Tutto su mia madre III
La volta scorsa, nel parlarmi della famiglia in cui si era ritrovata a vivere dopo avere sposato mio padre, un criterio di discernimento univoco, nel discorrerne, per mia madre veniva inflessibilmente separando i suoi cognati buoni da quelli cattivi: fratelli o sorelle di mio padre, e i relativi coniugi, per lei assumevano anche da morti, pressoché tutti, parvenze positive o negative a seconda che in vita avessero fatto capo alla casa madre di mia nonna per apportarvi od asportarvi di tutto, mia madre a servirli e riverirli per ogni evenienza , mentre mia nonna le grugniva contro ad ogni sua minima richiesta. che tentasse di avanzare.
Così la zia *, pace all’anima sua, era ancora invisa a mia madre perché inviava d’estate il figliolo più grande sprovvisto di tutto, cosicché glielo rivestissimo da capo a piedi prima che facesse ritorno.. Era la stessa zia, sia sempre in gloria, che quando con mia sorella e mia madre anch’io mi ero presentato a casa sua, non aveva di certo fatto buon viso a cattiva sorte, ma piuttosto aveva fatto di tutto perché rientrassi a casa nostra con mezzi di fortuna.
E lo zio *, era ancor vivo in una memoria di mia madre verso di lui impietosa nonostante la sua recente morte, solo per tutte le volte che aveva invitato dei suoi amici a farsi tagliare un salame e aprire bottiglie di vino a casa di mia nonna, gozzovigliando a sue spese con gran lavoro in cucina e di repulisti di mia madre.
Gran donna invece la zia *, che non mancava mai di capitare senza qualche vestitino ch’era una meraviglia per mia sorella, o qualche maglioncino bellissimo per me, di cui si riforniva presso il negozio di capi di abbigliamento di cui disponeva il figlio.
Mio zio, suo marito, se a sua volta era davvero un uomo sul cui conto non c’era di che dire, era per averle più volte detto, in gran confidenza, “ Ma che ce ne facciamo di tutta questa roba? Venti, trenta chili di mele…”, imbarazzato da tutti i generi alimentari, formaggio, olio, salumi, ogni ben di Dio, di cui mia nonna assicurava il carico sulla sua auto svuotandone il negozio, per omaggiarne della regalia mia zia sua figlia.
E’ una visione delle proprie relazioni di parentela, quella di mia madre così sincerata, che per grama che possa parere, è di certo meno desolante della realtà di quanto non intercorra tra i suoi figli, tra i quali è patologico pur anche il parlarsi, tale è il timore, nei servigi resi a mia madre, di quello che l uno può chiedere all’altro, o il rancore che insorge per il rifiuto variamente frapposto, ciascuno presumendo che la propria vita sia la più asservita o generosa.
Così la zia *, pace all’anima sua, era ancora invisa a mia madre perché inviava d’estate il figliolo più grande sprovvisto di tutto, cosicché glielo rivestissimo da capo a piedi prima che facesse ritorno.. Era la stessa zia, sia sempre in gloria, che quando con mia sorella e mia madre anch’io mi ero presentato a casa sua, non aveva di certo fatto buon viso a cattiva sorte, ma piuttosto aveva fatto di tutto perché rientrassi a casa nostra con mezzi di fortuna.
E lo zio *, era ancor vivo in una memoria di mia madre verso di lui impietosa nonostante la sua recente morte, solo per tutte le volte che aveva invitato dei suoi amici a farsi tagliare un salame e aprire bottiglie di vino a casa di mia nonna, gozzovigliando a sue spese con gran lavoro in cucina e di repulisti di mia madre.
Gran donna invece la zia *, che non mancava mai di capitare senza qualche vestitino ch’era una meraviglia per mia sorella, o qualche maglioncino bellissimo per me, di cui si riforniva presso il negozio di capi di abbigliamento di cui disponeva il figlio.
Mio zio, suo marito, se a sua volta era davvero un uomo sul cui conto non c’era di che dire, era per averle più volte detto, in gran confidenza, “ Ma che ce ne facciamo di tutta questa roba? Venti, trenta chili di mele…”, imbarazzato da tutti i generi alimentari, formaggio, olio, salumi, ogni ben di Dio, di cui mia nonna assicurava il carico sulla sua auto svuotandone il negozio, per omaggiarne della regalia mia zia sua figlia.
E’ una visione delle proprie relazioni di parentela, quella di mia madre così sincerata, che per grama che possa parere, è di certo meno desolante della realtà di quanto non intercorra tra i suoi figli, tra i quali è patologico pur anche il parlarsi, tale è il timore, nei servigi resi a mia madre, di quello che l uno può chiedere all’altro, o il rancore che insorge per il rifiuto variamente frapposto, ciascuno presumendo che la propria vita sia la più asservita o generosa.
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