Nella sua più
recente opera “ Il Paradiso alla Porta”, Fabrice Hadjadj, definendo i principi
di una fisica eucaristica del soprannaturale, in riferimento a Jacques Maritain immagina l’”altro spazio” del corpo glorioso
del risorto, come “qualcosa che é presente in ogni luogo senza esservi
contenuto” che avvolgerebbe il nostro ambito senza esserne un contenitore ( “ non come
un recipiente più vasto, che solamente amplierebbe le sue dimensioni senza
elevarle a un altro ordine” a pg.380 dell’edizione italiana). Tale è il cielo della
sua presenza “tutto in tutti”, per la quale è presente ovunque senza essere
localizzato, “ senza essere limitato da quella data “ porzione di spazio.
Presente “ secondo il modo della sostanza “, dice Tommaso, e non secondo “ il
modo delle dimensioni” ( pg.382).
Ma non è tale altro spazio lo stesso vuoto "sanyata" o "akasa" che “ fornisce “spazio a tutti gli esseri per vivere, muoversi e avere il loro
essere-all’ Essere di essere” ( Panikkar, Il ritmo dell’ essere , pg 304) , ossia
ciò che per l'hinduismo è l’eterno in cui siamo come cose viventi di questo mondo temporale, non è forse come Krishna si spazia
nella Bagavadghita, “ Tutti gli esseri
risiedono in me , ma io non risiedo in loro”, il mio Sé sostiene tutti gli
esseri, non risiede negli esseri ed è la
causa del loro esistere” ( Nona Lettura).
Altresì non corrisponde forse allo spazio del mondo immaginale , o Terra di Resurrezione,
intermedio tra il mondo intellegibile angelico e quello sensibile terrestre, dei
Platonici di Persia del ceppo di Shoravardi , l’ascesa al quale, prefigurata
dalla nostra immaginazione attiva, nel farci corpi sottili di materia
spirituale, ci priva di ogni localizzazione?
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