giovedì 24 settembre 2015

A Cinzia Pieruccini

Mantova 24 settembre 2015

Gentile Cinzia
Pieruccini, sono Odorico Bergamaschi, e già le scrissi a
primavera da Khajuraho , riferendole di me e dei miei intenti in
India, ed inoltrandole due miei testi allegati. Nel frattempo, al
rientro in Italia, qui a Mantova, ho terminato il report del mio
viaggio a marzo nel distretto di Shivpuri, che per me ha comportato la
descrizione dettagliata di non meno di una ventina di templi, quelli Pratihara di
Sesai, Terahi, Mahua, Indor, Keldar, quelli Kachchhapagatha di
Surwaya, Terahi e Kadwaha, questi ultimi per lo più
riconducibili, insieme con i loro mathas, alla setta shivaita- tantrica?- dei
Mattamayura, come il tempio meraviglioso che avevo già visitato nel villaggio di Chandrei,
al confine estremo del distretto di Sidhi.

Tali testi necessitano
di ulteriori revisioni formali, ma credo che solo lo scritto sul tempio shivaita di
Terahi, e forse anche quello sul tempio mirabile di Indor, richiedano un approfondimento anche di
raffronti e di analisi, in quanto il loro sikhara si presta ad
essere ulteriormente considerato nei termini in cui Adam Hardy ne ha desunto la
morfogenesi.

Si è così stabilita
come una sorta di osmosi amorosa tra me e tali  templi e tempietti, dei
quali spero di essere stato in
grado di commutare in sinteticità descrittiva l'unità compositiva, grazie al
ricorso imprescindibile alla loro tipologia triratha o pancharatha,- cui mi ha
relativamente sorpreso che nel suo volume "The temple architecture of India", Adam Hardy non
faccia mai riferimento. Per me è stato di viva soddisfazione
svolgerne anticipatamente l'analisi con la terminologia e la
metodologia che ho finora conseguito, e solo a posteriori
raffrontarla con la schedatura più sommaria di Krishna Deva, o con
la descrizione  più esaustiva di R.T. Trivedi, constatando quanto fossi felicemente in
grado di correre da solo, eccettuata qualche incertezza nell'identificazione iconografia di alcuni gruppi statuari.

Al grado cui sono
giunto della mia interiorizzazione spirituale ed estetica dei templi hindu,
ritengo che una loro descrizione sia appagante se nelle replicazioni frattali dei loro elementi, di
cui l'edicolarità è solo un aspetto, ne coglie l'unità
architettonica di cui dicevo, che evita che la loro profusione emanativa si manifesti
come dispersiva.

Al mio rientro in India, tra  un mese, intendo ultimare la descrizione dei templi Jain Adinatha e Gantha, in
Khajuraho, e mettere a fuoco, in uno
scritto breve, le ragioni del passaggio dalle forme architettoniche
del tempio Lakshmana a quelle davvero perfette del tempio Kandariya,
così come credo di averne colto la determinazione, nella
necessità non solo formale di far corrispondere il numero dei latas del
sikhara  e quello dei rathas effettivi del jangha, in presenza di un
bhadra che aveva raggiunto l'estensione di una finestra-balcone. 

Farò inoltre un
sopralluogo ulteriore nei vari siti di templi Chandellas esterni a Khajuraho, edificazioni religiose che  gli storici dell’arte,
nei vari testi critici che ho finora indagato, mi sembra si siano limitati a citare senza
decifrare quanto i templi di Khajuraho si rifacciano ad esse o ne divergano.
Intendo, così rivisitandoli, aggiornarne l ’analisi che già ne ho svolto in forme ancora
acerbe, in un generale avanzamento di grado del livello
interpretativo di tutti i testi che finora ho prodotto sui templi
del Madhya Pradesh, per quanto possono consentirmelo un affinamento degli
strumenti critici ed un’acquisizione più piena delle tipologie  di Adam Hardy.

Ajaygarh e Kalinjar
poi, con cui cimentarmi di nuovo, senza disporre di altro supporto
effettivo, quanto ai templi che vi sussistono, che tre scarne righe di testo di Krishna Deva, e i templi
Kalachuri, con i quali terminerebbe l'opera .

Gentile Cinzia, posso descriverle, in
una lettera ulteriore, l' attuale  situazione calamitosa, in cui mi ritrovo ad
operare, dei beni culturali nel Madhya Pradesh? 

Cordialmente

Odorico Bergamaschi


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