giovedì 10 dicembre 2020

In campagna elettorale per le Comunali di Mantova 2020 24 agosto 2020

Alla resa finale dei conti resta per me indifendibile quel che ha fatto l’ amministrazione Palazzi dei nostri beni culturali, che per le stesse opposizioni eppure parrebbe il suo operato più inattaccabile Al netto dei misfatti del Mibact, della mortificazione del Museo Archeologico quale museo territoriale e della sua annessione ad un Palazzo Ducale ancora largamente non visitabile per carenze d’organico, l’agire congiunto della giunta Palazzi, sotto l’ammanto di una politica delle appariscenze quanto mai escludente ed esclusiva nella sua dispendiosità salottiera, ha destinato una capitale mondiale dell’arte e della cultura a diventare niente di più e niente di meno che un outlet turistico, invece che la Grande Mantova che sia Distretto umanistico e tecnologico-scientifico della conoscenza, al servizio dello sviluppo dei territori provinciali. Del nostro patrimonio artistico e culturale è stato di suo interesse la sola componente che apparisse valorizzabile turisticamente, ossia quella figurativa, tralasciando il tramando della nostra tradizione filosofico-scientifica e letteraria e musicale, e quanto agli stessi beni figurativi ne ha promosso una superficiale fruizione emozionale, più che l’approfondimento conoscitivo e reinterpretativo. Così, più che a convegni, i pochi per lo più senz’atti, si è assistito ad una sarabanda pirotecnica di eventi effimeri e di mostre, queste ultime affidate alla solita Electa più che alla sudata ricerca degli studiosi locali, propagandistiche e auto promozionali, più che altro, ispirate, nei casi più alati, dal cadere a fagiolo come il suggello valoriale di determinate raccolte di collezionisti locali. Il tutto senza altre evidenti finalità guida. Così , per una Teresiana in spolvero, si è trasformata una torre penitenziaria, quella della Gabbia, in un improvvido belvedere per turisti, il Palazzo della Ragione in una Celeste Galleria del Sindaco Duca, il palazzo del Podestà in un sito dal restauro costosissimo che tuttora è inaccessibile e di cui resta ignota la destinazione, tutti i monumenti, fossero rinascimentali o rococò, sono finiti ritinteggiati nelle stesse tonalità pastoso-turistiche di ogni altro centro d’arte commercializzato, delle piazze e dei palazzi si sono privilegiate quali containers le esteriorità delle forme ammaliatrici illuminate, in vista di ogni sorta di entertainment, e per una piazzetta Alberti portata in auge sono state lasciate nell’incuria o ingombre di automobili tutte le altre piazze fuori della zona di elezione Ztl,delle quali più che l’anima evidentemente è valso il tornaconto in termini di parcheggi auto. Penso soprattutto, in tal senso, a piazza San Giovanni e Piazza d’Arco, e non solo, che avrebbero potuto costituire un nostro foro universitario. Ancora a ramengo, come i loro comitati scientifici, sono i proponenti di un Museo d’Arte Moderna e Contemporanea e di un riallestimento di un museo del Risorgimento e della Resistenza, di grande importanza civica e formativa, ma di scarso appeal per gli insights turistici del Sindaco. Né è stato espresso particolare riguardo per l’architettura e l urbanistica moderne e contemporanee, come ci dicono ampiamente le vicende della cartiera Burgo, con il Comune continuamente sotto schiaffo della proprietà Zago, o i modi in cui si vuole imporre alla città il Parco del Te, con una monumentalizzazione ridicola dell’edificio felicemente più osceno dell’arte occidentale, a discapito del passato prossimo ippico e ciclistico-calcistico della nostra città, o della salvaguardia di piazza Mozzarelli e del palazzo Longheu della Gazzetta, che insieme con il Danilo Martelli sarebbero da nascondere con una cortina d’alberi, assolutamente, alla vista degli augusti frequentatori futuri della nostra petite Versailles. E ci ripromette il peggio la rielezione del Sindaco, con il vagheggiato ammassamento delle raccolte civiche del Te e del Palazzo Ducale in un unico vano del Palazzo di San Sebastiano, dai reperti egizi e mesopotamici a quelli greco romani o islamico-mamelucchidi, siano essi pur anche del romanico o del tardo gotico locale, n totale spregio di ogni catalogazione dei reperti da parte delle stesse scuole, e di ogni illustrazione didattica dei medesimi che siano già stati realizzate in passato, ed eccellentemente, di ogni necessità di conoscenze specifiche per ogni specifica civiltà e cultura artistica, ma in assoluto omaggio al fugace dilettantismo incolto e pretenziosamente giudicante del turismo di massa che si insegue illusoriamente. Odorico Bergamaschi

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