Fino a un anno fa, nella mia vita intellettuale
culturale, nei miei viaggi e
nelle mie ricerche archeologiche mi ha
soccorso il senso di una missione che avevo da compiere, tramite la mia esperienza dal vivo e negli
scritti che ne traevo, in scritti, che
come la Volontà in me del Padre mio che è nei cieli su tutto aveva il primato,
compresa ogni istanza familiare, ma che
prima o poi era votata a emergere alla luce dell’affermazione e del riscatto di
tutto..
Quanto poi a chi dovessi prestare soccorso, ho sempre
ritenuto che prima che i vincoli di sangue
dovessi considerare quanto il mio
aiuto fosse indispensabile, privilegiando tra chi amavo chi
non reperiva altro soccorso che il mio.
Ma come la mia mente si è trovata alla resa dei conti del
venir meno precipitoso delle mie risorse
disponibili e di ogni confidenza nella mie capacità o possibilità di farmi
valere nei miei intenti e progetti, per eccellente che ne fossero l’ispirazione
e gli esiti investigativi o artistici, pur di salvaguardare ciò che ancora mi dà
vita, il mio ritorno in India allo studio e alla fruizione della sua eredità
culturale presso le persone che amo, propiziando con la mia la loro salute e
felicità mentale, nel benessere o nella
salvaguardia dalla miseria che assicuro loro, senza far venir meno per questo l
aiuto che reco a mio madre da figlio con minori facoltà contributive e
propensioni affettive, più di quanto già
non facessi ho intrapreso a negarmi di tutto e a non consentirmi più niente.
Solo cosi, nella mia vulnerabilità
psicologica potevo trovare la forza di
dire di no a chi, contando sul mio aiuto,
seguitava a chiedermi con ogni sorta di ricatto umano quanto eccedeva un
uso accorto delle mie risorse.
E non è che i ricatti psichicamente più distruttivi
venissero da chi aiuto in India, anzi, se solo considero chi pullula i miei incubi come un’ entità devastante da rifuggire in
ogni modo possibile.
Ed è anche perché nei
servigi ammirevoli che presta per mia madre nulla avesse della mia vita di cui
ingelosirsi o di che invidiarmi, come
sorella maggiore , come tale risulta secondo
la parabola stessa del figlio prodigo, che il mio spirito di sacrificio è stato indotto
all’estremo di ogni rinuncia materiale , al compimento di ogni rinuncia che
nel suo mondo di vita non è nemmeno concepibile o immaginabile. Così niente riscaldamento, aria condizionata,
pizzerie, ristoranti, cibi e vino prelibati, viaggi, auto, cinema,
frequentazioni sociali, vestiti nuovi,
scarpe, acquisti personali di gadget quali smart o i-phone, comforts voluttuari
e quant’altro Ed in sintonia, mentre Kailash ha fatto ritorno in hotel per
lavorarvi, pur di garantirsi un guadagno mensile di nemmeno 60 euro, una
remunerazione che eppure è più che bastante per consentire al proprietario di
spadroneggiare giorno e notte sulla sua esistenza, e i bambini evitano di
chiedermi qualsiasi cosa, insieme abbiamo chiuso l’ ufficio cui tenevamo
tantissimo pur di risparmiare non più di altri 15 euro al mese, qui in
Khajuraho non mi consento nemmeno l ingresso ai templi che stavo studiando e su cui scrivevo, in
India ed in Italia viaggiando solo pochissime volte ed a breve distanza, con rientro in giornata , se si esclude un mio ritorno a
Delhi di tre giorni. In Italia eccettuato l’olio di oliva – sempre di sansa-mi
nutro solo di ciò che costa meno di 2 euro la confezione, preferibilmente e
possibilmente meno di uno, non vado quasi mai neanche al bar, bevo solo acqua
di rubinetto e bibite alle “macchinette”, i libri li compro raramente e quasi solo in formato e-book,
o se sono costosi , come la raccolta di poesie di Seamus Heaney, solo dopo
avere rivenduto quelli che possiedo.. Niente che non si renda
assolutamente indispensabile per guasti
o furti o rotture. Ed anche quanto a
spese mediche, sostengo solo quelle del trattamento farmacologico che mi
consentono di sostenere felicemente lo stato di depressione di tale anoressia economica.
E se anche così i conti non tornano, …dove ha luogo e inizio l’ingiustizia e l ingenerosità di cui mi si
accusa, rifiutando di riconoscermi alcunché,
in quello che faccio, nemmeno lo stato di invalidità che è all’origine
del mio pensionamento ?( Tra l’altro da parte di chi dispone di una casa,
che io non ho, per le scelte cui ho
accondisceso che a loro ne hanno assicurata una, un figlio, od un amico-compagno proprietario
di appartamenti e di ville su cui contare ,non già , per una situazione
irreversibile, almeno 5 persone indigenti cui provvedere per ogni evenienza,
mentre oltre ad affitto e spese condominiali, devo pagare in Italia i tributi
fissi di luce, acqua, gas, telefono, televisione, rifiuti, in quanto vi
risulto residente anche quando sono qui in India, -così non facessi perderei in Italia ogni
assistenza gratuita sanitaria- laddove in India non posso sottrarmi ad alcuna analoga
spesa domestica durante l intero corso dell’anno.
Tale pressione, per
non essere esplosiva, si è convertita nella
rimozione pressocchè integrale di ogni allettamento dei piaceri della vita materiale
, anche quello di una semplice birra,
nel riconoscermi la sola dignità della vita di un porco, che provvede solo ai suoi bisogni
quando proprio fa schifo, - e questo passi,
benissimo, talmente mi è divenuto un problema fisico stressante accudire
la mia persona, talmente questo state di cose mi ha ridotto all’ essenziale, estraniandomi a siderale distanza da ogni forma di
mondanità del consorzio umano, da ciò vi luccica e brilla per coloro a cui
arride reputazione e successo. Solo che il suo allentamento, svuotandomi di
energia, ha eroso come una carie la mia
vita intellettuale e la donazione del mio talento, risolvendosi nell’alienazione
da ogni piacere per i viaggi e dall’ulteriore passione investigativa delle mie
ricerche, di ogni propensione per i
tesori e le meraviglie dell’India, come di ogni altro orizzonte meraviglioso
divenutomi inaccessibile per sempre, nel
non volerne più sapere che di essere “ dentro significando”, senza che più mi tenti, nel mio disdegno, il tramutarlo
in un romanzetto o in una raccolta poetica che mi convengano economicamente.
Giù al mio arrivo a Delhi, il 10 febbraio, ho colto l’occasione che vi sarei rimasto tre
giorni con Kailash, per archiviare di
fatto la mia ricerca sul campo di
metro-tours che consentissero la visita
di antichi monumenti del sultanato e dell’arte moghul con le testimonianze più
significative dell’architettura contemporanea, ed ho sfruttato l ultimo giorno,
una domenica luminosissima, per sperimentare
personalm ente, insieme al mio amico, come
a partire dal metro-station di Green Park
la esplorazione della school for spastich children e del
National Institute of fashion Technology
potesse fare capo, in uno stesso itinerario a quella della moschea di
Darwesh Shah, della Mohammad Wali Masjid,
incantevole, ed estensivamente della Nili Masjid, del Chor Minar e della
Tomba e Moschea di Makdum Sahib.
Avrei tentato di
rianimare l impresa , nel mio unico e successivo ritorno in Delhi, investigando come nelle peripezie tra gli
intrichi della vecchia Delhi la visita della Jama e Fatephuri Masjid, e del Forte Rosso potesse essere completata
dalla ricognizione dei rari interventi di elevazione architettonica della sua
vita moderna di cui già sapevo e che mi
restavano da reperire, il Polyclinic for the Destitute oltre la Lahori
Gate, destinato alla riabilitazione di
poveri e drogati di strada, 186 e il Maulana Azad Memorial.
Ma pervenutovi dalla vecchia stazione della Delhi pre-imperiale
, l’Old Delhi Railway station (.25) lungo
la Church Mission Roads in cui era situata la bella Saint Stephen
Church , l’arteria principale di quella che fu la British Pahargangi con i suoi hotel coloniali, trovavo chiuso e
in disuso il Policlinico, ed affossavo
anche questa mia missione investigativa, che non ha trovato finora il minimo seguito scritto, e
di cui senza alcun utilizzo ho solo preservato le immagini fotografiche,
scattate con una Canon che sfuoca e rende irrecuperabile gran parte delle immagini scattate, ma che non ho ancora
trovato l’energia giustificativa che mi valga a rimpiazzarla.
Durante tale breve soggiorno in Delhi si sono create le
premesse perché il mio studio dei templi hindu dell India centrale non trovi il
suo coronamento in quello della loro massima espressioni qui in Khajuraho.
Già al direttore locale, poi al circolo di Bhopal dell’Archaeological
Survey of India avevo inoltrato la
richiesta perché essendo ricercatore indipendente con capacità motorie
compromesse, mi fosse data la possibilità di pagare il biglietto d’
ingresso degli indiani di 35 rupie in
luogo di quello di 5.00 rupie imposto agli stranieri.
Due pomeriggi consecutivi mi sono recato alla Direzione
Generale dell’ASI, dai cui membri di certo non mi è stata negata la solita
gentilezza formale indiana “ Faremo tutto quello che è in nostro potere,
Sir, che possa venire incontro alle sue esigenze/istanze.
Solo che lei deve inoltrarci una seconda richiesta che sia d’entrata libera in
luogo dello stesso biglietto d’ingresso
riservato a chi è indiano”
Ma la risposta che due
settimane dopo mi perveniva, mi negava ogni biglietto d’ingresso che non fosse
per la tariffa discriminatoria di 5.00 rupie,
che mi è insostenibile pagare ripetutamente. , “ since your work is not
sponsored by any reserch organization
or Govt Insitution”,
Se penso alla desolazione a proposito dello stato dell’arte
in Khajuraho, a che ludibrio turistico sono esposti i suoi monumenti,
senza che sia più approntato alcun
antidoto o controcanto culturale…
Si isteriliva con tale mancato riconoscimento la vena stessa della mia ricerca sui templi in granito dei sovrani Chandella nel Bundelkand, che mi aveva condotto
con Kailash, Poorti ed Ajay,
alle sole escursioni cui la mia mente mi ha abilitato, in
Vyas Badora e Hindoravari, poi in Doni , nello stesso distretto di
Chhatarpur, che abbiamo raggiunto in
autorickshaw da Mahoba, prima di recarci a Makarbai cui come in Viys Badora
facevo ritorno.
Si tratta di uno studio comparativo che non ha
precedenti, e di cui fruttuosi erano già
gli esiti scritti, ma che è rimasto
al solo stato di abbozzo
preliminare largamente incompiuto, tanto
più dopo che ho appurato che restavano da indagare decine di templi Chandella
sparsi in ulteriori villaggi dell Uttar Pradesh, di cui
solo il mese scorso ho avuto contezza., dove la stessa impasse mi ha
impedito finora di recarmi per un sopraluogo
Quanto ai tesori della sapienza e dell’arte indiana mi sono
limitato a seguitare lo studio e la lettura del’opera scarna di Ramana Maharshi
nelle pagine che gli ha dedicato il grandissimo Heinrich Zimmer.
Ma i dati salienti sono stati la lettura consolatoria
della esperienza liberatoria che fu per
il santo la morte della madre, e quanto
allo stesso Zimmer l’apprendere che uno dei più grandi indologi , benché altro che il mio fosse il suo milieu.- ,
sempre per ragioni economiche oltre che per discriminazioni razziali, , non ebbe
mai aìuna volta a mettere in India, ove oramai ogni linfa culturale
vitale si è inaridita nella sterile inibizione
di attingere ancora al suo patrimonio artistico o di cedere alla seduzione ulteriore della sua bellezza
spirituale.
Restano le mie ultime Elegia, sempre a livello di varianti incompiute, ulteriori relitti di questo mio naufragio senza soccorso o faro illuminante a riva,
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