lunedì 21 maggio 2018

Lettere al giornale Chagall in Mostra 12 gennaio 2018



Signor direttore,
Una mostra d’arte che non sia allestita con perizia, ed ampiezza d’ingegno, si presta a clamorose critiche ed inimmaginabili cadute di immagine, come la recente mostra di Modigliani nel Palazzo Ducale di  Genova , un allestimento di presunti capolavori  che si sono rivelati quasi tutti dei grossolani falsi, o si esporrebbe  a raffronti quanto mai impietosi,  che e’ il destino a cui rischia di andare incontro la  mostra su Chagall ed il teatro che il sindaco Palazzi vorrebbe riservarci per l’autunno e l’inverno prossimi, grazie a dei prestiti impolpati per bene della Tretyakov Gallery di Mosca. Gia’ mi sono espresso su tutta la microscopicita’ dell’idea di desumere una mostra dai prestiti di un unico museo,  una “nanoidea”  che rischia di rivelarsi ancor piu' lillipuziana, se nel contempo, a una distanza che e’ poca  nello spazio ma che concettualmente puo' apparire siderale, ne e’ reperibile una, di ispirazione consimile, al cospetto della  quale quella del Sindaco Palazzi sfigurerebbe come i falsi di Modigliani rispetto a cio’ che e' originale: mi riferisco alla mostra esposta nel Palazzo Magnani di Reggio Emilia, che presumo magnifica, “Kandinsky-Cage musica e spirituale nell’arte”, alla cui profondita’ di ideazione orfico-platonica  il sottoscritto soggiace ammutolito. Ne e’ il tema di fondo la  musica quale  modello delle arti figurative, come  in forme, linee e colori- innanzitutto nei suoi rapporti numerici proporzionali-, fu trasposta nell’opera di Kandinsky, Schonberg, Klee, Fischinger e spiriti affini.
 Sic stantibus rebus  meglio sarebbe, o potrebbe risultare una gran cosa, fin che si e’ in tempo, chiedere a tal punto il trasferimento autunnale e invernale a Mantova di tale mostra, in cio' che puo’ seguitare a permanerne esposto, tanto piu’ che essa  include delle opere del mantovano Giulio Turcato, magari arricchendola, come proprio apporto inventivo ,  con una sezione per l’ appunto su Chagall ed il teatro, desunta dalla Galleria moscovita, che finirebbe per vertere soprattutto su l’Uccello di fuoco di Stravinsky in termini splendidamente congruenti- il rapporto intessuto dall’arte pittorica dell’Otto Novecento con il teatro essendo essenzialmente una relazione con la musica di balletti ed opere, ne’ guasterebbe, eventualmente, un’ ulteriore sezione di gran fascino su De Chirico scenografo. Cio’ costerebbe solo ammettere i propri prestiti ereditari,  anziche' intestarsi cio’ che non e’proprio e ci trascende vertiginosamente.

Odorico Bergamaschi


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