Era il 22
ottobre dell’anno 1470, ed il marchese Ludovico II aveva di che dolersi che il rivestimento pittorico della Camera Picta non fosse ancora stato realizzato che per metà da parte del Mantegna, che fino ad allora nella sola parete settentrionale aveva affrescato la scena della Corte, talmente a rilento procedeva in un ‘opera che aveva iniziato il 16 giugno 1465, già cinque anni addietro, se ci si attiene alla data che figura dipinta a fresco nel’arredo
pittorico, a finti marmi policromi, dello sguincio della finestra dislocata a nord-ovest.
Restava ancora da dipingere la parete ovest, in cui avrebbe dovuto figurare l’incontro avvenuto a Bozzolo il 1 gennaio del 1462 tra lo stesso Ludovico II e il secondogenito
Francesco, reduce da Milano dopo avere appena conseguito la nomina cardinalizia notificatagli il 18 dicembre 1461, e di cui
era andato a gratificarvi gli Sforza per gli uffici interposti. Era un evento,
data tutta la sua importanza, da cui forse ebbe origine l’ideazione stessa della Camera Picta,
poiché sanciva la legittimazione da parte del papato del dominio dei Gonzaga
sui territori del proprio stato, il cui esercizio del potere la scena di corte celebrava nella sua sublimazione umanistica, quale che sia l’evento a cui allude. L’ incontro di
Bozzolo preludeva ad una investitura dei Gonzaga della
stessa autorità religiosa sulla città, con la nomina di Francesco a vescovo di
Mantova nel 1466, dopo esserlo stato di Bressanone. Ma agli inizi degli anni
Settanta del Quattrocento, otto anni dopo, allorché il Mantegna non ne aveva
ancora iniziato la rappresentazione, tale incontro era un accadimento oramai stagionatosi, superato dalle
successive nomine vescovili di cui si è detto, sicché a sollecitare il Mantegna a riprendere il soggetto ci
volle niente di meno di quello che ebbe a capitare a pennello di lì
a qualche anno, al verificarsi di un evento che finì- addirittura- per
ridimensionare l’incontro di Bozzolo ad un suo precedente di rilevanza minore, risultandone più ancora magnificativo delle sorti dei Gonzaga. Trattasi dell’incontro, sempre tra Francesco e lo stesso Ludovico II, avvenuto
in Bondanello sul Secchia il 22 agosto 1472, che faceva seguito alla nomina dello stesso Francesco a legato pontificio
in Bologna nel 1471, e di cui parla la Cronaca di Mantova dal 1455 al 1484
dello Schivenoglia, Tale incontro aveva rinverdito e perfino implementato quello pur così importante di Bozzolo, in virtù degli accresciuti poteri religiosi di cui vi si esaltava il
conferimento ad un Francesco Gonzaga che non era più solo diciassettenne, come
ai tempi della originaria nomina cardinalizia. A maggior gloria del ceppo
famigliare di Ludovico II, la rappresentazione dell’incontro di Bondanello consentiva inoltre di aggiornare la ripresa
del vecchio soggetto con l’inserimento in esso, che vi siano stati realmente presenti o meno, dei
componenti in più tenera età della famiglia gonzaghesca allora viventi, che già Rodolfo Signorini ci ha consentito di
identificare pressoché tutti quanti, insieme agli altri personaggi signorili
che vi furono compresi. E’ il caso del fratello minore di Francesco Gonzaga, Ludovico , che gli tiene la mano sinistra e vi è raffigurato come già ragazzo, mentre all’ epoca dell’ incontro di Bozzolo aveva solo un
anno. Egli subentrerà a Francesco quale vescovo di Mantova alla sua morte, nel
1483, e nella scena dell’ incontro di Bondanello senza alcun anacronismo prolettico appare già nelle vesti di
protonotario apostolico , il titolo che gli aveva appena garantito il fratello cardinale. Insieme a Ludovico può fare la sua
comparsa anche suo nipote Sigismondo ancor più in tenera
età, nato nel 1469 e figlio di Federico, il futuro terzo marchese di Mantova, costui raffigurato
invece all’estrema destra per chi guarda la scena, involto nel manto che
ne copre la difformità cifotica. Quale suo secondogenito Sigismondo era predestinato anch’egli ad una carriera
ecclesiastica, che dopo essere stato egli nominato
cardinale nel 1506 farà di lui il successore quale vescovo di
Mantova, dal 1511, dello stesso Ludovico di cui tiene la mano . Nell’incontro di Bondanello non può mancare neppure l’allor piccolo Francesco, futuro quarto marchese di
Mantova, essendo nato tre anni prima di Sigismondo, nel 1466, che si accampa imperiosettofino all’altezza del bacino del nonno, Ludovico II, a lui d’accanto;
due fanciulli, Sigismondo e Francesco, che all’epoca
dell’incontro di Bozzolo non erano ancora nati. La realizzazione dell’affresco
si protrasse fino al 1474, quando, nel marzo e poi nel maggio di
quell’anno, s’inoltrò nei territori gonzagheschi re Cristiano I di Danimarca ( cognato di Ludovico II, in quanto aveva
sposato Dorotea di Brandeburgo, sorella di Barbara moglie
del marchese di Mantova), venutovi a insignire Ludovico II dell’Ordine dell’Elefante. Tale
soggiorno era a onore e gloria dei Gonzaga come già nel 1469 lo fu
l’accoglienza in Ferrara di una loro delegazione prestigiosa, che comprendeva lo stesso Mantegna, da parte di Federico III d’Asburgo, imperatore, impegnatosi a suo tempo per l’elezione a
cardinale di Francesco Gonzaga, e da cui lo stesso Ludovico II era stato
investito del titolo di marchese. La venuta in Mantova di Cristiano I indusse
Ludovico II a far finire al Mantegna l’impresa della Camera Picta per farne mostra al re danese. A glorificazione reciproca furono inserite
nell’Incontro sia l’effigie di re Cristiano I che di Federico III
imperatore, così coronando con un’investitura universale il potere politico e religioso dei Gonzaga in Mantova, di cui si rimarcava il legame con l’impero e
il vanto per la parentela regale di Cristiano I. Così desumo e presumo che siano andate le cose, in concordanza con il Crowe, il Cavalcaselle ( 1871) e l’ Yriarte( 1901), ma così non
vuole che si siano svolte la tradizione interpretativa che è finora invalsa, che nella scena
dell’Incontro sostiene che sia rappresentato quello di Bozzolo, con tutti gli
anacronismi del caso che ne conseguono, non ultima la presentazione di
Francesco nel suo pieno rigoglio di adulto, mentre all’epoca dell’ incontro di
Bozzolo non aveva ancora diciotto anni, e via seguitando per ogni personaggio
inscenato. Lo stesso Ludovico II appare più solcato di rughe nel cipiglio della
fronte, e agli occhi, oltreché più floscio nell’incarnato
dell’orecchio, che non nella sua comparsa nell’episodio antecedente della scena
di corte, che pur risalirebbe allo stesso giorno dell’
incontro in Bozzolo, se è vero
che raffigura la chiamata in Milano di
Ludovico II a sostegno di Francesco
Sforza, di cui era luogotenente generale, per il tramite di una lettera di
Bianca Maria Visconti che riferiva del grave stato di salute
del marito. A tal punto sarebbe davvero dirimente poter sapere se
l’investitura a legato apostolico in Bologna cui fa capo invece l incontro di Bondanello spieghi la tunica cilestrina di
Francesco, già cardinale e vescovo, e la sua combinazione con la mantellina
purpurea che vi è sovrapposta. Le mie interpretazioni, pur così delucidate,
restano pur sempre solo fondate congetture. Ai critici d’arte
di me più emeriti confermarle o smentirle riaprendo il dibattito.
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