“You are like a bargad,” “sei come un banyan,” mi dice
Mohammad,
tra un seguito e l’altro, con la Laila di cui è Majdun,
in riva al talab dei capitoli del libro dell’amore
che insieme stiamo compitando con le sue parole di ragazzo,
il primo che insegna che l’amore è vita,
il secondo che è cieco, il terzo che è pericoloso,
il quarto che è follia,
il quinto che è solitudine e richiede distanza, se è
speciale.
“ E perché sarei io un banyan?”, gli chiedo schermendomi
con inquietudine curiosa,
per la natura epifita dell’albero,che a insegna dell India,
sino a farsi gigantesco splendore
nel suo germe cresce strangolando
la pianta che l’ospita
“ Perché come un banyan con la sua chioma
tu copri e proteggi
la vita di noi tutti”,
con quali mai aeree radici protendendomi al suolo,
quando del fratello del mio cuore, per lui l “oncle”, devo
farmi il guaritore ferito, che ne fu l’ infettante,
perché la luce dei giorni non oscilli della sua stessa follia,
tanto più se l’eccedenza elargitaci
l’acqua amara è dell’offerta della gelosia,
per cui torna a farsi lupo quando s’intenebra la mente
con le frigide ombre cui cede
il dolce lume dei
giorni
mentr’io m’illudevo a un incanto dei miei anni finali
che Mohammad fosse la delizia di noi tutti
“così ora eccomi Babbà bargad, scherzo e rido con il ragazzo,
in attesa, nel sole che tralucendole tramonta sullo specchio
delle acque,
che sia la volpe che
ama il Chota Raja Kumari
che al mio Piccolo Principe riveli il seguito che riserva
amare una rosa .
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