Sotto la pioggia che
rigava i finestrini dei vetri del treno al nostro arrivo in Delhi sul far del
mattino, lungo i binari era un viavai di
uomini che con una bottiglia di acqua si affaccendavano per recarvisi a
escrementare , incuranti della vista dei viaggiatori dei treni.
Il disgusto piovoso del fradicio marcio e lurido di rifiuti
avrebbe fatto seguito lungo il nostro trasferimento in autorickwas dalla
stazione di Nizamudddin fino all’ arrivo di me e Kailash in hotel, al termine del gali di Pahargangi il cui orinatoio era più maleodorante del
solito.
Il tempo di ritemprarci sotto la doccia, di ristorarci di
una prima colazione sapida di un panino di formaggio di yak, e di li a poco
aveva già inizio la nostra tre giorni per empori negozi e mercati e stanzini o
di stoccaggio e di vendita per
effettuare l’ ordinazione diretta di
tutto quanto potesse occorrere al nostro esercizio di vendita di manufatti
artigianali e di capi di abbigliamento per turisti indiani e stranieri in Khajuraho.
Come è stato per il
nostro centro culturale di viaggi, in
cui eludendo navigatori satellitari e prenotazioni di hotel o autovetture, o pianificazioni
via internet di tour concepiti secondo i
soli rilevamenti concreti di
informazioni e stime standard raccolte al computer,
abbiamo realizzato ed esperimentato di persona ogni itinerario di viaggio, nelle sua accidentalità e magnificenze, rivisitando
e reinterpretando in reportages ogni monumento di cui
precedessimo nella esplorazione i nostri visitatori virtuali, così, vuoi per
imperizia , vuoi per la nostra refrattarietà a procedere per ordinativi via
internet, nonostante tutte le
diseconomie del caso, almeno una prima volta abbiamo voluto acquisire i nostri
manufatti artigianali attraverso un rapporto
diretto con i rivenditori e
gli artigiani con cui spazi espositivi o
show rooms ci ponessero in contatto, in
un’esperienza che si è rivelata di poco meno pregnante ed esaltante di quella
di viaggiatori alla riscoperta dei
luoghi più disconosciuti dell India centrale.
In essa, data anche
tutta la nostra piccolezza di operatori nel subcontinente indiano, seguitavamo a volerci differenziare da ciò
che si offre al viaggiatore in India in
package tours volti al miraggio dell Incredibile India più scontata opacchiana,
o in negozi quali quelli di
Khajuraho in cui per lo più sono in
vendita sono merci di provenienza dallo Stato di origine del
commerciante, sicchè nel Madhya Pradesh
ci si trova in quasi ogni bottega artigianale solo tra mercanzie del Kashmir.
Nel primo grande show room era come ritrovarmi di casa,
talmente i suoi handicrafts , collane, bracciali, accessori,. cofanetti,
mobiletti, suppellettili, facendovi capo
ogni volta ogni volta che in Delhi sono stato di ritorno, sono diventati per me
oggetti di uso e di arredo domestico ,
magnificamente lavorati nel legno, nella pietra, nell’osso che vi erano intagliati, ed era stordente rinvenirmici ad acquistarne in quantità assai
più copiosa del solito,. con Kailash che
lasciavo sbizzarrirsi nell’acquisto di anelli e pendenti e orecchini per
ladies indiane, per la sua
esperienza acquisita con la moglie e le acquirenti in un negozio in cui era impiegato presso i
templi jain di Khajuraho.
Ma ancora più
vertiginosa era assistere alla
abilità velocissima e pur meticolosa con cui i commessi, di articolo in
articolo, hanno proceduto alla spolveratura, involtatura in nastri aderenti. o
in borsettine di tela, di ogni articolo per minuto e numeroso che
fosse, separando quelli con un prezzo da quelli per cui dovevano ricorrere alla
memoria dell’addetto, smistando in buste separate anelli anellini e orecchini
che ci siamo riservati di acquistare in un secondo tempo, chiedendo che ci
fossero debitamente tenuti da parte.
Riponevamo tutte le nostre compere in hotel ed eravamo di lì
a poco di nuovo sotto la pioggia, per ritemprarci di qualche sapido panino
economico alla classica e oramai a noi tradizionale Nerula bakery, salire in
ciclorickshaw verso il Ramakrishna
ashram marg , prelevarvi nuovo contante fresco ed essere avviati in metro verso il Crafts museum ed il
suo shop oltre Pragati Maidan.
Sapevo già all occorrenza che cosa avrei potuto rinvenirvi,
di più costoso ma impreziosente il nostro negozio, dalle saliere o zuccheriere
in corno di bue effigianti pinguini od
elefanti, ai salvadanai e borsellini o astucci in pelle a forma di Ganesha o di
gatti o di pesci ed altri animali, mentre restava una sorpresa sapere quali
artigiani dalle più varie regioni dell India vi fossero ancora convenuti al
termine del mese di luglio che stava finendo. Era il Kerala lo Stato di cui si
celebrava il patrimonio artigianale e ciò mi dava l occasione di reperire
pannelli con immagini di paesaggi di sogno o devozionali, costituiti da minuti ritagli di paglia di
riso. Non v’erano rappresentazioni di dei
hindu ma devozionali cristiane, che effigiavano un
Cristo nell orto e un altro con cuore fiammante . Li avrei acquistati entrambi, come tre foglie
rastremate nella loro nervatura, il cui residuo rilievo laminare , nelle applicazioni
del colore o di filamenti di paglia di riso, raffigurava il tramonto su esotiche lagune incantevoli. Devo confessare
che ancora rimpiango invece di avere lasciato nei banchi magnifiche borse e
borsette in fibre di banano e di ananas,
temendo che il loro costo pur sempre non elevato le rendesse poco commerciabili o che stessi
già eccedendo in incontinenza
acquisitiva .
Kailash mi induceva invece a fermarmi presso due giovani
artigiani che si rivelavano della più morbida gentilezza accogliente, non che
dallo sguardo invitante e profondo, quanto di delicata bravura nella
lavorazione delle pietre dure che esibivano i loro manufatti, e procederne
all’acquisto di una certa varietà era tentazione cui non resistevamo. Mi facevo
lasciare la loro card con indicata la stazione del metro cui avrei dovuto
scendere per recarmi a fare loro visita,
non la New Delhi
railway metro station come lasciava supporre la loro ubicazione presso l’Ajmeri
Gate, ma l’a me ben noto Chawri bazar,
base di ripartenza in ciclorickshaw,
quante mai volte, alla volta del Karim restaurant.
Nell’ora che la caligine piovosa rendeva ormai tarda c’era
pure il tempo di anticipare , rispetto alla riapertura del lunedì, con un
ulteriore prelievo di contante l’acquisto di anelli e anellini e orecchini e
pendenti prescelti da Kailash, e di pagare l’ ammontare di un quantitativo spropositato , che non
contestavo come avrei dovuto sul momento., per riservarmi di fare solo in stanza le più reiterate rimostranze all’amico, per come avesse contravvenuto all’orientamento
prefissatoci di non eccedere in nessun novero di articoli, perché l importante, nel cominciare, era di
accertare, sul più vasto repertorio di merci, quali fossero vendibili e da
reperire od ordinare di nuovo.
Ma la cucina thai e un suo thali nepalese vegetariano,
essendo di sabato e non potendo egli contrariare Hanuman consumando carne, ci riappacificavano negli umori , propiziando
a me soltanto una notte non insonne per la stanchezza del viaggio.
2
L’indomani, assistita alla messa domenicale nella
Sacred Hearth church di Asoka Square,
era la volta di Gandinagarh, la subcity di Delhi east dei capi d’abbigliamento
per signora a basso prezzo, di cui a Kailash avevano detto che si recavano a
rifornirvisi dei commercianti vari del settore di Khajuraho.
Si collocava ove oltre vasti verzieri e coltivi al di la
della Yamuna riprendevano a stagliarsi le cortine murarie dei casamenti dei
suburbi di Delhi, ai lati di una via
centrale in cui il traffico s’intasava in un caos altisonante.
Per le stradicciuole laterali disseminate dei negozi di
vestiti e di stoffe che facevano capo alle imprese e ai laboratori locali, io e kailash ci mettevamo alla ricerca del capo di abbigliamento più ricercato dai
turisti stranieri più in vena di indianizzarsi nelle loro fogge vestimentarie,
i famigerati Ali Baba trousers dal cavallo ribassato, ma di negozio in negozio vi
andavamo alla scoperta che non ve n’era uno che ne recasse traccia, ove
imperava l indian style di come gli indiani vestono effettivamente, e l offerta
si conforma assolutamente alla loro domanda.
Vinta l ultima vana resistenza di Kallu a ricercare i pur
sempre folclorici pantaloni femminili kashmiri o nepalesi, così non ci restava che convertirci alla
convergenza mercantile che invece vi si rendeva pertanto possibile, tra .i capi di abbigliamento che potessero
richiedere invece i turisti indiani e quanto di tal genere offriva a dismisura
ogni negozio ed emporio, pantaloni per signora leggiadri di fogge normali, e
kurti sempre per ladies che ritrovavamo nei più fantasiosi e meravigliosi,disegni stampati.
A dire il vero era una meraviglia accomodarci a sedere ed
assistere allo rotolamento fantasmagorico di capo su capo del padrone
proprietario, che nel suo agio facondo era come se fosse stato da sempre ad
assistere inerte al verificarsi della nostra venuta remota, da un altrove di
cui pur sapeva misurare all’istante la disponibilità effettiva e conformarvisi, al rialzo e al ribasso, senza che nulla potesse dar corso al minimo
screzio od alterco, nella più placida assorta nel calcolo e distesa nell’animo malleabilità reciproca .
Quando con Kailash riuscivo un’ultima volta lungo la via del
centro la intasava una cerimonia religiosa shivaita i cui sadhu che vi erano in
gloria a raffronto dei trafficanti con cui eravamo stati alle prese mi apparivano
in una luce quanto mai lestofantica.
Di rientro in Pahargangi per i nostri Alibaba e nepaleses
trousers non ci restava che far capo al grande magazzino di cui con assoluta sufficienza quel mattino avevo
assistito al levarsi dalle serrande, mentre nel caffè ristorante di fronte mi
saziavo di un ulteriore panino al
formaggio di yak-
Di Ali Baba e nepaleses trousers in quel quartiere ch’è una fiera turistica,
potevamo trovarne quanti ne volevamo, con o senza tasche, nei colori più vivi e più spenti, in
autentiche esplosioni fantastiche, e in variegature al telaio dei toni delle gamme più
splendide
Kailash, che a
differenza di me teme le situazioni, mentr’io ogni nuovo contatto, avrebbe voluto differire l’acquisto,
rinviandolo all indomani quando invece del vecchio vi fosse il giovane padrone
più disponibile a sconti, come gli lasciava intendere l’addetto sommesso. Cos’ io lo forzavo a deciderci all’acquisto,
come l’anziano si mostrava propenso a un
lieve ritocco dei prezzi al ribasso, e per l indomani ci riservavamo di
essere di ritorno solo per l’acquisto delle sciarpe di cotone e di seta.
3) oltre l’acquisto delle sciarpe di cotone e di seta, a due
passi davvero dall’hotel, non rammento
più bene quali circostanze c i avessero fatto ritrovare io e Kailash, che erano
ancora le due ed ancora non ci eravamo
risolti a recarci dall’ong Jan Sandesh, per ricontattare la signora con cui
avevo fissato un appuntamento ed acquistare prodotti derivanti dall uso di materiale
riciclato, - carta e stoffe soprattutto-., o in alternativa al Dilli Haat, se
non a Tuglaqabad dove ritrovarci turisti.
Kailash era alquanto restio, già sapendo dell’alto costo di
quei prodotti pur così deteriorabili, e dovendo egli prendere il treno in
serata, temeva che dovessimo accusare ritardi., rispetto all ora della
partenza, a seguito di un’impresa che ci
avrebbe indotto a recarci in Delhi est ben oltre Gandinagarh, fino alla destinazione terminale di **. cambiando
tre volte linea metropolitana,
Ma io ero perentorio e autoritario, e’da anni che mi prefiggevo di incontrarmi con quell organizzazione, che
dà lavoro a donne , soprattutto giovani, ottenendone in collane di gemme di
cotone o di carta, portafogli di ji juta e di tela di frammenti di vestiti,
fermacapelli e portachiavi a guisa di coccinelle ed altri animaletti, prodotti di delicata fantasia dal grande
valore sociale e risvolto ecologico.
Così sia pure in stato di sofferenza, sapendo che lo stavo
forzando, dopo ch’era bastato un mio “
Di che non vuoi” per indurlo alla cosa, lo facevo mio tramite in hindi dei miei
rapporti con la organizzatrice, e
insieme da Rama Krishna AShram Marg, cambiando linea a Rajv Chowk per raggiungere Kashmiri Gate, e da Kashmiri
Gate alla volta di **, ci ritrovamo all
uscirta della stazione terminale senza che ancora fosse finita, perché la
signora shanti ci comunicava al telefono che di lì ci restava da prendere
ancora un ciclo od autorickshaw per New Seema Puri.
Da dove il conducente ci faceva scendere dovevamo
retrocedere su un ciclo-rickshaw di un altro incrocio per ritrovarci con
Shanti.
Le vie per le quali ci inoltrava nel suo stanzone di raccolta
del materiale da riciclare e dei prodotti ottenuti, erano in piena sintonia
ambientale con la sua attività di elezione: da enormi sacche di un lezzo ammorbante donne e giovani erano
intente a smistare i rifiuti
contenutivi.
Nello stanzone in cui Shanti ci accomodava erano altre due
donne, cui si aggiungeva una terza, intente a ritagliare dai giornali e poi a
confezionare le borse e corsettine in cui erano in vendita i suoi prodotti.
Pur nel confermarle la mia ammirazione per la sua attività
ed i suoi prodotti, nel trascegliere collane, pendenti , portafogli e portachiavi,
le confermavo le mie riserve sui costi dei prodotti, che erano assolutamente
all’altezza dei mercati occidentali, dove collane simili le avevo ritrovate a
un prezzo dieci volte tanto in negozi del commercio cosiddetto equo-solidale,
ma eccessivamente cari per il mercato indiano, dove
vedevamo arduo smerciarli.
Kailash insisteva sulla stessa lunghezza d’onda ed almeno
otteneva uno sconto del 20% sui prezzi di vendita. Shanti gli diceva che era
del resto un’iniziativa anomala, la nostra, perché è solita procedere per
ordinativi a distanza.
Tra il fetore esterno
conclusi gli acquisti lasciavamo di li a poco New Seemapuri per essere di
rientro ben in tempo all hotel.
Benché per soli due giorni, era uno strazio il distacco da
Kailash, che cercavo di saturare invasandomi di internet, destinando la sera
a una cena al Karim restaurant, il che
mi avrebbe distolto dal ritrovarmi solo in stanza, per ciclo-ricksaw e metro.
Al Karim restaurant ero accolto con gentilezza, non aveva
lasciato strascichi il mio diverbio di quando proditoriamente a me, come ad
Ajay e a Mohammad, erano state rifilate
come full tre razioni half , profittando
del fatto che non avevo specificato l entità delle portate richieste. Ma sembrava
che ne fosse rimasta memoria, perché quando mi alzavo dalla sedia per
specificare, se ancora non lo avessi fatto, che avevo richiesto una mezza porzione di
jahanghiri chicken, mi si tranquillizzava che come tale ero stato servito nei
più compiti e comprensivi dei modi.
Ma a volgere al
peggio le cose era forse la salsa verde con cui condivo le cipolle d’antipasto,
perché quello che credevo ancora fosse un subbuglio digestivo mentre lasciavo
il ristorante , sul ciclorickshaw che mi riconduceva alla stazione metropolitana
del Chawri bazar si rivolgeva tra uno
sconquasso e un altro in eruzioni di vomito liberatorie, una di seguito all’altra
fino a che non svoltavo oltre la
Djama masjid.
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