giovedì 10 dicembre 2020

Ma noi siamo più liberi in India,” ( ottobre 2020)

“Ma noi siamo più liberi in India,”poteva dirmi Kailash alcuni giorni fa, alla fine di ottobre, quando gli anticipavo che in Italia sopraggiungeranno nuove chiusure, come già in Francia e la settimana prossima nel Regno Unito. “Qui non si rispettano più le distanze sociali, e più ancora che per Dushera ci sarà folla per strada e nei mercati per Diwali” “ Per questo, e con l’arrivo dell’inverno,è da pensare che il coronavirus tornerà a diffondersi anche da voi in India, come in Europa , e anche per voi ci saranno nuovi lockdown.” La pandemia per ora in India è in aumento solo a Delhi e nel Kerala, dopo avere raggiunto il suo picco a metà settembre in tutto il subcontinente indiano , e solo in questi giorni è tornata ad occupare le prime pagine dei giornali indiani. Tale acquiescenza non sta riflettendo solo le linee guida mediatiche del governo Modi, ma la convinzione diffusa dai bassi tassi di mortalità che il covid sia per quasi tutti i positivi poco o niente, poco più che una sosta obbligata in ospedale per la quarantena, spesso una finzione dei medici per lucrarne i proventi che traggono per ogni positivo che fanno finire in ospedale. In tal senso è stato esemplare per Kailash il trattamento riservato al suo sodale di casta che ha un amico australiano. “ Dopo che è risultato positivo il suo vicino di casa, Jannat è corso subito con i figli a fare un test un ospedale. I dottori hanno trovato che erano tutti e due positivi e li hanno arrestati e spediti all’’ashram dei templi jain, ma dopo quattro giorni ne era già uscito ed ora è libero in circolazione senza avere mai avuto niente” A Kailash, a tal punto, posso solo d ripetere di non aver paura ma di seguitare ad aver cura di sé e dei nostri congiunti, talmente la tensione e l’angoscia si sono allentate in india, mentr’io re sto nel dubbio persistente su quale sia la realtà effettiva, quella della cui tragicità apocalittica non si capacita un’apprensione che si fa terrore, o un crollo di schianto che fa schiumare di rabbia e di vergogna per una pandemia che solo per la rapidità del suo diffondersi e l’addensarsi in tempi brevi dei suoi effetti patogeni è più tragica di un’epidemia stagionale Io mi appiglio a tutto per non vedere l’orizzonte residuo più abissale di quanto non appaia, resto in attesa della cavalleria in arrivo degli anticorpi mononucleari , al suo fantasmatico avviso di carica esorcizzo i lockdown imminenti, mi appunto sui soli dati dei ricoveri in terapia intensiva, non computo il novero dei morti, che per lo più potrebbero essere morti per coronavirus senza che il covid sia nemmeno una concausa patologica, seguito a non perdere di vista, nonostante i titoli di giornale in cui gli anestesisti preannunciano che dovranno tra breve decidere a chi con l’ossigeno salvare la vita e chi lasciare che muoia, che i posti di letto tutt’ora occupati in terapia intensiva solo meno di un terzo, seguito a dibattermi contro l ipocrisia di segregare e soccorrere noi vecchi come i lebbrosi di Ben Hur , senza per questo sgravarci del fardello del welfare familiare che pesa su di noi, ma niente sembra che possa scongiurare ciò che incombe e far deflettere il corso inesorabile degli eventi qui in Italia, come poi in India, sicchè non mi resta che prepararmi a tutto, e preparare are a tutto Kailash con i suoi c ingiunti, quanto Mohammad in attesa di raggiungere dopo Id la sua famiglia che l’ha preceduto a Mumbay per reperirvi lavoro. Intanto è giunta la felice novella che Ajay ha superato anche l’esame supplementare di biologia e potrà accedere al Collegio universitario mentre Chandu può riprendere con un altro bambino l’apprendimento scolastico a casa della sua lady teacher. In precedenza mediante Whats app mi sono a lui offerto ed ha accettato lui steso che gli facessi da insegnante, inviandomi in testo on line propostogli dalla scuola di una poesia di Tagore sui bianchi gelsomini della sua infanzia. Per essere all’altezza del compito ho acquistato una stampante, onde poter fotocopiare tutte le immagini testuali che mi inviasse. Una meraviglia seguirlo mentre con le sue piccole dita percorreva ad uno ad uno i versi che tentava di leggere o delle cui parole faceva lo spelling, fino all’agnizione in Rabinbdranath del nome del poeta appena tracritto. Ho pregato forse invano Kailash che anticipasse a Chandu che cosa fossero i “jasmines”, i” ciameli “di cui avevo trovato la ricorrenza sul dizionario hindi, come invano gli ho chiesto di fare festa per il successo scolastico di Ajay portando tutti quanti i nostri figli al ristorante. Eppure Kailash lo sapeva bene che cosa fossero i ciameli, avendoli ritrovati tante volte presso le acque del talab dove quando viveva al villaggio usciva di sera a fare i bisogni. Intanto, lontano da loro fisicamente quanto mentalmente come mai vicino al pari dei tanti che affollavano in fine settimana e le vie e i ristoranti della mia città mi sto godendo gli ultimi scampi di libertà e sto ultimando ogni possibile acquisto e provvedendo a tutto prima della chiusura che si preannuncia a giorni inevitabile, lasciando rinviati a domani solo l’invio dell’acconto ammontare mensile a destinare a Kailash, il taglio tardivo di capelli e la prenotazione per il prossimo anno della visita urologica di controllo che si profila possibile solo alla stagione dei fiori. Ogni volto che entro in un ambiente o tocco oggetti non manco di attingere all’acquasantiera del disinfettante, non mi dimentico più ad ogni uscita di indossare la maschera e di dovere per questo fare ritorno sui miei passi, come ogni donna islamica che debba provvedere e non può stare senza velarsi per quanto abbia in odio e rigetti l islamya. ho provveduto anche ad acquistare la tazza con il per farmi il cappuccino, qualora non possa più fare ritorno al bar che mi è abituale per leggere il giornale, e la nostalgia dell india e del potere rimettermi in viaggio, che si ravviva ad ogni treno di passaggio davanti casa mia, l’ho alleviata acquistando la bilancia per controllare il peso dei bagagli a una futura partenza post covid. Per mesi mi sono ritrovato in Delhi trasferendo nella scrittura di itinerari le mie avventure e i miei percorsi di viaggio nella megacity, finché la settimana scorsa tutto è finito, per cui devo riprendere lena in un secondo volume o reimmergendomi nei dintorni hindu di Gwalior. A Kailash non manco ogni giorno di telefonare, per sapere di lui e dei suoi cari, di come si ritrovi in hotel, di quanto in Khajuraho si manifesti il covid o ritorni il turismo. Ora è di ritorno all hotel Harmony, benché abbia a che fare con tre padroni per neanche tremila rupie, poco più che l’affitto di casa.” Ma io lavoro per l hotel, non per i miei tre padroni” mi sentenzia ammirevole. E non manca ogni volta di chiedermi di leggergli la prima pagina dell hIndustantimes, dove le tensioni indocinesi, i conflitti all ordine del giorno con il pakistan, in questi ultimi tempi per la loro volontà di annessione dei territori occupati del b Belucistan e di GIlgit, gli incontri della polizia con i terroristi che uccidono in Kashmir, la protesta dei contadini indiani contro le ordinanze di Modi che li lasciano in balia dei peggiori richiedenti i prodotti delle loro coltivazioni, si stemperano nella melassa immancabile delle vite dorate dei divi di Bollywood e dei giocatori di cricket, sopitosi il clamore del suicidio sospetto del giovane attore kushant Singh. Fin che la sonnolenza di Kailash, sfinito dal rinnovo e dal rinfresco di ogni stanza della casa per DIwali, non prevalga e non faccia calare tra noi due il suo benefico sipario.

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