martedì 28 marzo 2017

in Vyas Badora, il 15 marzo 2017

Con me e Kailash solo all’atto della partenza ho avuto la certezza che sarebbero venuti a Vyas Badora Chandu e Poorti, con il cuginetto Ayush,  mentre Ajay, nel dubbio fino all' ultimo se prendere parte  al viaggio o restare , per prepararsi al meglio per l esame l indomani di matematica, si decideva alla fine di dedicarsi ai suoi studi.
Il conducente ci aspettava ai bordi del talab,  che aggiravamo in  direzione di  Rajnagar, nel primo mattino di una luminosità inebriante.
Stando alle indicazioni dell’autista evitavamo di intraprendere la strada  più lunga e frequentata che passa per Londi, il suo fondo essendo  dissestato per i lavori in corso, e intraprendevamo  quella  che si dipartiva sulla destra del centro di Rainagar, che dal suo abitato reca direttamente a Chandla, il cui manto asfaltato  pur se scrostato non risultava  particolarmente disagevole.
Nei campi erano ingiallite pressoché tutte quante le messi,  che erano state largamente già mietute nei coltivi di colza , la cui  spianata di stoppie si alternava alle maree di spighe di grano, tra  i mahua, e le himli,  ed altre frondose piante nella distesa sconfinata.  Scabre  brulle radure rocciose preannunciavano i  rilievi di pietra che si sarebbero succeduti nei loro cumuli di massi  ammonticellati,  dopo un villaggio di seguito all’altro, le murature delle cui case erano congiunte come muraglie impenetrabili di ammattonati infuocati.
Ai rivi del tratto iniziale susseguivano talab in prossimità dei rilievi, fino all arrivo in Chandla verso mezzogiorno.
La sua via centrale era stata asfaltata rispetto alla volta precedente, ed i suoi negozi ora si affacciavano nella luce del giorno sulla vitalità che ne gremiva il percorso, in un  traffico incessante di uomini e animali  e mezzi di trasporto . Dopo una sosta per bere e ristorarci,  ci riavviavamo svoltando sulla destra in direzione di Vias Badora, da cui ci separavano ancora otto chilometri soltanto,  solo metà dei quali erano costituiti fortunatamente dalla strada principale divenuta sterrata nei solchi del suo  fondo, mentre era scorrevole, e asfaltato,  il tratto restante che si dipartiva sulla destra e che ci recava infine a Vias Badora, nel suo dispiegarsi attorno alle pendici di un  rilievo, tra le distese circostanti di campi, di pannelli di sterco e di sementi stesi al sole su massi e macigni.
Svoltata la china del cole, nei nuclei restanti dei loro sikharas ci apparivano infine i templi gemini dedicati al dio Shiva , oltre la spianata che preludeva ai campi  che si perdevano verso il Ken river e i monti all’orizzonte.. I bimbi erano gioiosi finalmente di scendere,  in Kailash c’era un fervore  insolito nei suoi giorni feriali.
“A quanto risale?, mi chiedeva, giunti all’altezza del primo dei portali.
“ Gli storici dell’arte  dicono che è stato costruito dopo i templi di Khajuraho, senz’altro è così stando ai portali,  le dee Ganga e Yamuna hanno corone appuntite come le apsaras del tempio Duladeo di Khajuraho, che è forse l ultimo, ma tutto il complesso mi lascia nel dubbio”
Quell’ornamentazione così grezza, in cui primeggiavano i rombi dappertutto, che non dava spazio ad altre statue che nelle nicchie inferiori del basamento,  tutto del resto dei templi   faceva pensare a una loro origine invece anteriore, che li riconduceva allo stile provinciale di quelli di Dubhela, dei tempi in cui i Chandella erano ancora feudatari dei Pratihara di Kannauj-
Dicevo dei miei dubbi  accresciutisi  a Kailash, gli avanzavo l ipotesi che i portali fossero stati apposti posteriormente, ed egli era pronto a rinforzarla, con l’acutezza di cui si fa fervida la sua mente quando è coinvolta e cooperativa” E’ vero, basta considerare il materiale, tutto il tempio è di granito, mentre i portali sono di arenaria”
E in modo toccante  s’infervorava a mostrarmi  quali immagini scultoree ritrovasse più belle, lungo lo stipite del secondo portale le offerenti sulla nostra sinistra, mentre del primo rilevava la superiorità delle figure sovrastanti.  E che non mancassi di fotografare l’oculo gremito di nuvole  celestiali in cui era privo della copertura conclusiva il soffitto circolare, uguale al primo, delle seconda delle due sale di ingresso ai duplici santuari.
Quanto a Poorti e Chandu era già  appagante che fossero divertiti di aggirarsi nel tempio, che si prestassero a individuare le dee Ganga e Yamuna grazie ai loro veicoli animali, il coccodrillo makara e la tartaruga, che nello stipite sapessero riconoscere entrambi Ganesha e l’uno di seguito all’altra Saraswati con il suo vina., e lasciavo pure che Poorti si addentrasse nel santuario del garbagriha, per farsi fotografare nella nicchia  che un tempo albergava uno Shiva lingam.
Quando ritornavo nella sala che precedeva il secondo dei santuari, dalle riprese fotografiche dell’esterno dei templi, ritrovavo Kailash, Chandu e Poorti , il cuginetto dei piccoli e il conducente, che vi avevano steso una stuoia come tovaglia e imbandito il cibo e le bevande del nostro pranzo, e  quando vi ero di ritorno dalle riprese interne, vi ritrovavo, amabili come non mai, Kailash con i nostri piccoli intenti in una siesta pomeridiana, che alitava un venticello che spirava nelle sale.
 Poorti e Chandu, con Auysh, mi avrebbero preceduto nella visita dei due templi sottostanti, di cui mi interessava rivisitare soprattutto il secondo, un tempio Chausath Yogini che differiva da quelli più tipici, per l’accesso su tre lati  al deambulatorio che circondava il  santuario centrale, mentre sul quarto lato, prospiciente, si stendeva la spianata di una piattaforma con i resti di quattro tempietti agli angoli, cui due rampe davano accesso.
Ritrovavo nello stipite del  portale di accesso al tempietto centrale il motivo arcaico che mi aveva talmente intrigato la prima volta, e che avrei rinvenuto poi persino nei tempietti Kalachuri di Amarkantak, che identificavo ora in una stilizzazione geometrica del rigoglio naturalistico del vaso dell’abbondanza d’epoca gupta. Ne avrei  chiesto conto a Kailash, senza trovare conferma della mia ipotesi, quando ci siamo inoltrati sulla via del ritorno al tempietto che precede il villaggio e tale motivo l’avrei rinvenuto nel corrispettivo stipite d’ingresso, in cui lo ricordavo inciso dai tempi della nostra prima visita.
Mi allontanavo quindi lungo la strada che continuava tra i campi , fino a una curva in cui, come avevo supposto r,isultava essere l’interno di un tempio l’edificio che avevo intravisto. Esso era costituito da una sala che due pilastri interni bastavano ad articolare in un deambulatorio intorno al sacrario centrale.
Era oramai l'ora di ripartire quando facevo rientro ai templi. Per il tramite di Kailash chiedevo all’autista di attenderci all'uscita dal villaggio,  lungo le cui arterie mi incamminavo con l’amico, per rivederne l’esterno delle case di malta, i vicoletti e gli slarghi che componevano. Kailash sopraggiungeva dopo di me presso un cumulo di resti di statue che provenivano dai templi più a valle, mi precedeva presso un tempio all’aperto di Durga, la cui immagine rinvoltolata in un drappo egli suggeriva che potesse essere una di quelle delle 64 Yogini,  nessuna delle quali era sopravvissuta,  nel suo ratika,  lungo le pareti del tempio ad esse dedicato.
E quando raggiungevamo insieme il mandir  che precede l ingresso nel villaggio, egli aveva gli occhi che mi mancavano per intravedere all’interno dell’alta cella i resti di una statua di Hanuman, presumibilmente disseppelliti  dal cumulo degli avanzi, del saccheggi,  che erano stati interrati nelle fondamenta ora sottosopra.
A Chandla, nella calura pomeridiana, non c’era verso di potersi fermare a bere, un plotoncino di persone  ch’era il rimasuglio tardivo delle feste di Holi  minacciava l'incolumità dell’autovettura,  se avessimo fatto sosta in centro in una locanda, così  dovevamo seguitare senza ristorarci lungo la via ora magnificamente asfaltata che conduceva a Londi, per  ritrovarvi i il tempietto di Hindorawari che durante la nostra prima visita aveva intraveduto all’andata il solo Kailash.
Nel suo sikhara superstite, a 7 km di distanza da Chandla,  all'ingresso del villaggio lo avvistava per primo l'autistae. Una stradina tra i campi conduceva al tempio me e Kailash con i piccoli al seguito.
La sua natura granitica, spoglia di ogni ornamentazione  che non fossero i risalti geometrici, come quella di due tempietti che vi sorgevano a lato, affrettava la conclusione della nostra visita.
I piccoli avevano preceduto me e Kailash in autovettura, ed anche ai loro occhi, oramai assonnati,  il tramonto del sole fra i campi e i dirupi montuosi  avrebbe differito il rientro gioioso e malinconico nell ordinarietà.


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