Con me e Kailash solo all’atto della partenza ho avuto la certezza che sarebbero venuti a Vyas Badora Chandu e Poorti, con il cuginetto
Ayush, mentre Ajay, nel dubbio fino all' ultimo se prendere parte al viaggio o
restare , per prepararsi al meglio per l esame l indomani di matematica, si
decideva alla fine di dedicarsi ai suoi studi.
Il conducente ci aspettava ai bordi del talab, che aggiravamo in direzione di
Rajnagar, nel primo mattino di una luminosità inebriante.
Stando alle indicazioni dell’autista evitavamo di
intraprendere la strada più lunga e
frequentata che passa per Londi, il suo fondo essendo dissestato per i lavori in corso, e
intraprendevamo quella che si dipartiva sulla destra del centro di Rainagar,
che dal suo abitato reca direttamente a Chandla, il cui manto asfaltato pur se scrostato non risultava particolarmente disagevole.
Nei campi erano ingiallite pressoché tutte quante le
messi, che erano state largamente già
mietute nei coltivi di colza , la cui
spianata di stoppie si alternava alle maree di spighe di grano, tra i mahua, e le himli, ed altre frondose piante nella distesa
sconfinata. Scabre brulle radure rocciose preannunciavano i rilievi di pietra che si sarebbero succeduti
nei loro cumuli di massi
ammonticellati, dopo un villaggio
di seguito all’altro, le murature delle cui case erano congiunte come muraglie
impenetrabili di ammattonati infuocati.
Ai rivi del tratto iniziale susseguivano talab in prossimità
dei rilievi, fino all arrivo in Chandla verso mezzogiorno.
La sua via centrale era stata asfaltata rispetto alla volta
precedente, ed i suoi negozi ora si affacciavano nella luce del giorno sulla
vitalità che ne gremiva il percorso, in un
traffico incessante di uomini e animali
e mezzi di trasporto . Dopo una sosta per bere e ristorarci, ci riavviavamo svoltando sulla destra in
direzione di Vias Badora, da cui ci separavano ancora otto chilometri soltanto, solo metà dei quali erano costituiti
fortunatamente dalla strada principale divenuta sterrata nei solchi del
suo fondo, mentre era scorrevole, e
asfaltato, il tratto restante che si dipartiva sulla destra e che ci recava
infine a Vias Badora, nel suo dispiegarsi attorno alle pendici di un rilievo, tra le distese circostanti di campi, di pannelli
di sterco e di sementi stesi al sole su massi e macigni.
Svoltata la china del cole, nei nuclei restanti dei loro sikharas ci apparivano infine i
templi gemini dedicati al dio Shiva , oltre la spianata che preludeva ai
campi che si perdevano verso il Ken
river e i monti all’orizzonte.. I bimbi erano gioiosi finalmente di scendere, in Kailash c’era un fervore insolito
nei suoi giorni feriali.
“A quanto risale?, mi chiedeva, giunti all’altezza del primo
dei portali.
“ Gli storici dell’arte
dicono che è stato costruito dopo i templi di Khajuraho, senz’altro è
così stando ai portali, le dee Ganga e
Yamuna hanno corone appuntite come le apsaras del tempio Duladeo di Khajuraho,
che è forse l ultimo, ma tutto il complesso mi lascia nel dubbio”
Quell’ornamentazione così grezza, in cui primeggiavano i
rombi dappertutto, che non dava spazio ad altre statue che nelle nicchie
inferiori del basamento, tutto del resto dei templi faceva
pensare a una loro origine invece anteriore, che li riconduceva allo stile
provinciale di quelli di Dubhela, dei tempi in cui i Chandella erano ancora feudatari dei Pratihara di Kannauj-
Dicevo dei miei dubbi accresciutisi a Kailash, gli avanzavo l
ipotesi che i portali fossero stati apposti posteriormente, ed egli era pronto
a rinforzarla, con l’acutezza di cui si fa fervida la sua mente quando è coinvolta e cooperativa” E’ vero, basta considerare il materiale, tutto il
tempio è di granito, mentre i portali sono di arenaria”
E in modo toccante s’infervorava
a mostrarmi quali immagini scultoree
ritrovasse più belle, lungo lo stipite del secondo portale le offerenti sulla
nostra sinistra, mentre del primo rilevava la superiorità delle figure sovrastanti.
E che non mancassi di fotografare
l’oculo gremito di nuvole celestiali in
cui era privo della copertura conclusiva il soffitto circolare, uguale al
primo, delle seconda delle due sale di ingresso ai duplici santuari.
Quanto a Poorti e Chandu era già appagante che fossero divertiti di aggirarsi
nel tempio, che si prestassero a individuare le dee Ganga e Yamuna grazie ai
loro veicoli animali, il coccodrillo makara e la tartaruga, che nello stipite
sapessero riconoscere entrambi Ganesha e l’uno di seguito all’altra Saraswati
con il suo vina., e lasciavo pure che Poorti si addentrasse nel santuario del
garbagriha, per farsi fotografare nella nicchia
che un tempo albergava uno Shiva lingam.
Quando ritornavo nella sala che precedeva il secondo dei
santuari, dalle riprese fotografiche dell’esterno dei templi, ritrovavo Kailash,
Chandu e Poorti , il cuginetto dei piccoli e il conducente, che vi avevano
steso una stuoia come tovaglia e imbandito il cibo e le bevande del nostro
pranzo, e quando vi ero di ritorno dalle
riprese interne, vi ritrovavo, amabili come non mai, Kailash con i nostri
piccoli intenti in una siesta pomeridiana, che alitava un venticello che
spirava nelle sale.
Poorti e Chandu, con
Auysh, mi avrebbero preceduto nella visita dei due templi sottostanti, di cui
mi interessava rivisitare soprattutto il secondo, un tempio Chausath Yogini che
differiva da quelli più tipici, per l’accesso su tre lati al deambulatorio che circondava il santuario centrale, mentre sul quarto lato,
prospiciente, si stendeva la spianata di una piattaforma con i resti di quattro
tempietti agli angoli, cui due rampe davano accesso.
Ritrovavo nello stipite del portale di accesso al tempietto centrale il
motivo arcaico che mi aveva talmente intrigato la prima volta, e che avrei rinvenuto poi persino nei tempietti Kalachuri di Amarkantak, che identificavo ora in una stilizzazione geometrica del rigoglio
naturalistico del vaso dell’abbondanza d’epoca gupta. Ne avrei chiesto conto a Kailash, senza trovare
conferma della mia ipotesi, quando ci siamo inoltrati sulla via del ritorno al
tempietto che precede il villaggio e tale motivo l’avrei rinvenuto nel corrispettivo stipite
d’ingresso, in cui lo ricordavo inciso dai tempi della nostra prima visita.
Mi allontanavo quindi lungo la strada che continuava tra i
campi , fino a una curva in cui, come avevo supposto r,isultava essere l’interno
di un tempio l’edificio che avevo intravisto. Esso era
costituito da una sala che due pilastri interni bastavano ad articolare in un
deambulatorio intorno al sacrario centrale.
Era oramai l'ora di ripartire quando facevo rientro ai
templi. Per il tramite di Kailash chiedevo all’autista di attenderci all'uscita
dal villaggio, lungo le cui arterie mi
incamminavo con l’amico, per rivederne l’esterno delle case di malta, i
vicoletti e gli slarghi che componevano. Kailash sopraggiungeva dopo di me
presso un cumulo di resti di statue che provenivano dai templi più a valle, mi
precedeva presso un tempio all’aperto di Durga, la cui immagine rinvoltolata in
un drappo egli suggeriva che potesse essere una di quelle delle 64 Yogini, nessuna
delle quali era sopravvissuta, nel suo ratika,
lungo le pareti del tempio ad esse dedicato.
E quando raggiungevamo insieme il mandir che precede l
ingresso nel villaggio, egli aveva gli occhi che mi mancavano per intravedere
all’interno dell’alta cella i resti di una statua di Hanuman, presumibilmente
disseppelliti dal cumulo degli avanzi, del saccheggi, che erano stati interrati nelle fondamenta ora sottosopra.
A Chandla, nella calura pomeridiana, non c’era verso di
potersi fermare a bere, un plotoncino di persone ch’era il rimasuglio tardivo delle feste di
Holi minacciava l'incolumità dell’autovettura, se avessimo fatto sosta in centro in una locanda, così dovevamo seguitare senza ristorarci lungo la
via ora magnificamente asfaltata che conduceva a Londi, per ritrovarvi i il tempietto di Hindorawari che
durante la nostra prima visita aveva intraveduto all’andata il solo Kailash.
Nel suo sikhara superstite, a 7 km di distanza da Chandla, all'ingresso del villaggio lo avvistava per primo l'autistae. Una stradina tra i campi conduceva al tempio me e Kailash con i
piccoli al seguito.
La sua natura granitica, spoglia di ogni ornamentazione che non fossero i risalti geometrici, come quella
di due tempietti che vi sorgevano a lato, affrettava la conclusione della
nostra visita.
I piccoli avevano preceduto me e Kailash in autovettura,
ed anche ai loro occhi, oramai assonnati, il tramonto del sole fra i campi e i
dirupi montuosi avrebbe differito il
rientro gioioso e malinconico nell ordinarietà.
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