giovedì 27 dicembre 2018

27 dicembre 2018


Dopo oltre un mese, in India
 In un  dicembre indiano  di una mite luce,  ricordo come oramai remoti e distanti  i giorni febbricitanti della mia partenza dall Italia ai primi di novembre, agitati dall’ansia  se ce la potessi fare ad  affrontare il viaggio, nel mio invecchiamento aggravato dalle crisi fisiche che erano insorte.  Due volte mi aveva appena costretto al  ricovero l’ipertensione, preannunciata dai miei affaticamenti anche nel percorrere piccoli tratti di strada della mia città, dal non potere più procedere senza essudorazione.  Con le gambe che mi vacillavano ad ogni gradino, ce l’avrei fatta sotto il peso dei bagagli a raggiungere la stazione, l’aeroporto, nei contrattempi ed affanni delle soste intermedie e dei cambi dei tragitti e dei voli,poi  a muovermi in Delhi e a raggiungere la stazione di Nizamuddin per il treno della sera per Khajuraho? O durante il viaggio sarebbero insorte di nuovo vertigini e nausea e vomito? Era la trepidazione freddolosa di chi pure presagiva che il cimento, una volta affrontato e superato con tutte le avvertenze del caso, nel lasciare l Italia e nel transito per Mosca come nelle traversie per raggiungere in Delhi Pahargangj, si sarebbe disciolto nella dolcezza brumosa dell’India anche dove sui suoi rifiuti gracidano corvi,  nel primo  mattino in cui si rianima la sua capitale,  nella gioia al risveglio di  ritrovarmici  tra  Kailash e i nostri  bambini avviati alla scuola, anziché solo tra le mie stanze in Italia, a fronteggiarvi la mia vita come se già vi  fossi nel mio loculo mortuario ,  di  ordinarvi a poco a poco le opere e i giorni  mentre nel cortile accompagna il mio risollevarmi e riprendermi  l’acciottolio delle stoviglie che sta lavando Vimala. Immaginavo che in giorni tranquilli non avrei dovuto che confermare nel lavoro o nella scuola intrapresa  Kailash, Chandu, Poorti edAjay,  avevo già  assegnati i miei ambiti di ricerca e le mie possibilità di viaggio, e  solo Mohammad supponevo che restasse problematico, ma  perché credevo che dovessi forzarlo a restare a Khajuraho finchè non fosse guarito dall’infezione che aveva contratto lavorando in Delhi in uno stabilimento chimico,  mentre egli avrebbe voluto ritrovarsi al più presto nella capitale, ed in quanto temevo che l’intensificazione del nostro rapporto l’avesse già condotto al fallimento, sotterrato soggiacente al  fatto che solo io avessi tentato di riprendere dall’Italia i nostri contatti,  e che le poche volte che mi aveva risposto fosse stato  come per scherno o rancorosa disperazione, come quando era in Delhi afflitto dal male e senza niente e nessuno. Invece i primi giorni che mi sono felicemente ritrovato in Khajuraho è stata  la più gioiosa delle sorprese che egli ogni mattina e di pomeriggio mi abbia invitato a casa sua o  tra meravigliosi campi cinti da altissime piante, perché stessimo insieme a discutere di grandi cose come dei nostri casi immediati, luminoso e sereno nei suoi tratti in cui si era accentuata  l’insorgenza dell uomo  nei suoi aspetti infantili e giovanili. Già in Delhi, in brevi magnifici giorni mi era stato dato di ritrovare nella nuova biblioteca nella nuova sede immensa dell’Archaelogical Survey non solo i testi che ricercavo su Kalinjar, ma con il frutto del suo lavoro raccolto in volumi ed in un agile libretto l’archeologo che aveva condotto le indagini più approfondite sui templi di kadwaha  cui intendevo fare ritorno in un mio viaggio e nei miei studi, e di prendere contatto con lui. Ed in  Khajuraho  non avrei potuto ricevere accoglienza migliore da Kailash e i nostri cari, come da chi mi ci rivedeva nel viavai quotidiano o tra i propri clienti abituali. E se per le mie ristrettezze economiche dovevo adattarmi a trascorrervi quasi tutti i miei giorni in India- finora me ne sono allontanato per un giorno solo per recuperare dati ed immagini dei templi hindu in granito di Doni, una  escursione insieme ad Ajay che è diventata una vera avventura, per lo stato della strada interamente distrutta per il suo rifacimento, che reca a Doni da da Nowgong -, una breve diversione sulla sinistra dal tratto di strada che reca al Chausat Yogini Mandir mi faceva scoprire nella stessa Kajuraho il basamento di un tempio che ancora ignoravo, la pagina in merito di Krishna Deva mi poneva sulle tracce dei resti di un tempio jain ancora più a sud presso il ristagno di un fantomatico tal NIshoi che non ho ancora ritrovato, e le festa a fine novembre in onore di Kartikkeya mi dava l’occasione di inoltrarmi di villaggio in villaggio lungo la strada che reca alle  Raneh Falls, e di unirmici alle luci e ai colori delle donne che celebravano puja in onore del dio della guerra. Mohammad era in vena di celie amabili e deliziosamente divertenti, al Madur cafe quando credevo che volesse magnificarmi come un  sadu nella mia indianizzazione, dicendomi che non ero un uomo occidentale, era invece per schernirmi che fossi come un adivasi , un  selvaggio aborigeno, per il modo in cui leccavo con la lingua anche lì involucro di un delizioso muffin. “ Dovresti rivestirti di foglie di alberi” soggiungeva sarcastico. Felice in tanta familiarità di essere pur sempre e ancora il suo guru di elezione, gli ho chiesto tra le altre cose se fosse ancora muslim. e “ muslim o non muslim, mi ha risposto, io sono un essere umano innanzitutto”. Mi inquietava soltanto che avesse iniziato a fumare mariuana,  e che non si trattasse solo del residuo delle scorte che ne aveva fatto in Delhi, dove era stato il padrone dello stabilimento in cui lavorava ad averlo avviato a consumarne, le sere in cui gli chiedeva  di restare con lui nell’appartamento che si era creato nella fabbrica, facendogli anche bere alcol e saggiare le sue prostitute. Era ancora giovane  e non intendeva sposarsi,  gli aveva detto che  voleva cambiare pietanza ogni sera per cena. Aveva un bel ripetermi che non  assumeva marjuana e alcol  per assuefazione, che poteva smettere come e quando voleva. Di fatto lo ritrovavo ogni volta con i suoi amici abituali e intento con loro a fumare di nuovo, sapendo come rifarsi a chi lo approvvigionasse di droghe ed alcolici,   pur senza avere in tasca una rupia.  Sapeva benissimo così facendo che cosa volessero farne di lui, ma si sentiva padrone del gioco, laddove io solo avevo esperienza di come ne uscisse trasformato. Il decorso ero lo stesso  che aveva manifestato Kailash. Non riusciva a farne a meno in preda all’angoscia per la sua situazione, al ritrovarsi senza lavoro e senza un soldo in tasca, tra famigliari insofferenti della sua realtà,  in uno stato iniziale di evasione scherzosa in un mondo ludico. Mi invitava allora a che anch’io ci provassi , per amicizia, poi per amore, chiedendomi di farlo di nuovo perché non aveva ben visto quanto il fumo l’avessi aspirato.  Quando a distanze di ore o di giorni lo ricontattavo,   dopo che egli era andato ben oltre, specie con l’alcool , come Kailash non aveva che parole d’odio e  di  crudeltà ricattatoria,  prive di qualsiasi affetto e gratitudine.  Dietro le sue professioni di dolore esacerbato sapevo fin dall’inizio che si nascondeva una richiesta di denaro, che non sapeva a chi altri rivolgersi che gli appianasse il debito che aveva contratto per recarsi per lavoro una prima volta a Delhi, ma  come con un sorriso conciliante lo invitavo ad essere esplicito, si ritraeva e affondava il morso, dicendomi che non mi preoccupavo che di questo, che volevo solo disfarmi di lui perché nonb mi pesassero più le sue richieste, che lo trattavo solo come un mendicante e che lo facevo sentire tale. “  Questa è l ultima volta che  ci vediamo.” Oppure “ ti telefono per l ultima voolta solo per dirti ancora questo”  “ Non voglio più vedere la tua faccia…”. Così è stato soprattutto quel giovedì in cui  si è fatto vagabondo, dopo avere litigato con i suoi  perché a suo dire a differenza di quando lavorava lo facevano sentire un peso, e per la collera lui aveva stracciato le proprie vesti e degli abiti del padre e del madre, rendendosi irreperibile. Al Madhur cafe dove di sera mi aveva dato una sorta di ennesimo ultimo appuntamento, mi ripeteva che sarebbe rimasto lì al freddo per la tutta la notte, senza più una famiglia o una casa cui volesse fare ritorno.  Ma appena l ho assicurato che l’indomani  avrei pagato  in parte il suo debito,  tutto è rientrato nell’ordinario, ed ha mosso subito  i suoi passi verso la dimora di un amico  in  cui ha pernottato. Come Kailash puntualmente  non ricordandosi più nulla l’indomani, di ciò a cui aveva esposto  le persone più care mettendo a dura prova il loro amore ed affetto.  Come Kailash  nei suoi riguardi,  dicendo le cose  che potevano più ferirmi ed essere più atroci sul suo conto. “ Tu sei solo un suo schiavo,” his gulam”, lui è il tuo re, “ he’s you king for You. Ti sta solo usando, come ti stanno usando tutti coloro che sono di Khajuraho. Prima beveva ed ora spende al gioco i tuoi soldi”. Come se il fare esperienza, il vivere la vita come una prova che ti tempera , ti rivela a te stesso nel  metterti  a cimento e ti fortifica o ti fa cedere, sempre al bivio tra resistenza e resa, per cui lo avevo invitato a vivere la miseria che no  lo aveva ancora stroncato come una sfida permanente che gli riproponeva la sua vita quotidiana, -al che con la crudezza del suo realismo affamato mi aveva replicato in tutta risposta “ come se nei negozi mi offrissero cibo e vestiti in cambio della mia esperienza!...-,  come se tale intendimento del destino che mi ha legato di fatto per sempre a Kailash,  non  fosse  già di  per se esposto alle più dure e scorticanti delle verifiche. Già quando ero in  Italia  avevo appreso per il tramite di insinuazioni malevole di M. che Kailash  stava acquisendo un terreno per costruirci una casa, tramite una rinuncia del padre a  favore di Vimala dei fondi governativi che gli spettavano  come contadino- barbiere, secondo una  nuova legge nazionale voluta da Modi, che obbligava in tal senso i  vari Stati indiani. Ho voluto vedere  quanto prima tale appezzamento, che era quanto Kailash non aveva ancora fatto,  a riprova che tale iniziativa l’aveva piuttosto subita che assecondata.  Mi ci ha portato Ajay a vedere il terreno,  situato in una zona che più che  al  tempio al dio Vamana , come Kailash mi aveva affabulato, era prossima ai miasmi  e  agli acquitrini di un’umidità infestante di insetti del Tal Ninora. Kailash mi aveva detto di una colonizzazione o urbanizzazione imminente dell’area, ma tranne una o due dimore ancora in costruzione in cui erano già insediant i loro abitanti, tra sentieri sconnessi che inoltravano tea l incolto circostante, e  pali e  cavi di energia elettrica a centinaia di metri di distanza , di tale urbanizzazione del tratto di terreno in cui Kailash avrebbe potuto delimitare il suo appezzamento non vi era traccia alcuna.  Co n Ajay cercavo di minimizzare lo scoramento, dicendogli quale mia prima impressione e referto che in ogni caso era davvero il caso di non avere fretta, di aspettare. Ma il procedere delle mie considerazioni si faceva impetuosità di giudizio. “ E qui come potranno giuocare e avere amici Poorti e Chandu? Di qui chi li accompagna a scuola o al mercato?  Chi viene in soccorso in caso di aiuto? L ‘area è davvero pericolosa, specialmente di notte..” Conclusione di Ajay, che bisogna aspettare almeno 20 anni perché vi avvenisse una colonizzazione, mia, a più corto raggio, che per insediar visi avrebbero dovuto ridursi tutti quanti nella condizione di tafarias, insediati tra lamiere, stracci e cartone, e che il terreno si prestava piuttosto solo per essere  coltivato. Il giorno seguente inducevo  Kailash ad accompagnar mici, perché constatasse di persona  a che cosa aveva consentito, contando ovviamente sul mio contributo indispensabile per portare a compimento l opera che aveva lasciato intraprendere Tra una constatazione cruda e amara e l’altra aveva modo di farmi pervenire a sapere che occorrevano  prima o poi  50.000 rupie per  ultimare l’acquisto.  Mentre seguitava a parlarmi come se non mi mettesse  alle spalle al muro di fronte a tale fatto compiuto, vaneggiando di  quali ortaggi o leguminose o cereali  potesse impiantare nel terreno, mi faceva sapere di un altro terreno  del quale  con il padre aveva trattato in precedenza, in un’area in cui c’erano già insediamenti e servizi, e dove avrebbe preferito stabilirsi, perso il tempio Duladeo., lasciandomi costernato quando mi diceva della ragione oppostagli dal padre a cui aveva ceduto, a parte il fatto non irrilevante che il proprietario del lotto di terreno, ch’io ben conoscevo, chiedeva di meno ma non nei termini di pagamento dilazionati delle autorità di governo “ E poi mio padre non voleva  perché tutto intorno vi erano dalit”.  E  dire che in Sewagram viviamo  dirimpetto a una famiglia di fuori casta lavandai e di musulmani agiati.  Ma il colpo più duro era ancora di là da venire e ad infliggerlo sarebbe stato Ajay.  In capo a una settimana,  si era alla fine di novembre,  mi è toccato di accedere alla mia banca  tramite internet per ricaricare la mia carta prepagata,  per anticipare e mandare a buon fine gli accrediti di abbonamenti o i miei acquisti di e-books.   Alla videata delle mie carte di  pagamento  scopro che è stata usata due volte una mia carta di credito, quando io ho fatto ricorso unicamente ed esclusivamente alla più recente delle carte di debito.  Risalgo immediatamente facendone consapevole Kailash all unico  autore possibile del  furto, Ajay, reo confesso di ritorno da scuola,sotto l  incalzato dal fare furibondo e minaccioso di Kailash, alla stregua di un agente di polizia più che del padre che così spesso ha mancato di essere nei confronti del figlio. Ajay l’avrei invitato la sera al lassi corner per un chiarimento e un atto riparatorio, ma la sua contrizione pentita era quella di un cobra, avrebbe riparato  andandosene via per lavorare,  manco parlarne di riavere indietro quanto potesse recuperare dell’ammanco infertomi di oltre 200 euro, non era certo disponibile a dirmi  come quei soldi li avesse spessi, se non che doveva risarcire i danni arrecati a un’auto guidando la motocicletta di un compagno, resisteva di fatto a strenua difesa di quel che aveva commesso, e n capo a un giorno si sarebbe già ravveduto di ogni pentimento. Quel che di certo voleva in quegli istanti era sottrarsi alla vista del padre,  talmente lo sentiva maldisposto nei suoi confronti, e ne aveva ben le ragioni,  Kailash era giunto a brandire un coltello da cucina che non era certo l’arma più propria per ucciderlo, disperato di avere un figlio diciottenne su cui non era lecito fare alcun affidamento,  in  cui non nutriva alcuna fiducia e in cui avvertiva più lo scoglio di un problema  disperante che un figlio da amare, nei confronti del quale benché fosse arrivato all undicesima classe seguitavo io stesso a incollerirmi spazientito,  accertando che non fissava niente di niente del corso di biologia che gli tenevo, a dispetto della mia passione per protisti, o monere, vedendo che per parte sua non assumeva alcuna iniziativa, né di tenere aperto il nostro negozietto di handicrafts né di aiutare il  fratello in difficoltà,  o la madre a fare ricorso alla lavatrice.
Certo,  per placare il furore disperato di Kailash e farlo rinsavire non era solo un rito d’obbligo rinfacciarli le nostre mancanze di fiducia e di amore nel figlio,  quanto  avessimo approfittato del suo non chiedere mai niente e privarsi di tutto,  era la verità salutare su cui non potevo però  contare nei tempi brevi,  talmente la sua mente cadeva sconvolta se gli riferivo altre mancanze  del figlio, che mi avesse richiesto di approfondire le differenze tra scissione e fusione nei processi riproduttivi, per poi andarsene via per conto proprio.
“ Io lo uccido! Lo uccido! “ era giunto a gridarmi di fronte all’hotel dove lo avevo raggiunto.  Er’ stato per me istantaneo ricordarmi di quando al telefono, alla morte di Sumit, era riuscito a dirmi poche dopo il decesso del nostro Bimbo” Non poteva morire Ajay al suo posto?” “ Kailash  è stato bene che tu abbia detto a te stesso quello che senti.  Non devi sentirti male per questo. Ancì’io ho tante volte voluto che mia madre  morisse,  mi sono augurato che vecchia com’è la finisse di ridurmi in miseria per il suo mantenimento, ma usare la mente e il cuore è un’altra cosa.  Pensiamo insieme piuttosto al da farsi per Ajay” Ha finalmente compreso insieme con me che non possiamo più far crescere Ajay senza soldi e senza senso di  responsabilità nell’usarli, comìio non posso pretendere  di lasciarlo a stecchetto e poi deplorarlo che benché abbia scelto biologia come specializzazione non abbia inteso niente di niente della fonda mentalità in natura e per noi stessi della fotosintesi clorofilliana.
Quanto a Chandu pur con tutto l amore che in me suscita questo figlio del mio cuore , non ho potuto più di tanto nel volgere in burla  piangiucchiando sul fatto che il mio Chandu fosse a donkey, un  vero somarello, di fronte agli esiti catastrofici di certi esami intermedi, ancora zero/ cinquantesimi e 2/ cinquantesimi nei dettati di hindi e di inglese. Ed io che confidando nelle mie contromisure educative, annacquate nella polpa zuccherina del mio adorarlo, gli avevo  acquistato lo spartphone delle sue brame….
Mohammad , di suo,  seguitava a mostrare ogni sintomo di peggioramento restandosene in Khajuraho., seguitando a bere e a drogarsi, finanche una pistola è riuscito a farsi concedere da un amico, con nel cuore lo strazio che riemergeva per le nozze imminenti della sua  Mouskan. Né le cose miglioravano a seguito del suo duplice andirivieni da Kanpur, nell’andare a prendere e riaccompagnare parenti,  una vera e propria stoltezza dei suoi  genitori, che così vanificavano ogni mia sollecitazione a che raccogliesse lì’invito a trasferirsi a lavorare in un hotel di lusso di Sagar, fornendogli un diversivo .Da Kanpur mi raggiungevano le solite sue invettive di cui si sarebbe dimenticato del tutto il giorno dopo,  nell’esercizio lucido e crudele di addebiti e rampogne, che prima di ripianargli il debito contratto per recarsi una prima volta a  Delhi,  avessi voluto accertarmi che per sanarlo non si fosse servito  dei soldi che gli avevo trasmesso per pagare ad Abbaz l’affitto mensile del deposito  in un suo vano dell’arredamento dell’ufficio del bapuculturaltours, ritenendomi in dovere di  rimettere per lui il suo debito se  lui avesse rimesso i miei soldi ad Abbaz, che  nel dargli i soldi per recarsi in Kanpur, poco più di 300 rupie, mi fossi doluto che non li avesse richiesti o potuto richiedere a l suo ricco parente bilal o all’ancor più ricco Abbaz. Perché non avevo creduto alla sincerità dei suoi propositi, quando un anno fa,  volto dall’alcol al pentimento delle sue malefatte, mentr’io lo trattenevo dal picchiarsi sul volto mi confessava quanto mi avesse derubato delle mie rupie nei corsi di tutti questi anni?
“ Io voglio seguitare a fumare mariuana e a bere alcool fino a morire”  “ O il carcere o la morte” “ ho sentito tutta la voglia di aggredire qualcuno pur di fare mio il suo denaro”---
Ma domenica scorsa  al lassi corner mi parlava un Mohammad Anas meravigliosamente già uomo,  che mi chiedeva di aiutarlo a raggiungere  Delhi  per un secondo tentativo di trovare lavoro che sarebbe una vera occasione, se quanto gli è stato ripromesso corrispondesse al vero: un impiego come supervisore d’0area nell’aeroporto di Palam in Delhi, 14.000 rupie di stipendio, vitto e alloggio  e cure mediche assicurati. Se nulla interviene a stornarci partiremo tra due ore in treno.  Dico e penso questo perché poche ore fa, quando è stato da me mi ha confessato quanto  Muskhan sia ancora infissa nel suo cuore, se è perché la lontananza lo induca a dimenticarla la ragione principale che lo induce a volere andare via da Khajuraho.  Benchè lei ami il suo futuro marito, a quanto lascia credere,- sarebbe altrimenti una tragedia-,  è stata con lui al telefono da mezzanotte fino alle cinque, per chiedergli di non amare mai nessun altra, una volta che lei sia sposa, perché  lui è ancora  qualcosa” nel suo cuore. “ Ancora qualcosa’ ho fatto eco- Solo ancora qualcosa?”  “ Le ho chiesto anch’io , che voglia dire solo ancora qualcosa”. Lui riesce ancora a ingelosirla, se per averle finto di amare un’altra  ragazza,  neanche cinque minuti dopo lei l’ha ricontattato al telefono. Siamo ancora tra i due alle scene incendiarie, alle dichiarazioni reciproche di voler uccidere l un l’altra,  a lui che prende sul serio le parole di lei e si presenta al suo ingresso di casa nel cuore della notte con un proprio coltello, per uccidere prima lei e dopo lui, senza che lei, affacciatasi in alto, abbia manifestato alcuna intenzione di aprirgli l’uscio di casa.
“ Ma oggi sono come un robot”, mi ha detto per tranquillizzarmi,
“ Anch’io- ho celiato. Nel ripetermi  sempre che è il mio dovere fare si che tu parta, fare si che tu parta, quando poi senza di te”, amore mio.
Le ultime cose che mi ha detto Kaiulash, che ieri ha propiziato l’acquisto dei nostri biglietti, è stata di lasciare 400 rupie ad Ajay  prima di partire. Certo , non senza avergli prima raccomandato di anticip 
infiorescenze e l’introduzione alle biomolecole. Ajay è stato di ritorno di li a poco con due confezioni di riso al curry.
Solo che Kailash seguita a non credere ai miei vaticini,  e a riconciliarsi nel fondo del suo essere con Mohammad, quando come gli ho detto ancora prima, gli ho confidato che Mohammad ha tutta la stoffa per diventare ricco e dare aiuto a tutti noi quanti.
“ li conosco i ricchi. Il mio padrone d’hotel non  lascia una sua sola rupia ai poveri”
Io credo invece che Mohammad dica il vero, ciò a cui aspira e che si avvererà, quando mi promette che un giorno mi compererà una Ferrari.







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