venerdì 9 giugno 2017

Fino a un anno fa, nella mia vita intellettuale culturale, nei miei  viaggi e nelle mie ricerche  archeologiche mi ha soccorso il senso di una missione che avevo da compiere,  tramite la mia esperienza dal vivo e negli scritti che ne traevo,  in scritti, che come la Volontà in me del Padre mio che è nei cieli su tutto aveva il primato, compresa ogni istanza  familiare, ma che prima o poi era votata a emergere alla luce dell’affermazione e del riscatto di tutto..
Quanto poi a chi dovessi prestare soccorso, ho sempre ritenuto che prima che i vincoli di sangue   dovessi  considerare quanto il mio aiuto  fosse  indispensabile, privilegiando tra chi amavo chi non  reperiva altro soccorso che il mio.
Ma come la mia mente si è trovata alla resa dei conti del venir meno precipitoso  delle mie risorse disponibili e di ogni confidenza nella mie capacità o possibilità di farmi valere nei miei intenti e progetti, per eccellente che ne fossero l’ispirazione e gli esiti investigativi o artistici,   pur di salvaguardare ciò che ancora mi dà vita, il mio ritorno in India allo studio e alla fruizione della sua eredità culturale presso le persone che amo, propiziando con la mia la loro salute e felicità mentale, nel benessere  o nella salvaguardia dalla miseria che assicuro loro, senza far venir meno per questo l aiuto che reco a mio madre da figlio con minori facoltà contributive e propensioni affettive,  più di quanto già non facessi ho intrapreso a negarmi di tutto e a non consentirmi più niente. Solo cosi,  nella mia vulnerabilità psicologica  potevo trovare la forza di dire di no a chi, contando sul mio aiuto,  seguitava a chiedermi con ogni sorta di ricatto umano quanto eccedeva un uso accorto delle mie risorse.
E non è che i ricatti psichicamente più distruttivi venissero da chi aiuto in India, anzi, se solo considero chi  pullula i miei incubi  come un’ entità devastante da rifuggire in ogni modo possibile.
Ed è anche  perché nei servigi ammirevoli che presta per mia madre nulla avesse della mia vita di cui ingelosirsi o di che invidiarmi, come sorella maggiore , come tale risulta  secondo la parabola  stessa del  figlio prodigo, che  il mio spirito di sacrificio è stato indotto all’estremo di ogni rinuncia materiale , al compimento di ogni rinuncia che nel suo mondo di vita non è nemmeno concepibile o immaginabile. Così  niente riscaldamento, aria condizionata, pizzerie, ristoranti, cibi e vino prelibati, viaggi, auto, cinema, frequentazioni sociali,  vestiti nuovi, scarpe, acquisti personali di gadget quali smart o i-phone, comforts voluttuari e quant’altro Ed in sintonia, mentre Kailash ha fatto ritorno in hotel per lavorarvi, pur di garantirsi un guadagno mensile di nemmeno 60 euro, una remunerazione che eppure è più che bastante per consentire al proprietario di spadroneggiare giorno e notte sulla sua esistenza, e i bambini evitano di chiedermi qualsiasi cosa, insieme abbiamo chiuso l’ ufficio cui tenevamo tantissimo pur di risparmiare non più di altri 15 euro al mese, qui in Khajuraho non mi consento nemmeno l ingresso ai templi  che stavo studiando e su cui scrivevo, in India ed in Italia viaggiando solo pochissime volte ed  a breve distanza, con rientro in  giornata , se si esclude un mio ritorno a Delhi di tre giorni. In Italia eccettuato l’olio di oliva – sempre di sansa-mi nutro solo di ciò che costa meno di 2 euro la confezione, preferibilmente e possibilmente meno di uno, non vado quasi mai neanche al bar, bevo solo acqua di rubinetto e bibite alle “macchinette”, i libri  li compro raramente e quasi solo in formato e-book, o se sono costosi , come la raccolta di poesie di Seamus Heaney, solo dopo avere rivenduto quelli che possiedo.. Niente che non si renda assolutamente  indispensabile per guasti o furti o  rotture. Ed anche quanto a spese mediche, sostengo solo quelle del trattamento farmacologico che mi consentono di sostenere felicemente lo stato di depressione  di tale anoressia economica.
E se anche così i conti non tornano, …dove ha  luogo e inizio  l’ingiustizia e l ingenerosità di cui mi si accusa, rifiutando di riconoscermi alcunché,  in quello che faccio, nemmeno lo stato di invalidità che è all’origine del mio pensionamento ?( Tra l’altro da parte di chi dispone di una casa, che io non ho,  per le scelte cui ho accondisceso che a loro ne hanno assicurata una,  un figlio, od un amico-compagno proprietario di appartamenti e di ville su cui contare ,non già , per una situazione irreversibile, almeno 5 persone indigenti cui provvedere per ogni evenienza, mentre oltre ad affitto e spese condominiali, devo pagare in Italia  i tributi  fissi di luce, acqua, gas, telefono, televisione, rifiuti, in quanto vi risulto residente anche quando sono qui in India,  -così non facessi perderei in Italia ogni assistenza gratuita sanitaria-  laddove  in India non posso sottrarmi ad alcuna analoga spesa domestica durante l intero corso dell’anno.
Tale pressione,  per non essere esplosiva,   si è convertita nella rimozione pressocchè integrale di ogni allettamento dei piaceri della vita materiale , anche quello di una semplice birra,   nel riconoscermi la sola dignità della vita di un  porco, che provvede solo ai suoi bisogni quando proprio fa schifo, - e questo passi,  benissimo, talmente mi è divenuto un problema fisico stressante accudire la mia persona, talmente questo state di cose mi ha  ridotto all’ essenziale, estraniandomi  a siderale distanza da ogni forma di mondanità del consorzio umano, da ciò vi luccica e brilla per coloro a cui arride reputazione e successo. Solo che il suo allentamento, svuotandomi di energia,  ha eroso come una carie la mia vita intellettuale e la donazione del mio talento, risolvendosi nell’alienazione da ogni piacere per i viaggi e dall’ulteriore passione investigativa delle mie ricerche,  di ogni propensione per i tesori e  le meraviglie dell’India, come  di ogni altro orizzonte meraviglioso divenutomi  inaccessibile per sempre,   nel non  volerne più sapere che di essere  dentro  significando”, senza che  più mi tenti, nel mio disdegno, il tramutarlo in un romanzetto o in una raccolta poetica che mi convengano  economicamente.

 Giù al  mio arrivo a Delhi, il 10 febbraio,  ho colto l’occasione che vi sarei rimasto tre giorni con  Kailash, per archiviare di fatto la mia ricerca sul campo  di metro-tours che  consentissero la visita di antichi monumenti del sultanato e dell’arte moghul con le testimonianze più significative dell’architettura contemporanea, ed ho sfruttato l ultimo giorno, una domenica luminosissima, per  sperimentare personalm ente, insieme al mio amico, come  a partire dal metro-station di Green Park
la esplorazione della school for spastich children e del National Institute of fashion Technology  potesse fare capo, in uno stesso itinerario a quella della moschea di Darwesh Shah, della Mohammad Wali Masjid,  incantevole, ed estensivamente della Nili Masjid, del Chor Minar e della Tomba e Moschea di Makdum Sahib.
Avrei  tentato di rianimare l impresa , nel mio unico e successivo ritorno in  Delhi,  investigando come nelle peripezie tra gli intrichi della vecchia Delhi la visita della Jama e Fatephuri Masjid,  e del Forte Rosso potesse essere completata dalla ricognizione dei rari interventi di elevazione architettonica della sua vita  moderna di cui già sapevo e che mi restavano da reperire, il Polyclinic for the Destitute oltre la Lahori Gate,  destinato alla riabilitazione di poveri e drogati di strada, 186 e il Maulana Azad Memorial.
Ma pervenutovi dalla vecchia stazione della Delhi pre-imperiale , l’Old Delhi Railway station (.25)  lungo la Church Mission Roads in cui era situata la bella Saint  Stephen  Church , l’arteria principale di quella che fu  la British Pahargangi  con i suoi hotel coloniali, trovavo chiuso e in disuso il Policlinico,  ed affossavo anche questa  mia  missione investigativa, che non  ha trovato finora il minimo seguito scritto, e di cui senza alcun utilizzo ho solo preservato le immagini fotografiche, scattate con una Canon che sfuoca e rende irrecuperabile gran parte  delle immagini scattate, ma che non ho ancora trovato l’energia giustificativa che mi valga a  rimpiazzarla.
Durante tale breve soggiorno in Delhi si sono create le premesse perché il mio studio dei templi hindu dell India centrale non trovi il suo coronamento in quello della loro massima espressioni qui in Khajuraho.
Già al direttore locale, poi al circolo di Bhopal dell’Archaeological Survey of India  avevo inoltrato la richiesta perché essendo ricercatore indipendente con capacità motorie compromesse, mi fosse data la possibilità di pagare il biglietto d’ ingresso  degli indiani di 35 rupie in luogo di quello di 5.00 rupie imposto agli stranieri.
Due pomeriggi consecutivi mi sono recato alla Direzione Generale dell’ASI, dai cui membri di certo non mi è stata negata la solita gentilezza formale indiana “ Faremo tutto quello che è in nostro potere, Sir,  che possa venire incontro alle sue esigenze/istanze. Solo che lei deve inoltrarci una seconda richiesta che sia d’entrata libera in luogo dello stesso  biglietto d’ingresso riservato a chi è indiano”
 Ma la risposta che due settimane dopo mi perveniva, mi negava ogni biglietto d’ingresso che non fosse per la tariffa discriminatoria di 5.00 rupie,  che mi è insostenibile pagare ripetutamente. , “ since your work is not sponsored by  any reserch organization or  Govt Insitution”,
Se penso alla desolazione a proposito dello stato dell’arte in Khajuraho, a che ludibrio turistico sono esposti i suoi monumenti, senza  che sia più approntato alcun antidoto o  controcanto culturale…

Si isteriliva con tale mancato riconoscimento  la vena stessa della mia  ricerca  sui templi in granito dei  sovrani Chandella  nel Bundelkand, che mi aveva condotto con  Kailash, Poorti ed Ajay,
alle sole escursioni cui la mia mente mi ha abilitato, in Vyas Badora  e Hindoravari,  poi in Doni , nello stesso distretto di Chhatarpur,   che abbiamo raggiunto in autorickshaw da Mahoba,  prima di  recarci a Makarbai cui come in Viys Badora facevo ritorno.
Si tratta di uno studio comparativo che non ha precedenti,  e di cui fruttuosi erano già gli esiti scritti, ma  che è rimasto al  solo stato di abbozzo preliminare  largamente incompiuto, tanto più dopo che ho appurato che restavano da indagare decine di templi Chandella sparsi in ulteriori villaggi dell Uttar Pradesh,  di cui  solo il mese scorso ho avuto contezza., dove la stessa impasse mi ha impedito finora di recarmi per un sopraluogo
Quanto ai tesori della sapienza e dell’arte indiana mi sono limitato a seguitare lo studio e la lettura del’opera scarna di Ramana Maharshi nelle pagine che gli ha dedicato il grandissimo Heinrich Zimmer.
Ma i dati salienti sono stati la lettura consolatoria della   esperienza liberatoria che fu per il santo la morte della madre,  e quanto allo stesso Zimmer l’apprendere che uno dei più grandi indologi , benché  altro che il mio fosse il suo milieu.- , sempre per ragioni economiche oltre che per discriminazioni razziali, , non  ebbe  mai aìuna volta a mettere in India, ove oramai ogni linfa culturale vitale si è inaridita  nella sterile inibizione di attingere ancora al suo patrimonio artistico o di cedere alla  seduzione ulteriore della sua bellezza spirituale.
Restano le mie ultime Elegia, sempre a livello di varianti incompiute, ulteriori relitti di questo mio naufragio senza soccorso o faro illuminante a riva,




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