Che dolce languore ora assonna i miei giorni,
qui ove mi riconduce servitù d’amore,
qui ove mi riconduce servitù d’amore,
nel sole che
intorpidisce con la lena gli affanni,
leniti gli attriti e gli screzi,
sopita l’inanità di intenti,
qui ora al largo dell’esistenza, tra le pareti domestiche,
dei flutti di morte del ventre degli inferi,
dove tra gli ultimi e
ai piccoli dare vita ai grandi pensieri ,
nel godere di ogni cosa mentre tu la stia la stai si sta
vivendo,
degli occhi stellari di Chandu che tornano a cercarti di nuovo
solo per altre dieci rupie,
“ one plus zero zero “ la sua mente indiana dopo avere
invano tentato a chiederti,
la tua mente, ipnotica,, che come la sua,
che ora non sa che incantarsi di una luce perpetua,
con la ruota che nel
mela round ricompie il suo giro
di luce
tace la distesa della pianura ove già il grano rifulge/ s’indora
gli stupri di bimbi aggallanti nei pozzi
Né cessarono uomini e animali di berne alle acque bere alle fonti,
o le adombrarono con i campi di rami e di foglie,
non altrogloria oltre le nubi e gli astri o nei casolari e tra i campi
non altro
che al fuoco nel freddo o all’ombra nella calura il ridursi memore
e tra il viavai per Amausia ( Shivaratri )sui passi di danza
anche se cantiamo per sordi,
e non risponde la giungla,
intanto raccogliamo endo la residua voce a che diciamo lo stesso
pur pochi versi soltanto
della fine degli infelici amori di Mohammad
il cui eccesso
di cui rabbrividisci ai tuoi trascorsi /che ti rammemora i tuoi
per un nulla non fu la stessa sua fine,
appesosi ad un
gancio, nei farmaci cercando un
veleno letale,
.
Come profetica fu l’ansia dei versi
quando per lui, mio piccolo principe,
fra ogni altro ragazzo il più bello e da te amato di
tutti,
paventavano il dipartirsi per la sua rosa nel più lontanante dei viaggi.
“Ora è la morte che
mi è amica ”/ “ Ora è con la morte che ho amicizia “
sospira superstite
tra il lucore lacustre/ il suo sospiro superstite tra il lucore lacustre
Nello specchio rotto ch’ora è la sua vita
sullo smartphone una
Lakshmana rekha. insuperabile
separando ora la
sua dall imago di lei
finchè in lacrime
s’infrange anche la sua estrema illusione
all’averla vista con
un altro, che con lui si baciava
“a torto le ripetei io ti lascio,
io che non posso vivere senza di lei,
di lei nei suoi ok senza più amore,
come Dio che si fa
gioco di me, della mia povera vita,
ed ora me ne andrò lontano da qui in Kanpur, senza più fare
ritorno,
dal mio amico gemello di me di un’ora più giovane,
da lui e dai suoi che mi amano tanto,
o con il mio amore di lei
io distruggerò la mia vita,
avranno fine tre poco
i miei giorni”
Cui sono un appiglio ora gli esami,
al cui esito perché abbia un futuro, con la virtù lo addestri inyano all
inganno,
nel tacito assenso nel dissenso a che copi le prove
dopo avergli/ne invano corrisposto pagato gli studi
fu per il troppo suo patimento degli affanni di amore e
miseria
la sua scusante tra le tue braccia
e invano
richiamandolo , sedatone il tormento,
nell ipnosi a una tepida calura di ogni furia del sangue
con gli armenti fai ritorno al tramonto sulle tra le
selve di grano
tra i bufali e le capre camuse saziate dai pascoli,
ricolmi dello scorrere d’acque i rivi tralucenti,
tramati di viridi chiome i fondali i declivi
nel declino del sole
più abbagliante,
e voi o Divini celesti,
Cerere e Bacco, Parvati o Shiva,
Padre dei nostri ritrovati giorni,
Di nuovo sperando
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