Voi non considererete più
alcun giro di perle
una volta considerato
lo stile della mia espressione
Chiunque sia qui re
o ministro
Che me ne importa, sono un fachiro sovrapensiero
Essendo venuto a Delhi di questi tempi
Non ho visto quegli amici
Se ne sono andati un po’ troppo presto
Son io sopraggiunto un po’ troppo tardi
Ero un soldato allora, sono un ascetico ora
Ahimè! Così(è come)
ho consumato la mia gioventù.
In una così breve notte,
Assolvendo Quanti ingannevoli ruoli.
Loro,
il cui dominio attestammo
Da un capo all’altro del paese,
Nessuno ne fa più il
nome
Ladri, borseggiatori, Sikhs, Marathas,
Re e mendico, tutti quanti coloro
Che hanno bisogno di pace sono i soli
Possessori di nulla, povertà è ora la sola ricchezza.
Jahanabad è ora una rovina
Ad ogni passo, c’era
una volta
Qui una casa.
I miei occhi in lacrime sono ora un canale
Il mio cuore straziato è come la città di Delhi.
E così ce ne andiamo da questa casa di idoli,
Mir,
Forse qui ci rivedremo
ancora , se Dio
Ci riporterà indietro.
Le strade di Delhi erano come pagine dipinte,
Ogni vista che vi vidi sembrava una pittura
Tu chiedi delle mie origini. O popolo
Del’Est,
Schernendo la mia povertà e di me ridendo?
Di Delhi, che del mondo era la città privilegiata,
Dove non si raccoglievano che gli eletti
Di ogni genere di vita,
Ora predata dal Fato e ridotta a deserto,
Io sono un residente di quel sito in rovina.
La testa che è così fiera
Nel portare oggi la corona,
domani grida di cordoglio la coroneranno
nel suo vero posto.
La desolazione di Delhi
era di gran lunga migliore
Che non Lucknow
Vorrei esservi morto
Anziché essere qui
scampato.
Il mio cuore e la mia Delhi siano pure
Ambedue in rovina
C’è ancora del
diletto
In questa casa
straziata
Lungo la strada del desiderio anch’io
Avrei voluto malamente cadere,
ma questi miei piedi rotti
mi tennero eretto.
Ogni foglia ed ogni pianta sa del mio stato,
Solo il fiore ignora, ciò che tutto il giardino
Ben conosce.
Confortare i cuori afflitti certo non usa
Nella città della bellezza,
altrimenti anche l ingenua amata saprebbe bene
quale sia la cura di questa pena.
Grazia, Fedeltà, Gentilezza e Favore, - nessuno
Qui ne sa nulla
Scherno e gestualità, segni e allusioni-, questo solo
essi sanno.
Divenni come un fachiro,
e con questo grido
Ora mi congedo:
Sii felice, amico mio, è la mia preghiera.
Un tuo solo baluginio mi ha trasvolato in estasi,
tu mi hai reso distaccato dal mio io.
Avevo un desiderio immenso di visitare il tuo vicolo
Ed ora me ne ritorno ravvivato nel sangue
Ho consunto la mia
fronte in prostrazione
Ho pagato il mio debito di obbedienza
Fino a qual punto ti
ho adorato,
O Idolo,
Ti ho reso Dio agli occhi del mondo.
Oh, la tenerezza delle sue labbra
E’ come il petalo di
una rosa.
O Mir, in quegli schiusi occhi sognanti
C’è il tossico di un
vino stagionato.
Come dirti che cos’è l’amore?
E’ una malattia dell’anima, una sventura, quest’amore.
Mir, ti vedo farti pallido,
Dimmi, anche tu sei ora preda d’amore?
Due miei ghazal
Se non è per scherno e umiliazione
Egli ti cerca solo per
soldi.
E tu non cercarlo per niente al mondo.
Battuto sotto il tuo calpestio
Lascio che sia se tu mi dici
Che è il tuo cuore distrutto che mi distrugge
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