lunedì 8 agosto 2016

in Delhi, una tre giorni d'acquisti per il nuovo negozio

Sotto la pioggia  che rigava i finestrini dei vetri del treno al nostro arrivo in Delhi sul far del mattino,  lungo i binari era un viavai di uomini che con una bottiglia di acqua si affaccendavano per recarvisi a escrementare , incuranti della vista dei viaggiatori dei treni.
Il disgusto piovoso del fradicio marcio e lurido di rifiuti avrebbe fatto seguito lungo il nostro trasferimento in autorickwas dalla stazione di Nizamudddin fino all’ arrivo di me e Kailash in hotel,  al termine del gali di Pahargangi  il cui orinatoio era più maleodorante del solito.
Il tempo di ritemprarci sotto la doccia, di ristorarci di una prima colazione sapida di un panino di formaggio di yak, e di li a poco aveva già inizio la nostra tre giorni per empori negozi e mercati e stanzini o di stoccaggio e di vendita  per effettuare l’ ordinazione diretta  di tutto quanto potesse occorrere al nostro esercizio di vendita di manufatti artigianali e di capi di abbigliamento per turisti indiani e stranieri in Khajuraho.
Come  è stato per il nostro centro culturale di viaggi,  in cui eludendo navigatori satellitari e prenotazioni di hotel o autovetture, o pianificazioni via internet di tour concepiti secondo  i soli  rilevamenti concreti di informazioni e stime standard  raccolte  al computer,  abbiamo realizzato ed esperimentato di persona ogni  itinerario di viaggio,  nelle sua accidentalità e magnificenze,  rivisitando  e  reinterpretando   in reportages ogni monumento di cui precedessimo nella esplorazione i nostri visitatori virtuali, così, vuoi per imperizia , vuoi per la nostra refrattarietà a procedere per ordinativi via internet,  nonostante tutte le diseconomie del caso, almeno una prima volta abbiamo voluto acquisire i nostri manufatti artigianali attraverso un rapporto  diretto con i rivenditori  e gli  artigiani con cui spazi espositivi o show rooms ci ponessero in contatto,  in un’esperienza che si è rivelata di poco meno pregnante ed esaltante di quella di viaggiatori  alla riscoperta dei luoghi più disconosciuti dell India centrale.
In essa,  data anche tutta la nostra piccolezza di operatori nel subcontinente indiano,  seguitavamo a volerci differenziare da ciò che si offre al viaggiatore in India  in package tours volti al miraggio dell Incredibile India più scontata opacchiana, o  in negozi quali quelli di Khajuraho  in cui per lo più sono in vendita sono  merci  di provenienza dallo Stato di origine del commerciante,  sicchè nel Madhya Pradesh ci si trova in quasi ogni bottega artigianale solo tra  mercanzie del Kashmir.
Nel primo grande show room era come ritrovarmi di casa, talmente i suoi handicrafts , collane, bracciali, accessori,. cofanetti, mobiletti, suppellettili,  facendovi capo ogni volta ogni volta che in Delhi sono stato di ritorno, sono diventati per me oggetti di uso e di arredo  domestico , magnificamente lavorati nel legno, nella pietra, nell’osso che vi erano  intagliati, ed era stordente  rinvenirmici ad acquistarne in quantità assai più copiosa del solito,. con Kailash che  lasciavo sbizzarrirsi nell’acquisto di anelli e pendenti e orecchini per ladies indiane, per la sua  esperienza  acquisita  con la moglie e le acquirenti  in un negozio in cui era impiegato presso i templi jain di Khajuraho.
Ma ancora più  vertiginosa era  assistere alla abilità velocissima e pur meticolosa con cui i commessi, di articolo in articolo, hanno proceduto alla spolveratura, involtatura in nastri aderenti. o in borsettine  di tela,  di ogni articolo per minuto e numeroso che fosse, separando quelli con un prezzo da quelli per cui dovevano ricorrere alla memoria dell’addetto, smistando in buste separate anelli anellini e orecchini che ci siamo riservati di acquistare in un secondo tempo, chiedendo che ci fossero debitamente tenuti da parte.
Riponevamo tutte le nostre compere in hotel ed eravamo di lì a poco di nuovo sotto la pioggia, per ritemprarci di qualche sapido panino economico alla classica e oramai a noi tradizionale Nerula bakery, salire in ciclorickshaw  verso il Ramakrishna ashram marg , prelevarvi nuovo contante fresco ed essere  avviati in metro verso il Crafts museum ed il suo shop oltre Pragati Maidan.
Sapevo già all occorrenza che cosa avrei potuto rinvenirvi, di più costoso ma impreziosente il nostro negozio, dalle saliere o zuccheriere in corno di bue effigianti  pinguini od elefanti, ai salvadanai e borsellini o astucci in pelle a forma di Ganesha o di gatti o di pesci ed altri animali, mentre restava una sorpresa sapere quali artigiani dalle più varie regioni dell India vi fossero ancora convenuti al termine del mese di luglio che stava finendo. Era il Kerala lo Stato di cui si celebrava il patrimonio artigianale e ciò mi dava l occasione di reperire pannelli con immagini di paesaggi di sogno o devozionali,  costituiti da minuti ritagli di paglia di riso. Non v’erano rappresentazioni di dei  hindu   ma  devozionali cristiane, che effigiavano un Cristo nell orto e un altro con cuore fiammante . Li  avrei acquistati entrambi, come tre foglie rastremate  nella loro nervatura, il cui  residuo rilievo laminare , nelle applicazioni del colore o di filamenti di paglia di riso,  raffigurava il tramonto su  esotiche lagune incantevoli. Devo confessare che ancora rimpiango invece di avere lasciato nei banchi magnifiche borse e borsette in fibre di banano e di ananas,  temendo che il loro costo pur sempre non elevato  le rendesse poco commerciabili o che stessi già eccedendo in  incontinenza acquisitiva .
Kailash mi induceva invece a fermarmi presso due giovani artigiani che si rivelavano della più morbida gentilezza accogliente, non che dallo sguardo invitante e profondo, quanto di delicata bravura nella lavorazione delle pietre dure che esibivano i loro manufatti, e procederne all’acquisto di una certa varietà era tentazione cui non resistevamo. Mi facevo lasciare la loro card con indicata la stazione del metro cui avrei dovuto scendere per recarmi a  fare loro visita, non la New Delhi railway metro station come lasciava supporre la loro ubicazione presso l’Ajmeri Gate, ma l’a me ben noto Chawri bazar,  base di ripartenza in ciclorickshaw,  quante mai volte, alla volta del Karim restaurant.
Nell’ora che la caligine piovosa rendeva ormai tarda c’era pure il tempo di anticipare , rispetto alla riapertura del lunedì, con un ulteriore prelievo di contante l’acquisto di anelli e anellini e orecchini e pendenti prescelti da Kailash, e di pagare l’ ammontare  di un quantitativo spropositato , che non contestavo come avrei dovuto sul momento., per riservarmi di fare solo in  stanza le più reiterate  rimostranze all’amico, per  come avesse contravvenuto all’orientamento prefissatoci di non eccedere in nessun novero di articoli, perché  l importante, nel cominciare, era di accertare, sul più vasto repertorio di merci, quali fossero vendibili e da reperire od ordinare di nuovo.
Ma la cucina thai e un suo thali nepalese vegetariano, essendo di sabato e non potendo egli contrariare Hanuman consumando carne,  ci riappacificavano negli umori , propiziando a me soltanto una notte non insonne per la stanchezza del viaggio.

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L’indomani, assistita alla messa domenicale nella Sacred  Hearth church di Asoka Square, era la volta di Gandinagarh, la subcity di Delhi east dei capi d’abbigliamento per signora a basso prezzo, di cui a Kailash avevano detto che si recavano a rifornirvisi dei commercianti  vari del  settore di Khajuraho.
Si collocava ove oltre vasti verzieri e coltivi al di la della Yamuna riprendevano a stagliarsi le cortine murarie dei casamenti dei suburbi di Delhi,  ai lati di una via centrale in cui il traffico s’intasava in un caos altisonante.
Per le stradicciuole laterali disseminate dei negozi di vestiti e di stoffe che facevano capo alle imprese e ai laboratori  locali, io e kailash ci  mettevamo alla ricerca  del capo di abbigliamento più ricercato dai turisti stranieri più in vena di indianizzarsi nelle loro fogge vestimentarie, i famigerati Ali Baba trousers dal cavallo ribassato, ma di negozio in negozio vi andavamo alla scoperta che non ve n’era uno che ne recasse traccia, ove imperava l indian style di come gli indiani vestono effettivamente, e l offerta si conforma assolutamente alla loro domanda.
Vinta l ultima vana resistenza di Kallu a ricercare i pur sempre folclorici pantaloni femminili kashmiri o nepalesi,  così non ci restava che convertirci alla convergenza mercantile che invece vi si rendeva pertanto possibile, tra .i  capi di abbigliamento che potessero richiedere invece i turisti indiani e quanto di tal genere offriva a dismisura ogni negozio ed emporio, pantaloni per signora leggiadri di fogge normali, e kurti sempre per ladies che ritrovavamo nei più fantasiosi  e meravigliosi,disegni stampati.
A dire il vero era una meraviglia accomodarci a sedere ed assistere allo rotolamento fantasmagorico di capo su capo del padrone proprietario, che nel suo agio facondo era come se fosse stato da sempre ad assistere inerte al verificarsi della nostra venuta remota, da un altrove di cui pur sapeva misurare all’istante la disponibilità effettiva e  conformarvisi, al rialzo e al ribasso,  senza che nulla potesse dar corso al minimo screzio od alterco, nella più placida  assorta nel calcolo  e distesa nell’animo malleabilità reciproca .
Quando con Kailash riuscivo un’ultima volta lungo la via del centro la intasava una cerimonia religiosa shivaita i cui sadhu che vi erano in gloria a raffronto dei trafficanti con cui eravamo stati alle prese mi apparivano in una luce quanto mai lestofantica.
Di rientro in Pahargangi per i nostri Alibaba e nepaleses trousers non ci restava che far capo al grande magazzino di cui con  assoluta sufficienza quel mattino avevo assistito al levarsi dalle serrande, mentre nel caffè ristorante di fronte mi saziavo  di un ulteriore panino al formaggio di yak-
Di Ali Baba e nepaleses trousers  in quel quartiere ch’è una fiera turistica, potevamo trovarne quanti ne volevamo, con o senza tasche,  nei colori più vivi e più spenti, in autentiche esplosioni fantastiche, e in  variegature al telaio dei toni delle gamme più splendide

 Kailash, che a differenza di me teme le situazioni, mentr’io ogni nuovo contatto,  avrebbe voluto differire l’acquisto, rinviandolo all indomani quando invece del vecchio vi fosse il giovane padrone più disponibile a sconti, come gli lasciava intendere l’addetto sommesso.  Cos’ io lo forzavo a deciderci all’acquisto, come l’anziano si mostrava propenso a un  lieve ritocco dei prezzi al ribasso, e per l indomani ci riservavamo di essere di ritorno solo per l’acquisto delle sciarpe di cotone e di seta.

3) oltre l’acquisto delle sciarpe di cotone e di seta, a due passi davvero dall’hotel,  non rammento più bene quali circostanze c i avessero fatto ritrovare io e Kailash, che erano ancora le due ed ancora  non ci eravamo risolti a recarci dall’ong Jan Sandesh, per ricontattare la signora con cui avevo fissato un appuntamento ed acquistare prodotti derivanti dall uso di materiale riciclato, - carta e stoffe soprattutto-., o in alternativa al Dilli Haat, se non a Tuglaqabad dove ritrovarci turisti.
Kailash era alquanto restio, già sapendo dell’alto costo di quei prodotti pur così deteriorabili, e dovendo egli prendere il treno in serata, temeva che dovessimo accusare ritardi., rispetto all ora della partenza,  a seguito di un’impresa che ci avrebbe indotto a recarci in Delhi est ben oltre Gandinagarh,  fino alla destinazione terminale di **. cambiando tre volte linea metropolitana,
Ma io ero perentorio e autoritario, e’da anni che  mi prefiggevo  di incontrarmi con quell organizzazione, che dà lavoro a donne , soprattutto giovani, ottenendone in collane di gemme di cotone o di carta, portafogli di ji juta e di tela di frammenti di vestiti, fermacapelli e portachiavi a guisa di coccinelle ed altri animaletti,  prodotti di delicata fantasia dal grande valore sociale e  risvolto ecologico.
Così sia pure in stato di sofferenza, sapendo che lo stavo forzando,  dopo ch’era bastato un mio “ Di che non vuoi” per indurlo alla cosa, lo facevo mio tramite in hindi dei miei rapporti  con la organizzatrice, e insieme da Rama Krishna AShram Marg, cambiando linea a Rajv Chowk  per raggiungere Kashmiri Gate, e da Kashmiri Gate alla volta di **,  ci ritrovamo all uscirta della stazione terminale senza che ancora fosse finita, perché la signora shanti ci comunicava al telefono che di lì ci restava da prendere ancora un ciclo od autorickshaw per New Seema Puri.
Da dove il conducente ci faceva scendere dovevamo retrocedere su un ciclo-rickshaw di un altro incrocio per ritrovarci con Shanti.
Le vie per le quali ci inoltrava nel suo stanzone di raccolta del materiale da riciclare e dei prodotti ottenuti, erano in piena sintonia ambientale con la sua attività di elezione: da enormi sacche di un  lezzo ammorbante donne e giovani erano intente a  smistare i rifiuti contenutivi.
Nello stanzone in cui Shanti ci accomodava erano altre due donne, cui si aggiungeva una terza, intente a ritagliare dai giornali e poi a confezionare le borse e corsettine in cui erano in vendita i suoi prodotti.
Pur nel confermarle la mia ammirazione per la sua attività ed i suoi prodotti, nel trascegliere collane, pendenti , portafogli e portachiavi, le confermavo le mie riserve sui costi dei prodotti, che erano assolutamente all’altezza dei mercati occidentali, dove collane simili le avevo ritrovate a un prezzo dieci volte tanto in negozi del commercio cosiddetto equo-solidale, ma eccessivamente cari per il mercato indiano,  dove  vedevamo arduo smerciarli.
Kailash insisteva sulla stessa lunghezza d’onda ed almeno otteneva uno sconto del 20% sui prezzi di vendita. Shanti gli diceva che era del resto un’iniziativa anomala, la nostra, perché è solita procedere per ordinativi a distanza.
Tra  il fetore esterno conclusi gli acquisti lasciavamo di li a poco New Seemapuri per essere di rientro ben in tempo all hotel.
Benché per soli due giorni, era uno strazio il distacco da Kailash, che cercavo di saturare invasandomi di internet, destinando la sera a  una cena al Karim restaurant, il che mi avrebbe distolto dal ritrovarmi solo in stanza,   per ciclo-ricksaw e metro.
Al Karim restaurant ero accolto con gentilezza, non aveva lasciato strascichi il mio diverbio di quando proditoriamente a me, come ad Ajay e a Mohammad, erano state  rifilate come full tre razioni half ,  profittando del fatto che non avevo specificato l entità delle portate richieste. Ma sembrava che ne fosse rimasta memoria, perché quando mi alzavo dalla sedia per specificare, se ancora non lo avessi fatto,  che avevo richiesto una mezza porzione di jahanghiri chicken, mi si tranquillizzava che come tale ero stato servito nei più compiti e comprensivi dei modi.

Ma a  volgere al peggio le cose era forse la salsa verde con cui condivo le cipolle d’antipasto, perché quello che credevo ancora fosse un subbuglio digestivo mentre lasciavo il ristorante , sul ciclorickshaw che mi riconduceva alla stazione metropolitana del Chawri bazar  si rivolgeva tra uno sconquasso e un altro in eruzioni di vomito liberatorie, una di seguito all’altra fino a che non svoltavo oltre la Djama masjid.

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