Mahua 1
Ora, via via che
mi ravvicinavo, tra gli impalcati dei ponteggi di supporto e restauro, ecco che in luogo della minuta compiutezza devozionale del
tempio di Shiva in Terahi, da poco lasciato, nel nuovo tempio al Dio che ne era
antecedente, essendo stato edificato nella fase terminale dei templi Gupta e
agli albori di quelli Pratihara , ancora
allo stato nascente ,
vedevo campeggiare sempre
più la grandiosità,
pur declinante, in impedita rovina,
della solennità monumentale di cui per spogliazione di apparati
ornamentali è evocativa la religiosità di qualsiasi tempio che si manifesti tale in
virtù delle sue sole forme, quale che ne sia il credo attestatovi, ossia l evocazione del trascendente in
virtù
della sola potenza emanata ed ordinata dalle sue relazioni
proporzionali, dell’esservi
ogni mirabilia il solo cespo che
increspa la pietra più scabra , nell’ affiorarne in superficie per farsi volatili e e volute e girali
floreali, di rilievi che alla nostra caducità soltanto, illusa nel velo, possono apparire il persistere nella Sua
divinità di un permanere di forme. Il cumulo di spezzoni del sikhara, di
cui restava l’amalaka, era
tumulato sulle pareti superstiti di un portico d’entrata, del vestibolo e
del prasada del tempio, resi tutt
uno dalla solidarietà materiale dell’identica arenaria venata di rosso in cui assumevano sembianze volumetriche forma e volume, e dalla scansione comune in pilastri
sull’alto basamento che li sopraelevava, staccandosene vistosamente in
avanti la sola proiezione del bhadra e del rathika che ne era al centro focale
, rimarcata dalla prominenza solidale di kura, kumba e kalasa
dell’adhishthana sottostante, un grado oltre le tulas laterali che
reggevano l’affiancamento delle prati-rathas, restando ancora più arretrati i pilastri
dei karnas angolari.
Se ci si soffermava sulle testate di tulas, tra fiori ed uccelli non ibridati, erano ravvisabili in esse fascinose
immagini di kinnaras (semiuomini e semiuccelli), di più notori kirtimukkas e dei
favolosi iha-miriga, secondo le indicazioni che mi guidavano di sri R. D. Trivedi,
che specificava nella sua opera come fossero semi-uomini e semi-fogliame,,
Dall integrazione seguente dei reperti delle varie
edicole-ratikhas dei bhadrs, una
perlinatura figurava correre un tempo intorno al portale, variegato di volute
fogliari, e mini-dvarapals ne
presidiavano le soglie, scomparso il resto della decorazione dell’accesso al
santuario del tempietto. Tra una cornice sovrastante decorata di rilievi di
foglie di palma nel bordo di sotto, ed un
kapota con takarikas, nel recesso si profilava un tula-pitha
settuplice. Era la miniaturizzazione del
profilo che nei templi Pratihara veniva assumendo la varandika, che invece nello
stesso tempio, secondo una tipologia Gupta, consisteva di due kapotas con dentellature a guisa delle
travettature lignee d’un tempo, che nel recesso intermedio erano
comprensive invece di
nicchie con propri pilastrini . Delle tulas che ricorrevano invece prima dell'udgama
del prata-ratikha, una serie era floreale,
un’altra era un seguito di gaja mundas, o teste elefantine. Successioni superiori di gavakshas, assurgendo a
frontone nel loro conformarsi in un udgama,
portavano a compimento
l’ elevazione a tempietto dell’edicola del badhra.
Ponendosi sul retro,
dalla parte di nord- ovest
opposta rispetto a quello d’accesso, il sikhara rivelava nelle macerie
dei suoi resti non solo la sua scansione pancha-ratha, ma che ai lati del
madhya-lata centrale sia le proiezioni intermedie (i balapanjara intermedi) che i karna-latas
terminali, commutandosi in
venu-kosha, come si replicherà in seguito nel
tempio al dio Shiva di Terahi,
apparivano ripartiti in tanti bhumi-amalakas, in corrispondenza del
passaggio dall' uno all’altro dei vari ripiani del sikhara, composti di una
kapotika e più gavakshas,
laddove divenne la norma che
li rimarcassero invece solo nei karnas.
Non recavano alcuna immagine di divinità o di
esseri celesti i pilastri delle
proiezioni dei rathas, nè di dikpalas i karnas, o di surasundaris i prati-rathas,
che presentavano invece
il bassorilievo mirabile di vasi dell’abbondanza alle estremità dei loro pilastri,
traboccanti con una grazia composita
che ne raffinava ogni turgore viridiscente. Prima del ghata-pallava superiore tale
leggiadria già ispirava le sottostanti cordonature e perlinature di ghanta-malas, i fregi di ardha-padma, ossia semi- fiori di
loto, di kirtimukka, e trepidi
cigni- hamsas- , raffigurati solitari o recanti in coppia festoni nel becco, che
preludevano insieme con una banda ottagonale alla schiusa vegetale del
vaso, replicata nei capitelli conclusivi.
Il portale, venuto meno il portico, era scevro
anch’esso di divinità, se si eccettuano le dee fluviali Ganga e
Yamuna, ciascuna con il rispettivo veicolo animale, il coccodrillo makara la dea Ganga, la tartaruga Yamuna, accompagnate
emtrambe da una chhattra dharini che
reggeva sul loro capo la regalità di un ombrello parasole, sotto uno
splendido canopo di fiori di loto salutato dallo svolio laterale di hamsa
mithunas. Per vedervi altri esseri celesti occorreva risalire alla presenza
sospetta, od in odore di eresia al centro del lalata bimba di un tempio shivaita, di Garuda, cavalcatura di Vishnu,
lì appostato perchè onoratovi di una corona
conica , ghermisse per la coda i serpenti finali di un nastro di nagas
flori-formi, esorcizzandone il pericolo ben rappresentato da due loro
personificazioni soggiacenti..
Un saka di volute rampicanti era la fascia degli stipiti più interna, ganas si sormontavano oltre il naga-saka, pronti a cedere
il passo a vidyadharas nella trabeazione connnettiva , quindi a
fungere da stambha sakha si profilava un pilastro similare a quelli esterni, ma con il surplus di una campana pendente, prima di
un fusto colonnato meravigliosamente rigoglioso di rilievi vegetali, quale bahya-saka, di ascendenze Gupta nella dilatazione
superiore. Alfine, di raccordo
superno, il pannello della devoluzione fogliare di due kinnaras.
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