di agruume, oltre il collo del greva il coronamento
finale.
L'interno riservava l unica
conferma alla pre-dizione di Kailash che il tempio fosse simile al Duladeo,
presentandosi come ottagonale e volto in una pseudo-cupola , con gli sporti
di resti di cariatidi apsaras , un tempo ad ogni spigolo
d'ottagono
Il portale d'ingresso mancava
della soglia originaria, non di certo di Ganga e Yamuna ai piedi degli
stipiti, che in flessuosa tribhanga si lasciavano affiancare da attendenti e
dvaparala Bhairava tremendi, uno dei due con katvanga teschiuto.
Esse fornivano il loro supporto
a sei bande di sakas tutt'altro che di sola ordinanza, se nello
stamba saka
centrale albergavano divinità in luogo dei più consueti mithunas, tra due
sakas di ganas o gandharvas musici e danzanti, preceduti all interno da una
banda di eleganti roselline e una di naga intrecciati in guisa di nodi,
all'esterno seguiti da un saka di fiori mandara e da un fregio
dalle forme più in rilievo di pelli rinsecchite di serpenti
More insolito, al centro della
trabeazione di un lalatabimba nient'affatto trimurtico, Shiva Nataraja era sfrenantesi tra Sarasvati e Ganesha, così
come le loro immagini contrappuntavano la sua centralità anche all esterno,
nelle kapili, mentre con
al centro Ganesha in una
sola fascia superiore sembravano sfilare delle chausat yogini , con Ganesha
a capeggiarne la processione se era vera la sola supposizione che mi
sembrava di poter raccogliere come valida dal guardiano del tempio, sempre
che non si trattasse delle saptamatrikas e dei navagrahas, con Ketu e Rahu
nascosti in una rientranza rispetto ai muri laterali.
Non senza
avere prima sostato ad acquistare frettolosamente anche una t-shirt per Chandu,
che al telefono aveva sapientemente chiesto a me un giocattolo, e a Kailash un
capo di abbigliamento, a me kilona, a Kailash kaprà,
senza entrambi i quali non avevo l'animo di varcare la soglia di casa e di
attentarmi a farmi rivedere dal bimbo, ci saremmo ritrovati ancora in waiting listing di
ritorno alla stazione di Shahdol,
sul treno, su cui comunque salivamo nelle carrozze per passeggeri..
Nemmeno il tempo di sistemarmicisi, che vi avrei ritrovato un indiano non ancora attempato con cui mi ero imbattuto nel Mukunpur park, vicino a Govindgharh. Egli per prima mi aveva riconosciuto, ma con uno sguardo inquietante che avevo disconosciuto, fingendo di non sapere di alcuno zoo-safari di tigri bianche
Nemmeno il tempo di sistemarmicisi, che vi avrei ritrovato un indiano non ancora attempato con cui mi ero imbattuto nel Mukunpur park, vicino a Govindgharh. Egli per prima mi aveva riconosciuto, ma con uno sguardo inquietante che avevo disconosciuto, fingendo di non sapere di alcuno zoo-safari di tigri bianche
Le buone ragioni che avevo di eluderlo le avrei appurate
quando mi sono ricreduto e l’ho
riavvicinato, dicendomi confuso dal suo riferimento a un safari, quando in Mukunpur mi
ero solo recato in visita a delle gabbie delle tigri.
Era in realtà folle dell insanità mentale
di chi pensa di
sapere tutto di tutti e che negli altri ci sia sempre qualcosa che non va. Poteva
dirmi nome e cognome del mio accompagnatore, l ora esatta e i minuti primi
, se non i secondi del mio arrivo in Mukunpur,
ma, a proposito, perché mai, io che ero uno straniero, mi trovavo a viaggiare
solo in passenger class
con un general ticket? E poi
ero sulla direttrice più propria per arrivare a Khajuraho,
dove dicevo di volermi recare? Ed il mio passaporto, il mio visto, di sicuro erano in
regola?
Scendeva a Umaria,
dopo che frastornato me n’ ero distaccato, non potendone più di tanto di
sostenere un indiano che non sa chiedere di te senza condurre un’indagine,
come non reggo che con un certo nervosismo gli indiani che non sanno chiedere senza dare ordini, o chi di loro una ne dice, un’altra ne pensa, ed un’altra
ancora è invece pronto
già a farne. Kailash,
che avevo convocato perché confermasse al cospetto dell uomo
quanto gli avevo detto sul mio conto, dalla sua discesa in Umaria ne arguiva
che fosse una guida o una guardia forestale del vicino Bandhavgarh park,
che degli altri passeggeri avevano arguito fosse alcolicamente su di giri, secondo la sola
spiegazione che la generalità degli indiani sa fornire degli stati di
esaltazione od alterazione mentale.
Non si sarebbe rivelato così penoso come
ci si prospettava alla partenza il viaggio in general class,
- si trattava di un treno che collegava solo due stati-, né sarebbe stata allucinante la sosta nella stazione ferroviaria di Satna fino
a qualche decina di minuti prima che gli autobus fossero in partenza per Chhatarpur,
o più tardi per Khajuraho.
Preferivo prendere quello per Chhatarpur che
avrebbe richiesto una sosta in Bhamitha,
dove mi ripromettevo di
comperare kaprà,
abiti anche
per Poorti ed Ajay.
L’alba mattutina era di un chiarore
lattiginoso che ci preannunciava il ritorno nel grigiore campestre di una Khajuraho riarsa
dalla siccità, ove il verde incupiva nell’ocra dei terreni dissodati ed
incolti e delle stoppie dei lasciti dei coltivi già raccolti, nei campi che
avevano potuto beneficiare dell’acqua di un pozzo, tra le distese fulgide
delle messi di grano non ancora mietute.
“ Tutto in Amarkantak era
luminoso, ed ora tutto si è fatto cupo e grigio /fosco” All in Amarkantak was shining and now it's dark”
riassumeva Kailash al
nostro transito nella foresta riarsa e secca di alberi
di teak- sarsoon,
del pulverulento parco di Panna dove l’estate vestiva i panni di un autunno
inoltrato, nell’ ammanto di foglie secche che ne rivestiva i declivi a
spogliazione avvenuti degli alberi .
Ritrovandoci in Khajuraho,
dopo Amarkantak, come
al capo opposto del palo polare dell’Eden che vi avevamo lasciato.
( cfr il velo della veronica di Yeats.)
( cfr il velo della veronica di Yeats.)
Kallu,
my best friend…
Really?
My best ennemy if
you prefer
Sulla via del rientro dal Mai ki bagya,
poi all’udgama narmada
Kailash potrò
esser il tuo miglior nemico, ma è da due giorni che
lascio che tutto avvenga come nel modo che può farti felice. Visitati i purana mandir ho
lasciato a te l ultima
parola su ogni luogo dove recarci , cercando di offrirti il meglio di ogni
cosa che mi è possibile qui in Amarkantak,
di trarti fuori per alcuni giorni di seguito da ciò che per te è il nostro
mondo di Khajuraho”
la fascinosità della
pietra rossastra muschiata di grigio verde del tempio Karna
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