sabato 23 giugno 2012

Prima egloga indiana- revisione ( Paro upkar)


Prima Elegia Indiana

Qui dove la tigre che ti fronteggia
è il pupazzo di stoffa di Chandu,
e nel dolce lume il gioco e il canto
sono la felicità di bimbi tra l’immondo
che lieve brezza (qui) ti riconduce,
(vi) trattiene i tuoi giorni tra sibili e incanto
prima che cedano al sonno ed ai silenzi,
(popolati ) inquietati dai ladri ,
della luna sui terrazzi e gli orti di Sevagram,

cum complexa sui corpus miserabile nati
lo stesso colpo di tosse nell'ultimo nato
e già è il tremendo del sereno
di cui i muri (vi) sono assorti nei giorni,
tu vi schiudi il cuore e le braccia
e quanta delicatezza tenera
discopri nel morso
ch’è il calore della schiusa di piccoli cobra,

mentre non hai più altra vita, che questa,
che ti adempia o ti smentisca per sempre,
deus nobis haec otia fecit
tra gli strilli e il pianto o il crollo di schianto
dove (qui) il villaggio riposa all’ombra dei nim,
nell’attesa del rientro al tramonto
dalla giungla di bufali ed ox,
quando di febbraio è già è estate
e la senape ingiallisce i campi,


tutto si è consumato nella tua remissività ad ogni oltraggio
da che cedendo cedesti la gola per il taglio a Kali Bhairavi
e potesti lasciare il tormento delle aule
dove chi è rimasto rimarrà ancora più a lungo

ed altrove, qui in India,
eccoti di già sulla via del ritorno
con l’amico sotto le stesse fronde ospitali dell’himli,
in lontananza sfumando i declivi
dove alle acque del Ken discendono i boschi,
e le propaggini rive del parco vi approdano ai giunchi,
“Vedi, come il fiume senza farne uso e ricevere offerte
dona la sua acqua a pecore e cervi,
così l’albero ci dà la sua ombra”,
sotto la quale possiamo ancora indugiare
dicendoci disvelandoci che cosa  sia tra noi sia paro upkar,

è nelle vicinanze il tempio di Chattarbuja
che preannuncia la nostra antica città,

poi conterà solo andare avanti,
e sarà questo il nostro canto più alto




















……………………………………

Nessun commento: