domenica 4 ottobre 2015

Un altro pizzino di Gino per una mia poesia del 1983

Un altro pizzino di Gino per una mia poesia del 1983
Il biglietto di Gino è dato dalla metà di una carta d’invito all’inaugurazione di un’esposizione che si tenne nel Padiglione di Arte Contemporanea di Milano tra il 20 ottobre ed i primi di novembre del 1983, quando sindaco di Milano era Carlo Tognoli. Con una penna d’inchiostro vi scrisse il commento più penetrante e di più alto apprezzamento delle relazioni di congruenza in un mio componimento tra la forma metrico-sintattica e quella dei significati, nel loro bilanciamento strutturale L’assenza di ogni suo riferimento ai contenuti semantici del testo in esame, e le revisioni apportate in seguito alla sua scansione in versi, non mi hanno impedito di identificarlo, grazie al ricordo che avevo della sua consegna, in virtù dell’apprezzamento di tale poesia, per la sua decifrabilità, che mi espresse Sosi, la moglie di Gino, e per il riferimento nel commento di Gino a tre versi di citazione che vi fanno da perno, che sono la voce di Elena di Troia di fronte al rispecchiarsi nella sua sfiorita bellezza- Liberty-mitteleuropeo l’immaginario del testo, con echi pascoliani
Autunno che disfiora
Autunno, che disfiora,
brume che sfumano i deliri e le eclissi,
il vanire di che fu incanto
ora al tramonto degli incendi,
eppure al suo scempio
ad uno specchio
la sua voce di un tempo
a trasalirvi:
" E come già io potei,
dagli uomini,
essere rapita per due volte..."
Nel velame d'anime nei parchi
erme che persistono solitarie,
nero in un abito di smog
fra un cadere fragile di foglie;
in destini d'ombre sempreverdi
gli impeccabili espianti.
Autunno che disfiora
Autunno, che disfiora,
brume che sfumano
i deliri e le eclissi,
il vanire
di che fu incanto
ora al tramonto degli incendi,
eppure al suo scempio ad uno specchio
la sua voce di un tempo
a trasalirvi:
" E come già io potei,
dagli uomini,
essere rapita per due volte..."
Nel velame d'anime nei parchi
erme che persistono solitarie,
nero in un abito di smog
fra un cadere fragile di foglie;
in destini d'ombre sempreverdi
gli impeccabili espianti.
Il commento di Gino Baratta
Mi sembra che sia assai ben bilanciata strutturalmente: nella successione si hanno quattro blocchi di versi: quattro versi di referenza, di semanticità esplicita. Quindi quattro che costituiscono castone, emblema. Tre di “citazione” da … rimemorazione: quasi un perno. Ancora tre versi che fanno da pendant ai primi; infine, due versi: emblema.
Il movimento è di alternanza: da una semanticità esplicita ad una più ambigua e meno dichiarata. La dove la semanticità è più manifesta i versi chiudono; al contrario, dove il senso è alluso, o comunque, interrogativo, il verso apre. Alternanza anche a questo livello.
Rispetto alle cose ultimissime che mi hai passato, “questa” mi sembra più risolta, proprio in relazione ad una minore densità, o, in rapporto, ad una densità meglio distribuita da parola a parola, da parte a parte

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