domenica 20 maggio 2018

Lettere al Giornale cultura di corte 18 aprile 2018


Signor direttore

 

Per il tramite delle colonne della Voce di Mantova,   mi consenta che chieda al giovane Simone Segna,  quanto alla sua sentita  esecrazione apparsavi lunedì scorso, 16 aprile, di come la cultura scivoli via ai nostri amministratori,  di farmi ora ben capire in argomento: forse che il nostro Polpatelli avrebbe dipinto i suoi desolati vecchi, e il nostro  Domenico Pesenti  l’adorato nipote Azzurrino,  al solo fine di  essere “redditizi” in futuro, parole sue, e le loro opere varrebbero per  quanto  potere e prestigio territoriale conferiscono? E secondo la sua panoramica storica dei Gonzaga, da fiction televisiva medicea, Gianfrancesco I si sarebbe fatto effigiare da Pisanello a puro beneficio dei suoi beneamati sudditi  e  dell’umanità futura,  nient’affatto per mera vanità egoica e per la gloria dinastica,? Né si saprebbe ancora né come, né perché,  la  celeste Galleria dai magnanimi Gonzaga, tutti spirito e arte,  sia finita inopinatamente svenduta? Ed alfine, sarebbe forse un mero caso e non già l’effetto di una loro estero-maniacalità plurisecolare, foriera  delle fregole  odierne acchiappa esterni di grido, se sotto di loro, a corte,  fatta salva l’eccezione di Giovan Battista Bertani,  l ‘ingegno locale ne è  uscito  talmente depresso che ne è  sortito al più qualche Andreasino? Ma per venire al fine politico di tale parata agiografica, sarebbe al fin della licenza  una non meglio precisata sinistra radical chic, alla quale se è la compagine culturale di Tomaso Montanari e spiriti affini sono ben fiero di appartenere, che avrebbe svilito il valore umano e di umanizzazione  dell’arte del passato, al netto di tanta vanagloria così obliterata? In realtà, pur  alla luce  di una visione dell’arte in pompa magna che resta del tutto in superficie rispetto alla “tragica gioia” (Yeats) che l’ispira, infarcita delle idealizzazioni ed incongruenze suaccennate, quello che di vero e di giustificato in toto  si evince dall’ intensa e bella  filippica di Segna, è  piuttosto  la denuncia dell’identico paradigma che in  politica  culturale accomuna il PD, spacciato ancora come la  Sinistra che ne è stata annientata, alla stessa forza Italia  cui  egli  dichiara di appartenere,   ossia è la deprecazione degli assessorati e delle deleghe alla cultura che la riducono al solo mondo della civiltà del turismo e dello spettacolo, a tutto quanto è di incasso e di successo, e che solo in tali termini è di un certo interesse e valorizzabile. Si tratta di  una visione dei beni culturali che ai piani alti ministeriali, da  Melandri e Urbani, e quindi Bondi, si è trasmessa fino a Galan e  Franceschini, e che a quelli più bassi la giunta Palazzi ha desunto finanche con il copia e incolla da quella Sodano, proponendo una medesima cultura di corte elargita dall’alto dal  Principe duca,  di cui i cittadini sudditi   non  sono che dei fruitori digitali. Ne è proliferata una serie di orrori nostrani che dall’oscena mostra sui ritratti di Virgilio, “ poeta romano”, e dagli idrovolanti Mantova- Como, ai tempi del leghista Chizzini, si è propagginata fino alle isole di Ocno e alla sola  sesquipedale di Eat Mantova, tutta fondata sul falso a suo tempo di successo di una cucina mantovana che fosse la  stessa sui deschi e i tavolacci di Principi e Popolo, con buona pace del nostro Stefano Scansani e del suo  capolavoro sul nostro effettivo e nient’affatto”mangiare cattivo”. Trattasi dell’accaparramento funesto  della cultura e dell’arte quali  mere risorse da sfruttare,  quali giacimenti petroliferi da cui estrarre a fiumi fior  di quattrini, di cui già a suo tempo  trasecolava  il socialista De Michelis, a tutto vantaggio dei transatlantici  sospingentisi fino in vista del   Palazzo Ducale di Venezia, o per restare a noialtri e’ “la Mantova da vendere” a destra e a manca di cui svalvolava a tutta randa  il nostro sindaco Palazzi, prima di rinsavire in merito e non di poco nella sua  versione aggiornata. Certo, così si è evidenziato solo il nesso connettivo in negativo delle politiche culturali delle due amministrazioni poste in discussione, al netto di quanto di buono hanno pur operato, a sostegno e supporto di fondazioni o associazioni e confraternite varie, ben di più, o troppo di più, quella di Palazzi che quella di Sodano, a imparziale onore del vero. Pur se spropositando di Sinistre  oramai fantasma, comunque  ben venga che a  denunciare l’acquiescenza della politica del Pd alla civiltà del turismo e dello spettacolo  sia  un giovine sostenitore di Forza Italia, tuttora di ferrea  proprietà di Silvio Berlusconi  quanto lo è Mediaset, ben sia, tanto più  che per tale bisticcio di interessi ci si trova di fronte al classico bue che dà del classico cornuto al classico asino, pur con tutte le ragioni che il primo ha da vendere, se la stessa Modena democratica  eleva in tempi di Daspo a suo cittadino onorario Vasco Rossi.  E’ questo comune stravedere per concertoni che lasciano il tempo che trovano,  per mostre mercato e feste di gala nel Palazzo Ducale o in quello della Ragione, ridotti, grazie anche ad Assmann , a bei  contenitori espansi  per  ogni sorta purchessia di visitatori e di  acciabattati turisti, e’ in breve dire questo comune credo nella panacea turistica,   che spiega la sottomissione oppositiva del centro destra nostrano alle vedute megaloturistiche del Sindaco in corso, con il quale tale centro destra come non può non essere d’accordo, criticando soltanto quanto Palazzi resti  distante da tali obiettivi da incubo.  Pare di sentirlo, il  centrodestra, in controcanto,  decantare il  modello che sarebbe invece di una virtuosità esemplare della Verona di Tosi e ora sboarianiana, di cui nei dì feriali  tutte le chiese principali  restano chiuse al culto per garantirne l’accesso ai turisti, dove è stato un gioco da ragazzi svaligiare dei suoi tesori pittorici il Museo di Castelvecchio, mentre  ai più che la visitano si prospetta in futuro,  “maravegia de le maravegie”,  nientepopodimeno che  il  museo dell’Amore da Giulietta a Federico Moccia. Tutto questo, in  spregio alla nostra  Costituzione che tutela come nessun’altra al mondo  il patrimonio artistico e ambientale nazionale , all’articolo nove dove si recita a chiare lettere che i beni culturali  sono un  valore finale e non merce strumentale.

 

Odorico Bergamaschi

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