Una volta, di Natale
Ripropongo questo stralcio delle memorie che ho raccolto di mia madre
" A onzar al sproc",
"La stalla era una manna durante l'inverno, c'era caldo, si stava bene, ma quando andavi fuori bisognava che tu ti intortigliassi tutta, perchè c'era un freddo, ma un freddo, che quando cominciano a dire adesso di un freddo polare, ma dov'è questo freddo polare? MI ricordo allora dei freddi che non s'apriva la porta della stalla,,per la condensa, che dentro c'era caldo, e fuori dei candelotti di ghiaccio che duravano mesi attaccati ai coppi. Con delle sere, delle serenate di stelle, dei freddi asciutti che si stava da Dio, anche se era veramente freddo!
Al caldo dei filò nelle stalle, c'era gente ch'era brava a contare le favole, non avevano mai finito, ci mettevano i gesti, ci mettevano tutto il loro modo di fare, e noi altri avevamo gli occhi fuori della testa...A volte venivano anche in due a contare le storie, venivano anche quelli che cantavano, con la fisarmonica, ma quelli che cantavano si facevano vedere anche d'estate, erano i canzonettisti che andavano anche per i mercati, ora ci sono dischi, ma allora essi avevano i librettini delle loro canzonette.
Poi sempre d'inverno, dieci, dodici giorni prima di Natale, arrivava in gruppo della gente di piazza,veniva con un legno fatto a punta, e diceva di volerlo fare ungere: " Andem a onsar al sproc". Questo significava che dovevi ungergli quel legno con qualcosa, che tu dessi a loro del maiale, delle salamelle, un pezzo di grasso, di pancetta, che loro infilavano su quel legno che restava unto, e mettevano poi in una loro sporta. Intanto che arrivavano e che aspettavano che tu venissi fuori, sentivi che ti cantavano la loro cantafola, vediamo se ora me la ricordo, ah, si. " In quella Santa Notte dell Oriente/ che tutti i masa al porco e mi n'g'ho gnente/ La luna la luseva e'l can baiava/ per testimone a gh'era un can de paia".
Era tutta gente di piazza, tutta povera gente, dei cameranti, che non poteva ammazzare il maiale, ma quella sera , chi dava loro un cotechino, chi una coteca, e così arrivavano a casa con la cesta piena di roba di maiale, la coteca più buona la si teneva allora da parte, perchè con questa si facevano fagioli e coteche, e la si cuoceva nel brodo, per questo quella gente accettava anche delle coteche, e le infilavano sul legno, dello " sproc"
Questa era la filosofia dell " onzar al sproc", in " Quella santa Notte dell Oriente"
Ripropongo questo stralcio delle memorie che ho raccolto di mia madre
" A onzar al sproc",
"La stalla era una manna durante l'inverno, c'era caldo, si stava bene, ma quando andavi fuori bisognava che tu ti intortigliassi tutta, perchè c'era un freddo, ma un freddo, che quando cominciano a dire adesso di un freddo polare, ma dov'è questo freddo polare? MI ricordo allora dei freddi che non s'apriva la porta della stalla,,per la condensa, che dentro c'era caldo, e fuori dei candelotti di ghiaccio che duravano mesi attaccati ai coppi. Con delle sere, delle serenate di stelle, dei freddi asciutti che si stava da Dio, anche se era veramente freddo!
Al caldo dei filò nelle stalle, c'era gente ch'era brava a contare le favole, non avevano mai finito, ci mettevano i gesti, ci mettevano tutto il loro modo di fare, e noi altri avevamo gli occhi fuori della testa...A volte venivano anche in due a contare le storie, venivano anche quelli che cantavano, con la fisarmonica, ma quelli che cantavano si facevano vedere anche d'estate, erano i canzonettisti che andavano anche per i mercati, ora ci sono dischi, ma allora essi avevano i librettini delle loro canzonette.
Poi sempre d'inverno, dieci, dodici giorni prima di Natale, arrivava in gruppo della gente di piazza,veniva con un legno fatto a punta, e diceva di volerlo fare ungere: " Andem a onsar al sproc". Questo significava che dovevi ungergli quel legno con qualcosa, che tu dessi a loro del maiale, delle salamelle, un pezzo di grasso, di pancetta, che loro infilavano su quel legno che restava unto, e mettevano poi in una loro sporta. Intanto che arrivavano e che aspettavano che tu venissi fuori, sentivi che ti cantavano la loro cantafola, vediamo se ora me la ricordo, ah, si. " In quella Santa Notte dell Oriente/ che tutti i masa al porco e mi n'g'ho gnente/ La luna la luseva e'l can baiava/ per testimone a gh'era un can de paia".
Era tutta gente di piazza, tutta povera gente, dei cameranti, che non poteva ammazzare il maiale, ma quella sera , chi dava loro un cotechino, chi una coteca, e così arrivavano a casa con la cesta piena di roba di maiale, la coteca più buona la si teneva allora da parte, perchè con questa si facevano fagioli e coteche, e la si cuoceva nel brodo, per questo quella gente accettava anche delle coteche, e le infilavano sul legno, dello " sproc"
Questa era la filosofia dell " onzar al sproc", in " Quella santa Notte dell Oriente"
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