Ed eccomi di nuovo nelle prossimità
adorabili di un tempietto Pratihara di umili parvenze nelle sue
dimensioni ridotte, ma che basta un niente di attenzione, perché si
riveli un sacrario di meraviglie recondite, per essersi devotamente
attenuti i suoi artefici a tutte le prescrizioni di rito, e non
avergli fatto mancare nulla di ciò che il tempio più monumentale
profonde, anzi, elaborandolo nel più minuto dettaglio con tutto
l’amore artigianale della cura e del fervore più partecipe… ben altro che le stampigliature di fregi e volute dei templi Paramount di Khajuraho
Il tempio a Shiva tra i caseggiati di
Terahi compariva infossato in una verde distesa prativa, al riparo
di una cinta di massi e del monastero i cui resti sorgevano in
prossimità. Ne emergeva pressocchè integro fino alla
sommità dell’amalaka del brunito sikhara, la cui cupa pietra
contrastava con il chiarore del santuario e del portico. Ci
approssimavamo nell incolto, tra i fiori, e di primo acchito ci si
rivelava che cosa d’inconsueto vi compariva nel
solito ordinamento architettonico, di un vimana con vestibolo sormontato dal frontone di un sukanasa ch'erano preceduti entrambi da portico, il complesso configurandosi come pancharatha nel sikhara e nelle proiezioni sottostanti del muro del
jangha. In tutti i latas del sikhara , a differenza del madhya lata
centrale ch’era integralmente rivestito dell ordito di gavakshas,
erano intercalati degli amalakas che ne scandivano i ripiani dei bhumii,
mentre di solito i bala-panjara intermedi vennero tramati di gavakshas
come la madhya lata, ed i bhumi amalakas furono riservati ai karna
d’angolo.
Risalendo dal basamento dell'adhishthana, sopra un vedibandha del tutto ordinario, modanata in kura, kumba, kalasa e kapota, i rathas delle proiezioni delle pareti apparivano allineati secondo una focalizzazione quantomai gerarchica , in ragione ed in virtù degli apparati di culto che ostentavano al devoto che vi deambulasse intorno ritualmente: come vale per la generalità dei templi hindu, il primato nella manifestazione del divino che vi promanava dalle edicole spettava al badhra centrale, la cui divinità era pregiata della gronda di una chhadya e di un udgama di gavakshas carenati che ne elevavano a tempio l’edicola che l’albergava, non senza l’interposizione di un filare di tulas, evocanti le testate dei travetti delle forme lignee originarie dei templi, in una miniaturizzazione insieme al kapota superiore della varandika dell’edicola templare.
Risalendo dal basamento dell'adhishthana, sopra un vedibandha del tutto ordinario, modanata in kura, kumba, kalasa e kapota, i rathas delle proiezioni delle pareti apparivano allineati secondo una focalizzazione quantomai gerarchica , in ragione ed in virtù degli apparati di culto che ostentavano al devoto che vi deambulasse intorno ritualmente: come vale per la generalità dei templi hindu, il primato nella manifestazione del divino che vi promanava dalle edicole spettava al badhra centrale, la cui divinità era pregiata della gronda di una chhadya e di un udgama di gavakshas carenati che ne elevavano a tempio l’edicola che l’albergava, non senza l’interposizione di un filare di tulas, evocanti le testate dei travetti delle forme lignee originarie dei templi, in una miniaturizzazione insieme al kapota superiore della varandika dell’edicola templare.
Chhadya ed udgama nobilitavano ad un
rango inferiore solo a quello del badhra, la nicchia più ristretta della kapili
del vestibolo di cui erano la sovrastruzione ridimensionata, mentre in assenza della gronda del chhadya la sola presenza di
tula e kapota ed udgama abbassava ad un grado minore le nicchie dei karnas d’angolo, presumibilmente in ragione del
fatto che le divinità in esse albergate non avevano bisogno di una ostentazione speciale, essendo quelle dei dikpalas che era invalso vi fossero insediati a protezione del tempio nelle direzioni
cardinali.
Buoni ultimi, ma non quanto a splendore,
i prati-rathas intermedi, - separati dal bhadra da recessi salilantaras decorati di patra-latas di rampicanti e foglie, mentre nicchie vuote sormontate da udgamas gremivano i salilantaras che intercorrevano rispetto ai karnas, I prati-rathas erano stati mirabilmente tramutati in pilastri volti all'esaltazione della dignità centrale del badhra che affiancavano, come
in altri templi Pratihara quali quello di Barwa Sagar, ma erano stati risolti a tal punto in tale compito solennizzante, da non comportare nemmeno il
ricetto che per essi era divenuto abituale delle bellezze di surasundari. E l' assunto di un fasto celebrativo dell'eminenza del bhadra stava tutto
mirabilmente inciso nella sua pietra, nelle volute vegetali nel bhadraka intermedi la cui mansione di raccordo era ripresa e conclusa dal fregio di un’ardapadma o semi-loto, e nelle
ricadute fogliari dai vasi dell’abbondanza che vi erano animate di linfa scolpita. Le nervature, poi, di un capitello bharani, sotto una
mensola con rilievi fogliari.
Era così toccato e raggiunto, dai
prati-rathas, il passaggio al varandika: ma per minimale che fosse
il tempietto sublime, a celebrare ed
assecondare la transizione ,non mancava di sfoggiarvi il festone petroso/ la ghirlanda petrosa
di una catena di campane/pushpa-mala. Quanto al varandika, come
aveva anticipato la sua miniatura nel badhra-rathika, lo costituivano due kapotas ed il corso di tulas ammalorate nel recesso intermedio, come nei templi
Pratihara era canone invalso. Il sikhara poi, di cui è stato già
detto, e del quale pur la sommarietà descrittiva di Krishna Deva non ebbe ad esimersi dall’apprezzare la” curvatura elegante”, il collo del
greva, e non solo un amalaka, ma anche un amalasarika a
coronamento.Una deambulazione intorno al tempio, ci consentiva di rinvenire in attinenza con il dio Shiva che vi è ancora venerato, nei bhadra la consorte Parvati, in
Pancha-agni tapa, e la figliolanza di Kartikkeya e di Ganesha, di rintracciareal contempo i
dikpalas albergati nei karnas, pressoché tutti con i loro veicoli animali , un cane di
casta inferiore quello di Nirriti, eccezion fatta per i dilapidati Indra ed
Isana.Nelle nicchie dell'antarala era
quindi identificabile solo un'effige di Durga
Alfine riavendo il tempio di fronte, si dava la vista del portico nella magnificenza dei suoi pilastri,
scolpiti nelle stesse forme che magnificavano il motivo dei ghata-pallava,
in cui erano stati ornamentali a guisa di pilastri i prati-rathas. Li arricchivano delle variazioni floreali e di leggiadri intrecci di cigni nella testata superiore del badhraka, altre ulteriori nel raccordo di essa con il vaso dell’abbondanza sovrastante.
I due pilastri retrostanti recavano le effigie di due differenti dvarapalas, uno dei quali aveva l'aspetto di un tremendo Bhairava, dai capelli arricciati, come attestavano gli attributi del bastone di un katvanga teschiuto,di un cranio kapala, per elemosinare, di un tamburello damaru e di una campana.
I due pilastri retrostanti recavano le effigie di due differenti dvarapalas, uno dei quali aveva l'aspetto di un tremendo Bhairava, dai capelli arricciati, come attestavano gli attributi del bastone di un katvanga teschiuto,di un cranio kapala, per elemosinare, di un tamburello damaru e di una campana.
E nel pannello superiore, facevano la loro rara presenza in un tempio Pratihara, i 12 Adityas, 6 per parte, con un bastone nella sinistra, e la destra in abhaya mudra, sormontati da una serie di nicchie con il frontone costituito da un udgama
Il monastero shivaita, denominato localmente gadhi, oltre il portico d'accesso sovrastato da un balcone di cui rimanevano la vedika e le modanature delle bande ornamentali inferiori, si presentava come un complesso di celle e di stanze che mediante un porticato s'aprivano su un cortile interno. Esso era la testimonianza che comprovava che Terahi era l'antica Therambi in cui come in Renod, allora Ranipadra , ed in Kadambaguha, ora Kadwaham, era insediata nel monastero del borgo la setta shivaita Tantrica dei MattaMayura, come riporta un'iscrizione ritrovata nel monastero Khokhai di Ranod.
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